lunedì 16 ottobre 2017

Quella diabolica Hollywood...

No, non è solo una vostra impressione: ancora una volta, la terza nel giro di un mese, questo blog apre le porte del suo salotto ad un graditissimo ospite.
Lungi da me far concorrenza al monumentale Nick Parisi, il vicino di blog che ha fatto delle sue interviste un marchio di fabbrica, questa recente tendenza a lasciar carta bianca a scrittori ed editori deriva semplicemente dal fatto che, forse come mai prima d'ora, quest'estate ho infilato una fortunatissima serie di letture strepitose.
Il classico progetto di scrivere una relazione "in pillole" di tutte le mie letture da spiaggia (cosa che tra l'altro era sempre stata mia abitudine fare) mi aveva però un po' annoiato e, quest'anno, così tanto per cambiare, ho preferito lasciar perdere e concentrarmi su poche cose, accuratamente selezionate, in maniera più approfondita.
L'estate è finita da un bel pezzo, osserverà giustamente la maggior parte di voi, ma i tempi biblici sono una caratteristica a cui uno "slow blog" come questo non può rinunciare... e per questo motivo eccomi ancora qua.
L'ospite di oggi, come probabilmente avrete intuito, è Fabio Lastrucci, vecchia conoscenza di Obsidian Mirror (ne avevamo parlato qui), scrittore, illustratore e, me ne accorgo solo oggi, anche scultore. Fabio ci racconterà la genesi di uno dei suoi lavori più complessi, quel "L'estate segreta di Babe Hardy" recensita su questo blog solo pochi giorni fa. Nello specifico con Fabio parleremo di quel parterre di personaggi che ne costituisce l'ossatura e di alcuni di quegli inside jokes disseminati nella storia, come omaggi alla cultura e all'immaginario pop. Buona lettura!

* * *

LtoR: Laurel, Hardy, Lastrucci
T.O.M.: Ciao Fabio e benvenuto su Obsidian Mirror. Mettiti pure comodo e versati da bere. Sei a tuo agio? Bene. Allora, come avrai intuito oggi parleremo di Babe Hardy… ti senti preparato sull’argomento? 

F.L.: Buongiorno Obsidian, ti ringrazio per l’ospitalità sulle tue pagine. Dopo la lunga gestazione del romanzo spero di essere abbastanza rodato, in ogni caso, un cicchetto aiuta… 

T.O.M.: Quando si vestono i panni dell’intervistatore, e si entra nell’ottica di dover porre delle domande mirate su un singolo argomento, bisogna sempre fare i conti con una piccola parte introduttiva. La prima domanda è quindi più che altro una formalità: chi è Fabio Lastrucci? Tieni presente che i miei lettori quasi sicuramente conoscono già la risposta... 

F.L.: Questa stessa domanda me la pongo anch’io da più di cinquant’anni e non so ancora che rispondermi. Ho sempre inseguito sogni artistici e letterari, trovandomi poi a praticarli quando meno me l’aspettavo e attraverso percorsi impensabili. Partendo dalla pittura sono approdato al fumetto, a decenni di scultura per teatro e televisione, poi ancora la ricerca artistica e il fumetto, il tutto legato dal fil rouge della scrittura e del fantastico. Insomma, l’incrocio tra un jolly e un cubo di Rubik disordinato. Volendo essere onesto e realistico, mi definirei un artigiano innamorato dei linguaggi. 

T.O.M.: Leggendo “L’estate segreta di Babe Hardy”, non ho potuto fare a meno di notare l’accurato lavoro di documentazione che ha preceduto (o affiancato) la stesura del testo: avresti per esempio potuto inventarti un nome qualsiasi per la casa di produzione del duo comico Laurel e Hardy, ma hai preferito andare a verificare con i tuoi occhi, identificando così gli Hal Roach Studios… Quanto incide la preparazione in un’opera come questa? 

F.L.: Alle prese con un romanzo storico, la verosimiglianza è tutto, richiedendo quindi un certosino impegno di ricerca per consolidare il telaio della storia in fase di scaletta e di stesura. Ho dovuto quindi leggere monografie del duo Laurel e Hardy, più qualunque cosa riguardasse gli anni ’30 per immergermi nel clima giusto, e la pignoleria dei riferimenti si è estesa a dettagli come la frequenza delle radio pattuglie di Los Angeles dell’epoca, scovata su un sito americano di maniaci della radio, oppure giorno e orario di programmazione di “The Shadow”, una popolare fiction radiofonica ascoltata da un personaggio minore. Allo stesso tempo, studiare l’argomento tra libri e web mi ha fatto imbattere in spunti che hanno fatto nascere scene o dinamiche che non avevo previsto in principio, come per esempio la figura del padre di Stan Laurel, un personaggio sorprendente che mi ha sedotto reclamando spazio nella storia principale. Anche “visitare” virtualmente gli spazi tramite lo Street View di Google, mi ha fatto scoprire luoghi interessanti come l’area in cui ho collocato il cimitero mormone, oppure la zona residenziale di Pacific Palizades, che al principio avevo scelto per il suono del nome e che si è rivelata uno scenario delizioso per la parte finale del libro. 

T.O.M.: Un lavoro dannatamente certosino, non c'è che dire. Molto più facile, mi verrebbe da dire, ambientare le storie nella propria città e nel proprio tempo. Se mi fermo a rifletterci, mi domando quanto valga la pena uno sforzo del genere. In fondo mostri sacri come Stephen King o Lovecraft ambientavano le loro storie rispettivamente nei familiari territori del Maine e del New England. Perché quindi scegliere la strada più in salita? 

F.L.: In casi come questo, non potevo fare altrimenti. L’idea portante era nata in funzione dei suoi protagonisti, che, essendo due grandi comici d’oltreoceano, mi hanno fatto lanciare nella prima stesura breve del progetto. Com’è immaginabile, ho subito abbandonato tutto per viltà e tenuto per anni in un cassetto il canovaccio e gli appunti. Il padre putativo del romanzo è poi stato Vincent Spasaro, carissimo amico e grande scrittore, che mi ha costretto a rimboccarmi le maniche per affrontare un’operazione più grande di me. Contro ogni mia aspettativa, ce l’ho fatta, grazie anche alla fiducia e l’eccellente editing della Dunwich di Roma. Ora il pungolo è passato all’editore Mauro Saracino, che gradirebbe vedere un sequel del libro e di cui, in effetti, ho già in mente da tempo uno spunto divertente. Per ora accumulo informazioni, poi la scintilla scatterà, anarchica e imprevedibile come sempre. Intanto mi son fatto furbo e navigo per lo più su acque conosciute, come la Napoli di un ciclo di storie giallo/paranormal con un Guappo come protagonista… peccato che l’anno sia il 1747… 

T.O.M.: Negli ultimi anni parecchi autori hanno scelto di vestire personaggi storici delle vesti di protagonisti delle loro storie. Tra i tanti mi vengono in mente Dante Alighieri e Leonardo Da Vinci investigatori e Abramo Lincoln cacciatore di vampiri… Ne esisteranno sicuramente molti altri. Perché, secondo te, questo tipo di narrativa continua ad essere così largamente apprezzata? 

F.L.: A quanto mi è parso di capire, il pubblico di una storia va prima di tutto alla ricerca di personaggi carismatici, ricchi e capaci di creare empatia,come esempio citerei IT di King, che più degli altri suoi libri è sostenuto dalla tridimensionalità dei protagonisti. Partendo da questo assunto, ipotizzo che utilizzare una figura già nota, arricchita da un proprio aspetto ignoto o addirittura discordante, può avvantaggiare lo scrittore creando un interesse immediato più di eroi fittizi, spesso ricalcati comunque da personaggi reali. Il mercato dell’intrattenimento tende a utilizzare questo espediente come garanzia di successo commerciale, ma personalmente sono affascinato dall’ingegnosità che può animare operazioni simili, come le brillanti riscritture di Philip Josè Farmer e i suoi miti letterari rivisitati. 

T.O.M.: Quando pensiamo a Stan Laurel e a Oliver Hardy, ciò che ci si presenta davanti è l’immagine di due amici che se la spassavano moltissimo, tra belle macchine, donne mozzafiato e una montagna assurda di denaro. In realtà sappiamo bene che, nel loro privato, la situazione era diametralmente opposta. Laurel aveva perso un figlio alla nascita, aveva infilato una serie impressionante di matrimoni infelici e doveva fare i conti con un’accusa di bigamia; Hardy dal canto suo mise in sequenza prima un infarto, poi un ictus e infine un cancro che se lo portò via prematuramente. Senza dimenticare quella vecchia faccenda della massoneria. Quanto ha influito questo aspetto sulla tua scelta di utilizzare la celebre coppia comica come protagonista di un… horror? 

F.L.: Ottima domanda. Al momento in cui è germinato il binomio Hardy/vampirismo, la mia visione del duo era quella stereotipata derivata dalla loro immagine comica, immagine del tutto inconsapevole della loro dimensione reale. Setacciando le loro vite, ho poi scoperto in Stan Laurel e Oliver “Babe” Hardy delle persone straordinarie, sfaccettate e umanissime, alle quali mi sono perdutamente affezionato. L’intimità della frequentazione mi ha dato delle linee guida dei loro singoli comportamenti, delle reazioni e dell’impatto del problema sulle (incasinatissime) vite personali. In effetti, a un certo punto della scaletta, i personaggi hanno preso il comando, indirizzandomi verso il punto di incontro più probabile tra la propria storia e la mia. A questo si è aggiunto l’ausilio di qualche figura di pura fantasia, come il grottesco ladruncolo Lefty Miracle o altri ancora, per far quadrare il tutto. 

T.O.M.: Bela Lugosi, Tod Browning, W.C. Fields, Mary Pickford, Douglas Fairbanks Sr... mi chiedo,perché proprio loro e non altri? E poi c'è il tenente di polizia Nunnally Johnson che in questo caso è solo un omonimo del celebre regista de “L'uomo dal vestito grigio”… 

F.L.: Come dicevamo, i personaggi hanno sempre una valenza simbolica e nel caso di figure reali, bisogna fare i conti con la loro percezione da parte del pubblico e ciò che può evocare. Ovviamente, parlando di vampiri al cinema, non potevo trascurare Bela Lugosi, anche lui riletto sulla scorta di informazioni reali, Mary Pickford, in quanto ex “fidanzata d’America” era il giusto ossimoro vivente da utilizzare per dare il via al contagio, fungendo inoltre da ponte indispensabile con Fairbanks Sr, il mentore del duo interprete di un tipo di cinema avventuroso e spaccone. W. C. Fields, comico dimenticato dai contemporanei, è anche il volto di Larsen, l’avvocato losco del mago Wiz, il che mi ha consentito il lusso di una doppia citazione. Johnson Nunnally, invece, è solo un gioco di rimandi che inverte nome e cognome del celebre regista e sceneggiatore, così come il mago A. Lester Crapley, gioca con l’esoterista Aleister Crowley riducendolo al rango di cartomante imbroglione. Ma abbondano anche molti altri richiami criptati che rimandano al cinema, al fumetto, al mistery, come i poliziotti Charlie Schmidt e Chester Gould (nella realtà disegnatori delle strip “Radio Patrol” e “Dick Tracy”) o i nomi dei colleghi del 56° distretto, legati tutti al genere Giallo, da Kaminsky a Jack Monk. Ulteriore piccola curiosità, a lavoro inoltrato, ho scoperto con mia grande sorpresa che Fairbanks avesse una vera passione per l’occulto e le tavolette Ouija… che sia tutto vero? 

Morbidi Approdi
T.O.M.: E poi c’è quell’accenno a “Weird Tales”… 

F.L.: Dato l’argomento del romanzo, non poteva non aleggiare la presenza della celebre rivista dell’orrore, al tempo stesso, la cultura pulp si affaccia di continuo tra le pagine, dagli sceneggiati radiofonici a riviste hard boiled come “Black Mask”, che appare in mano a un personaggio equivoco. Infine, in compagnia del famigerato senatore McCarthy, nel finale troviamo anche un ubriachissimo Dashiell Hammett, ospite di Samantha Stephens (da “Vita da strega”), insomma, nel calderone dell’immaginario ogni dettaglio è un link verso qualcosa d’altro. 

T.O.M.: Passiamo oltre, ti va? Dopo “Babe Hardy”, che ormai mi pare abbia già diversi annetti di vita alle spalle, qual è stato il percorso letterario di Fabio Lastrucci sino ad oggi? A parte l’antologia “Da Zero a infinito” di cui abbiamo già parlato prima dell’estate… 

F.L.: Negli ultimi due anni ho lavorato a un corposo saggio sulla lettura horror e gotica con Vincenzo Barone Lumaga, “Com’era weird la mia valle”, che uscirà nei prossimi mesi con la Milena edizioni. Nel contempo ho anche finito di scrivere e illustrare il sequel del mio fantasy per ragazzi “Il ritorno dell’Arcivento”, di prossima pubblicazione col titolo “La febbre di Cariath” e poi ci sarà il consueto appuntamento con l’antologia ALIA, alla quale collaboro da diversi anni, con un racconto che reinterpreta un classico di Poe ambientato nelle comunità albanesi del Pollino. Infine prevedo la partecipazione a un'altra antologia horror tutta italiana dedicata ai vampiri, un progetto ricco di presenze eccellenti che spero si faccia onore come merita. Il cassetto è ancora fitto di progetti, saranno le circostanze o l’alchimia dell’umore a decidere quale sarà il prossimo ad andare in cantiere, se il terzo fantasy provvisoriamente intitolato “La fortuna dei nani”, o un racconto lungo di sf dalla gestazione tribolata. 

T.O.M.: Ora che la mia curiosità è stata ampiamente soddisfatta, caro Fabio, non mi resta che ringraziarti per aver accettato di farmi visita sul blog. Come faccio abitualmente in queste occasioni, lascio a te un po’ di spazio dove puoi parlare a ruota libera di tutto quello che vuoi, dei tuoi progetti presenti e futuri, o di qualsiasi altra cosa. Un angolino dove puoi farti un po’ di pubblicità, anche in maniera spudorata. 

F.L.: Ti sono grato per lo spazio che mi hai dedicato e per l’acutezza delle tue domande, sempre calzanti e mai scontate. Approfittando di quest’ultima vetrina, vorrei allora segnalare un paio di link in cui chi ne sia incuriosito può seguire Morbidi Approdi, l’attività artistica che perseguo con mio fratello Paolo e anche la bella rivista di fumetti on line del gruppo Mokapop, con cui collaboro, ossia il bimestrale Ronin. Infine invito a tenere d’occhio la rivista americana Perihelion SF sul cui numero di ottobre dovrebbe uscire il mio primo fumetto in inglese “The Pawniac Delight”. Detto questo, saluto te e i lettori di Obsidian Mirror, sperando di essere stato prolisso nei limiti del tollerabile. Ora posso tacere per una settimana.


23 commenti:

  1. Complimenti all'autore. É interessante notare come Laurel & Hardy siano rimasti nell'immaginario collettivo al punto di ispirare pagine di letteratura. "Triste, solitario y final" di Osvaldo Soriano parte da una surreale richiesta di indagine di Stan Laurel e il celeberrimo "Aspettando Godot" di Beckett, una delle più note pièce teatrali del genere dell'"assurdo", ha in scena due personaggi che si ispirano ai due comici.

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    1. Grazie dei complimenti Ariano, per evitare influenze avevo deliberatamente evitato di leggere Soriano, forse ora è il momento di colmare la lacuna... un'altra fonte indiretta è Stuart Kaminsky e i suoi gialli ambientati a Hollywood.
      Fabio

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    2. Beh, diciamo che sono il duo comico per eccellenza, una formula replicato con successo decine di volte anche nel nostro paese con i vari Franco e Ciccio, Totò e Peppino, Tognazzi e Vianello, Bud Spencer e Terence Hill...

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  2. Ho collaborato per anni con il nostro Fabio e ne conosco l'attenzione. la cura. l'apparente semplicità dello stile che nasconde, in realtà, un gran lavoro sul testo. Di questo romanzo non posso che dirne tutto il bene possibile - lo lessi un paio di anni fa –, un romanzo ricco di una sottile malinconia che rende i testi indimenticabili. E grazie a Obsidian Mirror per l'ottima intervista.

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    1. Beneficiare della stima di Massimo è un premio entusiasmante, più che vincere un concorso letterario. Ringrazio di cuore per l'attenzione, sempre sorpreso di giudizi come questo.

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    2. Le interviste servono anche a sottolineare questi aspetti. Il compito del recensore non potrebbe mai essere all'altezza di ciò che viene recensito senza un contributo esterno che lo avvalori. Non posso che ringraziare Massimo per le conferme e Fabio per il tempo speso per rispondere alle tante mie domande.

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  3. Se ricordo bene, Laurel & Hardy furono anche tra le vittime della caccia alle streghe di McCarthy. E' per questo che il famigerato senatore è presente nel romanzo?

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    1. Meno male che è intervenuto a bomba l'autore: non avrei mai potuto rispondere ad una domanda come questa.

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  4. L'ultima parte dell'attività del duo, ormai in declino, si sovrappone all'attività del famigerato senatore, ma a quanto ne sappia, Laurel e Hardy non ne furono coinvolti, a differenza di Hammett e Trumbo. La presenza di McCarthy rappresenta una minaccia "vera" che fa seguito all'assurdo contagio, condividendone singolarmente la simbologia notturna e l'idea di caccia al mostro(streghe/vampiri).
    Fabio

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    1. Un plauso ad Ivano per l'attenzione ai particolari. Ammetto di non aver fatto caso a quel McCarthy ma probabilmente solo perché il senatore in questione me lo ricordavo legato ad un epoca di qualche decennio posteriore...

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  5. Di Fabio Lastrucci ho adorato "FantaComics" e ho molto apprezzato i suoi racconti su ALIA. Non sapevo delle altre sue attività che questa bellissima intervista mi ha fatto scoprire e ho appena comprato l'ebook di L'Estate segreta di Babe Hardy", quindi scusate ma me lo vado subito a leggere! :)
    Un carissimo saluto

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    1. Avevo letto di FantaComics tempo fa sul blog di Glò, rimanendo a bocca aperta per la citazione di "Scarth: una donna anno zero": un fumetto, ora perduto, che avevo da ragazzino.
      Sono certo che la lettura ripagherà alla grande le tue aspettative. In caso contrario.. beh.. non voglio saperlo. ^_^

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    2. Stai parlando di "Scarth: una donna anno zero" dell'Eureka Pocket, quello che io possiedo in doppia copia di cui una delle quali m'impegno a farti dono se mai avremo occasione di incontrarci? Parli di quello?... :)
      E' una promessa.

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    3. ...e scusa l'italiano, sto facendo sei cose insieme... :(
      (Ma spero che il senso sia stato chiaro ^__^)

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    4. Sì, proprio l'Eureka Pocket con la copertina verde, mi pare. Guarda che ci conto, eh? ^__^

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    5. Senti... noi non ci si muove molto e non so quante occasioni abbia tu di venire in quel di Torino; dunque - se vuoi - mandami un indirizzo cui io possa spedirti "Scarth" e te lo mando via snailmail, ok? [ fumettidicarta(at)gmail(punto)it ]

      p.s. "L'estate segreta di Babe Hardy" m'è piaciuto moltissimo!!!

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    6. Molto felice del tuo apprezzamento, Orlando!

      Fabio

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    7. Mitico Orlando! Ti scrivo asap in pvt!

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  6. Non conosco l’autore né il romanzo, ma questa intervista mi ha fatto pensare che spesso dietro la comicità vive il tragico in riferimento alle vite effettive dei personaggi e non alla trasposizione letteraria in particolare, e di questo un po’ c’è ne nutriamo perché è così che siamo: sia tragici che comici.

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    1. Comico e tragico vanno sempre di pari passo... basti pensare ad alcune delle maschere di Totò più famose, come quella di Felice Sciosciammocca, che si infilava gli spaghetti nella tasca del pastrano in quella celeberrima scena di "Miseria e nobiltà" di Mario Mattoli. Ridiamo delle disgrazie degli altri per dimenticarci delle nostre, e fa niente se sono solo delle storie inventate nell'occasione da un commediografo... tutte quelle storie non sono mai veramente irreali come saremmo portati a credere.
      Ciao Alessia! Bentornata!

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    2. Proprio a lui pensavo, ma non volevo portare esempi per non fare strafalcioni. Many thanks!

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    3. Che sia un clamoroso caso di lettura del pensiero?

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