sabato 10 settembre 2016

Ring TV: Rasen

Lo stesso anno di “Ringu: Saishūshō”, il 1999, la Fuji Television propose una seconda serie TV (*) dedicata alla saga di Ring intitolata come l’opera a cui si ispirava: “Rasen” (Spiral), il secondo libro di Kōji Suzuki. Possiamo considerare questa serie un sequel della prima, anche se in realtà le loro storie hanno in comune soltanto l’ambientazione e la premessa, ovvero la maledizione di Sadako. Anzi, “Rasen” eredita da “Saishūshō” anche il personaggio di Mai Takano (sempre naturalmente con il volto di Akiko Yada), e in un ruolo forse anche più cruciale. Per il resto, il parziale cambio dei registi coinvolti nel progetto non apporta alcun sostanziale miglioramento tecnico: con quella patina un po’ rétro, i due prodotti sono visivamente molto simili, sebbene a mio parere nel secondo ci sia un uso migliore della colonna sonora (sempre onnipresente e spesso invasiva, ma almeno più azzeccata). 
La serie strizza più volte l’occhio al Ring di Nakata, soprattutto quando ripropone una sua versione della famosa scena di Sadako che sbuca all’improvviso dallo schermo del televisore. Anche se non si trattava certo di una novità, credo che la visione di quelle immagini debba essere stata piuttosto spaventosa per un pubblico televisivo come quello di “Rasen”. 
L’idea degli autori era probabilmente quella di dare un’impennata decisa ai momenti horror e in qualche caso (come nella terza puntata, ad esempio) è esattamente ciò che avviene, anche se nel complesso il tasso di terrore è altalenante. La serie tv “Rasen” fa comunque più paura del film omonimo, che dal quel punto di vista offre davvero il minimo sindacale.
Più che paura vera e propria, però, quello che davvero caratterizza questa serie è una strisciante inquietudine legata a quel mood cupo, apocalittico che essa condivide con il film. Entrambi passano con disinvoltura da temi sovrannaturali ad altri più incentrati sulla manipolazione del DNA e alla clonazione, ma in maniera così confusa da non rendere affatto giustizia al romanzo da cui sono tratti. In qualche modo, tuttavia, mi sembra che anche in questo la serie TV finisca per avere un impatto maggiore del film – fosse anche solo per accumulo, data la sua maggiore durata.
In breve, la storia riprende da dove si era interrotta, se pure con nuovi personaggi. Le voci legate al videoclip maledetto sono ancora diffuse in città ma, a complicare le cose, la leggenda metropolitana che lo riguarda si intreccia con quella di un edificio che ora ospita degli uffici, ma in cui si dice che in passato un serial killer abbia mietuto delle vittime: il killer era stato arrestato e giustiziato tre anni prima dell’inizio della nostra storia, ma si dice che il suo spirito infesti ancora il luogo dei suoi misfatti.

Proprio in quell’edificio si verifica la misteriosa morte di sei impiegati e il responso dell’autopsia è chiaro: si tratta di arresto cardiaco, ma la cosa strana è che su tutti i corpi vengono riscontrati i medesimi segni di reazione cutanea. Sembra che subito prima del fatto qualcosa sia comparso sugli schermi dei computer su cui queste persone stavano lavorando, ma la registrazione del video di sorveglianza non è d’aiuto per chiarire cosa fosse: contiene però uno strano fruscio che, inizialmente, viene preso per la traccia di un’onda magnetica, ma che ovviamente si rivelerà essere ben altro. Tutte le piste portano al killer Gozo Arita, ma come può un uomo morto andarsene in giro a seminare le sue impronte digitali ovunque? È evidente che chi sta sabotando le indagini è il vero colpevole, o un suo complice. 
Sul caso indagano Mitsuo Andō (Gorō Kishitani), professore in una scuola vicina al luogo del crimine, e Natsumi Aihara (Takami Yoshimoto), impiegata presso il Criminal Investigaton Laboratory, l’ufficio preposto a coadiuvare il lavoro della polizia: Misaki Nishijima (Lisa Sudō), l’unica superstite fra gli impiegati, è una ex allieva di Andō ed ex compagna di classe di Aihara. 
Quello di “Rasen” è un mondo che sembra avviarsi verso una rapida fine. Non solo la maledizione di Sadako sta ancora falciando vite, non solo le morti di quegli impiegati sembrano l’inizio di un countdown che può potenzialmente estinguere l’intera umanità, ma il sedicente sensitivo Tōru Kawai (Takeshi Masu), che avrebbe ricevuto i suoi poteri niente di meno che da Nostradamus in persona, annuncia in diretta tv l’avvento del King of Terror (**).
Costui è una sorta di Anticristo, preannunciato da un terremoto, venuto a seminare morte e distruzione. Mentre la luna si tinge di rosso la povera Misaki, scopertasi incinta, è impaurita dalle ricorrenti visioni di un pozzo. Nel frattempo Mai, che è in grado di percepire la presenza di Sadako, prende contatto con Andō e gli rivela quanto successo in passato.

“Saishūshō” appesantiva la narrazione con un’indagine fin troppo razionalistica che durava praticamente per tutti e 12 gli episodi; ecco, “Rasen” ha più o meno la stessa impostazione, ma nelle sue 13 puntate (13, come i giorni di incubazione del virus Ring!) introduce qualche piccola novità, la più importante delle quali riguarda la figura di Sadako, molto più presente qui che non nella prima serie, e non solo nella sua veste immateriale: assisteremo infatti a diversi suoi tentativi di tornare in vita, appropriandosi di un corpo fatto di carne e di sangue. 
Insomma, le indagini e i colpi di cena sono una costante anche di questa seconda serie. Se però in “Saishūshō” ci volevano sei puntate solo perché i protagonisti venissero a conoscenza del nome di Sadako, qui questo avviene già nel secondo episodio. Vi domanderete allora che cosa può ancora accadere una volta che tutte le carte sono state scoperte: molto, credetemi. Intanto, com’è finita Sadako (perché questo è avvenuto, credo lo abbiate intuito da soli) nella rete di computer di un’azienda? Nella prima serie TV la maledizione era registrata su una videocassetta, ma se quel video è ancora in circolazione che fine ha fatto il vaccino sintetizzato da Rieko Miyashita nell’ultimo episodio? In “Rasen” non se ne parla più, come se non fosse mai esistito. 
Spostare la questione della sopravvivenza di Sadako da un supporto “volatile” come una cassetta alla memoria di un pc ha delle implicazioni che certo non vi saranno sfuggite. Perché, grazie a quell’invenzione geniale che corrisponde al nome di Internet (che somiglia, in effetti, a un’immensa rete neurale), ogni computer può comunicare con moltissimi altri: il risultato è un enorme parco giochi virtuale in cui Sadako potrebbe sguazzare a suo piacimento mentre popola il mondo con i suoi “cloni”.

Tralasciando i personaggi minori, Mai non è più la stessa persona che abbiamo conosciuto nella prima serie, ma una giovane donna decisa e, tuttavia, ancora legata a un passato ingombrante; mentre Andō e Aihara sono la classica coppia che incarna i principi opposti e complementari di istinto e ragione. Ma abbiamo anche una serie di figure fin troppo ambigue e un po’ più caricaturali di quelle di “Saishūshō” (a parte il dottor Nagao, incapace di provare rimorso per il suo crimine fino alla fine), e stranamente la differenza tra buoni e cattivi si assottiglia, tanto che sul finale perfino Sadako finisce per fare miglior figura di chi non ha esitato a manipolare e distruggere vite per amore della scienza. 
La figura più tragica però è sicuramente quella di Mitsuo Andō, una brava persona che rischia in prima persona per amicizia e senso del dovere. Mitsuo è però anche un padre distrutto dalla morte del figlio che per ben due volte si trova a dover fare una scelta terribile. Non vi nascondo che non ho apprezzato la deriva presa dalla sua vicenda, troppo moraleggiante e buonista, l’ultimo, triste atto di una serie TV che della tristezza ha quasi fatto un marchio di fabbrica. 
Rasen” mette tanta carne al fuoco, fin troppa, e qualche sforbiciata qua e là gli avrebbe certo giovato, ma non si può dire che non sia coinvolgente. Se poi all’azione preferite la ricerca di significati profondi, potrete apprezzarla anche come strumento di riflessione sulla responsabilità individuale, l’amore, la libertà e tanto altro, per non parlare dello scenario scientifico e degli interrogativi etici e filosofici che solleva. 
Proprio sullo scenario scientifico intendo tornare più avanti, nel corso del mese, cercando di raffrontare le idee espresse nei romanzi di Suzuki con quelle delle sue varie trasposizioni e proponendo una mia interpretazione. Qualche piccolo spoiler sarà inevitabile, visto l’argomento, ma confido sul fatto che, nel mare magnum di materiale a disposizione, le mie parole finiscano per essere, appunto, solo una goccia nel mare...

(*) I tredici episodi della serie TV "Rasen" sono disponibili sul tubo: il primo episodio qui.
(**) È qui evidente il riferimento alla famosa quartina di Nostradamus che così recita "L’anno millenovecentonovantanove al settimo mese / Dal cielo un gran re del terrore calerà / che farà resuscitare il gran re d’Inghilterra ammuffito / prima che poco dopo Marte regni felicemente." (Centuria X , verso 72). La prima puntata delle serie TV "Rasen" andò infatti in onda in Giappone il 1° luglio 1999 e, palesemente, si intendeva sfruttare al meglio la contemporaneità con un periodo nel quale tutti attendevano eventi catastrofici che, fortunatamente, non si sono verificati. 

Il presente articolo è parte di un vasto progetto che ho voluto chiamare Hyakumonogatari Kaidankai (A Gathering of One Hundred Supernatural Tales) in onore di un vecchio gioco popolare risalente al Giappone del periodo Edo (1603-1868) e, di tale progetto, esso rappresenta la parte 19 in un totale di 100Se volete saperne di più vi invito innanzitutto a leggere l'articolo introduttivo e a visitare la pagina statica dedicata, nella quale potrete trovare l'elenco completo degli articoli sinora pubblicati. L'articolo è inoltre parte dello Speciale Ghost in the Well che è iniziato qui lo scorso aprile. Buona lettura! P.S.: Possiamo spegnere la 19° candela...

14 commenti:

  1. Ma alla fine i telespettatori giapponesi non si saranno stancati visto che alla fine praticamente non si fa altro che ripetere pedissequamente gli stessi avvenimenti tra film e telefilm? Certo, questo "Rasen" rappresenta un passo avanti nell'evoluzione della vicenda ma almeno fino a "Saishusho" non era altro che una ripetizione\ rielaborazione degli stessi concept e personaggi.

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    1. È una netta evoluzione. Tra l'altro Sadako è più questa che quella che abbiamo visto finora, perlomeno nella mente di chi ideata. Ovvio che il lato horror ha avuto un ben diverso appeal...

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  2. Sicuramente bisogna essere bravi per creare una serie su un argomento così noto, quindi tanto di cappello ai giapponesi ;-)
    Ma principale complimenti a te per questo grande speciale!

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    1. Beh, sai, eravamo comunque ancora nel 1999, in piena Sadako-mania. La noia sarebbe sopraggiunta successivamente. Valeva la pena cogliere l'attimo.

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  3. Sembra quasi si arrivi all'idea di Intelligenza Artificiale con Sadako che scorrazza in Internet :O

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    1. Ricorda Ghost in the shell, primo anime (1995) (del manga omonimo da cui è tratto non so dire) :P

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    2. Mmmh, può darsi. Onestamente tutto ciò che so di questa serie mi è stato raccontato, di mio non ho ancora letto/visto nulla. Non so neanche dire quale sia la differenza fra il manga e l'anime...

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    3. Non la serie eh! Proprio il primo film anime, per me è un capolavoro *__*

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  4. In effetti ora con Internet Sadako ha solo l'imbarazzo della scelta, tra miliardi di computer da cui spuntare. Chissà, ora che i tempi si stanno evolvendo con lo smartphone, la tecnologia potrebbe offrirle nuovi luoghi in cui annidarsi... tra cui il piccolo telefono che ognuno di noi tiene in mano ogni giorno! ;-)

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    1. ...e non credere che chi doveva arrivarci non ci sia già arrivato. Lo scoprirai continuando a leggere. ^^

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    2. ... ah, ecco, lo sapevo che come al solito arrivavo in ritardo. ;-)

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