"Di notte, alla luce della Luna c'è lui, il Grande Amante, che guarda attraverso una spaventosa piazza o canale nella finestra dell'eroina e nei suoi occhi. Lei lo aspetta, Vuole salvare l'eroe e ha letto nel Libro dei Vampiri che se una vittima resta con il vampiro fino al canto del gallo egli sarà distrutto. Egli va da lei rapido, con quella camminata spaventosamente affrettata, le unghie artiglianti. L'ombra della mano striscia come inchiostro sulle lenzuola bianche come neve. L'ultima sequenza lo mostra chino accanto al letto di lei mentre la bacia sul collo in una scena d'amore orribilmente perversa e senza eguali nella sua rivelazione immediata e patetica di un vampiro sostanzialmente indifeso. Si leva il sole, vedete i raggi illuminare la cima del casamento, il gallo canta, il vampiro non può andarsene. Svanisce in uno sbuffo di fumo come l'Agonia dell'Occidente. Proprio mentre sopraggiunge l'eroe ansimante, troppo tardi per salvare il suo amore." (Jack Kerouak, Nosferatu, in "New Yorker Film Society Notes, 9 gennaio 1960). Nel centenario del leggendario film espressionista di Friedrich Wilhelm Murnau, mi sono permesso di rubare a uno dei più importanti scrittori del ventesimo secolo le bellissime parole da lui utilizzare per descriverne il finale. Non avrei potuto fare diversamente, considerata la grandezza dell'argomento in cui oggi sto cercando di cimentarmi senza eccessive speranze di successo. Scrivere oggi di Nosferatu, specialmente in un periodo dove penne ben più autorevoli della mia affrontano quasi all'unisono la ricorrenza, è impresa ardua. Anche perché è già stato detto praticamente tutto. Le parole del padre del movimento beat, sebbene prese al di fuori del loro contesto, rendono benissimo l'atmosfera di quello che si buon ben definire uno dei pochi film fondamentali del cinema muto, o meglio, il film fondamentale per eccellenza, o come meglio lo definì Jacques Lourcelles nel Dictionnaire du cinéma, "un poema metafisico nel quale le forze della morte mostrano la vocazione – una vocazione inesorabile – ad attirare a sé, aspirare, assorbire le forze della vita, senza che nella descrizione di questa lotta intervenga alcun manicheismo moralista."
Oggi è opinione comune che Nosferatu sia un capolavoro. Finché il cinema esisterà e si proietteranno dei film, è verosimile che si continuerà a fantasticare su Nosferatu, ad ammirarlo, a studiarlo, a interpretarlo. Ma non è sempre stato così: lo scrittore parigino André Gide lo descrisse per esempio come un film "completamente mancato" e altri dopo di lui lo definirono banale, infantile e sopravvalutato. Avranno certo avuto le loro ragioni per esprimersi in tal modo, ma se dopo un secolo siamo ancora qui a parlarne allora probabilmente non avevano compreso appieno ciò di cui parlavano. È anche vero, e mi duole ammetterlo, che gran parte della fortuna della pellicola deriva dalla sua storia travagliata. Credo sia cosa nota a tutti che Nosferatu fu condannato al rogo per una vicissitudine legale che coinvolse il regista e la vedova di Bram Stoker, che accusò il regista di aver plagiato il personaggio del suo illustre marito. E credo sia anche storia nota a tutti che una copia della pellicola fu portata in salvo e rimessa in circolazione, astutamente camuffata, solo pochi anni più tardi. Ma, per quanto le ragioni della vedova Stoker potessero avere solide basi, è innegabile che Nosferatu abbia contribuito in maniera decisiva alla rappresentazione artistica del vampiro e oggi, dopo migliaia di film a tema, possiamo dire senza timore di essere smentiti che Nosferatu e Dracula sono personaggi nettamente diversi. Dracula, quello con l'aspetto del magnetico Christopher Lee, è una figura tutto sommato romantica, il prototipo del grande seduttore tra le cui braccia qualunque ragazza non esiterebbe a lasciarsi andare. Se c'è invece qualcuno che sembra essere stato vomitato dall'inferno, quello è Orlok, il Nosferatu di Max Schreck, un essere sinistro e ripugnante che di Dracula sembra essere l'esatta antitesi. Si dice in giro che Murnau abbia impiegato un vero vampiro per il ruolo del protagonista, ma questa ovviamente è un'illazione o, per essere precisi, una leggenda che ha contribuito a velare il film di una nube di mistero. Un mistero alimentato di recente al cinema da E. Elias Merhige, che ha messo in scena, in chiave romanzata, un fantasioso dietro le quinte del Nosferatu del 1922 ("Shadow of the Vampire", 2000, con John Malkovich e Willem Dafoe).
Il valore di Nosferatu, tuttavia, non sta tanto nell'aura di leggenda che lo circonda, quanto nell'abilità del regista, che tra i primi riuscì a costruire in maniera originale le singole inquadrature, non semplici composizioni statiche ma spazi aperti a ogni tipo di intrusione e trasformazione: basti pensare alla celebre sequenza dell’irruzione da dietro la porta chiusa, o allo spiare dalla finestra – che rimanda allo scrutare pre-finale di Orlok – nel corteggiamento iniziale di Ellen da parte del giovane Hutter, o infine nello "svanire" di Orlok al sorgere della luce del giorno, ennesima presa di distanza dal Dracula narrato da Bram Stoker. Il direttore della fotografia Fritz Arno Wagner gioca in questo un ruolo fondamentale, con un uso della soggettiva quantomai innovativo. Come ci fa notare Lotte H. Eisner nel suo "L'ecran démoniaque", l'atmosfera di terrore si basa essenzialmente sul movimento degli attori verso la camera: "il vampiro avanza, con una lentezza esasperante, dall'estrema profondità di una prima serie di fotogrammi sino alla dimensione gigantesca conclusiva". E naturalmente ci sono tutti gli stilemi dell'espressionismo, corrente pittorica, letteraria e teatrale nata all'inizio del '900, che trovò una grande eco anche nel campo del giovane cinema di quegli anni grazie a gente come Robert Wiene, come Fritz Lang e come ovviamente lo stesso Murnau. L'espressionismo utilizza uno stile esasperato, spesso deformato, per suscitare emozioni nel pubblico. Oggi chiunque è in grado di associare l'espressionismo a un immaginario visivo caratterizzato da un utilizzo innaturale delle ombre, con il fine ultimo di creare toni cupi e minacciosi. E così è per Nosferatu, dove parti della scena vengono lasciate in ombra, quasi a nascondere alla vista una parte del mondo rappresentato, creando un’atmosfera di mistero e inquietudine. È questa d'altra parte la chiave che in Nosferatu, ma in generale in tutto il cinema horror, innesca il meccanismo della paura: l'ombra di Orlok precede il suo arrivo e acquista autonomia, e ci terrorizza per il suo essere allusione di ciò che si pone al di fuori dell'occhio della macchina da presa.
"Nosferatu è l'agonia dell'Occidente", scrisse con grande lucidità Kerouac, riferendosi al fatto ormai noto che, quando uscì, il film intendeva rappresentare lo specchio delle paure della classe media tedesca negli anni ’20 (come sottolineato dal sociologo Siegfried Kracauer nel suo libro “From Caligari to Hitler”). Oggi, cent'anni dopo, Nosferatu non è però più solo la premonizione del nazismo, quanto piuttosto del male che periodicamente sembra colpire e poi dominare questa dolente umanità.
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Verso la metà di febbraio, o giù di lì, ero lì sul divano che mi stavo facendo i casi miei quando una mail è piombata inattesa nella mia inbox. Era l'inesauribile amico Etrusco che mi proponeva di partecipare a una piccola rassegna interblogghesca dedicata al centenario dell'uscita nelle sale tedesche del Nosferatu di Murnau. Ci ho riflettuto giusto quei due secondi ed eccomi qui, sorprendentemente strappato dal mio torpore produttivo. Oltre all'Etrusco stesso, che ha iniziato le danze già ieri sul
Zinefilo (un secondo post, in realtà un
guest post esce oggi) e su
Non quel Marlowe, partecipano a questa iniziativa Cassidy della
Bara Volante e Sam Simon delle
Fottute Pareti di aliena memoria. In questi stessi giorni in giro per il web ci saranno sicuramente altre centinaia di post (scritti da gente conosciuta e sconosciuta) e beccarli tutti è impresa impossibile. Sarà comunque divertente googlare le keyword "
Nosferatu" e "Centenario" e vedere cosa salta fuori...
Fatto!
RispondiEliminaHo digitato le due parole e il primo risultato che conosco , cioè legato ad un blog è quello di Sauro e il suo Solaris in tredicesima posizione.
Che ha dedicato anche lui un post al centenario del vampiro.
A dire la verità preferisco il tuo di articolo.
L’ho trovato più completo , almeno colma le mie lacune sull’argomento.
L’unico Nosferatu che conosco è quello di klaus Kinski ..ma lo ricordo poco.
Ciao
Da quello che mi è parso di capire una parte dell'algoritmo di ricerca di Google si basa sulla nostro cronologia. Se ti è capitato di visitare più volte un blog di recente, questo probabilmente ti verrà proposto tra i risultati (sempre se esiste un qualcosa che lo lega alle tue keyword). Io, che da qualche tempo, navigo poco sul we, ho ottenuto solo gente sconosciuta tra i risultati della mia ricerca. Il primo blog noto, quello di Sam Simon, è solo al nono posto.
EliminaGrazie per la preferenza e, già che ne fai menzione, la versione di Murnau secondo me ha da invidiare a quella di Herzog solo due cose: la follia negli occhi di Kinski e la colonna sonora dei Popol Vuh...
Ti ringrazio per la partecipazione ai festeggiamenti e per aver tirato fuori quei giudizi illustri, anche per sapere cosa ne hanno pensato del film artisti diversi nel tempo e nello spazio.
RispondiEliminaCome dici benissimo, al di là di cosa si pensi del film in sé già il fatto che ne stiamo parlando dopo cento anni significa che ha qualcosa di potente, di duraturo e che sa scavare negli spettatori.
Come faceva notare Cassidy, la cosa che mette ansia è che dopo cento anni siamo ancora qui ad assistere ad una Peste che arriva dall'Est Europa, visto che la terribile guerra in Ucraina sta avvenendo a due passi dalla Transilvania...
Sempre interessante leggere le opinioni a posteriori. In genere è facile notare come i contemporanei tendano a stroncare e le generazioni successive a rivalutare. Lo abbiamo fatto anche noi negli anni Ottanta quando disprezzavamo la musica di allora e adesso ci rendiamo conto che avercene di musica come quella. Credo sia una caratteristica umana guardare al passato (in genere al decennio precedente) come qualcosa di migliore, condizionati dai racconti dei padri o dei fratelli più grandi che ci raccontavano le loro storie, spesso fasulle. E magari lo facevamo per motivi futili, del tipo che noi adolescenti degli anni Ottanta invidiavamo gli adolescenti degli anni Settanta perché eravamo convinti che loro scopassero di più.
EliminaTornando ad esser seri, credo che la premonizione del male, per riallacciarmi all'idea di Cassidy, si possa ben adattare a qualunque periodo storico. Questo non è poi molto diverso dagli altri: è solo un ciclo che si ripete.
La sequenza in cui sale le scale e si vede l'ombra stagliata sul muro penso sia una delle immagini più iconiche del cinema in generale.
RispondiEliminaFarò senz'altro "l'esperimento" googlesco che proponi.
Azzarderei la più iconica in assoluto. Ne puoi usufruire allo stesso modo sia che guardi la scena in movimento sia che guardi un fotogramma fisso. Il terrore è massimo (cit.) allo stesso modo.
EliminaOttimo pezzo su un film storico! Hai ragionissima sul male che periodicamente affligge l'umanità, o magari la affligge sempre ma si manifesta a ondate / guerre / persecuzioni...
RispondiEliminaE concordo sulle differenze tra Dracula e Orlok! Ma come biasimare la vedova Stoker alla ricerca di soldi (che comunque non ottenne)? :--)
Buon compleanno Nosferatu!
La vedova Stoker è stata poco lungimirante, come ho imparato l'altro ieri leggendo l'ottimo resoconto etrusco. Ha preferito dare retta al suo lato oscuro, quello che le suggeriva la distruzione di massa, piuttosto che cercare di ricavare qualcosa di buono da ciò che ormai era destinato a girare impunemente per il mondo. Senza contare che in seguito sarebbero arrivati il Dracula turco, il Dracula portoghese e il Dracula islandese
EliminaSalve a tutti. Sono l'autrice del guest post uscito ieri in terra Etrusca grazie (o forse sarebbe meglio dire "a causa di") all'impossibilità di dire di no all'instancabile Lucius.
RispondiEliminaHo molto piacere di ringraziare l'Obsidian Mirror per avermi fatto capire finalmente in cosa consista questo benedetto "espressionismo tedesco". Provando a documentarmi in giro ho trovato paroloni e giri di parole e circonvoluzioni che non mi sono stati di nessun aiuto. Un articolo molto ben scritto e illuminante, almeno per me che avendo fatto scuole tecniche non mi districo benissimo nel mare delle correnti artistico-letterarie che pure hanno influenzato un medium che sento molto vicino, come quello del cinema.
Ancora grazie 😊
Ciao Vasquez! E benvenuta sul blog! Grazie 1000 per le belle parole che, lo ammetto, mi fanno estremamente piacere. L'espressionismo tedesco, per quanto dolga ammetterlo, è conosciuto in Italia grazie a Paolo Villaggio e a quelli che, per rifarsi a lui, hanno cercato di fare gli alternativi da cineforum. Non era difficile, soprattutto nel fermento degli anni del compromesso storico, trovare una bandiera da sventolare, specie se di nicchia. Oggi certe citazioni passerebbero assolutamente inosservate e internet, per quanto potente, non ha lo stesso appeal sulla cultura di massa.
EliminaAnch'io ho una formazione tecnica (e sono diventato, in età adulta, uomo di marketing), ma per reazione i miei interessi sono questi ed è in loro che spendo il mio tempo libero.
Ottimo pezzo! Max Schreck fu un attore del muto tedesco caduto in disgrazia perchè si rifiutò di aderire al Nazismo, per questo finì nel dimenticatorio ed oggi si conosce poco di lui. Complimenti a tutti per l'iniziativa.
RispondiEliminaAvevi già praticamente scritto tutto in quel tuo vecchio post che, per dovere di completezza, linko qui.
EliminaDifficile parlare di coincidenze e di momenti più o meno neri. Se questo periodo storico equivale a quello del secolo scorso ce lo sapranno dire i nostri nipoti, quando avranno accesso a libri di storia aggiornati.
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