lunedì 13 giugno 2011

The Smell

Nella mia casa c’è una stanza che per motivi personali ho sempre tenuto chiusa. E’ al piano terra e suppongo che un tempo dovesse fungere da sala da pranzo, anche se adesso la uso come magazzino per le scatole che contengono gli oggetti inerenti il mio lavoro. Ho un camino ampio e due finestre che danno sul muro di confine della mia proprietà. Le imposte delle predette finestre rimangono chiuse e i pochi mobili della stanza sono coperti da lenzuoli.

Questo è l’incipit di “The Smell" (L’odore), un racconto breve di Patrick McGrath che ho trovato in un libro dimenticato da tempo, lì ignorato a prendere polvere da anni in casa mia.
Una stanza chiusa a chiave. Una stanza mai esplorata. Ricca di tesori appartenuti a uno sconosciuto, abbandonati in un remoto passato e ora alla mia mercé. Bauli colmi di libri, di documenti, di abiti, di oggetti in grado di raccontare la vita di qualcuno. Da bambino ricordo che mi capitò, in un paio di occasioni almeno, di poter ficcare il naso nella cantina (o era una soffitta?) di una mia vecchia zia. Ricordo il buio, l’odore della polvere, le fotografie ingiallite di gente morta un secolo prima, i vecchi 78 giri, graffiati e impolverati, libri e riviste d’epoca. Ci sguazzavo dentro entusiasta. L’idea di scoprire l’esistenza di stanza segreta in casa mia poi mi ha sempre affascinato. Ovviamente si tratta di un sogno irrealizzabile, visto che abito in un appartamento i cui metri quadri sono indicati chiaramente e senza ombra di dubbio nel mio rogito e nei dati catastali. Un’idea di molto antecedente alla medesima idea avuta da Neil Gaiman, autore di quel libricino per bambini intitolato “Coraline” (che alcuni avranno visto al cinema un paio di anni fa).

La mia voglia di stanza segreta nasce con le letture di Topolino. C’era una storia di cui non ricordo il titolo che vedeva il mitico Pippo protagonista. Un giorno Pippo scoprì a casa sua una porta dietro un armadio. Una porta che dava su una stanza di cui Pippo ignorava l’esistenza. Dietro la porta c’era uno specchio nel quale si potevano vedere delle immagini. Pippo ingenuamente credette di trovarsi di fronte ad una finestra. Prese una sedia e si mise a guardare le immagini inviategli dallo specchio. Era una scena con degli uomini a cavallo che assaltavano una banca. Una scena dal passato? Una sorta di crono visore? Si, anche se le immagini, si scoprirà verso la fine, non venivano dal passato bensì dal futuro.

Sempre a proposito di stanze segrete va citato un piccolo e semisconosciuto capolavoro del cinema indonesiano intitolato “Pintu Terlarang” (The Forbidden Door), girato nel 2009 dal visionario regista Joko Anwar. Ma non è di questo che intendevo parlare quando ho iniziato a scrivere questo post.

L’argomento è “The Smell” racconto dell’autore inglese Patrick McGrath, autore di romanzi quali “Spider” e “Asylum”, portati sul grande schermo da registi di fama internazionale come David Cronenberg (il primo) e David Mackenzie (il secondo). L’argomento si questi due titoli non è affatto casuale, visto che il padre di Patrick McGrath lavorava come psichiatra nel manicomio criminale di Broadmoor, dove il giovane Patrick trascorse gran parte della propria infanzia.

In realtà dapprincipio era meno che un odore, sembrava piuttosto una specie di ineffabile, vaga suggestione di dolcezza nell’aria. Dapprima sospettai qualche mancanza igienica in cucina, e imposi alla sorella di mia moglie di lavare i pavimenti, i forni, le madie e la dispensa a fondo con il fenolo. Nessun risultato. Anzi, aumentò. Imposi quindi alla sorella di mia moglie di pulire tutte le stanza del pianterreno, naturalmente ad eccezione di quella che tengo sempre chiusa, perché, chi sarebbe potuto entrare in quella stanza visto che è serrata e solo io ne ho la chiave? L’odore peggiorò. Mi ricordava la frutta quando è troppo matura… un cestino di prugne diventate molli e marce che fanno liquame.

La potenza narrativa del racconto è indiscutibile. Patrick McGrath riesce a rievocare, nel breve spazio di poche pagine, scenari descritti da maestri del genere. C’è un po’ di Stephen King, quando il protagonista, ormai folle, si aggira per la casa come Jack Torrance si aggirava nei corridoi del Overlook Hotel

La sorella di mia moglie diventò così ardita che un giorno la sorpresi ad armeggiare con il pomolo della porta della stanza che tenevo chiusa! Se credi che l’odore venga da lì, le sibilai, ti sbagli. Lei mi gettò uno sguardo insolente e si allontanò. Chiedeva proprio di essere punita. Avrei dato un esempio. Comportamenti simili non potevano essere tollerati nella casa di un uomo, non da parte sua, né da parte di nessuno. Lo capite, nevvero? Capite che dovevo farlo, anche se erano la mia famiglia e volevo loro bene?

I dettagli non sono descritti.. ma che necessità c’èra, visto che altri lo hanno già fatto? L’importante è richiamare l’idea di follia. Sarà l’immaginario del lettore a ricostruire le cose non dette.

Cuor della notte. Tempo di castigo. Uscii dalla mia stanza. Ascoltai i rumori della casa. Silenzio. Salii le scale a passi felpati e silenziosi, due gradini alla volta, e giunsi sulla porta della camera della sorella di mia moglie. Accostai l’orecchio all’uscio. Non udii nulla. Attraversai il pianerottolo ed entrai in un’altra stanza. Un bambino addormentato in atteggiamento scomposto, con lenzuolo e coperta attorcigliati intorno alle membra. Poi udii tossire, e percorsi il corridoio fino a una stanza dove dormivano due dei figli più piccoli. Avrei incominciato da lì.

La corsa verso il sorprendente finale poi è quanto più Lovecraftiano si possa immaginare Ed è davvero incredibile che un autore contemporaneo sia riuscito a ricostruire così fedelmente le atmosfere cupe del grande maestro HPL)

C’era lezzo lì dentro, mio Dio se c’era lezzo, un tanfo così dolciastro e nauseabondo che per poco non venni meno. A stento mi riuscì di dominarmi… e poi mi accorsi di un’altra presenza nella stanza, di qualche nuovo abominio. Era un liquido, un liquido gocciolante: c’era un liquido vischioso e dolciastro che gocciolava dal caminetto. Riuscì a chiudere la porta dall’interno e poi, con non poca trepidazione, mi accostai al caminetto. Ricordo che tremavo ed ero madido di sudore. Mi inginocchiai sul focolare e, badando ad evitare la pozzanghera di liquido attaccaticcio sulla griglia, mi sporsi dentro il camino, voltando la testa in modo da guardare nella cappa. Non vidi che nero, ma l’odore era rivoltante, oh, sì, veramente stomachevole, e in cuor mio non dubitavo di averne scoperto l’origine: in un punto su per il camino, un punto non lontano dalla mia testa, c’era la cosa che gocciolava e tanfava, un puzzo quasi annichilente di carne in decomposizione.

Il finale naturalmente ve lo risparmio. Resta una strana sensazione al termine del racconto. Qualcosa che vi invito a verificare di persona. A proposito... non sentite anche voi questo strano odore?




2 commenti:

  1. ecco e adesso resterò con il tarlo del ''come finisce'', dato che non riesco a trovarlo da nessuna parte! XD

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    1. Questo racconto è inserito in un antologia dal titolo "New Gothic - 21 storie dell'ombra" (link) edito da Mondadori.
      Un libretto tutto sommato deludente in cui salverei giusto questo racconto di McGrath e poco altro.

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