venerdì 31 gennaio 2020

Da donna a strega: lacrime e sangue (Pt.2)

L'INTRODUZIONE SI TROVA QUI
LA 1' PARTE DI LACRIME E SANGUE QUI

Dioniso
Il mito orfico di Dioniso, il più antico, lo vuole figlio di Zeus e Persefone: il primo Dioniso è Zagreo, ovvero “colui che prende la preda viva”. Ma Zagreo è anche “il lacerato” e difatti, secondo il mito, Dioniso viene ucciso, in forma di toro, dai Titani, che lo smembrano e lo divorano; e una versione del mito dice che l’unica parte del suo corpo a non essere divorata fu il fallo, e che Zeus lo affidò alla dea Ipta, che se lo pose in capo a mo’ di corona.
Si potrebbe continuare a lungo su questa falsariga, ma ancora più interessante sarebbe l’analisi di quegli dèi o personaggi del mito la cui virilità viene persa o sacrificata: Attis, Osiride e Dioniso e indietro fino a Urano, evirato dal figlio Crono su istigazione della madre Gea.

Sul finire dello scorso articolo ho già accennato al motivo per cui ho citato una lunga sfilza di divinità maschili in una serie di articoli che si propone di parlare della “questione femminile”. Tammuz fu venerato anche a Gerusalemme fino (almeno) al tempo del profeta Isaia, e fu inglobato nel culto di El/Yahveh, il quale (non tutti lo sanno) aveva una moglie: sua madre, Asherah. Geremia la definisce “Regina dei Cieli”, appellativo proprio anche di Iside, ma il suo nome è praticamente scomparso dal Vecchio Testamento, camuffato sotto epiteti e traduzioni di ogni sorta. Questo per dire che, anche se i nomi e i dettagli variano, in tutto il Mediterraneo e soprattutto sulle sue rive orientali la presenza di un “dio morente” che si immola per la comunità e poi risorge è sempre bilanciata da una controparte femminile.

Venere di Willendorf, 30.000–25.000 A.C.,
Natural History Museum, Vienna.
Questa tradizione di sacri sponsali e di morte/resurrezione ha generalmente alla base una coppia che incarna il principio della vita e un antagonista che incarna il principio della morte. La metà femminile della coppia è sempre una grande Dea Madre che incarna le energie riproduttive della natura, quella maschile un suo amante divino, anche se mortale, che perendo e resuscitando mette in scena il rifiorire ciclico della natura (in altre parole, è un semidio); l’antagonista è sempre un doppio speculare di quest’ultimo, perché contrariamente alla donna il maschio è realmente divino solo nella gemellarità. Frazer era convinto che queste figure avessero ispirato il fiorire di vari culti misterici, anche se oggigiorno molti studiosi contestano questa interpretazione. Tant’è.

Possiamo affermare con certezza solo che quelli che stiamo esaminando sono tutti culti che testimoniano una profonda convinzione (fede) nell’immortalità spirituale e nella resurrezione del corpo; però un culto, per poter essere definito misterico, non può essere né popolare (ché la via iniziatica non è per tutti) né troppo circoscritto o elitario, e neppure un culto meramente dedicato ai morti (si suppone che l’iniziato ottenga la morte e rinascita della sua anima divina finché è ancora in questo mondo). E così, se il culto di Mitra fu certamente un culto misterico, quello di Attis, per esempio, potrebbe non esserlo stato affatto. Le storie del folclore non descrivono per forza sistemi religiosi, semmai psicologici (qualcuno, non io, direbbe verità freudiane), ma l’amore tormentato vi compare spesso e così anche nella letteratura, che è se non l’unico quantomeno il suo più importante veicolo di espressione e trasmissione. La letteratura fu dunque il mezzo principale con cui questo legame amoroso venne rappresentato, fino al suo apice, l'amor cortese, di cui sono protagonisti la Dama e il Cavaliere.
Questo amore gioioso e tragico, in genere adulterino (come nel "triangolo" tra Artù, Ginevra e Lancillotto), non è evidentemente l'amore spirituale della letteratura religiosa. Ma anche se gli dèi sono scomparsi, i rapporti fra i sessi non sono mutati ed è la donna ad avere uno status superiore, quasi divino. Purtroppo, come spesso avviene, la Chiesa tentò di impadronirsi della letteratura cavalleresca per donarle un nuovo e diverso fine che fosse utile ai suoi scopi... ma anche questa è un'altra storia.

Iside
A questo punto, due sono le cose che occorre tenere a mente. La prima è che in queste tradizioni Frazer vedeva il ricordo, ammantato di elementi mitologici, di usanze realmente esistite in tempi molto remoti. La seconda è che, come alcune tradizioni esoteriche insegnano, dietro ogni dio “solare” si nasconde una Grande Dea che rappresenta l’aspetto lunare del cosmo.
Ho già spiegato che uso questo termine per semplificare il discorso: dal mio punto di vista non è essenziale appurare se davvero ci fu una figura di grande madre universale anziché singole, specifiche divinità femminili “regionali”. Che poi, ironia della sorte, il fatto che fu anche portando all’estremo la natura immanente della Dea (rendendola cioè umanizzata, antropomorfa, e “singola”, cioè così particolareggiata da divenire quasi unica) che il patriarcato trovò terreno fertile per attecchire e trasformare un po’ tutte le società umane, è un concetto che in pochi hanno affrontato con la dovuta profondità e che andrebbe discusso altrove e con maggiore competenza della mia.
Mi sembra però evidente la traccia di un principio femminile, incarnato da tutte queste divinità, che esprime un bisogno ancestrale e psicologico che l’umanità ha avvertito in tutte le fasi del suo precorso: partendo per esempio da Giove/Dioniso, dietro cui c’è l’irresistibile influsso di Venere, fino ad arrivare al Cristianesimo, in cui il personaggio nient’affatto secondario della Vergine Maria si cela dietro le ingombranti figure maschili del Dio/Padre e del Cristo/Figlio.
Maria (cioè "del mare") era per gli Gnostici lo Spirito di Dio che aleggiava sulle acque primordiali della Creazione (“In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.” Genesi, 1, 1-2). Asherah era anche detta “Colei che cammina sul mare…”. In ebraico la parola che indicava lo Spirito di Dio era declinata al femminile (ruàch), e divenne maschile (spiritus) solo più tardi, nella grammatica latina. Se l’uomo rappresenta la vita archetipica in senso generale (zoe), la donna è la responsabile della vita individuale (bios). In altre parole, l’uomo è l’essenza della vita, ma la donna è la sorgente dell’anima.

Sandro Botticelli, La nascita di venere (particolare), 1485


10 commenti:

  1. Il fatto che lo schema "donna sacra / uomo resuscitato" possa essere la mitizzazione di antichi rituali la vedo probabile. É plausibile che in tempi remoti, per propiziare i raccolti, venisse messo in scena un "sacrificio umano" in cui fra le potenziali vittime una veniva salvata dalla donna/sacerdotessa che lo toglieva dal gruppo dei "sacrificabili" e poi magari ne facevano lo sposo di una giovane in età di procreare... Ovviamente sto solo fantasticando, non ho argomenti materiali di alcun genere per corroborare un'ipotesi simile.

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    1. Dei sacrifici nell'antichità parleremo ancora, Ariano. Sul fatto poi che tu non abbia argomenti per supportare una tua tesi siamo d'accordo... ma è una critica che viene fatta anche a molti studiosi, perciò non crucciarti troppo. ^_^

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  2. In effetti il contrasto tra divinità (o comunque entità superiori) patriarcali e matriarcali è una delle costanti della storia delle civiltà antiche. Che poi si sia trattato di un conflitto tra civiltà o di una rappresentazione simbolica di un passaggio tra due diversi momenti evolutivi questo ancora non siamo in grado di ricostruirlo.

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    1. Mah, parlare di "evoluzione" in questo ambito mi sembra poco azzeccato, forse perché non mi riesce proprio di considerare questa parola "neutra", inconsciamente tendo a darle un'accezione "migliorativa", in senso darwiniano, come del resto mi hanno insegnato a scuola. Ma magari è un'opinione personale che non troverebbe tutti d'accordo. Comunque, è possibile che per rigettare un'interpretazione dell'origine della vita troppo centrata sulla donna si sia finito per incappare nell'errore opposto... in quello cioè di creare un Dio onnipotente che basta a se stesso, capace di "riprodursi" da solo.. e in questo senso, la figura di Maria è certamente una stortura, che testimonia l'infiltrarsi di memorie di un passato ben diverso.

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    2. Per cambiare discorso, da ricerche fatte mi sembra di capire che Asherah(figura sulla quale non tutti i ricercatori sono d'accordo) avesse una doppia funzione, sia come figura divina sia come oggetto religioso. Una cosa paragonabile (con le dovute differenze)a quanto verificatosi successivamente con Metraton che veniva considerato alternativamente sia come una sorta di Angelo o Arcangelo sia come un oggetto. Ti risulta che sia così per Asherah?

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    3. Sì, mi risulta qualcosa del genere, ma direi piuttosto che si dava all'oggetto religioso, in questo caso un albero sacro ma anche una colonna o una stele, il nome della divinità a cui era dedicato. Una manna per i traduttori, che hanno così potuto facilmente far scomparire il nome proprio di molte divinità... Non ho la mia copia della Bibbia sottomano (e comunque guardare il cartaceo sarebbe stato molto arduo, quindi ho dovuto fare una ricerca sul web per trovare questo esempio preso da 2 Re 18, 4:
      "Egli eliminò le alture e frantumò le stele, tagliò il palo sacro e fece a pezzi il serpente di bronzo, che aveva fatto Mosè; [...]"

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  3. Da appassionato e studioso, ormai da decenni, di queste cose, posso solo complimentarmi per l'esemplarità dell'esposizione :-)
    Ho tra l'altro iniziato a leggere, anche se per ora solo i primi due capitoli, il nuovo libro di Calasso: "Il libro di tutti i libri". Potrebbe interessarti, visto che già a pagina 1 è scritto:
    "Nella solitudine precedente alla creazione, Iahvè fu assistito soltanto da sua figlia. Era la Torah, Legge, ed era la Hockmah, Sapienza. Era la consigliera, ma operava anche come artefice: calcolava le misure, provvedeva a sigillare le acque, tracciava confini di sabbia, saldava le giunture dei cieli. E talvolta era il piano squadernato della Creazione. Allora Iahvè la contemplava in silenzio."

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    1. Grazie mille dei complimenti, ma in realtà dovresti (dovrei) ringraziare tutte le letture (e gli Autori) che mi hanno ispirato nel corso degli anni. Ah, che invidia il libro di Calasso! L'avevo già adocchiato in libreria, ma costa un mezzo patrimonio, ed è per questo che non l'ho ancora comprato. :-( Magari me lo puoi rivendere quando l'hai finito... naturalmente, a metà del prezzo. ;-)

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    2. E vedere la mia collezione calassiana diminuita di un pezzo? Sarebbe come sorridersi davanti allo specchio con un dente frontale in meno ;-D

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    3. Vabbè dai, ci ho provato. Dentro di me sapevo benissimo come sarebbe andata a finire. ^_^

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