sabato 14 febbraio 2015

Il villaggio nero (Pt.4)

La caratteristica del tempo è di scorrere; il tempo già trascorso è il passato, e chiamiamo presente l’istante in cui scorre. Ma qui non si può trattare di un istante matematico. [...] La materia, in quanto estesa nello spazio, deve essere definita, a nostro avviso, un presente che ricomincia incessantemente, e, inversamente, il nostro presente è la materialità stessa della nostra esistenza, cioè un insieme di sensazioni e di movimenti, e nient’altro che questo. E questo insieme è determinato, unico per ciascun momento della durata, proprio perché sensazioni e movimenti occupano i luoghi dello spazio e perché, nello stesso luogo, non ci possono essere più cose contemporaneamente. (Henry Bergson, “Materia e memoria: saggio sulla relazione tra il corpo e lo spirito”).
Protagonista di Saturnin Sektor è il tempo, anzi il Tempo, quell’entità immateriale che scandisce la nostra vita e che consideriamo come una linea retta immodificabile (e a senso unico) data da una successione di istanti uguali fra di loro. Un concetto, questo, che di certo non apparteneva a Grabiński: e del resto come avrebbe potuto affrontare la questione da un punto di vista così convenzionale proprio lui, che in vita ebbe la possibilità di assistere alla nascita della nuova, esaltante teoria della relatività? Ritorna però anche il tema del doppio, che qui rappresenta un lato della personalità scissa del protagonista, fatto che con un po’ d’intuito s’intuisce ben prima che giunga la parola fine senza tuttavia rovinarsi il piacere della lettura.
Il linguaggio si fa a tratti ermetico, ma la bravura dell’Autore sta nell’aver saputo infarcire la sua prosa di una crescente tensione e molti spunti di riflessione senza risultare noioso. Il protagonista del racconto è un uomo che, in passato, ha trascorso diversi anni in manicomio. In contatto costante con morti, creature ed entità degli elementi, è convinto che il tempo non esista e che sia solo una rappresentazione della mente umana, così legata al concetto-trappola di spazio da non concepire entità che non siano suddivisibili in frazioni e misurabili. Il mondo lo considera un pazzo ma lui, al contrario, è convinto di essere l'unico al mondo a non essere traviato da false superstizioni e idee preconcette sulla realtà. La vita scorre in ampie, dense ondate di fenomeni così collegati fra loro che la loro divisione in più momenti è ridicola e grottesca. [...] Quant’è stupida la “sana” gente “normale”. E, di cuore, quanto mi dispiace per loro. Poveri mentecatti che non riconoscono le meraviglie dell’altra metà dell’esistenza, si aggrappano a due mani alla “realtà”, senza vedere nulla oltre che questa. Ciechi sicché la “morte”, alla fine, non apre loro un varco verso l’altra parte. […] Io appartengo ai pochi eletti che possono passare liberamente da una parte all’altra… 
Ma se la maggior parte della gente si limita a deriderlo, l’uomo trova un oppositore nel misterioso S.S., che comincia a pubblicare articoli su un importante quotidiano locale nei quali difende strenuamente l’importanza del tempo nel governare l’esistenza. C’è qualcosa di stranamente familiare in S.S., qualcosa che lui non riesce a decifrare, una sorta di legame spirituale che li lega e che lo rende ancora più determinato a scoprire la sua identità. Chi è S.S. e perché tra tutti i possibili lettori del giornale sembra parlare direttamente a lui, quasi a voler confutare punto per punto le sue più profonde convinzioni? 

S.S., ovverosia Saturnin Sektor - nomen omen - è un’incarnazione mentale che si fa fisica, è il simbolo del conflitto interiore e inconscio tra quello che il protagonista è e rappresenta per gli altri e le sue personali convinzioni a proposito di se stesso e della realtà. La vicenda non può che concludersi con un'uccisione. Talmente profondo è il conflitto che non può che portare la distruzione, con il Tempo come Zeitgeist che soccombe alla perpetua Durata, ovvero con l’affermarsi di una (nuova) coscienza. Si afferma, infine, il tempo “liberato”. Quasi una dichiarazione politica in un contesto di profondi cambiamenti sociali come quelli verificatosi tra le due guerre mondiali… L’influenza della filosofia bergsoniana qui si fa sentire più che mai, con la riproposta del concetto di durata quale flusso che assume la successione dei nostri stati di coscienza, fusi e compenetrati l’uno nell’altro come le note di una melodia o i fotogrammi di una pellicola cinematografica, contrapposta a quello di tempo che, se rappresentato come quella linea continua menzionata all’inizio, diventa “spazializzato”. In altre parole, la durata reale (durée reelle) come tempo autentico, quello che scorre nella nostra coscienza. Dentro di me si sussegue un processo di organizzazione o compenetrazione reciproca dei fatti della coscienza, che costituisce la durata reale. […] C'è uno spazio reale, senza durata, ma in cui dei fenomeni appaiono e scompaiono simultaneamente ai nostri stati di coscienza. C'è una durata reale, in cui momenti eterogenei si compenetrano, ma in cui ogni momento può essere raffrontato con uno stato del mondo esterno che ne è contemporaneo, e separarsi dagli altri momenti per effetto di questa stessa fusione. Dal confronto di queste due realtà nasce una rappresentazione simbolica della durata, derivata dallo spazio. La durata prende così la forma illusoria di un luogo omogeneo, e il legame tra questi due elementi, spazio e durata, è la simultaneità, che potremmo definire l'intersezione del tempo con lo spazio. […] Bisogna dunque ammettere che esiste una sintesi per così dire qualitativa, un’organizzazione graduale delle nostre sensazioni successive le une con le altre, un’unità analoga a quella di una frase melodica. (Da “Saggio sui dati immediati della coscienza”.) 

Dopo Saturnin Sektor, ecco ricomparire il tema del doppelgänger in Strabismus, ma dove là c’erano due personalità diverse e antitetiche originate nello stesso corpo, qui le due diverse personalità si contendono lo stesso corpo dopo che uno dei due uomini è stato l’involontario artefice della morte dell’altro. Come se la dipartita fisica di gli avesse donato la diabolica facoltà di usurpare la personalità dell’altro, Brzechwa si è infilato “sotto la pelle” del suo rivale lasciandolo però, sebbene impotente, veglio e cosciente, come se il suo scopo reale non fosse quello di soppiantarlo totalmente ma, dominandolo, di provocargli sofferenza. Perché l’altro deve sopportare che un uomo la cui indole, gusti e comportamenti disprezzava, un uomo che era la sua antitesi vivente, si trovi dentro di sé, viva la sua vita e prenda il suo posto agli occhi del mondo. Ma la lotta è solo all’inizio: quando l’altro capisce a fatica come riguadagnare terreno, Brzechwa si ingegna per distoglierlo dai suoi propositi ed ecco allora che da una stanza segreta posta sul lato sinistro dell’appartamento, ai confini con il giardino, si cominciano a udire strani rumori. Nel buio, dietro al muro di quella stanza, qualcosa si agita e, nei momenti salienti di questa lotta intestina, sembra prendere forma. 

Anche Antoni Czarnocki, il protagonista del racconto La vendetta degli Elementali, presenta tutte le caratteristiche tipiche degli (anti)eroi di Grabiński: un’ossessione che occupa tutti i suoi pensieri, delle abilità speciali, l’interesse per la tradizione e per l’occulto, lo sdoppiamento, un fato avverso. Czarnocki “l’ignifugo” è una leggenda vivente: sembra refrattario al fuoco e tra i suoi colleghi si sussurra persino che possieda il dono dell’ubiquità. Capo dei pompieri della città di Rakszawa, è la nemesi vivente del fuoco, l’unico ad aver intuito che esistono creature a metà tra l’uomo e il regno animale, gli “spiriti elementali”, e che una di queste è il fuoco; che come tale il fuoco non è affatto un elemento privo di pensiero, ma una forza malefica che agisce secondo una precisa volontà, così come tramandato nelle leggende orali contadine e nelle storie di diavoli, ninfe, salamandre e altre figure del folclore. Lo scopo della sua esistenza è combattere il fuoco, perciò accanto alla sua veste di veste pompiere si dedica anche a scrivere saggi e a progettare nuovi sistemi antincendio. In uno scontro che si fa personale contro forze pericolose e senzienti, l’uomo sembra avere la meglio, ma la vendetta degli Elementali non si farà attendere e sarà terribile… La scissione di Czarnocki in due entità indipendenti e distinte, anticipata dalla ricezione di minacciosi messaggi da parte degli Elementali e da persistenti attacchi di catalessi, è un’evoluzione indesiderata della sua capacità di sdoppiarsi oppure è stata causata dagli Elementali nel tentativo di impossessarsi del suo spirito? Il tesissimo finale, e anche qui sta il bello, risponde solo in parte a questa domanda.

12 commenti:

  1. Il doppelganger è sempre stato un tema che mi ha affascinato sin da quando lessi un articolo in proposito sull'almanacco del terrore allegato a un albo di Dylan Dog.
    Gli elementali invece mi sanno troppo di superstizione medioevale, non riesco a immaginare creature nascoste nel fuoco o nell'acqua, sto diventando di un razionale noioso persino per me stesso.

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    1. Le leggende relative agli elementali sono effettivamente tra le più incomprensibili. Anche per me è davvero difficile inquadrarle. E te lo dice uno che nell'irrazionale ci sguazza.

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  2. Questa parte è quella che sento più in sintonia con il mio stesso percorso narrativo. Sono sempre più affascinato da questo autore.
    Ma i riferimenti a Bergson? Forse lo hai scritto nel primo post della serie e adesso mi sfugge, sono farina del tuo sacco o di quello di Grabinski?

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    1. Non ricordo se fu lo stesso Grabiński a dirlo espressamente, comunque l’influenza di Bergson sulla sua prosa è qualcosa su cui i critici sono stati e sono tuttora concordi. Le citazioni di Bergson nel post qui sopra che non fanno parte in alcun modo del racconto di Grabiński, le ho scelte perché mi sembravano utili per comprendere meglio dei concetti che per alcuni potrebbero essere un po’ fumosi. Questo è un racconto che si può apprezzare a prescindere ma che si apprezza doppiamente, secondo me, se il discorso e le idee di fondo sono chiari. A dire il vero avevo pensato di inserire analoghe citazioni in tutte le recensioni dei racconti, o perlomeno in quelle relative a quelli più legati a un certo tipo di tematica, ma poi ho rinunciato perché mi sono reso conto che la cosa mi avrebbe portato via troppo tempo. ^_^

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  3. Strepitoso il racconto Saturnin Sektor *__* Il tema del tempo mi affascina particolarmente, soprattutto quando ci si addentra nei territori succitati.

    TOM, che bella questa serie di post dedicati a Grabinski!

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    1. Il tema del tempo è davvero uno dei più affascinanti e, in questo tipo di narrativa, probabilmente uno dei più saccheggiati. Credo che il motivo sia da ricercarsi nell'impossibilità da parte nostra di controllarlo: esso si muove in una sola direzione senza mai rallentare né acellerare.

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  4. Tempo, doppelgänger ... temi ossessivi ed estremamente attraenti!

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  5. Il doppelganger, torna spesso in questi racconti. Mi sa che dovrò approfondire davvero questo autore.

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    1. Sono molti i temi ricorrenti in Grabiński e il doppelgänger è uno di questi. Altri temi affrontati possono essere il tempo, il viaggio e l'alterazione della realtà. Per quanto possibile ho cercato di raggruppare i vari argomenti all'interno delle diverse parti di questo monumentale articolo....

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  6. Se nelle storie si parla di manicomio, io accoro :D, storie horror of course :P.
    Il "Tempo" lo adoro, che compaia in ambito horror, sci-fi, thriller ma anche in una divulgazione scientifica, è un tema che ha una forte presa sulla mia curiosità.
    E infine gli Elementali, che associo sempre al medioevo fantasy, che WOW! Infatti in questo periodo ho ripreso a giocare a un vecchio videogame, un gdr fantasy :-Q____

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    1. Come dicevo prima a Glò, il tempo è uno degli argomenti più saccheggiati dalla narrativa horror e sci-fi. Il motivo forse è che sentiamo di non poter fare nulla per affrontare la sua inevitabilità...

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