Andrea raccoglieva violette ai bordi del pozzo. Andrea gettava Riccioli neri nel cerchio del pozzo. Il secchio gli disse - Signore il pozzo è profondo, più fondo del fondo degli occhi della Notte del Pianto. Lui disse - Mi basta, mi basta che sia più profondo di me. (Faber)
pózzo s. m. [lat. pŭteus]. – Scavo ad asse verticale, a sezione per lo più circolare, effettuato nel terreno per raggiungere gli strati acquiferi sottostanti, da cui attingere l’acqua (p. filtrante, p. freatico); le stelle tremavano nel secchio che saliva dal buco nero del p. (Claudio Magris); Con allusione alla profondità e all’oscurità dei pozzi: la verità è un p. (oppure sta nel p., è in fondo al p.), è nascosta, non è facile farla venire a galla; voler prendere la luna nel p., mostrare, far vedere la luna nel p. Nella Divina Commedia, nome con cui Dante chiama in più luoghi dell’Inferno la cavità cilindrica al centro di Malebolge, che col suo fondo forma il nono cerchio: Nel dritto mezzo del campo maligno Vaneggia un p. assai largo e profondo (c. XVIII, vv. 4-5). Nome (anche purgatorio di san Patrizio) dato dalla tradizione popolare a una caverna di un isolotto del lago Derg (Irlanda nord-occid.) che, secondo una credenza medievale, immetteva agli inferi: Cristo stesso avrebbe indicato la caverna a san Patrizio, preoccupato di vincere l’incredulità di alcuni irlandesi circa le pene d’oltretomba, e stabilito che chiunque vi si fosse trattenuto un giorno e una notte avrebbe ottenuto il perdono dei peccati. In senso fig., non com., situazione cupa e opprimente, stato psicologico dominato dall’angoscia: dall’amaro p. delle cose passate ... veniva su una forza che mai lui avrebbe osato sperare (Buzzati). – Fonte: Treccani
pózzo s. m. [lat. pŭteus]. – Scavo ad asse verticale, a sezione per lo più circolare, effettuato nel terreno per raggiungere gli strati acquiferi sottostanti, da cui attingere l’acqua (p. filtrante, p. freatico); le stelle tremavano nel secchio che saliva dal buco nero del p. (Claudio Magris); Con allusione alla profondità e all’oscurità dei pozzi: la verità è un p. (oppure sta nel p., è in fondo al p.), è nascosta, non è facile farla venire a galla; voler prendere la luna nel p., mostrare, far vedere la luna nel p. Nella Divina Commedia, nome con cui Dante chiama in più luoghi dell’Inferno la cavità cilindrica al centro di Malebolge, che col suo fondo forma il nono cerchio: Nel dritto mezzo del campo maligno Vaneggia un p. assai largo e profondo (c. XVIII, vv. 4-5). Nome (anche purgatorio di san Patrizio) dato dalla tradizione popolare a una caverna di un isolotto del lago Derg (Irlanda nord-occid.) che, secondo una credenza medievale, immetteva agli inferi: Cristo stesso avrebbe indicato la caverna a san Patrizio, preoccupato di vincere l’incredulità di alcuni irlandesi circa le pene d’oltretomba, e stabilito che chiunque vi si fosse trattenuto un giorno e una notte avrebbe ottenuto il perdono dei peccati. In senso fig., non com., situazione cupa e opprimente, stato psicologico dominato dall’angoscia: dall’amaro p. delle cose passate ... veniva su una forza che mai lui avrebbe osato sperare (Buzzati). – Fonte: Treccani
Da qualche parte bisognava pur partire, no? E allora perché non farlo proprio dal pozzo, quel manufatto che, nel suo significato più comune, non è altro che un buco praticato nel terreno, solitamente arricchito da una semplice struttura circolare in muratura, e utilizzato per raccogliere l’acqua? La definizione di “pozzo” sin qui riportata è ovviamente un’ampia sintesi di quella che compare in qualsiasi dizionario: non mi sembrava il caso di mettermi a descrivere in questa sede fosse biologiche o sistemi di pescaggio degli idrocarburi. Ciò su cui invece vorrei soffermarmi, se me lo permettete, è la profonda valenza simbolica del pozzo.
Il pozzo è il simbolo dell’abbondanza e la sorgente della vita, e ciò è particolarmente vero presso i popoli per i quali le acque sono fonte di miracoli, come il popolo ebraico. Il pozzo di Giacobbe, richiamato dalla Bibbia al capitolo IV del Vangelo secondo Giovanni, e che è lo scenario dell'incontro di Gesù con la samaritana, è fonte di vita e di insegnamento. «Chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna».
Guercino (Giovanni Francesco Barbieri, 1591-1666), “Cristo e la donna samaritana”, 1640-1641, Olio su tela |
Anche il pozzo di Jethro, presso il quale Mosè sostò, è stato interpretato come sorgente di luce e quindi come un centro spirituale. «Il sacerdote di Madian aveva sette figlie. Esse vennero ad attingere acqua per riempire gli abbeveratoi e far bere il gregge del padre. Ma arrivarono alcuni pastori e le scacciarono. Allora Mosè si levò a difenderle e fece bere il loro bestiame. Il sacerdote di Madian, riconoscente, diede infine a Mosè in sposa Tzippora, una delle sue figlie». (Esodo 2,15-21).
Ma molti altri incontri biblici avvengono nelle vicinanze di un pozzo. Basti pensare a Giacobbe e Rachele: “Quando Giacobbe vide Rachele, figlia di Làbano, fratello di sua madre, insieme con il bestiame di Làbano, fratello di sua madre, Giacobbe, fattosi avanti, rotolò la pietra dalla bocca del pozzo e fece bere le pecore di Làbano, fratello di sua madre. Poi Giacobbe baciò Rachele e pianse ad alta voce.”; (Genesi 29,10-11)
Gli stessi genitori di Giacobbe, Rebecca e Isacco, si incontrarono presso un pozzo: «Signore, Dio del mio padrone Abramo, concedimi un felice incontro quest'oggi e usa benevolenza verso il mio padrone Abramo! Ecco, io sto presso la fonte dell'acqua, mentre le fanciulle della città escono per attingere acqua. Ebbene, la ragazza alla quale dirò: Abbassa l'anfora e lasciami bere, e che risponderà: Bevi, anche ai tuoi cammelli darò da bere, sia quella che tu hai destinata al tuo servo Isacco; da questo riconoscerò che tu hai usato benevolenza al mio padrone». (Genesi 24, 12-14).
Non è casuale se nella Zohar, il testo più importante della tradizione ebraica, un pozzo alimentato da un ruscello simboleggia l’unione dell’uomo e della donna: “La radice di tutte le radici, la profondità del pozzo, la fonte di tutto”.
Sandro Botticelli (Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi,1445-1510), "Prove di Mosè" (particolare), 1481-1482, Affresco |
L’esagramma 48 de I-Ching rappresenta il pozzo ed è un invito a scavare, andare alla sorgente delle cose, cercare nel passato per riuscire nel proprio obiettivo. Il pozzo è anche un punto fermo attorno al quale tutto ruota (“Una città può essere trasferita, ma non il pozzo”), ma sotto quel piccolo varco si apre un autentico baratro. Fermarsi in superficie è rischioso, bisognerebbe andare sino in fondo, ma anche prestare attenzione ai pericoli. Se la corda è troppo corta per attingere al pozzo, o se la brocca si rompe, vi sarà disgrazia.
Il pozzo, che scende nelle profondità della terra, è molte volte connesso con la dimensione dei morti. La tradizione araba vuole che esso sia associato alla porta dell’inferno. Secondo Giovanni Battista Rampoldi, un islamista italiano del XIX secolo, la parola araba Jehennem (inferno) deriverebbe dall’ebraico Jhe-hennem, cioè “la valle d’Hennem, nella quale gli Amorrei abbruciavano i loro figliuoli vivi, che sacrificavano a Molok. Nulladimeno Jehennem significa in arabo idioma un pozzo molto profondo, e Jehim un uomo brutto e contraffatto. Ebn Jehennem, cioè figlio dell’inferno, viene dato ordinariamente ad un reprobo, benché talvolta sia chiamato Ashab al nar, cioè il compagno del fuoco.”
Jehennem sarebbe quindi la Geenna (o Gehenna o Gaénna), quella piccola valle posta sul lato sud del monte Sion ove sorge anche Gerusalemme, spesso identificata come una delle sette porte dell’inferno. Il pozzo è quindi connesso con la dimensione dei morti. Non è quindi un caso, forse, se gli unici due versetti della Commedia di Dante scritti in arabo* sono “Pape Satàn, pape Satàn aleppe” (è la porta di satana, è la porta di satana, fermati, INF.VII,1) e “Raphel may’ amech zabia almì” (la melma dell’acqua del fondo del pozzo è la mia pena. INF.XXXI,67)**.
Gustave Doré (1832-1883), Dante Alighieri, Inferno - Tavola 65 (Canto XXXI - I Giganti), 1861, Incisione |
Il pozzo realizza quindi una sintesi dei tre ordini cosmici (cielo, terra e inferi) e di tre elementi (acqua, terra e aria), e fra essi una vitale via di comunicazione. Il pozzo permette all’uomo di comunicare con il soggiorno dei morti; l’eco cavernosa che ne risale, i riflessi fuggitivi dell’acqua smossa, ne sono d’altra parte un indizio. Ne è un perfetto esempio un antico racconto giapponese tratto dalla Ise monogatari e intitolato Tsutsu-Izutsu (筒井筒, la vera del pozzo). In esso si narrano le vicende amorose del poeta Ariwara no Arihira (825-880): un monaco buddista, recatosi in visita al tempio dove si trova la tomba del poeta, mentre è assorto in preghiera viene distratto dall’apparizione di una donna recante fiori e acqua in offerta al defunto. Attraverso il racconto di lei, il monaco apprende una storia d’amore nata secoli addietro, nei pressi di un pozzo, tra il poeta e una giovinetta. Al termine del racconto la donna rivela di essere lei stessa quella giovinetta e, così facendo, scompare. Quella notte stessa il fantasma ritorna in sogno al monaco indossando le vesti del poeta, unico ricordo del suo amore. Danzando e cantando, il fantasma si affaccia infine al pozzo, dal quale si rivela ai suoi occhi l’immagine riflessa dell’amato, “per poi nuovamente svanire nella struggente foschia di un’alba d’autunno.”
Ma c’è un’altra storia, ben più terribile, che circola in Giappone: quella nota con il nome di Banchō Sarayashiki (番町皿屋敷 The Dish Mansion at Banchō), una storia di tradimento e vendetta basata sulle vicende della giovane serva Okiku, assassinata dal samurai suo padrone alle cui avances si era negata. Ma di Okiku, che trovò la morte in fondo a un pozzo, avremo modo di parlare più ampiamente nei prossimi giorni…
* Secondo alcuni studiosi della cultura araba, Dante avrebbe tratto alcune ispirazioni da fonti arabe. Egli infatti non disprezzava il mondo musulmano a priori: se relegava Maometto tra i dannati, egli nominò però ben tre musulmani tra gli Spiriti magni del Limbo: Saladino, Avicenna e Averroè. I dubbi di questa interpretazione nascono però dal significato accondiscendente che non è in linea con quanto suggerito nella narrazione circostante. Si osserva che comunque Dante non conosceva l'arabo e forse voleva solo ricreare la suggestione di quella lingua ascoltata; si è d'altra parte ipotizzato anche che Brunetto Latini, suo amico, possa averlo avvicinato ad elementi della cultura islamica, da lui conosciuta durante gli anni vissuti ad Oviedo nelle Asturie. (Fonte: Wikipedia)
** Si tratta delle parole pronunciate da Nembrotto, uno dei giganti posti a guardia dell'ultimo cerchio dell'Inferno; egli, responsabile della costruzione della torre di Babele, a seguito di cui Dio confuse tutte le lingue del mondo, è condannato a parlare una lingua incomprensibile da chiunque altro, rappresentata dal verso in questione. Innumerevoli sono le interpretazioni di questa frase enigmatica.
Molti hanno sostenuto trattarsi di un'espressione araba, cui ognuno di essi offriva un particolare significato, secondo la vocalizzazione e la trascrizione proposta: "Esalta lo splendor mio nell'abisso, come sfolgorò per lo mondo" (Lanci); "Un pozzo ha rapito il mio splendore, ecco adesso il mio mondo" (Flügel, citato dal Filalete); "Quam stulte incedit fiumina Orci puer mundi mei" (D'Ammon, citato anch'esso dal Filalete); "Summa mea in fundum cecidit, vis gloria mundi" (Schier); "Ecco l'eccelso del mio splendore e della mia gloria; la mia superbia e la mia scienza è divenuta oscurità e abisso" (Lasinio); "Sono portante in alto il mio stendardo prolungato, questo è il mio regno" (Barbera); "Quest'abisso e io stesso siamo indotti allo stato di ebeti a causa della scienza" (Lemay). (Fonte: Treccani, Enciclopedia Dantesca)
Utagawa Yoshitaki (歌川芳滝, 1841-1899), "Ghost Lady - Kabuki", Ca. 1870s, Xilografia |
* Secondo alcuni studiosi della cultura araba, Dante avrebbe tratto alcune ispirazioni da fonti arabe. Egli infatti non disprezzava il mondo musulmano a priori: se relegava Maometto tra i dannati, egli nominò però ben tre musulmani tra gli Spiriti magni del Limbo: Saladino, Avicenna e Averroè. I dubbi di questa interpretazione nascono però dal significato accondiscendente che non è in linea con quanto suggerito nella narrazione circostante. Si osserva che comunque Dante non conosceva l'arabo e forse voleva solo ricreare la suggestione di quella lingua ascoltata; si è d'altra parte ipotizzato anche che Brunetto Latini, suo amico, possa averlo avvicinato ad elementi della cultura islamica, da lui conosciuta durante gli anni vissuti ad Oviedo nelle Asturie. (Fonte: Wikipedia)
** Si tratta delle parole pronunciate da Nembrotto, uno dei giganti posti a guardia dell'ultimo cerchio dell'Inferno; egli, responsabile della costruzione della torre di Babele, a seguito di cui Dio confuse tutte le lingue del mondo, è condannato a parlare una lingua incomprensibile da chiunque altro, rappresentata dal verso in questione. Innumerevoli sono le interpretazioni di questa frase enigmatica.
Molti hanno sostenuto trattarsi di un'espressione araba, cui ognuno di essi offriva un particolare significato, secondo la vocalizzazione e la trascrizione proposta: "Esalta lo splendor mio nell'abisso, come sfolgorò per lo mondo" (Lanci); "Un pozzo ha rapito il mio splendore, ecco adesso il mio mondo" (Flügel, citato dal Filalete); "Quam stulte incedit fiumina Orci puer mundi mei" (D'Ammon, citato anch'esso dal Filalete); "Summa mea in fundum cecidit, vis gloria mundi" (Schier); "Ecco l'eccelso del mio splendore e della mia gloria; la mia superbia e la mia scienza è divenuta oscurità e abisso" (Lasinio); "Sono portante in alto il mio stendardo prolungato, questo è il mio regno" (Barbera); "Quest'abisso e io stesso siamo indotti allo stato di ebeti a causa della scienza" (Lemay). (Fonte: Treccani, Enciclopedia Dantesca)
Il presente articolo è parte di un vasto progetto che ho voluto chiamare Hyakumonogatari Kaidankai (A Gathering of One Hundred Supernatural Tales) in onore di un vecchio gioco popolare risalente al Giappone del periodo Edo (1603-1868) e, di tale progetto, esso rappresenta la parte 6 in un totale di 100.
Se volete saperne di più vi invito innanzitutto a leggere l'articolo introduttivo e a visitare la pagina statica dedicata, nella quale potrete trovare l'elenco completo degli articoli sinora pubblicati. L'articolo è inoltre parte dello Speciale Ghost in the Well che è iniziato il primo del mese. Buona lettura! P.S.: Possiamo spegnere la 6° candela...
Sei un pozzo di chicche chiccose :-P
RispondiEliminaTi leggo con immenso piacere e sta venendo fuori un ciclo epico!
Un altro post gustoso, un buon aperitivo in vista delle portate principali!
RispondiEliminaNon sempre sono i film le portate principali... ^_'
EliminaPer me l'immagine per eccellenza legata al pozzo è quella del film "In compagnia dei lupi" con la ragazza-lupo che esce dal pozzo. E' una scena che ho visto un'infinità di volte. Anzi, dovrei proprio farci un post sulle dieci scene cinematografiche che potrei rivedere (quasi) all'infinito.
RispondiEliminaHai ragione, mi era sfuggito. E pensare che ho di là il DVD... Un post sulle tue dieci scene preferite al cinema? Interessante. Potrei cercare di indovinarle ma sono sicuro che non ne azzeccherei una. Beh... una sì.
EliminaSai che secondo me nel mio blog ce n'è più che abbastanza per arrivare molto facilmente ad almeno altre due?
EliminaStai mettendo alla prova la mia attenzione? Vediamo... Il Maestro e Margehrita no, troppo banale. Metterei invece "Picnic at Hanging Rock", magari qualcosa di Jodorowsky, tipo "La montagna incantata" o "Santa sangre" o al limite (e qui vedrai se non ti stupisco), un "Morgiana" di Juraj Herz o un "Valerie and her week of wonders" di Jaromil Jireš. Oppure, perché no, "Simona (Histoire de l'oeil)"...
EliminaAhahahah, bella prova! Dunque:
Elimina"Il Maestro e Margherita" (versione Bortko) è tra i papabili.
"Valerie" e "Picnic" sono tra i più che certi.
Jodorowsky non credo, ma tra i due la scelta andrebbe a "Santa Sangre". La figura di Alma è superlativa!
"Simona" lo considero uno dei peggiori film di tutti i tempi.
Il pozzo è sicuramente vita in quanto sorgente d'acqua, però la sua oscurità e il fatto di spingersi nel sottosuolo lo rende anche un simbolo oscuro...
RispondiEliminaTecnicamente è forse più l'acqua che il pozzo ad essere sorgente di vita, ma essendo il pozzo a sua volta sorgente d'acqua...
EliminaSempre più interessante! Alla fine raccoglierai lo speciale in un e-book? Sarebbe splendido! Io lo comprerei immediatamente!
RispondiEliminaNon saprei, tutto è possibile. Potrei farci un pensierino...
EliminaI primi due speciali, per inciso, sono finiti tra le pagine del magazine Terre di Confine, consultabili qui e qui. Sicuramente è meglio leggerli lì piuttosto che in un blog (oltretutto si può scaricare anche il PDF).
Ecco io ho una pozzofobia ormai conclamata...mi terrorizzano proprio...ma ti ho letto tutto d'un fiato, gran bel post e l'excursus su Dante..... sorprendente!e magistrale
RispondiEliminaPozzofobia conclamata? Davvero?
EliminaNon ricordo in quale episodio della serie tv Poltergeist: The Legacy (1996-1998) si citava una specie di pozzo triangolare progettato da Alessandro Magno in Macedonia che sarebbe servito come porta per passare dagli inferi dopo la sua morte. Ma non saprei dire se sia stato frutto dell'immaginazione degli sceneggiatori.
RispondiEliminaNon saprei. Quella serie non l'avevo mai sentita nemmeno nominare...
EliminaCome puoi immaginare, attendevo con molta curiosità questo post :D In effetti l'uso del pozzo come passaggio tra mondi differenti sembra essere una sorta di elemento comune a molte culture, e non ci avevo pensato! In Murakami questo elemento probabilmente assume un valore/significato in base a come si tende ad interpretare ciò che l'autore ci racconta. Personalmente l'ho inteso come raffigurazione di ciò che ci può condurre nei meandri della nostra mente e forse non solo ;) E si potrebbe ricondurre a quanto hai scritto a proposito dell'esagramma 48 de I-Ching e alla "via di comunicazione".
RispondiEliminaMa bello *_*
Una raffigurazione di ciò che ci può condurre nei meandri della nostra mente? Beh, sì, in effetti le profondità della nostra mente sono inaccessibili quanto quelle di un pozzo profondissimo. Un ottimo spunto. Grazie!
EliminaTemendo di fare immensi spoiler, devi accontentarti di queste pochissime parole :D Andrebbe approfondito almeno un poco questo discorso :P
EliminaSe posso contribuire nel mio piccolo, il pozzo mi ricorda un antidoto contro il singhiozzo della mia carissima nonna tarantina: "Singhiozzo mio singhiozzo vai nel pozzo / vai nel cuor di chi ti ama / e rispondi a chi ti chiama". Bravo Severino
RispondiEliminaBentornata Ornella! Quindi, se ho capito bene, tua nonna accostava le profondità del pozzo alle profondità del cuore?
EliminaPotrebbe essere. A dire il vero avevo sempre pensato che fossero distinti il pozzo, il cuore e la persona che chiamava il singhiozzo. Ma la tua può essere una corretta interpretazione.
RispondiEliminaPost m-a-g-n-i-f-i-c-o, non trovo altro aggettivo. Dovrò per forza recuperare anche gli altri. Sapevo dell'ipotesi che Dante conoscesse le tradizioni arabe dell'Islam e ne fosse stato addirittura ispirato per la sua Divina Commedia. Qualche anno fa avevo visto una bella mostra a questo proposito con l'accostamento di volumi coranici all'opera di Dante.
RispondiEliminaUna vera delizia, poi, l'antico racconto giapponese che citi! Affascinante e seducente come il fantasma che si dissolve davanti agli occhi del monaco.
Mi sono sempre chiesta come mai i pozzi siano circolari e non, ad esempio, quadrati, ma forse è soltanto una questione tecnico-ingegneristica.
Mi piace molto iniziare i miei "speciali" con un'analisi del significato simbolico. Credo sia un passaggio oltremodo necessario per poter affrontare il resto del lavoro con le idee ben chiare.
EliminaSulla forma circolare del pozzo concordo sul fatto si tratti esclusivamente una questione tecnica, oggigiorno ancora di più visto che usiamo le trivelle invece che le pale come un tempo.