Sembra quasi ieri che questo lunghissimo speciale su Ring
era stato messo in pausa. Sono passati invece quattro lunghi mesi, quattro mesi durante
i quali siamo passati dal freddo al caldo più insopportabile a temperature di
nuovo accettabili, almeno qui da me. Se fossimo in una serie televisiva, a
questo punto ci starebbe bene un riassunto delle puntate precedenti, ma visto
che qui non facciamo televisione, e visto che i post precedenti all’occorrenza
sono facilmente recuperabili, direi che possiamo senz’altro saltare a pie’ pari
tutti i convenevoli, con la sola raccomandazione, qualora ve ne fosse bisogno,
di fare mente locale su tutto quanto è già stato detto e su quanto ci eravamo
ripromessi di andare a dire.
Nell’ultimo articolo della prima serie avevamo
dedicato poche parole a quello che, per quello che ci era allora dato di
sapere, rappresentava uno dei capitoli più anomali dell’intera saga. Il sequel
“apocrifo” (il virgolettato è necessario) fu girato appena dopo la prima
versione di Hideo Nakata e rappresentava (o avrebbe voluto rappresentare) la
trasposizione cinematografica del secondo romanzo di Kōji Suzuki, vale a dire “Spiral”, che di
“Ring” (ovvero del cerchio) rappresenta una delle possibili evoluzioni, non
ultima quella geometrica. A differenza del sequel ufficiale, come avevamo
visto, in Spiral la videocassetta
cessava improvvisamente di essere essenziale nell’economia della vicenda. Era
risultato ben presto evidente, senza doversi inoltrare nuovamente nella
questione, che il titolo del film (ma anche, sottolineamolo, del romanzo) fosse
un chiaro riferimento alla genetica e, nello specifico, alla struttura a doppia
elica del DNA: se era questo lo sviluppo che aveva previsto lo scrittore
giapponese, allora ci vediamo costretti a rivedere sotto una diversa luce tutto
quanto è emerso nei lungometraggi che abbiamo già analizzato, vale a dire nel
secondo Ring di Nakata e in Ring 0 (immaginato
come un prequel) di Norio Tsuruta.
In questa seconda parte dello speciale, pertanto, oltre a
tirare i tanti fili lasciati in sospeso proveremo a esplorare anche questo
nuovo sentiero. Oggi cerchiamo invece di chiudere il percorso suggerito da Hideo
Nakata spostandoci a Seul, in Corea del Sud, dove nemmeno un anno dopo il primo
Ring uscì un’ennesima quanto clamorosa (e inaspettata) rivisitazione delle
vicende di Sadako Yamamura. Vi chiederete a cosa possa servire un remake
asiatico di un horror asiatico: me lo sono chiesto anch’io, in effetti! Ancora una volta stiamo infatti parlando di un tassello
assolutamente superfluo, una brutta copia dell’originale realizzata
frettolosamente a esclusivo uso e consumo del mercato coreano. Il motivo è
forse da ricercarsi nella speranza di generare “cash-flow” ai botteghini con un
prodotto dall’enorme potenziale teorico, arricchito dalla presenza di giovani
attori dall’altrettanto evidente enorme potenziale.
Come nel Ring di Hideo Nakata, il protagonista indiscusso
del quale seguiamo con apprensione le vicende è una donna, sebbene il nome
Asakawa si trasformi qui nel ben più nazionalistico Sun-Joo.
Interpretata da una convincente Shin Eun-Kyung, la nostra
eroina indaga sulla misteriosa morte della nipote, finendo dritta come un fuso
in balia della videocassetta fatale che uccide nel giro di sette giorni
chiunque ne prenda visione. Praticamente, niente di nuovo sul fronte orientale.
Particolare curioso: l’attrice Shin Eun-Kyung, che in
seguito sarebbe diventata celebre con la serie di culto “My Wife is a
Gangster”, sarà protagonista, qualche anno dopo “The Ring Virus”, dell’horror
giapponese “Uzumaki”, tratto dall’omonimo manga di Junji Itō (ne abbiamo
parlato qui) nel quale le vicende ruotano attorno a una città colpita dalla
maledizione delle spirali! Viene quasi naturale a questo punto affermare che la
vita non è altro che una spirale… fine dell’inciso.
Esattamente come nel film di Nakata, Sun-Joo è assistita da
un ex marito (Choi-Yul, la versione coreana di Ryūji) che l’accompagnerà nella
sua lunga opera di ricostruzione dei fatti, risalendo sino alla triste vicenda
di Sadako Yamamura, che per l’occasione è anch’essa ribattezzata nella più
accettabile, linguisticamente parlando, Park Eun-Suh.
Sebbene ampie parti di questa versione coreana si rifacciano
molto più fedelmente al romanzo, come il caratteristico ermafroditismo di
Sadako, le circostanze della sua morte e, non ultima, l’appassionante analisi
del video maledetto (che abbiamo visto qui), “The Ring Virus” può considerarsi
a tutti gli effetti un “clone” dell’omonimo film di Nakata (il titolo internazionale “The Ring Virus”,
sebbene possa lasciar sperare in quel passaggio a una fase successiva già
vagamente accennata in Spiral, è in
realtà abbastanza casuale, tenuto conto che il regista Kim Dong-Bin aveva
originariamente intitolato il suo film, senza un grande sforzo di fantasia, Ring).
Il risultato, come dicevo, è in tutto e per tutto un clone,
uno di quelli pessimi che tentano in tutti i modi di replicare con scarso
successo un po’ tutto, inclusa la regia che, senza alcuna vergogna, preleva
pari pari dal film di Nakata anche le inquadrature e le angolazioni di ripresa.
Anche Sadako, che ci aveva terrorizzato non più di un anno prima, appare del
tutto priva di mordente, nonostante il visino ambiguo prestatole da Bae Doona, attrice ai tempi sconosciuta
ma con qualità tali da permetterle di sbarcare da lì a poco sul palcoscenico
internazionale (Sympathy for Mr. Vengeance, The Host, Cloud Atlas).
Gli stessi dialoghi, che cercano di rifarsi al film di
Nakata, vengono qui riproposti un po’ a casaccio, quasi come se lo
sceneggiatore avesse buttato giù i suoi appunti tentando di ripescare dalla
memoria le battute di un film visto molto tempo prima. Credo che se uno spettatore
si trovasse ad affrontare la visione di “The Ring Virus” senza conoscere nulla
della vicenda, ne uscirebbe completamente confuso e disorientato (se non
incazzato). Nemmeno il finale, completamente insipido, riesce a risollevare
“The Ring Virus” dalla mediocrità. E, a mio parere, la mediocrità è quasi
peggio del fallimento. Il peggior difetto di questo film, in effetti, è che si
è pronti a dimenticarlo un minuto dopo averlo visto. Non un gran biglietto da
visita per un horror, no?
Il presente articolo è parte di un vasto progetto che ho voluto chiamare Hyakumonogatari Kaidankai (A Gathering of One Hundred Supernatural Tales) in onore di un vecchio gioco popolare risalente al Giappone del periodo Edo (1603-1868) e, di tale progetto, esso rappresenta la parte 15 in un totale di 100. Se volete saperne di più vi invito innanzitutto a leggere l'articolo introduttivo e a visitare la pagina statica dedicata, nella quale potrete trovare l'elenco completo degli articoli sinora pubblicati. L'articolo è inoltre parte dello Speciale Ghost in the Well che è iniziato qui lo scorso aprile. Buona lettura! P.S.: Possiamo spegnere la 15° candela...
Direi che lo eviterò volentieri XD Comunque... qualche mese fa mi sono divertita col ciclo The Ring-Usa visto in tv XD
RispondiEliminaAh, bene! E' bello sapere che i miei studenti non si fanno trovare impreparati!
EliminaOhhh questo sì che è un bel modo di festeggiare settembre e l'uscita da un estate afosa ;-)
RispondiEliminaE sì che di solito stimo la cinematografia coreana - sono un gran fan della saga My Wife is a Gangster - ma che senso ha clonare Ring? Ah, ci sono: Sadako ha detto al regista di girare un remake entro sette giorni :-D
Se devo dirla tutta, Sadako aveva "invitato" anche a me a postare la seconda parte di questo speciale entro sette mesi. Per stavolta sono salvo. Spero solo che non ci sia bisogno di una terza parte....
EliminaPremesso che per aggiornarmi su tutti gli articoli del tuo special su Ring mi occorrerà qualche mese (scherzo, li trovo interessanti, dunque farò una full immersion), ti dico subito che quando ho visto Ring di Nakata, Samara Morgan è diventata il prototipo di tutti i miei incubi, con quei lunghi capelli davanti la faccia e il movimento del corpo inquietante. La mia esperienza con questo film horror si è chiusa, però, con il remake americano, che, a mio avviso, non ha reso giustizia alla precedente versione
RispondiEliminaAvrai comunque modo di recuperare nel corso del mese sfruttando i link a ritroso che, a mano a mano, sto inserendo nei nuovi articoli e, già nel prossimo, tornerò diretto su un argomento che avevo lasciato in sospeso lo scorso aprile.
EliminaQuesto mese di settembre, te lo dico sin da ora, si procederà belli spediti... più o meno un nuovo post ogni 48 ore.
Grazie per la fiducia!
O.o
EliminaUna macchina da guerra!
Proverò con piacere a starti dietro!
Tu, Ivano, Cristina M. Cavaliere non fate post tanto per dire, siete impegnativi... e interessantissimi! :)
Beh, in confronto ai nomi che hai fatto io sono un principiante ^_^
EliminaBuuummm!!!
EliminaOh, toh! Mi trovo nominata da Marina... sono contenta di essere passata anche di qua, è una bella iniezione per la mia autostima. ;-)
EliminaOk, mi hai convinto... lo vedrò :P
RispondiEliminaBentornato in pista, ma... un post ogni 48 ore? Fa 15 post in un mese :O
Per la precisione i post saranno 13. Non esattamente uno ogni 48 ore ma quasi. ^_^
EliminaDimenticavi che Ivano è un fanatico della precisione e che tutte te le fa notare, tutte! ^__^
EliminaEh già...
EliminaIo vado controcorrente e dico che se si tratta di un film horror da dimenticare un minuto dopo averlo visto... sembra proprio un film confezionato per me e per farmi dormire sonni tranquilli! ;-)
RispondiEliminaCurioso questo remake coreano, però. Si pensa sempre alle produzioni orientali come a quelle giapponesi o, al limite, indiane, ma anche la Corea dev'essere un mercato ricco a livello cinematografico. Complimenti per la tua conoscenza!
I sonno tranquilli inizieresti probabilmente a farli più o meno dieci minuti dopo l'inizio del film... ma questo è un caso più unico che rari, perché il cinema coreano ormai ha raggiunto livelli di eccellenza tali da mettere la piccola nazione asiatica tra le più promettenti del mondo. Non è un caso se negli ultimi anni proprio da lì sono arrivati nomi come Kim Ki-duk, Bong Joon-ho e Park Chan-wook.
EliminaQuando avrai raggiunto la fine di questo speciale, e se non ti avrò ancora annoiato, ti consiglio il mio precedente speciale sui corridoi sussurranti, un notevole esempio di come il cinema coreano sia ormai da considerare maturo come pochi.
Kim Ki-duk lo conosco benissimo, anzi, ho tre film suoi tra i miei dvd. Mi sono piaciuti molto sia "Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera" sia "Ferro 3 - La casa vuota". Non sapevo però che il cinema coreano fosse così promettente.
EliminaBeh, direi che i tuoi articoli sono tutto tranne che noiosi! ;-) Leggerò volentieri anche lo speciale sui "corridoi sussurranti" che mi consigli.
IO ne ho visti parecchi di film suoi ma i due che hai citato sono indiscutibilmente tra i migliori. Grazie per voler accogliere il mio invito: non ne rimarrai delusa _^
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