giovedì 13 ottobre 2016

...e Lillie sparì nella notte (Pt.2)

Image Credits: New York National Police Gazette 1887
LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Col particolare che la giovane Lillie Hoyle potesse aver nascosto per oltre sette mesi una gravidanza, la stampa ovviamente andò a nozze.
Vennero immediatamente battute le piste più scomode, quelle che invadevano nel profondo l’intimità della ragazza. Nonostante tutti gli scossoni, la reputazione di Lillie sembrava tuttavia inossidabile: come molti ragazzi della sua età, la diciannovenne aveva molti amici e amiche, ma l’unica persona alla quale era davvero intimamente legata era la sorella Alice, al fianco della quale, nel suo tempo libero, non mancava mai di apparire. 
Evidentemente l’opinione pubblica gradiva molto di più razzolare nel torbido della vita della giovane vittima, e fu così che il dito indice finì inevitabilmente per essere sollevato contro Alice Hoyle, rea non solo di negare di essere stata perfettamente a conoscenza della gravidanza della sorella, ma anche di sapere molto più di quanto non avesse ammesso sino a quel momento. È davvero possibile che Alice Hoyle potesse essere a conoscenza di particolari riguardanti la vita sentimentale di Lillie e tacerli, pur sapendo che l’identità di un eventuale fidanzato segreto, a lei sola confidata, avrebbe potuto rapidamente instradare gli investigatori sulle tracce del killer? Oppure dietro il suo silenzio si celava qualcosa di più, magari qualcosa di mostruoso, difficile da accettare e da affrontare? Oppure ancora Alice intendeva, con il suo continuo negare, proteggere se stessa o qualcuno a lei caro?
I giornali riportarono addirittura la testimonianza di una ragazza, tale Fannie Wheeler, dichiaratasi intima amica della vittima, secondo la quale Lillie Hoyle avrebbe pianificato una fuga dall’abitazione dello zio Dixon per via di ipotetiche, quanto mai provate, attenzioni “particolari” di quest’ultimo nei suoi confronti. Eppure, sebbene a molti possano essere sembrate eccessive, quelle voci potevano anche avere un fondamento concreto, al punto che la stessa Alice Hoyle, sei mesi dopo gli avvenimenti, ebbe a confidare che lo zio aveva più volte abusato della nipote, e che in più di un’occasione lei stessa era stata al centro delle sue attenzioni. Uno scenario, questo, che in seguito sarà però completamente accantonato. Perché? Qual era la verità? Dixon Cowie era davvero il mostro che qualcuno descrisse, oppure a un certo punto divenne per qualcuno il capro espiatorio ideale, la soluzione più comoda per poter mettere la parola fine alla vicenda? Dal canto suo, Dixon Cowie non era affatto rimasto a guardare: lui e la moglie avevano lasciato la vecchia casa di Webster per trasferirsi a Darien, nel Connecticut. Un trasloco motivato dal desiderio di dimenticare al più presto i tragici avvenimenti, oppure una vera e propria fuga? Alice a sua volta si era trasferita presso un altro zio, aveva abbandonato il lavoro e si era rinchiusa silenziosamente fra quattro mura. Come mai? 

Image Credits: New York National Police Gazette 1887
Nel frattempo, i detective incaricati di far luce sul caso avevano però fatto qualche piccolo passo in avanti. L'analisi del contenuto dell’intestino del cadavere aveva evidenziato tracce di olio di tanaceto, una sostanza all’epoca largamente utilizzata per indurre aborti spontanei. Oggi le proprietà tossiche della pianta del tanaceto sono ben conosciute e in taluni casi il tujone, che del tanaceto rappresenta il principio attivo, è utilizzato, se pure in piccole dosi, anche dall’industria alimentare. 
Se quello era davvero il corpo di Lillie Hoyle, cosa a questo punto molto probabile, era possibile azzardare l’ipotesi di un allontanamento volontario della giovane dall’abitazione dei Cowie. Lillie aveva forse pianificato la sua uscita notturna proprio per interrompere segretamente una gravidanza scomoda? E in tal caso, come era finita legata mani e piedi in aperta campagna? Lillie evidentemente non aveva progettato tutto da sola, aveva chiesto aiuto a qualcuno, ma a chi? All’uomo misterioso che sette mesi prima l’aveva ficcata in quella spiacevole situazione? O aveva forse chiesto aiuto a un perfetto estraneo, magari a un medico o presunto tale che le aveva offerto la sua esperienza per denaro? Magari il complice non era altro che qualcuno della famiglia, forse quello stesso zio Dixon che, come ricorderete, aveva subito dichiarato di essere stato l’ultimo a vedere la nipote in vita dalla finestra di casa. E se i complici, ma a questo punto possiamo benissimo chiamarli assassini, fossero stati più d’uno? 
Tutte queste supposizioni non fecero altro che risvegliare nuovi testimoni fra gli abitanti del paese: non furono in pochi a sostenere di aver notato una carrozza sfrecciare lungo Oxford Street la notte del primo settembre proprio nei pressi del luogo in cui venne rinvenuto il corpo di Lillie. Una carrozza con due uomini a bordo, uno dei quali molto somigliante a Dixon, che sembravano tutti affaccendati nel trattenere una donna contro la sua volontà. Viene da chiedersi come mai a nessuno fosse tornato in mente un simile particolare già nelle settimane precedenti. In qualunque modo siano andate le cose quella notte, le cronache ci dicono che la mattina del 4 maggio 1888 la polizia arrestò Dixon R. Cowie per l'omicidio della propria nipote: Lillie Hoyle.

Webster, Oxford Rd. (oggi Pleasant St.) - Image credits: Google Street View

16 commenti:

  1. Resisterò alla tentazione di cercare altri dettagli sul web e aspetterò il prossimo post...

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    1. ...anche perché non troveresti molto. I pochi dettagli disponibili sul world wide web sono confinati in un paio di siti, che ovviamente citerò come fonte al termine di questa serie di post.

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  2. Diciamo che di un capro espiatorio c'è sempre bisogno e lo si tormenta fino a prova contraria. Alcuni anche dopo, quando si dimostra che il colpevole è un altro.
    Sinceramente allo zio ho pensato anch'io... sembra addirittura una storia di questi tempi:(
    Attendo attendo attendo......

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    1. A pensar male si fa peccato ma quasi sempre ci si azzecca. Sarà anche questo il caso? ^_^

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    2. Lo vedremo nei prossimi giorni. Forse.

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  3. Conosco qualcosina di questa storia, un poco ho trovato su siti molto sconosciuti nel web. Però come la racconti tu la storia è molto meglio....
    ;)

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  4. Ma cercare di abortire al settimo mese non era un po' tardi?
    Questa storia sta prendendo una piega sempre peggiore, però...

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    1. Me lo ero chiesto anch'io all'inizio. In realtà le sostanze che usavano un secolo fa, come l'olio di tanaceto (citato nel post), la sabina e la segala cornuta avevano effetto solo verso il termine della gravidanza. Praticamente tali sostanze provocavano artificialmente delle contrazioni dell'utero fino all'espulsione della placenta. Tecnicamente, più che di aborto, si potrebbe parlare di parto indotto.

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  5. Una storia che stuzzica la fantasia e, anche se oggi questo genere di drammi sono all'ordine del giorno, ognuno ha origini e cause diverse e il tuo modo di narrarle è molto efficace nel renderla oltremodo misteriose.Attendo il seguito!
    Cristiana

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    1. Ce la metto tutta a rendere queste storie interessanti. ^_^ Come dici tu non è diversa da mille altre che ancora oggi riempiono i giornali.

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  6. Ci addentriamo nei meandri di questa losca storia, ma il punto è che non arriverai a svelarne il mistero, mi pare di aver capito, perché è rimasta essa stessa irrisolta. Comunque, ormai m'ha preso.

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    1. La vicenda ufficialmente è ancora irrisolta. C'è però abbastanza materiale per potersi fare un'idea piuttosto precisa di come andarono realmente le cose.

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  7. Rumors anche all'epoca, un brutto vizio che non smetteremo mai, ahimè... così da complicare le indagini o comunque confondere le acque.
    Lo zio pare anche a me in una posizione difficile :P

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    1. Rumors? E pensa che all'epoca non c'era nemmeno ancora Facebook...

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