sabato 8 dicembre 2018

Da donna a strega: retaggi

The golden bough, Wenzel Hollar, XVII sec.
L'INTRODUZIONE SI TROVA QUI

Nel suo famoso saggio “Il ramo d’oro”, James Frazer fornì moltissimi esempi di riti della prosperità europei concentrati in primavera e in estate con al centro lo spirito arboreo o un suo rappresentante.
Letta oggi la sua opera risulta piuttosto ostica, marcata com’è da una “sociologia cristiana” che accomuna tutto quanto avvenuto in passato sotto la definizione di primitivo e inferiore, e inoltre le sue fonti, quando citate, sono state spesso giudicate carenti...
Eppure, per quanto mi riguarda, girando un po' per l'Europa ho notato che oggi tracce del folclore descritto da Frazer sono ancora ben evidenti; soprattutto in Inghilterra, paese in cui la vita sociale ruotava attorno a eventi legati al mondo agricolo-pastorale e alla caccia, e in cui le feste popolari e le sagre sopravvissero pressoché invariate anche dopo l'avvento del Cristianesimo.
Quelli che abbiamo visto la volta scorsa sono generici accenni a riti basati sulla concezione di spiriti incorporati negli alberi e di spiriti slegati dal loro involucro arboreo e incarnati in un uomo o donna viventi, che diventavano a tutti gli effetti uomini-dèi. Curiosamente, oltre agli Sposi di maggio (Re/Regina, Cavaliere/Dama, eccetera), esisteva anche una tradizione dello sposo o della sposa abbandonato/a: durante il rituale, che prevedeva in genere di trascinare per il paese un fantoccio di foglie e paglia per poi gettarlo nell’acqua o nel fuoco; un ragazzo o una ragazza si buttavano a terra e vi si rotolavano fingendo di addormentarsi, per poi venire risvegliati. Una metafora della vegetazione che si addormenta d’inverno e si risveglia in primavera?
Anziché come semplici scene allegoriche o pastorali bisognerebbe chiamare questi riti con il loro vero nome, ovvero retaggi di antichi incantesimi, esempi di quella magia omeopatica a cui abbiamo accennato in precedenza. Fino a tempi abbastanza recenti, in molte località europee, come ampie aree rurali di Germania e Russia, le coppie sposate si rotolavano sui campi seminati: quel movimento, che ricorda quello dell’atto sessuale, veniva effettuato all’evidente scopo di ottenere raccolti più abbondanti. A volte questo cerimoniale si accompagnava a una processione di fedeli e a una benedizione delle messi, oppure a venire rotolato a forza sul campo arato era un prete.

Fuori dall’Europa, dall’Africa all’America all’Australasia, sono state riscontrate molte tradizioni concepite allo scopo di trasmettere al terreno o alle piante le capacità riproduttive umane, con la curiosa particolarità che accanto a casi in cui si indulgeva negli atti sessuali, veri o mimati, ve n’erano invece altri in cui dal momento della semina a quello del raccolto gli uomini o anche il solo capotribù osservavano la più assoluta castità, forse (come suggerito da Frazer) nella convinzione di poter “cedere” l’energia risparmiata dall’atto sessuale umano agli animali e alle piante, che ne avrebbero tratto beneficio per riprodursi e moltiplicarsi a dismisura. Questo spiega perché, presso molti popoli, era lecito ripudiare e addirittura allontanare dal villaggio una donna che si dimostrasse sterile: il timore era che la sua sterilità si potesse trasmettere anche alla terra, che avrebbe smesso di dare i suoi frutti.

The Golden Bough, Joseph Mallord William Turner (1775–1851), Medium Oil paint on canvas. 
La magia omeopatica però funziona in entrambi i sensi, e così se l’uomo può influenzare una pianta, anche una pianta può influenzare un uomo, condizionando i suoi comportamenti. Questo principio in realtà si può applicare a qualsiasi cosa, piante, animali e oggetti inanimati, e a qualsiasi circostanza: per acquisire le caratteristiche specifiche di un animale, se ne catturava uno, lo si bruciava e ci si strofinava addosso la sua cenere; quando si giurava, lo si faceva con entrambi i piedi poggiati sopra a una pietra, di modo che la sua solidità rafforzasse il giuramento; e per addormentare qualcuno, ovvero renderlo temporaneamente cieco, sordo e muto a quanto accadeva attorno a sé, si usavano le ossa di un morto o un oggetto che fosse stato “contaminato” dalla morte; e così via.

La magia cosiddetta contagiosa si fonda invece sul principio che le cose che sono state in contatto in passato lo saranno sempre, come se una sorta di legame invisibile le legasse fra loro. E così, per rendere i denti dei bambini robusti come quelli di un topo, quando i denti da latte cadevano venivano collocati nella tana di un topo, o in altro luogo dove i topi potessero trovarlo, perché il legame o meglio la “simpatia” esistente fra i denti e il loro possessore originario trasmettessero a quest’ultimo le virtù dei roditori, e così via. È da questo principio, evidentemente, che nasce anche l’usanza di accaparrarsi capelli, unghie, brandelli di pelle e qualunque altra parte del corpo di qualcuno per piegare la sua volontà o per fargli del male, inserendoli in un simulacro che rappresenta quella persona e trafiggendolo con degli spilli, o peggio.

Oggi la classificazione di Frazer è stata superata, e nella maggior parte dei casi si tende a parlare di entrambe queste forme di magia, imitativa e contagiosa, sotto la medesima definizione di “simpatica”, anche perché la differenza fra l’una e l’altra è spesso molto sottile e a ben vedere diversi riti derivano da un miscuglio dell’una e dell’altra.
Ma aldilà delle questioni semantiche, è più interessante soffermarci ora su un concetto già intravisto in precedenza, ovvero il fatto che in tempi molto antichi magia e religione spesso coesistevano. Nella maggior parte dei casi, il culto religioso nasceva dall’esigenza di blandire questo o quel dio e obbligarlo a piegarsi al proprio volere, per esempio ottenere la pioggia o far splendere il sole, cosa che si otteneva tramite sacrifici, preghiere, canti e danze rituali rivelati dal dio stesso: e che cos’era tutto ciò se non una forma di magia?

Spesso il rito magico-religioso era volto più semplicemente a ottenere conoscenza. La conoscenza divina era una sorta di possessione temporanea che si acquisiva suggendo il sangue di un animale sacrificato al dio o (come la Pizia di Apollo) mangiando una pianta o albero sacro o aspirandone i fumi. Animali e piante possedevano un’anima, e per suo tramite il dio poteva “discendere” nel sacerdote o officiante per esprimere i propri vaticini.
Ma c’era anche chi veniva considerato come posseduto dal dio in maniera permanente. Colui che manovrava il dio e lo piegava al suo volere diveniva egli stesso una sorta di dio incarnato. Poiché delle sue conquiste beneficiava l’intera comunità, finiva anche per assumere un qualche tipo di carica pubblica. Una posizione non sempre comoda, gravata com’era da numerosi tabù e divieti che ne potevano rendere la vita quotidiana un vero inferno, e spesso pericolosa, ma che ne faceva anche dei privilegiati esentati dai lavori manuali e da qualsiasi incombenza pratica. Nel prossimo articolo metteremo un attimo da parte questo argomento per concentrarci su altro, ma ci torneremo su più avanti.

La Sibilla Cumana conduce Enea agli inferi, Claude Lorrain, circa 1673.

13 commenti:

  1. Non ho mai letto il saggio di Frazer ma ovviamente ne ho sentito parlare vista la sua fama. Devo dire che da uomo razionale del XX secolo (vivo nel XXI ma ancora mi ci devo abituare ;-) non posso fare a meno di percepire i riti della fertilità come una "superstizione" basata su una percezione solo mistica (anziché scientifica e fondata su dati) del mondo della natura. Al tempo stesso però percepisco che in quell'approccio mistico vi era un senso di appartenenza al mondo della natura che oggigiorno neppure il più fanatico ecologista potrà mai sperare di percepire allo stesso modo. Io non sono religioso nel senso canonico del termine, voglio credere in qualcosa che vada al di là del mondo tangibile ma ho un approccio paragonabile a quello dei deisti illuministi, quindi di fatto resto un razionalista. E la cosa mi dispiace. Vorrei tanto poter credere in modo profondo a un legame tra l'uomo, la sua vita e un'intangibile entità spirituale. L'umanità che praticava questi riti della fertilità sarà pure stata primitiva, superstiziosa e ignorante, però aveva un dono straordinario: il senso di appartenenza a un qualcosa di più vasto e infinito della loro semplice esistenza individuale. Di fronte a una perdita del genere, non so neppure se tutti i progressi tecnologici che abbiamo ricevuto in cambio possano essere considerati una contropartita sufficiente.

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    1. Ci ho messo quasi un anno a leggere "Il ramo d'oro", ovviamente intervallato con altre letture, sia per la sua mole non indifferente sia perché alcune parti sono davvero lunghe e noiose, ma credo sia un testo da conoscere se si è interessati a un certo tipo di argomenti. Non c'è autore che tratti di miti e di folclore che prima o poi non si confronti con Frazer, anche solo per opporvisi o distaccarsene. Conoscere direttamente le tesi di Frazer serve come punto di partenza per affrontare molte altre letture e autori.
      Credo tu abbia riassunto molto bene il pensiero di molti sull'argomento, che in parte è anche il mio. Mettiamola così, Ariano: le azioni umane sono raramente casuali, hanno sempre uno scopo, la differenza è che in passato questo scopo sembrava in qualche modo più "alto", perché si pensava al bene della comunità, e questo permette di considerare con una certa indulgenza riti e usanze che che oggi fanno sorridere o al contrario suscitano orrore e sdegno. Oggi si persegue solo e soltanto il proprio tornaconto, ed è questo che rende tutto più triste e squallido.

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    2. Entro nella discussione e mi scuso in anticipo della lunghezza spropositata del commento, che sono stato costretto a dividere in due parti. Ma ci tenevo a specificare qualcosa.

      Io sono tra quelli che hanno preso le distanze da Frazer, come l'ho presa da tutti gli altri studiosi che interpretano queste cose senza compiere il necessario salto di prospettiva, senza il quale rimangono incomprensibili. Del resto, questi studiosi neanche riescono a immaginare che tra la loro visione del mondo e quella espressa da questi riti non vi sia nessun punto di contatto possibile.
      Praticare sciamanesimo per molti anni mi ha permesso di conoscere e mantenere un'ottica completamente diversa da quella in cui sono stato educato e che, come tutti, ho creduto a lungo la più corretta. E di conseguenza di arrivare a capire che alla base di questi rituali c'è tutt'altro che una visione approssimativa e primitiva del mondo. Ripeto "alla base", perché poi è evidente che in molti casi col tempo certi rituali sono diventati incomprensibili anche a chi continua a praticarli per convenzione (per esempio il vero significato del rito cristiano è del tutto incomprensibile ai moderni sacerdoti) e si sono trasformati in superstizioni.

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    3. Penso così che non vi sia di meglio di un esempio pratico di ciò che può esserci in realtà alla base di un rito e citare allo scopo una parte di un libro di Castaneda, in cui lui dialoga (o finge di dialogare, ma non ha importanza) con lo stregone Yaqui don Juan:

      [Don Juan] mi ricordò che gli indios Yaqui avevano una serie di avvenimenti storici che chiamano "i dati memorabili". Io sapevo che i dati memorabili erano tradizioni orali della loro storia patria, durante le guerre contro gli invasori del territorio nazionale: gli spagnoli prima, i messicani poi. Don Juan, egli stesso uno Yaqui, dichiarava enfaticamente che i dati memorabili erano le storie delle sconfitte e della disintegrazione di un popolo.
      "Allora cosa penseresti" mi chiese "come uomo di cultura, se un narratore stregone prendesse un episodio dai dati memorabili - diciamo per esempio quello di Calixto Muni - e cambiasse il finale così che, invece di descrivere Calixto Muni trascinato e squartato dai boia spagnoli, come accadde nella realtà, raccontasse la favola di Calixto Muni, il ribelle vittorioso che riuscì a liberare il suo popolo?"
      ...Gli dissi che, secondo me, un cambiamento nel senso da lui descritto era stato fatto per motivi psicologici, o per una specie di augurio speranzoso da parte dello sciamano narratore. O forse era un modo personale, idiosincratico, per alleviare le frustrazioni. Aggiunsi che avrei potuto quasi definire questo sciamano un vero patriota, in quanto incapace di accettare un'amara sconfitta.
      Don Juan rise fin quasi a soffocare.
      "Ma non si tratta di un solo stregone narratore" replicò. "Tutti lo fanno."
      "Allora è un espediente avallato socialmente per esprimere lo speranzoso desiderio di un'intera società" controbattei. "Un modo socialmente accettato di scaricare uno stress psicologico sulla collettività."
      "La tua argomentazione è ben espressa, convincente e ragionevole" commentò. "Ma poiché il tuo spirito è morto, non puoi vedere le pecche della tua teoria... Lo stregone narratore che cambia il finale del "resoconto" lo fa sotto la direzione e gli auspici dello spirito. Poiché è in grado di manipolare la propria connessione con l'intento, egli riesce a cambiare le cose. Lo stregone narratore segnala il suo intento a farlo togliendosi il cappello, mettendolo a terra e girandolo in senso antiorario per 360°. Sotto gli auspici dello spirito, quella semplice azione lo fa sprofondare nello spirito stesso. Così egli ha permesso al proprio pensiero un balzo nell'inconcepibile."
      Don Juan alzò il braccio sulla testa, indicando per un istante il cielo sull'orizzonte.
      "Poiché la sua comprensione pura è in avanscoperta per esplorare quell'immensità" proseguì don Juan "lo stregone narratore sa, senz'ombra di dubbio, che in qualche luogo e in qualche modo, nell'infinito, lo spirito è sceso proprio in quell'istante. Calixto Muni è vittorioso. Ha liberato il suo popolo. Il suo fine ha trasceso la sua persona."

      Riassumendo, tutto quello che appare all'esterno è uno stregone che posa a terra il suo cappello e lo fa ruotare di 360° in senso antiorario. E' ovvio che chi non possiede la visione adatta a cogliere quello che avviene nel rito al di là del gesto simbolico non può che darne un'interpretazione errata. Magari utilitaristica alla Fraser, di un atto magico che vuole favorire il rinnovamento circolare delle stagioni per avere di che mangiare.
      Non bisogna inoltre mai dimenticare che allo stesso tempo che qua da noi c'è un uomo di scienza che ride di tutto ciò, dall'altra parte della barricata c'è un uomo di conoscenza che ride, e di gusto, della nostra visione primitiva e superstiziosa delle cose.

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    4. Un commento lungo richiede una risposta altrettanto lunga. ^_^
      Beh, più o meno.
      Innanzitutto mi hai fatto venire in mente una discussione avuta anni fa con un’amica, buddista praticante, la quale una volta mi rimproverò di non poter conoscere davvero il Buddismo perché non ho mai meditato (e aveva ragione, se non che la meditazione non è affatto una prerogativa assoluta del Buddismo, quindi secondo me era l’assunto che era sbagliato). Ma sto divagando.
      Capisco quello che vuoi dire, ma non riesco a vedere alcuna contraddizione in tutto il discorso. Mi spiego. Non penso affatto che gli antichi fossero ignoranti e primitivi (e qui mi distacco da Frazer, ma ho notato che questa sua visione delle cose viene contestata da chiunque, o quasi), ma neanche che ogni singolo individuo fra di loro avesse per forza una comprensione assoluta delle cose. In tutte le epoche ci sono stati e ci saranno sempre persone con una conoscenza profonda del mondo e del trascendente, altre con una visione limitata e altre ancora con una visione che si ferma alla superficie, senza riuscire mai ad andare oltre. Gli illuminati, sciamani o in qualunque altro modo vogliamo chiamarli, avranno creato riti il cui vero significato era chiaro solo a loro e a cui oggi è difficilissimo se non impossibile risalire, ma è al secondo “livello” quello che si inserisce Frazer, quello in cui i riti si erano ormai “imbastarditi”, assumendo un carattere utilitaristico, fornendo un’interpretazione non dico veritiera, ma possibile, del significato che questi potevano avere per la maggior parte di coloro che li praticavano (accostabili ai preti moderni alle prese col rito cristiano di cui parlavi), e soprattutto fornendo una possibile base per la nascita della stregoneria, che è poi il vero oggetto di questi post, ma se mai trovassi una tesi più convincente, sono pronto a cambiare idea in qualunque momento.
      Non dimentichiamo che il folclore che Frazer (e altri, prima e dopo) esamina appartiene un periodo della storia dell’umanità piuttosto recente, (difatti le sue interpretazioni sono molto più zoppicanti quando va a ritroso, parlando ad esempio della mitologia greca e romana. Non credo che nessuno abbia mai preso sul serio la teoria del ramo d’oro e francamente mi riesce difficile anche comprendere, tra tante figure del mito, la sua fissazione per il re di Nemi). Tra l’altro, per me il termine utilitaristico non ha per niente una valenza negativa. Per me utilitaristico significa che ha uno scopo, un fine pratico, ma chiunque ricerchi la conoscenza lo fa per uno scopo, e non riesco a vedere una grande differenza tra chi medita per ampliare la propria coscienza, lo stregone Yaqui che libera il suo popolo e colui che, avendo perso di vista il significato di un certo rito, lo esegue nella convinzione di stimolare la fertilità della natura.

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    5. Concordo su tutto, Obs, anche sul tuo discorso sull'utilitaristico. E' quando viene preso in considerazione SOLO l'aspetto utilitaristico che la cosa si fa per me preoccupante, perché dice molto di più sulla mentalità di chi osserva che di chi è osservato ;-)

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    6. Una giusta osservazione, Ivano. Se si vuole una visione a tutto tondo dell’argomento, certamente non è a Frazer che ci si deve rivolgere.

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  2. Non so se ho già avuto occasione di scriverlo qui, ma al sud, nel paese in cui sono vissuta fino a vent'anni fa, sapevo di persone "particolari". Una di queste era, ed è, amica di mia madre. La signora Paola poteva alleviare il mal di testa, o dolori reumatici, con un massaggio di pochi minuti. Sarà stata suggestione? Non era ritenuta una maga, men che meno una strega. Quando le si diceva di aver bisogno di lei, e accadeva non tanto spesso, lei semplicemente imponeva le sue mani morbide e qualcosa succedeva.
    Poi c'era un certo "zio Micuzzo", che io non ho mai visto, cui si rivolse mia nonna perché una mia zia lasciasse un uomo poco raccomandabile. Insomma, le storie che potrei riferiti sono tante. Il bello è che la comunità accettava questi fenomeni come normalissimi. C'era un silenzio assenso che rendeva tutto straordinariamente... ordinario.

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    1. Sì, Luz, ricordo bene che già un’altra volta mi avevi accennato che avevi conosciuto o sentito parlare di persone con poteri speciali. A me non è mai capitato, ma non lo escludo a priori, quindi se vorrai condividere qui altre di queste storie mi farà molto piacere.

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  3. Allora, anni fa ho avuto modo di conoscere una cosidetta "strega",si trattava di una tranquillissima e normalissima signora di mezz'età che viveva in un piccolo paesino del Veneto, era sposata, andava tranquillamente in Chiesa ed era la classica persona che non avrebbe torto un capello ad una mosca. Semplicemente curava determinate malattie secondo gli insegnamenti di una sua parente,eseguiva alcuni riti che però nascondevano una gran conoscenza dell'erboristeria.
    Ecco questa è stata la mia esperienza: una tranquilla nonnina che conosceva le virtù curative delle piante.

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    1. Un’altra testimonianza interessante, Nick. 😊 Hai toccato un punto importante: un tempo la cara nonnina sarebbe probabilmente stata messa al rogo. Oggi le persone si sentono libere di frequentare la chiesa e allo stesso tempo chiedere l’aiuto delle cosiddette “streghe”, ma anche consultare cartomanti e sensitivi senza che nessuno abbia da ridire.

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  4. Qui in Sicilia ogni famiglia ne conosce almeno una di persona 'con i poteri', soprattutto le famiglie con nonni ancora vivi che raccontano vecchie storie di profezie e preveggenza.
    Da un punto di vista logico, in passato la medicina non era la stessa di quella attuale, la 'chimica' era più intuitiva suppongo, quindi si basava sulla conoscenza ed osservazione degli effetti delle piante sugli individui oppure sulla capacità di trasmissione del calore/energia attraverso le mani o il corpo.
    Certo, non credo che tutti gli antichi metodi siano efficaci, ma qualcosa di utile e veritiero penso ci sia comunque.

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    1. Certe vecchie storie si pensa siano più comuni in contesti rurali, ma anche nelle città non sono poi così rare. Forse perché in Italia le città – almeno quelle medio/piccole – e perfino alcuni quartieri sono in effetti dei piccoli microcosmi in cui le stesse famiglie risiedono per generazioni. Un po’ mi manca tutto questo, visto che mi sono dedicato al "nomadismo" negli ultimi vent'anni. Forse è anche per questo che di storie "popolari" me ne sono giunte poche.
      Sull'efficacia de certi metodi, credo che essa abbia a che fare con il cosiddetto "effetto placebo", ma concordo con te che qualcosa di vero ci sia, del resto non abbiamo inventato l’erboristica in questo secolo… e nemmeno in questo millennio, se è per quello.

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