sabato 3 dicembre 2022

Smuttynose Axe Murders (Pt.2)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Nel 1866, John e Maren Hontvet, come molti loro connazionali, lasciarono la Norvegia per cercare fortuna in America. Trascorsero i primi anni a Boston e, non appena se lo poterono permettere, si spostarono lungo la costa, dove acquistarono una casa sull'isola di Smuttynose, nelle isole di Shoals, appartenente allo Stato del Maine, ma geograficamente più vicina al New Hampshire. 
John comprò una goletta da pesca e con il passar del tempo riuscì a mettere da parte una piccola fortuna, sufficiente a far arrivare dalla Norvegia suo fratello Mathew e la sorella di Maren, Karen Christensen
Mathew fu di grande aiuto nell’attività di John, ma il lavoro cresceva a vista d’occhio e quest’ultimo in breve si rese conto di aver bisogno di una terza persona. Nella primavera del 1872 offrì un lavoro a Louis Wagner, un immigrato prussiano che viveva a Portsmouth, nel New Hampshire, in cambio di vitto e alloggio. Louis Wagner fino a quel momento aveva trascinato la sua esistenza nella miseria più nera, riuscendo solo raramente a portare a casa qualche pasto grazie a piccoli lavoretti giù al porto. Wagner accolse favorevolmente l’offerta di Hontvet e, pur conscio che non avrebbe potuto contare su uno stipendio, lo stuzzicava l’idea di poter trovare quel minimo di stabilità che quella situazione poteva offrirgli. Wagner lavorò sull’imbarcazione di Hontvet per tutta l'estate, ma quello stesso autunno arrivarono altri parenti dalla Norvegia (il fratello di Karen e Maren, Ivan Christensen, con la sua novella sposa Anethe) e il rapporto tra Louis Wagner e gli Hontvet non poté che terminare. Wagner lasciò Smuttynose a novembre. 
Di lui non si seppe più nulla fino alla mattina del 5 marzo 1873, quando John, Mathew e Ivan lo incontrarono a Portsmouth e gli chiesero una mano con un carico di esche in arrivo da Boston. Ma di questo strano episodio abbiamo già parlato la volta scorsa. 

La mattina seguente gli omicidi Jorge Ingerbredsen mise a mare la sua imbarcazione e remò in soccorso di Maren. La trasse a bordo, la trasportò sulla vicina isola di Appledore e l’affidò alle cure di sua moglie. Quindi radunò quanti più uomini poteva, tornò a Smuttynose e prese a perquisire l’isola da cima a fondo, ma senza successo. Poche ore dopo giunsero anche John e gli altri. Inutile, credo, descrivere la scena che si presentò ai loro occhi una volta fatto il loro ingresso nel cottage. Fu solo nel pomeriggio che le autorità di Portsmouth furono allertate. La voce del duplice delitto si diffuse rapidamente, le edizioni serali dei quotidiani si riempirono dei dettagli più cruenti e una descrizione di Louis Wagner fu telegrafata alla polizia di tutti gli stati limitrofi. Iniziò una vera e propria caccia all’uomo. 

Louis Wagner
Fu rintracciato a Boston quella stessa sera: si era comprato un vestito e un paio di stivali da quindici dollari, si era tagliato i capelli e rasato la barba. Quando lo arrestarono non oppose alcuna resistenza. Fu caricato su un treno per Portsmouth, dove, riferiscono le cronache dell’epoca, una folla inferocita lo attendeva per fare giustizia. A stento riuscirono a trasportarlo incolume alla prigione di Portsmouth e da qui alla prigione di Alfred, nel Maine. 

Il processo a Louis Wagner iniziò il 9 giugno 1873. Dopo nove giorni di udienze e 55 minuti di delibera, fu dichiarato colpevole di omicidio premeditato e condannato a morte per impiccagione. Le prove circostanziali contro di lui erano forti. Prima di lasciare Portsmouth aveva nascosto una camicia insanguinata nel bagno della pensione in cui alloggiava; fu ritrovato nelle sue tasche un bottone appartenente a Maren e una ricevuta del valore di quindici dollari per l’acquisto del vestito e degli stivali (curiosamente la stessa somma dichiarata mancante da casa Hontvet). Alcuni testimoni riferirono inoltre che Wagner, nei suoi momenti peggiori, avrebbe detto che per soldi sarebbe stato disposto a commettere un omicidio (Wagner sapeva che John Hontvet aveva dei soldi in casa che stava risparmiando per una nuova barca). Sollecitato a produrre un alibi, Wagner risposte in maniera incoerente, sostenendo che stava lavorando su una barca di cui non ricordava il nome e che aveva terminato la serata in un bar di cui non ricordava né il nome né l'ubicazione. 
La testimonianza di Maren Hontvet, che riferì gli avvenimenti di quella tragica notte con assoluta precisione, fu comunque decisiva. 

La notte successiva al verdetto, per dovere di cronaca, Wagner riuscì ad evadere, ma la sua libertà non durò che poche ore. Infine, il 26 marzo 1875, Louis Wagner fu condotto nel cortile della prigione di stato a Thomaston, nel Maine, e impiccato. In quei due anni non aveva mai smesso di invocare la propria innocenza, puntando il dito sulla sua accusatrice. Nel momento fatidico rimase in silenzio e affrontò il suo destino senza vacillare. 

Negli anni seguenti, nonostante le prove schiaccianti contro di lui molti dubbi sorsero circa l’effettiva colpevolezza di Louis Wagner. La sua decisa affermazione di innocenza, insieme alla natura incomprensibile del suo crimine, giocarono probabilmente un ruolo importante nel diffondersi a macchia d’olio di ipotesi alternative. Passi che qualcuno sia disposto a uccidere per denaro, e passi anche che quel qualcuno sia disposto a farlo per soli quindici dollari (in realtà Wagner non conosceva l’esatto ammontare del contante presente a casa Hontvet), è davvero difficile credere che quello stesso qualcuno sia disposto a remare per cinque ore, lottando contro i forti venti di inizio marzo, attraverso dieci miglia di mare gelido fino a Smuttynose, attraccare dalla parte opposta dell’isola e attraversarla a piedi nella neve. 

La roccia dietro la quale Maren Hontvet attese l'alba il 6 marzo 1873 
È anche difficile credere che quel qualcuno, pur certo dell’assenza degli uomini, si aspettasse di agire totalmente indisturbato in una casa dove c’erano sicuramente almeno due donne adulte (casualmente, poi, ce n’erano tre). Se è così che si svolsero i fatti, allora che le cose non sarebbero andate del tutto lisce doveva essere stato già messo in preventivo, ma, in quest’ottica, perché non recarsi al cottage già armato piuttosto che affidare la sua fortuna prima a una sedia e poi a un’ascia recuperata quasi per caso? 
Altrettanto incomprensibile appare anche la scelta di trascinare il corpo di Anethe all’interno della casa; i giochi ormai a quel punto erano fatti: c’erano due cadaveri, una testimone in fuga e nessuna ragione per occultare un corpo che sarebbe comunque stato ritrovato. 
Tra l’altro, in rete è presente una mappa completa del cottage dalla quale si evince che anche il corpo di Karen sia stato spostato: la cosa incredibile è che, sempre stando a quella mappa, che ho fiducia possa essere accurata, il corpo di Karen sarebbe stato spostato da un angolo all’altro della casa e nascosto sotto un letto. Si noti che le due estremità del cottage non sono comunicanti e, pertanto, per spostare il cadavere l’assassino avrebbe dovuto portarlo all’esterno, trascinarlo nella neve e rientrare dalla parte opposta. Tutto per nasconderlo sotto un letto identico a quello della stanza di partenza. Un comportamento assolutamente illogico. 

John Hontvet
L’ipotesi alternativa più gettonata è quella che accusa Maren Hontvet dei due delitti. In effetti, ragionandoci un attimo, tutto quello che sappiamo di quella notte ci è stato riferito dalla testimonianza di Maren. Non ci sono altri testimoni. Tutti i più piccoli dettagli, dalla presenza mai dimostrata di un estraneo sull’isola fino al grido rivelatore "Louis! Louis! Louis!" uscito dalla bocca di Anethe poco prima di venire colpita a morte, non hanno altra origine che la voce di Maren. 
In uno scenario come questo, l’ipotesi di un assassino “interno” sarebbe mille volte più logico. Maren avrebbe avuto non solo tutto il tempo di pianificare i due delitti, ma anche l'opportunità di compierli del tutto indisturbata: sarebbe bastato uccidere le due donne in momenti diversi e in stanze separate, traendo in entrambi i casi vantaggio dall’effetto sorpresa. Uno scenario del genere spiegherebbe il rinvenimento dei due cadaveri in luoghi tra di loro distanti, ma non spiegherebbe, ahimè, le tracce rinvenute all’esterno dell’edificio (a meno di non considerare queste ultime come un tentativo di depistaggio). 
Una seconda ipotesi, quella che punta il dito su John Hontvet, si basa sul fatto che inizialmente Karen pensava che fosse proprio John l’uomo introdottosi in casa. Ricordate la frase "No, tutto a posto! È solo John mi che ha spaventata!"? In questo scenario, Maren avrebbe poi mentito in tribunale per coprire il consorte. Si tratta di un’ipotesi che si regge però sul nulla: che bisogno avrebbe avuto Maren di riferire la frase di Karen se poi aveva intenzione di mentire su tutto il resto? In tutto questo, non dimentichiamo che John quella notte aveva un alibi di ferro. 
In entrambi i casi appare chiaro che, se mai fosse possibile dimostrare oggi l’innocenza di Wagner, tutti gli sguardi finirebbero per ricadere su Maren Hontvet, l’unica altra attrice di questa tragica vicenda. Resterebbe da stabilire il movente ma, oggi come allora, è difficile indagare nella sfera intima di una mezza dozzina di persone legate tra loro da vari vincoli di parentela. 

Ci ha provato nel 1997 la scrittrice Anita Shreve, che ha romanzato la vicenda di Smuttynose nel suo romanzo “The Weight of Water”. Nel romanzo, rielaborazione di un racconto breve che la stessa Shreve scrisse da ragazza, si assiste alla vicenda di una fotografa che, recatasi in barca alle Isole Shoals per un reportage sui luoghi del celebre omicidio del 1873, scoprirà il diario segreto dell’unica sopravvissuta al massacro. L'ipotesi della scrittrice americana è chiaramente rovesciata rispetto alla versione storica e si basa su due semplici circostanze: 1) l'imputato non si riconobbe mai colpevole e, con molta determinatezza, si difese accusando Maren; 2) una voce, ritenuta infondata ma pubblicata da numerosi giornali, affermava che Maren avesse confessato i delitti sul letto di morte. 
Secondo Shreve, Maren fu colta da un raptus omicida nei confronti della sorella Karen (rea di avere una relazione incestuosa con suo fratello Ivan) e nei confronti della cognata Anethe (rea di avere una relazione con suo marito John). Compiuto il duplice delitto, Maren avrebbe deciso di incastrare Luis Wagner, a sua volta reo di avere un’attrazione, non ricambiata, nei suoi confronti. 
Nel romanzo, a sfavore di Maren giocano tre questioni: 1) solo una persona che conosceva molto bene la zona avrebbe potuto orientarsi nel buio; 2) i colpi inferti alle vittime con l'ascia erano poco profondi, come se fossero stati sferrati da una mano femminile senza troppa forza; 3) era impossibile sopravvivere nella notte gelida camminando a piedi scalzi. 
Dal romanzo “The Weight of Water” è stato tratto un omonimo film (“Il mistero dell’acqua” nella versione italiana) diretto da Kathryn Bigelow con Sean Penn, Elizabeth Hurley e Catherine McCormack. Il musicista John Perrault ha cantato la vicenda nell'emozionante "Ballad of Louis Wagner", pubblicata nel 1981 e ascoltabile su YouTube (il testo del brano, anche se incompleto, lo trovate qui). Ascoltandolo, è curioso notare che la descrizione degli omicidi è  diversa da quanto ho riportato nel mio post precedente, segno che, a distanza di oltre un secolo, la realtà sta lentamente precipitando nel mito.
Maren non tornò mai sull'isola dopo gli omicidi. Lei e il marito e John Hontvet si trasferirono a Portsmouth, dove John continuò a lavorare come pescatore. Nel gennaio del 1877 la coppia ebbe una figlia a cui venne dato il nome Clara. Tre anni dopo Maren Hontvet lasciò il marito e, portando con sé la figlia, tornò in Norvegia, dove morì il 24 giugno 1887. John morì in solitudine a Portsmouth sul finire di dicembre del 1904. 
Ivan trovò lavoro come falegname ad Appledore, dove in qualsiasi momento poteva alzare gli occhi e vedere il cottage che lo aveva derubato della sua felicità. Alla fine di quella stessa estate 1873 tornò in Norvegia. 
Nel 1886, Jorgen Ingebredsen lasciò la sua abitazione di Appledore e si trasferì con la famiglia in North Dakota. Di Mathew Hontvet non si seppe più nulla.
Clara sarebbe tornata anni dopo da sola negli Stati Uniti, dove nel 1895 sarebbe andata in sposa a un immigrato norvegese di nome Laurits Lowe. Ebbe una vita felice fino alla sua morte, nel 1914. 
Karen e Anethe Christensen, unite da uno stesso destino, sono sepolte a Portsmouth in una tomba di famiglia. 
Oggi l'isola di Smuttynose è proprietà privata e vi si può approdare solo dietro autorizzazione per effettuare visite guidate. 
Il cottage degli Hontvet fu distrutto da un incendio nel 1907.



2 commenti:

  1. Io propendo per la colpevolezza di Wagner. Il fatto che abbia gestito la cosa in modo improvvisato, quasi incoerente e folle è abbastanza "normale" in effetti. Nel senso che quando si spegne qualcosa in testa, quando il cervello va "fuori giri", si passa davvero da una sensazione di invincibilità, di poter fare tutto senza che nessuno lo venga a sapere, a un improvviso panico che ti spinge a fare qualcosa per nascondere, ma in modo del tutto improvvisato, sino a un fatalismo del genere "Oh, e chi se ne frega, e se mi beccano mi ammazzo!" salvo poi cambiare idea e, di fronte alla polizia, invocare Santa Nega e proporre i più inverosimili alibi.

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    1. Penso anch'io che Wagner sia colpevole. Qualunque altra soluzione mi sembra poco credibile e contorta per essere probabile, per cui non resta che la più semplice. Evidentemente qualcuno ha cercato di rendere la vicenda più appetibile aggiungendo un pizzico di mistero in più...

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