sabato 26 gennaio 2019

Visioni di un anno

Dopo le letture e gli ascolti, eccoci a chiudere questo breve ciclo di "best of" con le visioni di un anno, vale a dire i cinque film che, più di tanti altri, hanno deliziato le mie serate sul divano. Non solo sul divano, a dire la verità, visto che lo scorso anno, a causa del noto trasloco, mi sono speso ridotto a guardare cinema, in posizioni impossibili, sullo schermo di questo stesso computer.
La selezione di cinque titoli in questo caso è stata molto più ardua, sia perché usufruisco molto più della settima arte di quanto non faccia di tutte le altre, per ovvi motivi legati al tempo libero, sia perché da ormai diversi anni ho preso l'abitudine a segnare su un calendario i titoli dei film visti, il che mi permette di riportare rapidamente alla memoria i momenti più emozionanti ma anche, ahimé, certe cose che avrebbero meritato di venir dimenticate.
So benissimo che esistono mezzi molto più tecnologici di un calendario di carta, e qualche anno fa avevo anche provato a creare un mio profilo su Letterboxd, che in sostanza serve esattamente a ciò, ma poi nella pratica la sola idea di doverci mettere più di due secondi (per scrivere una cosa che non ne richiede di più) mi ha scoglionato. L'unico problema con i calendari è che una volta trascorso l'anno vengono "archiviati" in un cassetto o sul fondo di qualche armadio e che, per motivi che non mi spiego, da questi vengono fagocitati. Dovrebbero essercene in giro per casa, a memoria, non meno di cinque o sei, ma porco diavolo se riesco a trovarne uno solo di quelli vecchi. Mi affretto quindi a tirare giù qualche titolo da quello del 2018 prima che anche quest'ultimo segua il misterioso destino di tutti gli altri. Pronti? Via!

João Pedro Rodrigues 
THE ORNITHOLOGIST

Fernando – ornitologo in cerca di cicogne nere, una specie in via d’estinzione – viene travolto dalle rapide mentre scende un fiume al nord del Portogallo. Salvato dalle acque da due cinesi in cammino verso Santiago di Compostela, si addentra in una foresta folta e pericolosa cercando di ritrovare il sentiero. A poco a poco, però, gli ostacoli e gli incontri imprevisti lo mettono alla prova, spingendolo a gesti estremi che lo trasformano e ne rivelano la natura profonda, facendone un uomo nuovo, sbalordito, molteplice e, infine, completamente illuminato.
Questo era uno di quei film che avevo già notato due anni prima, alla sua presentazione in quel di Locarno, ma per mille motivi non fui allora in grado di cogliere l'attimo. Una volta recuperato, soffro al pensiero di non essere riuscito a vedere sul grande schermo questo lungo percorso iniziatico di un individuo alla ricerca di una redenzione per i suoi peccati. Una natura incredibile fa da sfondo alle vicende dell'ornitologo, in costante fuga da due pellegrine cinesi psicopatiche incontrate per caso sulla via di Santiago, tra incontri bizzarri, esperienze al limite del surreale, fino al raggiungimento del vero misticismo, storia di morte e reincarnazione. E non è un caso che Fernando era anche il nome di battesimo di San'Antonio, figura fondamentale e onnipresente della società e della cultura portoghese.

Júlio Bressane
FILME DE AMOR

Un ben riuscito tentativo di discutere di erotismo. Un un uomo e due donne, che condividono un decadente appartamento a Rio de Janeiro per il fine settimana, si lanciano in lunghi monologhi, consumano alcol come fosse acqua fresca, ingoiano pillole come fossero uvette e canditi,  inalano cheirinho (un simpatico mix di cloroformio ed etere) come se non ci fosse un domani.
Il luogo era forse un tempo bellissimo, con un bel pavimento in parquet, ma ora appare trascurato da decenni (è illuminato da una lampadina solitaria che pende precaria dal soffitto).
A poco a poco gli abiti volano via, i personaggi iniziano a toccarsi e abbracciarsi in una mirabolante fantasia di combinazioni, attraverso sequenze che qualcuno potrebbe definire pornografia: un primo piano insistito di un sesso femminile, una lunga e meticolosa depilazione dello stesso, sempre ben documentata, e una sapiente dimostrazione di cosa si possa fare con una banana, ancora una volta rigorosamente in primo piano.
Ma al contrario di un qualsiasi film pornografico, lo sviluppo è glacialmente lento. Nessuno dei momenti appare eccitante, anzi, è esattamente il contrario. In fondo, qui il sesso è solo una scusa per trasmettere poesia sotto forma di immagini. Film del 2003 diretto da Julio Bressane, e presentato in concorso alla Quinzaine des Realisateurs al Festival di Cannes, "Filme de amor", come peraltro la locandina stessa del film suggerisce, reinterpreta il mito delle Tre Grazie e, come queste ultime, incarna la perfezione alla quale l'essere umano dovrebbe tendere.

György Pálfi
TAXIDERMIA

Probabilmente l'autore di questo film ha identificato nel cibo, nel sesso e nella prospettiva di immortalità le tre più grandi aspirazioni del genere umano e, a guardarsi bene in giro, György Pálfi, regista ungherese salito agli  onori delle cronache per un mediometraggio sperimentale sulle streghe di Nagyrév, potrebbe non essere andato molto lontano dalla verità.
Quelle che György Pálfi ci presenta in "Taxidermia" sono le vicende di tre generazioni della famiglia ungherese Balatony attraverso mezzo secolo di comunismo. La prima parte della pellicola, ambientata durante la seconda guerra mondiale, si focalizza sulla storia del nonno Morosgoványi Vendel (Csaba Czene), un soldato semplice affetto da masturbazione compulsiva; nella seconda parte vengono narrate le vicende del figlio Kálmán Balatony (Gergely Trócsányi), atleta della nazionale ungherese di abbuffata sportiva con sboccata; nella terza parte facciamo infine conoscenza del nipote Lajoska (Marc Bischoff), imbalsamatore di professione.
Ispirato dai da racconti dell'autore ungherese Lajos Parti Nagy, "Taxidermia" appartiene alla scuola del surrealismo centroeuropeo, che sposa l'orrore dei contenuti con la bellezza della forma e mette in scena una serie di situazioni grottesche al limite del sopportabile. Avidità, alienazione, disagio e solitudine: c'è un po' di tutto questo. Dire che certi passaggi possano mettere a dura prova lo spettatore non è abbastanza; dire invece che fa venir voglia di voltare lo sguardo è un ritratto molto più aderente alla realtà (ma con quel titolo non si può certo dire che Pálfi non ci avesse avvisati).

Darren Aronofsky 
MADRE!

Una giovane donna emotivamente fragile (Jennifer Lawrence) e il suo compagno (Javier Bardem), scrittore in crisi, vivono in una villa isolata lontano da ogni possibile contatto umano.
In un clima di tensione costante, i due faticano a trovare la giusta armonia di coppia. La situazione precipita quando iniziano ad arrivare in casa un uomo (Ed Harris) e sua moglie (Michelle Pfeiffer), i quali danno vita a una inarrestabile discesa negli inferi.
"Madre!" è un incubo surreale sulle relazioni tra uomo e donna, un sottile atto di accusa nei confronti dei ruoli riduttivi che alcuni uomini assegnano alle donne nella loro vita. Specialmente se l'uomo è un artista, il cui ego è talmente preso dall'adorazione che gli viene tributata da disdegnare tutto ciò che non abbia a che fare con il proprio processo creativo. Ci sono inoltre parecchie allegorie tra cui scegliere, incluse le leggende bibliche della creazione, Adamo ed Eva, Caino e Abele... i personaggi ci sono un po' tutti. C'è anche la madre, che altri non è che madre natura, la creatrice, il femminino sacro, il pianeta stuprato che si ribella all'umanità devastatrice, che non ha altra scelta che riavvolgere il nastro e tornare indietro, distruggendoci tutti, con l'unica eccezione di lui, l'artista-creatore che, come tale, sembra assurgere a sorta di immortalità che è allo stesso tempo cagione e conseguenza della sua condizione di moderna divinità. Aprire un dibattito sulle possibili interpretazioni di "Madre!", che alcuni hanno anche illogicamente accostato a "Rosemary's baby", richiederebbe molto più spazio di quanto previsto oggi, ma mi segno in agenda l'intenzione di farlo in futuro.

Yorgos Lanthimos
IL SACRIFICIO DEL CERVO SACRO

Steven è un cardiologo: ha una bellissima moglie, Anna, e due figli, Kim e Bob. All'insaputa di costoro, tuttavia, si incontra frequentemente con un ragazzo di nome Martin, un sedicenne solitario che ha da poco perso il padre. Quando inevitabilmente il ragazzo viene presentato alla famiglia, cominciano a verificarsi eventi sempre più inquietanti che progressivamente mettono in subbuglio tutto il loro mondo, costringendo Steven a compiere un sacrificio sconvolgente per non correre il rischio di perdere tutto.
Yorgos Lanthimos è ormai indiscutibilmente il regista dell'ultimo decennio e, dopo aver infilato una fortunata serie di ottimi lungometraggi, possiamo ormai smettere di definirlo emergente e iniziare a cercare per lui aggettivi ben più consoni. Se ne erano già intuite le qualità con il suo primo titolo di discreto successo, quel "Kynodontas" (2009) che all'epoca giudicai rivoluzionario per la durezza del tema affrontato (salvo poi scoprire che l'idea non era affatto originale), ma tali qualità si erano poi meglio delineate con "Alps" (2011) che sono riuscito a vedere purtroppo solo di recente. Il successivo "The Lobster" offriva anch'esso molti spunti si cui riflettere, ma nulla in confronto al suo ultimo lavoro, nel quale, come in Aronofsky ci, sono presenti numerose allegorie tra cui scegliere. Recensori molto più bravi di me ne hanno già parlato ed è opinione comune che in quel finale la mente non possa che precipitarsi sull'episodio del sacrificio di Isacco per mano di Abramo. Il titolo del film in realtà rimanda al sacrificio con cui si conclude l’Ifigenia in Àulide, nella quale, al pari dell'episodio di Isacco, l’uccisione della protagonista  da parte del padre viene interrotta da una cerva sacrificale inviata dalla dea Artemide. Il film di Lanthimos si discosta nettamente dalla mitologia, portando l'eterno conflitto tra fede e morale (concetto caro a Kierkegaard) su un piano diverso.

4 commenti:

  1. Accidenti che narrazioni particolari per tematiche esistenziali eterne e quindi già sviscerate per secoli, quindi con difficoltà a essere originali.
    Dalla trama mi ha colpito soprattutto "Taxidermia", mi incuriosisce davvero.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. "Taxidermia" è film adatto più o meno a tutti: ci si può fermare in superficie, e godersi del sano e puro intrattenimento, oppure si può scendere, di livello in livello, fino scoperchiare mondi diversi,
      ognuno dei quali ricco di nuovi significati.

      Elimina
  2. Eh sì, Madre è veramente qualcosa di unico ed incredibile ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Se questa fosse stata una classifica ordinata per merito "Madre!" sarebbe decisamente al primo posto!

      Elimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...