lunedì 18 aprile 2016

Ogni maledetto video

Abbiamo già accennato a differenze e analogie fra il romanzo di Kōji Suzuki e le varie trasposizioni cinematografiche che nel corso degli anni si sono moltiplicate: ciò che tutte le versioni finora proposte hanno davvero in comune è la maledizione che penetra nel nostro mondo attraverso la tecnologia. Qualche giorno fa ci siamo soffermati a ragionare sul ruolo del televisore, un oggetto di uso quotidiano che in Ring diviene un portale che consente la comunicazione fra il mondo terreno e quello ultraterreno. Il televisore, in questo senso, rappresenta la versione moderna del pozzo o, più nello specifico, un suo prolungamento. Per poter invadere il nostro mondo, Sadako non può permettersi semplicemente di risalire il pozzo; questo probabilmente era sufficiente in un’età più remota, ma per lei è necessario superare un ulteriore ostacolo, quello legato alla modernità che, ai giorni nostri, non lascia più alcuno spazio al sovrannaturale. 
Si dice spesso che, ormai, ci sono fatti che assumono valenza agli occhi del pubblico solo nel momento in cui vengono raccontati alla televisione, come se la realtà al di fuori del piccolo schermo non esistesse; ebbene, in un certo senso Sadako acquista concretezza proprio nel momento in cui si impadronisce della soglia rappresentata dal televisore e la supera, perché è quello il momento in cui la terribile realtà della maledizione viene pienamente accettata dalla vittima, che fino ad allora ne ha riso o che comunque, a dispetto di una strisciante inquietudine, ha continuato a vivere la sua vita come se nulla fosse. Oppure, ribaltando la prospettiva da cui esaminiamo i fatti, possiamo dire che sfruttare la tecnologia significa la piena vittoria di Sadako sulla materia, il trionfo dei suoi tanto vituperati poteri: se risalire da viva le viscide pareti del pozzo le fu impossibile, superare la soglia del televisore è per lei un gioco da ragazzi.
Ecco quindi che la tecnologia, di cui noi in un modo o nell’altro siamo tutti schiavi, diviene il mezzo, la tappa finale di questo passaggio. Un mezzo che rende il manifestarsi di Sadako ancora più perturbante in quanto assolutamente imprevedibile, inaccettabile e, nella sua contraddizione in termini, totalizzante. Di fronte a un simile orrore lo spettatore rimane paralizzato, inerme; non riesce a concepire che il mondo materiale e il mondo spirituale si possano confondere, sovrapporre e mescolare; perde la speranza in qualsiasi via di fuga e, ineluttabilmente, soccombe. 

Ma dimentichiamoci per un attimo il televisore, quel televisore che rappresenta il punto conclusivo del percorso compiuto dalla Sadako di Hideo Nakata: dimentichiamocene più che altro perché, come già accennato in precedenza, non era previsto alcun televisore nel romanzo che diede il via a tutto. 
L’elemento sul quale dobbiamo concentrarci ora è la videocassetta, un supporto oggi definitivamente obsoleto ma che, a metà degli anni Novanta, rappresentava senza ombra di dubbio l’oggetto tecnologico di uso più comune, quello più familiare e in quanto tale capace di trasmettere un livello di inquietudine molto maggiore. Nel 1995 Sadako scelse una videocassetta per far conoscere al mondo la propria vicenda e per contagiarlo con la propria maledizione: oggi, probabilmente, gestirebbe un proprio canale YouTube o comunicherebbe il proprio #rancore con un tweet… ma stiamo finendo nel campo delle speculazioni. 
Ma qual è il vero ruolo di questa videocassetta? Nella versione di Hideo Nakata, come abbiamo visto, si è preferito puntare su una leggenda urbana che da tempo immemore mieterebbe vittime un po’ in tutto il Giappone: altri registi, fedelmente al romanzo, si sono invece limitati a inserire il video nel piccolo mondo circoscritto alle vicende dei protagonisti. Aldilà delle scelte di ciascuno di loro, resta il fatto che è proprio il video maledetto la chiave di volta. Il protagonista-investigatore della serie Ring, uomo (Kazuyuki Asakawa) o donna (Reiko Asakawa) che sia, a seconda della versione, viene in possesso del misterioso nastro mentre cerca di risalire alle cause che hanno portato alla morte di sua nipote Tomoko Ôishi. Grazie a una geniale intuizione, Asakawa si rende conto che tutte e quattro le vittime identificate fino a quel momento avevano trascorso una notte presso un resort a Izu esattamente una settimana prima di trovare la morte nelle circostanze che sappiamo. Cos'era accaduto quella notte? Forse quei ragazzi avevano contratto un virus? Troppo facile, anche se in un certo senso è proprio un virus (per quanto anomalo) ciò di cui stiamo parlando. La risposta, come detto, è in quella videocassetta che i quattro guardarono insieme durante il loro soggiorno. Per capire la sua importanza, vi invito a osservarne il contenuto qui di seguito, nella versione proposta all’interno del film per la tivù Ring: Kanzenban che, fra le tante, è quella più significativa. Ancora una volta vi invito a non avere timore di cliccare il tasto play: ricordate che è solo finzione... 


A questo punto, è bene sapere che già Shizuko, la madre di Sadako, disponeva di poteri paranormali, nello specifico di una sorta di seconda vista (chiamatela chiaroveggenza, chiamatela percezione extrasensoriale), e nel libro di Kōji Suzuki anche della capacità di produrre fotografie psichiche.
Questo è un aspetto fondamentale: Shizuko non dava prova di dominare la telecinesi, cioè la possibilità di spostare gli oggetti senza toccarli, ma accostando alla fronte un pezzo di pellicola contenuto in una busta sigillata era in grado d'imprimervi sopra un disegno. Stiamo arrivando al dunque. Se avete guardato il video attentamente, avrete notato che per brevi attimi l’immagine si oscura. Guardando la cassetta a velocità normale quegli istanti sono così brevi che li si nota appena, ma facendola avanzare un fotogramma alla volta è possibile cogliere dei momenti di oscurità totale. Cosa significa? Lasciamocelo spiegare da Ryuji, l’uomo che supporta Asakawa nella sua ricerca.

Allora Ryuji gli porse un foglio di carta su cui era tracciata una semplice tabella. Alcuni fatti apparivano chiari a prima vista. Ryuji aveva suddiviso il video in scene separate. «L'idea mi è venuta all'improvviso ieri sera. Capisci, vero? Il video comprende dodici scene. Ho assegnato a ciascuna un numero e un nome. Il numero che segue il nome indica la durata in secondi. Il numero successivo, tra parentesi quadre - mi segui? - segnala quante volte lo schermo si oscura durante quella scena.» L'espressione di Asakawa era molto dubbiosa. «Ieri, dopo che sei andato via, ho cominciato a esaminare altre scene oltre a quella del neonato. Per vedere se anche in quelle c'erano momenti di oscurità. E infatti c'erano, vedi, nelle scene 3, 4, 8, 10 e 11.» «La colonna accanto dice 'reale' o 'astratta'…» «Avevamo già detto che, in senso lato, le dodici scene si possono dividere in queste due categorie. Le scene astratte sono le immagini mentali… anzi forse sarebbe meglio chiamarle 'paesaggi' mentali. Poi ci sono le scene reali, di cose che esistono davvero, che si possono guardare con gli occhi.» Ryuji fece una pausa. 
«Ora guarda la tabella. Noti qualcosa?» «Be', il sipario nero cala soltanto durante le scene reali.» «Giusto. Giustissimo. Tienilo a mente […] Ora, cerca di tornare col pensiero alle sensazioni che hai provato la prima volta che hai visto queste immagini. Ieri abbiamo discusso la scena col neonato. C'è qualcos'altro? E la scena con tutte quelle facce?» Usò il telecomando per trovarla. «Guarda bene quelle facce, a lungo.» La parete composta da decine di facce si allontanava lentamente, e il loro numero aumentava fino a comprenderne centinaia, migliaia. Quando le guardava attentamente, ciascuna gli sembrava diversa dalle altre, proprio come se fossero facce reali. «Che sensazione ti dà?» chiese Ryuji. «In un certo senso… come se fossi rimproverato. Come se mi dessero del bugiardo, dell'impostore.» «Esatto. Si dà il caso che abbia provato anch'io la stessa sensazione… o, almeno, quello che ho provato era molto simile alla sensazione che stai descrivendo. […] Vedi, abbiamo pensato entrambi che queste immagini siano state riprese da una telecamera, in altri termini da una macchina con un obiettivo, no?» «E non è così?» «Ma allora che cos'è quel sipario nero che per un attimo copre lo schermo?» 
Ryuji fece avanzare il nastro un fotogramma alla volta, finché lo schermo non diventò nero. Rimase nero per tre o quattro secondi. Calcolando un trentesimo di secondo per ogni fotogramma*, il buio durava circa un decimo di secondo. «Come mai questo succede nelle scene reali e non in quelle immaginate? Guarda meglio lo schermo. Non è del tutto nero.» Asakawa accostò il viso allo schermo. In effetti non era del tutto nero. Nell'oscurità aleggiava qualcosa che somigliava a una vaga foschia biancastra. «Un'ombra confusa… Quello che abbiamo qui è la persistenza dell'immagine. E, quando guardi, non hai una sensazione incredibile d'immediatezza, come se partecipassi davvero alla scena?» 
Ryuji lo fissò negli occhi e batté le palpebre, lentamente. Il sipario nero. «Come?» mormorò Asakawa. «Questo sarebbe… il battito delle palpebre?» «Esatto. Mi sbaglio? Se ci pensi, è abbastanza logico. Ci sono cose che vediamo con gli occhi, ma ci sono anche scene che evochiamo con la mente. E, dato che queste non passano attraverso la retina, non ci sono di mezzo battiti di palpebra. Ma quando guardiamo coi nostri occhi, le immagini si formano in base alla forza della luce che colpisce la retina. Per impedire che la retina venga sollecitata in modo eccessivo, battiamo inconsapevolmente le palpebre. 
Il sipario nero è l'attimo in cui si chiudono gli occhi.» Quella cassetta non era stata registrata da una macchina. Gli occhi, le orecchie, il naso, la lingua, la pelle di un essere umano… per realizzare quel video erano stati utilizzati tutti e cinque i sensi. Quei brividi, quel fremito, provenivano dall'ombra di qualcuno che s'insinuava dentro di lui attraverso gli organi sensoriali. Asakawa aveva guardato il video dalla stessa prospettiva della cosa dentro di lui. Non faceva che asciugarsi la fronte, ma continuava a sentirla madida di sudore freddo. «Lo sapevi che… Ehi, mi ascolti? A parte le differenze individuali, l'uomo batte le palpebre in media venti volte al minuto, mentre la donna solo quindici volte. Ciò significa che a registrare queste immagini potrebbe essere stata una donna.» Asakawa non riusciva più a seguirlo. 

Ma noi abbiamo ormai capito. Sadako a quell'epoca aveva solo sette anni, ma le sue facoltà erano già di gran lunga superiori a quelle di Shizuko: era capace perfino di proiettare delle immagini su un tubo catodico. Un tipo di potere, questo, immensamente più grande e del tutto diverso da quello materno. Come era potuto succedere? E in che modo quelle immagini si erano impresse su una videocassetta?
La risposta giunge apprendendo che, qualche tempo prima, un’altra famiglia aveva alloggiato presso lo stesso resort. Erano andati lì per giocare a tennis, ma dato che pioveva e non c'era altro da fare avevano guardato alcuni vecchi classici alla televisione. Previdente, il figlioletto aveva portato con sé una cassetta per registrare un programma su un certo canale, ben sapendo che non lo avrebbe potuto guardare in diretta. Ma il ragazzino non sapeva che le frequenze delle trasmissioni variano da una regione all'altra, e che quello che a Tokyo si vede sul Canale 4 nel resto del Paese potrebbe essere mandato in onda su un canale diverso: di conseguenza, aveva programmato il videoregistratore in base al canale di Tokyo. Su quella frequenza però non c’era nulla, solo del rumore di fondo: il contenitore perfetto per accogliere qualsiasi tipo di trasmissione pirata. Insomma, era quasi certo che quella sera le immagini incriminate fossero state trasmesse proprio utilizzando quella frequenza e che quel nastro le avesse registrate per puro caso. Dato che registrava la cassetta mentre i genitori stavano guardando un altro programma, il ragazzino non aveva neanche idea di cosa stesse registrando e, fortunatamente, su una frequenza del genere le probabilità che qualcun altro potesse aver visto in diretta le immagini maledette erano praticamente nulle.
La questione comincia ad assumere un certo fascino, non trovate? E allora perché non fermarci un attimo e fare una breve digressione su questo argomento?

* Mentre nel formato Pal, usato da quasi tutti i Paesi europei, il frame rate è di 25 fotogrammi al secondo, in quello NTSC, usato negli USA e in Giappone, è di 30 fotogrammi al secondo.

Il presente articolo è parte di un vasto progetto che ho voluto chiamare Hyakumonogatari Kaidankai (A Gathering of One Hundred Supernatural Tales) in onore di un vecchio gioco popolare risalente al Giappone del periodo Edo (1603-1868) e, di tale progetto, esso rappresenta la parte 10 in un totale di 100Se volete saperne di più vi invito innanzitutto a leggere l'articolo introduttivo e a visitare la pagina statica dedicata, nella quale potrete trovare l'elenco completo degli articoli sinora pubblicati. L'articolo è inoltre parte dello Speciale Ghost in the Well che è iniziato il primo del mese. Buona lettura! P.S.: Possiamo spegnere la 10° candela...

16 commenti:

  1. Questo è un post fondamentale, un vero punto di svolta che dà una luce nuova su alcuni dei punti oscuri spesso sottaciuti dai film. uno tra tutti : la nascita della prima "Vhs maledetta "

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    1. Hideo Nakata non ci ha raccontato nemmeno la metà di quanto avrebbe dovuto. Guardando il film la sensazione più o meno c'era, no?

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  2. A proposito di fotografia psichica, uno che affermava di possedere questo potere era Uri Geller.
    Vedi: https://it.wikipedia.org/wiki/Uri_Geller
    Sono sempre rimasto incuriosito sulla genesi della cassetta maledetta, per cui attendo il prossimo post!

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    1. Oh sì, me lo ricordo bene Uri Geller! Ero bambino quando quel tizio piegava cucchiaini in televisione con la forza del pensiero. Ne ero terrorizzato!

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  3. Bello questo post! Attendo il seguito *__*

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  4. Sapevo ovviamente che certi horror si trasformano in veri e propri cult movies con approfondito studio della trama e dei suoi contenuti, ma non immaginavo che anche "The ring" rientrasse in questa tipologia.

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    1. Credo che sia il destino di un po' tutte le "saghe", quello di attirare maniaci svisceratori di trame occulte... e temo di essere proprio io uno di quelli...

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  5. Splendido post. Ma anche i primi due minuti e mezzo di "Persona" di Bergman funzionano bene come "video maledetto":
    https://www.youtube.com/watch?v=s8TJ2d7-1e8
    Non per niente in Italia e altrove è stato a lungo bannato e il film proposto senza questo inizio.

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  6. Post spettacolare: mi hai ricordato perché all'epoca mi piacque da impazzire il romanzo di Suzuki! Ho riletto la tua citazione coi brividi: c'è qualcosa nel suo stile che fa vibrare la mia schiena...
    Mille punti per Ivano Landi che ha citato "Persona", tutt'oggi il film più grandioso e stupendo che ho mai visto ;-)

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    1. Ahahah, grazie per i punti, Lucio!

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    2. Quel brano che ho riportato incolla davvero l'attenzione alla pagina....

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  7. Non so se c'entra, ma ho un libro sulle fotografie psichiche. In questo caso specifico si tratta di immagini scattate nell'Ottocento in America - di quelle che si scattavano per ricordo - dove sulla pellicola rimaneva impresso un volto extra, molto spesso fluttuante nel vuoto, o una figura che non era presente al momento dello scatto.

    P.S. Prova un po' a indovinare se ho visto il video proposto. ;-)

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    1. Ahahaha... lo so che non lo hai visto, lo so. ^_^ Ma non è niente di che, non c'è da preoccuparsi. Dal mio modo di vedere sono molto più disturbanti i video linkati nei commenti qui sopra

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