"Per i molti ai quali non fu dato di conoscere personalmente il Giappone, e che sempre, in una muta quanto bramosa curiosità, ricorrono alle fotografie e tengono in mano estasiati i preziosi oggetti leggiadri dell'arte giapponese per costruirsi, sulla base di tale precario supporto, un sogno multicolore di quel lontano paese, per tutti costoro Lafcadio Hearn è diventato un sostegno incomparabile e un amico." (Stefan Zweig, 1911).
Ormai un anno è passato dall'ultima volta che il progetto Kaidan è apparso sulle pagine virtuali di questo blog. Oltre un anno e mezzo, se vogliamo escludere dal conteggio la lunga digressione dedicata all'universo di Ring. Il tempo, sebbene venga scandito con estrema precisione dalle lancette degli orologi, sembra avere la strana caratteristica di comprimersi e di espandersi al di fuori del nostro controllo... Ma, lo avete capito, sto solo cercando delle scuse.
Ormai un anno è passato dall'ultima volta che il progetto Kaidan è apparso sulle pagine virtuali di questo blog. Oltre un anno e mezzo, se vogliamo escludere dal conteggio la lunga digressione dedicata all'universo di Ring. Il tempo, sebbene venga scandito con estrema precisione dalle lancette degli orologi, sembra avere la strana caratteristica di comprimersi e di espandersi al di fuori del nostro controllo... Ma, lo avete capito, sto solo cercando delle scuse.
Lasciataci alle spalle Sadako Yamamura e tutta la sua mitologia, è giunto il momento di rientrare sulla carreggiata principale, quella che, attraverso cento articoli, cercherà di affrontare il tema che ci eravamo prefissati in tutta la sua interezza. E da dove ripartire se non da Lafcadio Hearn, il più celebre narratore di storie di fantasmi giapponesi?
Strano nome Lafcadio Hearn. Non sembra affatto giapponese. E avete ragione: Patrick Lafcadio Hearn era irlandese, nato da padre irlandese e madre greca... e... e come avete già intuito, ho deciso di raccontare questa storia proprio dall'inizio.
Fu un'infanzia non propriamente felice la sua: all'età di sei anni i genitori divorziarono, il padre lo portò con sé a Dublino e da quel giorno egli non vide più la madre. Qualche anno dopo, un maldestro scherzo tra ragazzini gli portò via un occhio; una menomazione che comunque non impedì al nostro di trovare il proprio posto nel mondo. Poco più che ventenne, trasferitosi a Cincinnati (probabilmente a causa di dissidi in famiglia), il giovane Lafcadio era già una piccola celebrità come giornalista di cronaca nera. I suoi articoli erano, diciamo così, piuttosto "singolari"... la parola giusta potrebbe essere "pittoreschi", se non fosse che quella violenza da lui descritta, quella maniacale accuratezza per i dettagli più disturbanti, non erano che lo specchio fedele della realtà che si respirava in città, nelle strade, nelle case e nei palazzi.
Evidentemente, fu già allora che iniziò a germogliare la passione di Lafcadio Hearn per lo strano e per il bizzarro. Nei dieci anni che il nostro trascorse a New Orleans, a partire dal 1887, egli iniziò a sviluppare una passione che l'avrebbe reso celebre: particolarmente attento alla letteratura "esotica", Lafcadio Hearn prese a raccogliere frammenti di vecchie leggende orientali e a metterli insieme, per l'entusiasmo dei lettori del Times Democrat.
Per comprendere l'origine di questo entusiasmo apparentemente ingiustificato, non va sottovalutato il contributo di una corrente artistica che si stava sviluppando in tutta Europa, e di riflesso negli Stati Uniti, proprio in quegli stessi anni: il cosiddetto "giapponismo", letteralmente la fascinazione che quel paese dell'Oriente più remoto sapeva trasmettere grazie ai prodotti dell'arte figurativa, in particolare alle ceramiche, alle xilografie e ai dipinti su seta. Oggi gli appassionati d'arte (e anche i più attenti consultatori di Wikipedia) sanno perfettamente che artisti come Van Gogh, Monet, Renoir e Klimt furono influenzati da nomi come Utamaro e Hokusai, giusto per citare i più noti.
Fu così che, alle soglie dei quarant'anni, Lafcadio trovò la sua definitiva realizzazione nel paese del Sol Levante, dove era stato inviato come corrispondente dal già citato Times Democrat. Era il 1889 e Lafcadio Hearn, che si innamorò perdutamente del paese che così calorosamente lo aveva accolto, mollò tutto, trovò un impiego come insegnante di inglese in un liceo e, nel giro di un anno, trovò moglie e ottenne la naturalizzazione, assumendo il nome di Koizumi Yakumo.
Evidentemente, fu già allora che iniziò a germogliare la passione di Lafcadio Hearn per lo strano e per il bizzarro. Nei dieci anni che il nostro trascorse a New Orleans, a partire dal 1887, egli iniziò a sviluppare una passione che l'avrebbe reso celebre: particolarmente attento alla letteratura "esotica", Lafcadio Hearn prese a raccogliere frammenti di vecchie leggende orientali e a metterli insieme, per l'entusiasmo dei lettori del Times Democrat.
Per comprendere l'origine di questo entusiasmo apparentemente ingiustificato, non va sottovalutato il contributo di una corrente artistica che si stava sviluppando in tutta Europa, e di riflesso negli Stati Uniti, proprio in quegli stessi anni: il cosiddetto "giapponismo", letteralmente la fascinazione che quel paese dell'Oriente più remoto sapeva trasmettere grazie ai prodotti dell'arte figurativa, in particolare alle ceramiche, alle xilografie e ai dipinti su seta. Oggi gli appassionati d'arte (e anche i più attenti consultatori di Wikipedia) sanno perfettamente che artisti come Van Gogh, Monet, Renoir e Klimt furono influenzati da nomi come Utamaro e Hokusai, giusto per citare i più noti.
Fu così che, alle soglie dei quarant'anni, Lafcadio trovò la sua definitiva realizzazione nel paese del Sol Levante, dove era stato inviato come corrispondente dal già citato Times Democrat. Era il 1889 e Lafcadio Hearn, che si innamorò perdutamente del paese che così calorosamente lo aveva accolto, mollò tutto, trovò un impiego come insegnante di inglese in un liceo e, nel giro di un anno, trovò moglie e ottenne la naturalizzazione, assumendo il nome di Koizumi Yakumo.
Tutta questa roba la potete leggere anche su Wikipedia, non faccio fatica ad ammetterlo. Quella a cui invece Wikipedia non fa alcun accenno è l'immensa eredità che Lafcadio Hearn ha lasciato al mondo, a livello letterario ma anche umano: molti suoi contemporanei, che ancora usavano approcciarsi al Giappone con atteggiamento colonialistico, non poterono che essere colti di sorpresa da un sentimento di tale devozione nei confronti di una cultura così diametralmente diversa.
"Il paese è permeato di uno strano fascino. Artisticamente è come un grande museo, a livello sociale è come vivere nel paese delle fate. [...] L'aspetto religioso mi ha letteralmente folgorato e le mie emozioni ne sono assorbite completamente. Sono praticamente immerso nel buddismo, un buddismo totalmente diverso da quello descritto nei libri - qualcosa di infinitamente tenero, toccante, naif, meraviglioso. Mi accompagno con le folle di pellegrini ai grandi santuari, suono le grandi campane e brucio incenso davanti alle grandi divinità sorridenti.", furono le parole che Lafcadio Hearn, un mese dopo il suo arrivo, scrisse a un suo vecchio amico di Cincinnati.
Nei racconti dello scrittore irlandese troviamo tutto questo: in essi traspare un senso di smisurato stupore e di infinita ammirazione. Lafcadio Hearn, che con il tempo ottenne una cattedra di letteratura inglese presso l'Università Imperiale di Tokyo, divise sé stesso tra la necessità di trasmettere la storia e la cultura del proprio paese di origine agli studenti giapponesi e il desiderio mai sopito di apprendere la storia e la cultura del suo paese ospite. Trascorse intere notti chino sulla sua scrivania a tradurre vecchi testi, a rielaborare antiche leggende e storie di fantasmi, spesso ricavando spunti da tradizioni orali o dalla propria esperienza personale. Dedicò alla sua passione quattordici anni della sua esistenza, una passione che ebbe termine solo con la sua morte, avvenuta nel settembre del 1906 dopo una lunga malattia. Probabilmente fu a causa del suo esilio volontario che il nome di Lafcadio Hearn sparì nell'oblio per quasi un secolo. Non vi crucciate quindi se non lo avevate mai sentito nominare prima d'oggi: è perfettamente normale. Il mondo avrebbe dovuto attendere gli anni Ottanta per poter finalmente godere dell'opera di Hearn, raccolta in numerosissime antologie messe insieme prelevando frammenti, piuttosto a casaccio, dalla sua immensa produzione narrativa.
Nei racconti dello scrittore irlandese troviamo tutto questo: in essi traspare un senso di smisurato stupore e di infinita ammirazione. Lafcadio Hearn, che con il tempo ottenne una cattedra di letteratura inglese presso l'Università Imperiale di Tokyo, divise sé stesso tra la necessità di trasmettere la storia e la cultura del proprio paese di origine agli studenti giapponesi e il desiderio mai sopito di apprendere la storia e la cultura del suo paese ospite. Trascorse intere notti chino sulla sua scrivania a tradurre vecchi testi, a rielaborare antiche leggende e storie di fantasmi, spesso ricavando spunti da tradizioni orali o dalla propria esperienza personale. Dedicò alla sua passione quattordici anni della sua esistenza, una passione che ebbe termine solo con la sua morte, avvenuta nel settembre del 1906 dopo una lunga malattia. Probabilmente fu a causa del suo esilio volontario che il nome di Lafcadio Hearn sparì nell'oblio per quasi un secolo. Non vi crucciate quindi se non lo avevate mai sentito nominare prima d'oggi: è perfettamente normale. Il mondo avrebbe dovuto attendere gli anni Ottanta per poter finalmente godere dell'opera di Hearn, raccolta in numerosissime antologie messe insieme prelevando frammenti, piuttosto a casaccio, dalla sua immensa produzione narrativa.
Io stesso inciampai per caso in Lafcadio Hearn nella primavera di sei anni fa quando, cercando storie giapponesi nel catalogo di una nota libreria inglese, trovai la sua più celebre antologia di racconti, quel "Kwaidan" il cui nome oggi utilizzo per etichettare questa serie di post. L'edizione a cui mi riferisco, che tuttora tengo spesso sul comodino, è quella della casa statunitense Dover Publications che vedete qui a fianco.
Testimonianza di quel mio incontro rimane quel mio vecchio post, scritto quando ancora ero un principiante del blogging (non feci altro che riportare integralmente il testo di un racconto).
Un'antologia di racconti fantastici, quella di cui stiamo parlando, che Lafcadio Hearn iniziò a scrivere ben presto dopo il suo arrivo in Giappone e che vide la stampa appena cinque mesi prima della sua morte. I cambi di stile tra un racconto e l'altro, proprio a causa di questa sua lunga incubazione, sono piuttosto evidenti.
Quella "W" aggiuntiva presente nel titolo, che qualcuno avrà sicuramente notato, è solamente un piccolo "trucco fonetico" ideato dall'editore per facilitare la pronuncia del termine "Kaidan" da parte dei lettori anglosassoni.
Non serve proseguire oltre, per oggi: questo breve articolo su Lafcadio Hearn ha infatti ragione di esistere giusto nel contesto in cui ho voluto inserirlo, quello delle "cento storie di fantasmi", ma non aggiunge nulla di veramente inedito sul personaggio. Il progetto è piuttosto quello di abbeverarci dalla conoscenza di un indiscusso esperto di fantasmi giapponesi e di prendere spunto da essa per gli articoli che verranno. Forse non l'ho ancora detto, ma è interessante sottolineare che la maggior parte dei giapponesi moderni conosce le storie di fantasmi della propria tradizione solo attraverso gli scritti di questo signore irlandese. Quale voce più autorevole, quindi?
Concludo citando un paio di fonti, oltre alla solita Wikipedia: si tratta di due ulteriori piccole antologie edite da Tranchida intitolate "Nel Giappone spettrale" e "Al mercato dei morti" che contengono, oltre a numerosi racconti di Hearn (in alcuni casi pescati direttamente da "Kwaidan"), delle gustose prefazioni di Gabriella Rovagnati, germanista e traduttrice, e un breve saggio del drammaturgo austriaco Hugo von Hofmannsthal.
Testimonianza di quel mio incontro rimane quel mio vecchio post, scritto quando ancora ero un principiante del blogging (non feci altro che riportare integralmente il testo di un racconto).
Un'antologia di racconti fantastici, quella di cui stiamo parlando, che Lafcadio Hearn iniziò a scrivere ben presto dopo il suo arrivo in Giappone e che vide la stampa appena cinque mesi prima della sua morte. I cambi di stile tra un racconto e l'altro, proprio a causa di questa sua lunga incubazione, sono piuttosto evidenti.
Quella "W" aggiuntiva presente nel titolo, che qualcuno avrà sicuramente notato, è solamente un piccolo "trucco fonetico" ideato dall'editore per facilitare la pronuncia del termine "Kaidan" da parte dei lettori anglosassoni.
Non serve proseguire oltre, per oggi: questo breve articolo su Lafcadio Hearn ha infatti ragione di esistere giusto nel contesto in cui ho voluto inserirlo, quello delle "cento storie di fantasmi", ma non aggiunge nulla di veramente inedito sul personaggio. Il progetto è piuttosto quello di abbeverarci dalla conoscenza di un indiscusso esperto di fantasmi giapponesi e di prendere spunto da essa per gli articoli che verranno. Forse non l'ho ancora detto, ma è interessante sottolineare che la maggior parte dei giapponesi moderni conosce le storie di fantasmi della propria tradizione solo attraverso gli scritti di questo signore irlandese. Quale voce più autorevole, quindi?
Concludo citando un paio di fonti, oltre alla solita Wikipedia: si tratta di due ulteriori piccole antologie edite da Tranchida intitolate "Nel Giappone spettrale" e "Al mercato dei morti" che contengono, oltre a numerosi racconti di Hearn (in alcuni casi pescati direttamente da "Kwaidan"), delle gustose prefazioni di Gabriella Rovagnati, germanista e traduttrice, e un breve saggio del drammaturgo austriaco Hugo von Hofmannsthal.
Il presente articolo è parte di un vasto progetto che ho voluto chiamare Hyakumonogatari Kaidankai (A Gathering of One Hundred Supernatural Tales) in onore di un vecchio gioco popolare risalente al Giappone del periodo Edo (1603-1868) e, di tale progetto, esso rappresenta la parte 28 in un totale di 100.
Se volete saperne di più vi invito innanzitutto a leggere l'articolo introduttivo e a visitare la pagina statica dedicata, nella quale potrete trovare l'elenco completo degli articoli sinora pubblicati. Buona lettura!
P.S.: Possiamo spegnere la 28° candela...
Lafcadio Hearn è probabilmente l'occidentale più amato in Giappone insieme al più recente (e ancora vivo) Donald Keene. Viene considerato un sincero amico e ammiratore del paese del sol levante.
RispondiEliminaEsatto. Praticamente hai sintetizzato in due parole ciò che io ho cercato di dire (senza grande successo) in duecento righe.
EliminaNon è vero, il tuo post presenta il personaggio (che è molto di più che dire "è amato dai giapponesi").
EliminaDifficile scrivere un post su un personaggio di cui si è già detto tutto; forse per questo che non riesco ad esserne totalmente soddisfatto. Comunque lo scopo dell'articolo è quello di fare da introduzione, per cui va bene anche così.
EliminaPoi un giorno mi dirai dove li peschi questi autori.
RispondiEliminaIo, intanto ti ringrazio anticipatamente. :-)
Non è stato difficile. Se cerchi "storie di fantasmi giapponesi" su Google i primi dieci risultati ti rimandano a Lafcadio Hearn.
EliminaChe bella storia e che figura singolare... ! Mi viene quasi da dire che la sua folgorazione, e amore, per il Giappone potessero avere radici molto lontane, in una vita precedente. O, in maniera più semplice, che il suo spirito abbia applicato la frase "Nessuno è profeta in patria".
RispondiEliminaQuindi, se non capito male, tu teorizzi che Lafcadio Hearn fosse lui stesso un fantasma giapponese, magari inconsapevolmente?
EliminaPiù prosaicamente, ma non troppo, penso che fosse la reincarnazione di un giapponese e che in questa vita sia "tornato a casa".
EliminaNiente di più probabile...
EliminaNon l'avevo mai sentito nominare prima questo grandissimo signore (lo invidio molto, devo ammettere...).
RispondiEliminaPost interessantissimo e denso di stimoli per i quali (articolo e stimoli) ti ringrazio moltissimo!
Un caro saluto
Beh, se non lo conoscevi, allora sono molto più contento di averne parlato. Ma questo è solo l'inizio....
Elimina