Nel 1978, proprio nel dicembre dell'anno che sta terminando, si è celebrato il trentennale della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Orbene, sicuro di non compiere alcuna interferenza, protesto con fermezza perché in molti stati vi sono ancora uomini che vengono perseguitati per le loro idee. Nessuna interferenza da parte mia, ma il diritto di protestare in difesa di questi uomini che intendono vivere liberi.
Io sono orgoglioso di essere cittadino italiano, ma mi sento anche cittadino del mondo, sicché quando un uomo, in un angolo della terra, lotta per la sua libertà ed è perseguitato perché vuole restare un uomo libero, io sono al suo fianco con tutta la mia solidarietà di cittadino del mondo.
(Sandro Pertini, Presidente della Repubblica, discorso di fine anno alla nazione, 31 dicembre 1978)
Lo scorso dicembre, quindi quasi dieci mesi fa, in tempi ancora non sospetti, scrissi un post a proposito di un vecchio esperimento sociale tenutosi in California negli anni Sessanta. L'esperimento intendeva dimostrare come fosse possibile che Adolf Hitler fosse riuscito, con il decisivo supporto della macchina della propaganda manovrata da Goebbels, a persuadere la maggioranza dei tedeschi di essere il loro salvatore. L'esperimento, inutile dirlo, riuscì perfettamente, visto che in una sola settimana iniziarono ad apparire le prime avvisaglie di un sentimento popolare identico a quello sul quale il Führer aveva fondato la sua politica.
Non vi chiederò di andare a rileggere integralmente quel vecchio post, ma cercherò di riportare qui di seguito i passi a mio parere più significativi, che oggi, dieci mesi più tardi, qualcuno potrebbe rileggere sotto una nuova luce. In breve, dopo una lunga premessa, arrivai a evidenziare la necessità, per la propaganda nazista, di paio di ingredienti: l'orgoglio e la paura, non necessariamente in quest'ordine.
Estratto dal post "L'onda: la forza è disciplina" - The Obsidian Mirror, 6 dicembre 2020
"Partiamo dall'orgoglio. [...] Una comunità ha bisogno di elementi attraverso i quali riconoscersi. [...] Arriva poi il momento in cui tutti questi elementi si tramutano in un motivo d'orgoglio: chi fa parte della comunità li conosce e può utilizzarli, chi non ne fa parte diventa un avversario, un nemico. [...]
La vera miccia è però la paura: Adolf Hitler sapeva bene che il popolo tedesco non si sarebbe mai spinto dove poi si spinse senza la paura. Una paura che deve ovviamente essere sostenuta e alimentata da una chirurgica opera di propaganda. La prima lezione è che la paura, per essere efficace, deve essere irrazionale, nel senso che deve essere rivolta a qualcosa di non ben definibile. La paura del diverso, innanzitutto, [...] colui che avrebbe potuto mimetizzarsi perfettamente all'interno della comunità, [...] il nostro stesso vicino di casa, il nostro amico del cuore, potrebbe essere quel nemico invisibile. Inizia a farsi largo la "cultura del sospetto", [...] e in quel momento si ha ancora più bisogno della protezione di una comunità "certificata" alla quale aggrapparsi. [...] Il termine "ebreo", perde la sua valenza di identificazione religiosa e assume un significato dispregiativo. La propaganda continua ad alimentare questo timore, adducendo vaghe teorie secondo le quali il diverso rappresenterebbe un pericolo immediato per ciò che il popolo considera i suoi privilegi: il lavoro, il denaro, la famiglia, la salute, la libertà. La miccia è accesa e la bomba pronta a esplodere."
Fumetto di Roberto Zaghi sulle leggi razziali e l’espulsione dei bambini ebrei dalle scuole italiane (La Stampa, versione on line, 13 aprile 2018, Licenza CC 4.0) |
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La legislazione anti-ebraica in Germania, prima della seconda guerra mondiale
L’antisemitismo e la persecuzione degli Ebrei costituivano due dei principi fondanti dell’ideologia nazista. Nel programma in 25 punti della nuova formazione politica, pubblicato nel 1920, i membri del Partito Nazista dichiararono pubblicamente la loro intenzione di separare gli Ebrei dalla popolazione “Ariana” e di privarli dei diritti politici, giuridici e civili.
I capi del Nazismo cominciarono a mantenere la loro promessa di perseguitare gli Ebrei poco dopo aver preso il potere. Durante i primi sei anni della dittatura di Hitler, dal 1933 fino allo scoppio della guerra nel 1939, gli Ebrei subirono gli effetti di più di 400 tra decreti e regolamenti che limitavano in tutti gli aspetti le loro vite, sia in campo pubblico che privato. Molte di quelle leggi erano state emanate dell’amministrazione statale ed erano valide in tutto il territorio nazionale, colpendo così tutti gli Ebrei. Inoltre, molti tra i funzionari regionali, provinciali e municipali, di propria iniziativa, emanarono nei loro territori una serie di decreti che escludevano in vari modi gli Ebrei dalla vita del resto della comunità. Centinaia di funzionari, a tutti i livelli governativi e in tutto il paese, furono così coinvolti nella persecuzione degli Ebrei quando concepirono, discussero, scrissero, adottarono, applicarono e sostennero la legislazione anti-ebraica. Nessun angolo della Germania rimase immune.
Cartello antisemita, Vienna 1938. |
A livello nazionale, il governo nazista revocò la licenza ai commercialisti ebrei; impose una quota, non superiore all’1.50%, di “non ariani” che potessero frequentare le scuole e le università pubbliche; licenziò gli impiegati civili ebrei dell’esercito e, all’inizio del 1934, proibì agli attori ebrei di esibirsi, a teatro come sullo schermo.
Le amministrazioni locali emanarono anche regolamenti che colpivano diverse altre sfere della vita della comunità ebraica: in Sassonia, per esempio, venne loro proibita la macellazione secondo i rituali purificatori tradizionali, impedendo così di fatto agli Ebrei di seguire le proprie regole alimentari.
Cartello antisemita, Roma 1938 |
Le Leggi di Norimberga non identificavano gli Ebrei come persone di uno specifico credo religioso; invece, il primo emendamento definiva ‘Ebreo’ chiunque avesse almeno tre o quattro nonni ebrei, senza considerare se quel particolare individuo si riconoscesse come tale o appartenesse alla comunità religiosa ebraica. Molti Tedeschi che non praticavano attivamente il Giudaismo, o che non lo avevano fatto per anni, si trovarono così intrappolati dalla follia nazista. Anche persone con nonni che si erano convertiti al Cristianesimo potevano venir definiti Ebrei.
Le Leggi di Norimberga del 1935 furono solo il preambolo a una nuova ondata di provvedimenti antisemiti che ebbero come conseguenza l’immediata segregazione fisica degli Ebrei: a Düsseldorf, per esempio, i malati non vennero più ammessi negli ospedali pubblici, mentre i tribunali tedeschi non poterono più citare opinioni o studi legali scritti da Ebrei. Infine, gli ufficiali ebrei vennero espulsi dall’esercito e gli studenti universitari non poterono più sostenere gli esami di Dottorato.
Altre regole, poi, contribuirono a rafforzare il messaggio che gli Ebrei in Germania erano da considerare degli estranei: per esempio, nel dicembre del 1935, il Ministro delle Propaganda del Reich emanò un decreto che proibiva ai soldati ebrei di essere nominati tra i caduti nei monumenti commemorativi della Prima Guerra Mondiale.
Numerosi enti governativi a tutti i livelli cercarono anche di escludere gli Ebrei dalla sfera economica della Germania, impedendo loro di guadagnarsi da vivere. Gli Ebrei poi vennero obbligati a dichiarare le loro entrate e le loro proprietà, sia in Germania che all’estero; ciò non costituì che il primo passo verso la graduale espropriazione delle loro ricchezze materiali da parte dello Stato. In modo analogo, le autorità tedesche intendevano “arianizzare” tutte le attività economiche degli Ebrei, un processo che prevedeva il licenziamento degli impiegati e dei dirigenti ebrei, così come il trasferimento di ditte e imprese ai Tedeschi non-ebrei che le avrebbero comprate a prezzi prefissati e ben al di sotto del loro reale valore di mercato. Dall’aprile 1933 all’aprile 1938, “l’Arianizzazione” ridusse così il numero di attività possedute da Ebrei in Germania di circa due terzi.
Nelle settimane precedenti e successive sia alle Olimpiadi Invernali di Garmish-Partenkirchen che a quelle Estive di Berlino del 1936, il regime nazista moderò decisamente i toni della sua retorica antisemitica, così come delle attività anti-ebraiche. Il regime rimosse persino da alcuni luoghi pubblici i cartelli che dicevano: “Qui non vogliamo Ebrei”. Infatti, Hitler non voleva che critiche al suo governo, portate a livello internazionale, potessero causare il trasferimento dei Giochi in un’altra nazione. Una tale perdita avrebbe costituito un grave colpo al prestigio tedesco. Analogamente, i leader nazisti non volevano scoraggiare il turismo internazionale durante l’anno olimpico e i proventi che ne sarebbero derivati.
Nel 1937 e nel 1938, le autorità tedesche ricominciarono immediatamente la persecuzione legale degli Ebrei tedeschi, inasprendola ulteriormente. Il governo cominciò ad impoverire gli Ebrei e a rimuoverli dall’economia tedesca richiedendo loro di registrare le loro proprietà. Già prima dei Giochi Olimpici, il governo nazista aveva iniziato il processo di “Arianizzazione” delle attività ebraiche. “Arianizzazione” significava il licenziamento degli impiegati e dei quadri Ebrei dalle aziende e il subentro di proprietari tedeschi nelle imprese appartenute agli Ebrei, dopo l’acquisto a prezzi di svendita fissati dal governo o dai funzionari del Partito Nazista.
Inoltre, nel 1937 e nel 1938, il governo proibì ai medici ebrei di curare pazienti non-ebrei e revocò la licenza agli avvocati ebrei.
Subito dopo il pogrom della Kristallnacht (conosciuta come “La Notte dei Cristalli”), tra il 9 e il 10 novembre 1938, i leader nazisti intensificarono i loro sforzi per “l’Arianizzazione” e crearono nuove misure che riuscirono ad aumentare l’isolamento fisico e la segregazione degli Ebrei dagli altri cittadini della Germania.
Agli Ebrei venne proibito l’accesso alle scuole pubbliche e alle università, così come ai cinema, ai teatri e agli impianti sportivi. In molte città, gli Ebrei non potevano accedere a determinate zone definite “ariane”.
I decreti e le ordinanze dei Tedeschi rafforzarono e ampliarono la messa al bando degli Ebrei dalla vita professionale. Quando giunse l’ottobre del 1938, per esempio, i medici ebrei non poterono più di fatto trattare pazienti “ariani”.
Il governo impose poi che gli Ebrei si identificassero con modalità che li avrebbero permanentemente separati dal resto della popolazione. Nell’agosto del 1938, le autorità germaniche decretarono ad esempio che a partire dal primo gennaio 1939, tutti gli Ebrei che avessero nomi di battesimo “non ebrei” dovessero aggiungere il nome “Israel”, per gli uomini, e “Sara”, per le donne. Tutti gli Ebrei dovevano avere carte d’identità indicanti il proprio retaggio ebraico e, nell’autunno del 1938, tutti i passaporti vennero stampigliati con la lettera “G” di giudeo. In conclusione, mentre i leader nazisti acceleravano i preparativi per la guerra di conquista che intendevano scatenare in Europa, la legislazione antisemita in Germania e in Austria servì di fatto ad aprire la strada a una ben più radicale persecuzione degli Ebrei.
"Logico sviluppo", recita l'articolo di fondo sul Corriere del 3 settembre 1938 |
Sembra incredibile che sia potuto accadere, però purtroppo è anche vero che un fortissimo antisemitismo era già presente nella società tedesca (nelle società di molti paesi europei in effetti, Italia compresa) e i nazisti hanno saputo soffiare sul fuoco dell'antisemitismo sino a trasformarlo nel volano per autoproclamarsi "salvatori della patria" pretendendo in cambio il potere assoluto. D'altronde manipolare l'opinione pubblica tramite slogan e messaggi mirati è facile, non serve neppure controllare l'informazione mainstream, possono bastare canali clandestini che però usano gli argomenti giusti per "infiammare i cuori" dei più suggestionabili.
RispondiEliminaLa clandestinità non ha alcun peso sull'opinione pubblica. L'unico suo scopo è quello di permettere la sopravvivenza dei "non allineati". Gli antifascisti vissero in clandestinità per anni, senza poter proferire parola. Molti fuggirono all'estero e sopravvissero, altri rimasero in Italia e vennero fucilati.
EliminaCome disse quel tale: "Chi dimentica la storia è costretto a riviverla" e come disse quell'altro tale -e so che tu mi capirai il riferimento e il suo significato: "Non sono d'accordo con te e con le cose che dici ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirle". ;)
RispondiEliminaUn grande abbraccio.
Ti ringrazio per la chiusa. La mia posizione, non so se sono riuscito a esporla bene quando ci siamo sentiti al telefono, è di carattere puramente politico. Viviamo in un mondo in cui il reato di opinione viene punito con la privazione di un diritto essenziale sancito dall'articolo 1 della Costituzione. Mio padre ha combattuto per quel pezzo di carta e io, nel mio piccolo, non posso esimermi dal fare lo stesso per difenderlo.
EliminaPer fortuna, come ha detto di recente Pino Cabras in un memorabile discorso al parlamento, fuori dei confini del manicomio Italia esiste anche il mondo reale, un mondo Burioni-free (ha usato questo preciso termine). Non abbiamo che da abbattere i muri del manicomio :-)
RispondiEliminaPiù che "manicomio Italia" lo definirei "laboratorio Italia", e ho come l'impressione che il mondo là fuori stia guardando con molta attenzione dalla nostra parte...
EliminaIo mi domando con quale spirito un cittadino "x" leggesse quel titolo del Corriere. Quando ha cominciato a "sembrare normale" tutto questo? Come è potuto accadere questa oscenità? E il sorriso della ragazza che affigge il cartello fuori dal negozio, le tracce disseminate nella vita civile, tracce che ne hanno investito ogni aspetto. Come è potuto accadere? Cosa aveva di diverso il cittadino "x" di allora da quello attuale?
RispondiEliminaCosa aveva di diverso? Nulla, credimi, proprio nulla.
EliminaÈ una storia tragica e purtroppo potrebbe ripetersi (e in alcuni paesi lo sta già facendo) anche in questo ventunesimo secolo. Die Welle è un gran film che andrebbe fatto vedere a reti unificate!
RispondiEliminaIl libro è un classico della letteratura scolastica in Germania, scritto proprio allo scopo di lanciare un avvertimento ai ragazzi sin dalle scuole medie. Non so dirti se sia servito, alla luce di quello che sta accadendo un po' dovunque, ma di sicuro dovrebbe essere nei programmi scolastici di ogni paese del mondo.
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