En no Gyōja |
Come simbolo cosmogonico, l'acqua presenta un'altra dualità: quella fra la sua natura maschile e quella femminile. L'acqua è infatti sia seme divino, “uranico”, che feconda la terra, sia elemento “lunare” (perché fertile e legato quindi al sangue mestruale), che nasce dalla terra e dall'alba e permette la fecondazione.
L'acqua come elemento dalla natura ambivalente di vita e di morte è stato sfruttato in tutti i film della serie mentre, come abbiamo già visto, il dualismo fra maschile e femminile è appannaggio solo del capostipite, “Kanzenban” di Chisui Takigawa, che lo riprende pari pari dal romanzo di Kōji Suzuki: la Sadako letteraria, infatti, è ermafrodita. Pur essendo biologicamente un maschio, Sadako ha l’aspetto (e la psicologia) di una bella donna e suscita le attenzioni di molti uomini, uno dei quali, scoperta la sua vera natura e sentendosi umiliato da lei, dopo averne abusato arriva a ucciderla.
Ma una Sadako ermafrodita e per di più con poteri ESP così letali non è un po' troppo?
Diciamo che, se la sua storia si limitasse a quanto narrato nel primo romanzo, “Ring”, si sarebbe potuto pensare che Suzuki avesse inteso utilizzare l'espediente dell'ermafroditismo al solo scopo di amplificare l'emarginazione e la solitudine della protagonista e di suo padre e per creare le circostanze più adatte al verificarsi della morte violenta di Sadako; tuttavia, alla luce di quanto accade nel secondo romanzo, “Rasen”, è evidente che l'ermafroditismo è un elemento essenziale al proseguimento della storia, che doveva essere ben chiara nella mente del suo Autore fin dall’inizio, e alla sua decisa virata scientifico-apocalittica.
fondo Sono portato a credere che, in qualche modo, tratteggiare la figura di Sadako sia stato un processo in parte anche irrazionale: Sadako doveva essere esattamente com’è per l’economia della saga di Ring nel suo complesso, ma ciò non toglie che Suzuki può avere attinto a quella memoria ancestrale, atavica, che noi tutti possediamo.
Hideo Nakata sviluppa il legame con l'acqua rivelando che il professor Ikuma non è il vero padre di Sadako, e anche se l’identità di quest’ultimo non viene rivelata, è lecito immaginare che esso sia un demone o comunque un essere che, in qualche modo, ha a che fare con l’acqua, che si sarebbe unito con sua madre Shizuko perché, presumibilmente, attratto dal suo grande potere.
Ci sono almeno due particolari che sorreggono una tale ipotesi. Il primo è che Sadako aveva l’abitudine di fermarsi a lungo a fissare il mare quando era bambina e abitava ancora nel villaggio natio, come in preda a un’inspiegabile nostalgia; il secondo è che, come ricorda il cugino di Shizuko, la donna, incinta di Sadako, aveva tentato di abortire, ma il feto le era stato restituito dal mare.
Anche in questo, la versione di Suzuki è un filino diversa: Sadako – seppur dotata di poteri psichici - è un comune essere umano, frutto della relazione fra la madre Shizuko e il professor Ikuma. Tuttavia, nel corso delle loro indagini Asawaka e Takayama scoprono che i poteri di chiaroveggenza erano probabilmente stati conferiti a Shizuko da una statua di En no Ozunu che lei aveva ripescato dal mare.
En no Gyōja - Hokusai Manga (1819 ca) |
Izu, come sappiamo, nel romanzo era la città natale della famiglia di Shizuko. Lì En no Ozunu aveva occupato una piccola caverna sulla costa orientale, e sebbene personalmente fosse dedito a una forma estrema di ascesi, aveva insegnato agli abitanti dell'isola a coltivare la terra e a pescare. Dopo essere stato perdonato, circa tre anni dopo, era tornato sulla terraferma e aveva fondato la tradizione monastica Shugendō, tuttavia gli abitanti del luogo non lo avevano dimenticato e avevano ribattezzato quella spiaggia Spiaggia dell'Asceta, e nella piccola caverna, la Grotta dell'Asceta, che da allora era stata considerata un luogo sacro, avevano posto una statua in pietra che lo raffigurava.
In base al racconto di Genji Yamamura, il cugino di Shizuko, da secoli a Izu Oshima il 15 giugno di ogni anno si celebrava la Festa dell'Asceta, ma subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, nel quadro della politica contro lo Scintoismo e il Buddismo, le truppe di occupazione avevano rimosso la statua dalla grotta e l’avevano gettata nell'oceano.
Shizuko, che nutriva una fede profonda in Ozunu, aveva evidentemente assistito all’episodio e in qualche modo era riuscita a tenere a mente il punto esatto in cui questa era scomparsa tra i flutti e così, con l’aiuto di Genji e con modalità che avevano quasi del miracoloso, la statua era stata ripescata. Subito dopo, Shizuko aveva cominciato a soffrire di forti emicranie accompagnate da visioni che puntualmente si avveravano. Circa un anno dopo si era trasferita a Tōkyō, dove aveva conosciuto il professor Ikuma… e il resto è storia.
Shizuko affermava che i poteri psichici esistessero, latenti, in ogni individuo, ma indubbiamente i suoi avevano ricevuto un’impennata dopo il recupero della statua di Ozunu. È possibile che un afflato del grande potere del mistico, unito a una predisposizione naturale di Shizuko molto maggiore di quella della media delle persone, fosse confluito nella bambina che questa aveva in seguito portato in grembo. La tradizione vuole che Ozunu fosse il figlio di un dio e di una donna mortale: sua madre era così bella da aver attirato l'attenzione di un’antica divinità, che l’aveva resa gravida con il solo sguardo, senza nemmeno la necessità di sfiorarla (un mito simile è diffuso fra molti popoli, inclusi gli Ainu). Questo farebbe di Sadako, in un certo senso, la figlia di un semidio. La portata di questo è enorme, è un po’ come se noi, nella nostra cultura, dicessimo che era figlia di Cristo… ma non voglio essere blasfemo. Per oggi ci fermiamo qui. Nel prossimo articolo "parcheggeremo" momentaneamente Sadako nel buio del suo pozzo e proveremo a fare una piccola digressione nel folclore legato all'acqua.
Katsushika Hokusai: En no Gyôja Opens Mount Fuji (1834 ca) |
Il presente articolo è parte di un vasto progetto che ho voluto chiamare Hyakumonogatari Kaidankai (A Gathering of One Hundred Supernatural Tales) in onore di un vecchio gioco popolare risalente al Giappone del periodo Edo (1603-1868) e, di tale progetto, esso rappresenta la parte 20 in un totale di 100. Se volete saperne di più vi invito innanzitutto a leggere l'articolo introduttivo e a visitare la pagina statica dedicata, nella quale potrete trovare l'elenco completo degli articoli sinora pubblicati. L'articolo è inoltre parte dello Speciale Ghost in the Well che è iniziato qui lo scorso aprile. Buona lettura! P.S.: Possiamo spegnere la 20° candela...
Incredibile quanto sia fertile e vasto l'argomento Ring! Voglio proprio vedere quanto in là ti spingerai! :-P
RispondiEliminaIl vero e unico limite è il tempo. Volente o nolente non mi spingerò oltre il 30 settembre...
EliminaMi incuriosisce il personaggio storico che introduci e la setta Shugendo, approfondirò. L'argomento.
RispondiEliminaP.S.: mi è venuta in mente questa tua serie di post l'altro giorno mentre leggevo un articolo su Taneda Santoka, autore di alcuni haiku che avevo appena letto ma che non conoscevo, così ho cercato notizie sul web per informarmi sulla sua poesia. C'erano anche alcuni cenni biografici e, beh, non ci crederai: la madre di questo poeta è morta suicida quando lui era bambino buttandosi in un pozzo...
Bellissima questa cosa che mi dici della madre di Taneda Santoka! Cioè.. bellissima forse no (poveretta) ma sicuramente curiosa!
EliminaL'argomento Shugendo in parte lo avevo già accennato anni fa qui sul blog. Magari non te le ricorderai ma ai tempi lo avevi anche commentato.
Eh, tre anni sono tanti, soprattutto questi ultimi tre anni in particolare in cui gli eventi si sono susseguiti con una certa spietata metodicità... Il mio cervello comincia a essere simile a un bicchiere colmo: ogni volta che ci verso qualcosa dentro, qualcos'altro fuoriesce...
EliminaIo non mi ricordo nemmeno cosa ho mangiato a colazione, vedi te...
EliminaNoi vecchietti abbiamo degli hard disk limitati.
Infatti come dici tu il legame di Sadako con l'acqua è tenuto presente in maniera quasi ossessiva nei film di Nakata, anche nel suo remake americano.
RispondiElimina...e tutto ciò ha pure il suo perché!
EliminaContinuo a leggerti senza saltare puntate, anche se non sempre trovo qualcosa da dire in aggiunta al post. Non oggi e né due giorni fa, per esempio.
RispondiEliminaLo so, lo so, don't worry ;)
EliminaIn effetti l'introduzione di una forma di "divinità" per il personaggio di Sadako potrebbe colmare quelle "lacune" o cose poco chiare di cui si chiacchierava già!
RispondiEliminaComunque, gran bel lavoro TOM :O Ha recuperato informazioni interessantissime al di là della "serie-Ring", sarà che adoro mitologia e leggende del Giappone!
La presenza dell'acqua come simbolo di vita-morte ritorna per esempio anche in un racconto di Murakami, e in questo contesto è chiarissima la simbologia.
So che apprezzi e mi fa piacere :)
EliminaNon credo però che l'associazione Sadako/divinità sia fattibile senza aver letto il libro di Suzuki. Forse gli spettatori dei film giapponesi sono stati anche tutti lettori della saga cartacea, almeno in Giappone, in Occidente francamente ne dubito.
Infatti è soltanto possibile a posteriori, dopo aver letto il tuo post :D Però a me aiuta a riempire quei buchi già notati.
EliminaInteressante, come i precedenti. Ma visto che arrivo adesso ad aggiornarmi sugli ultimi due articoli dello speciale che stai trattando, ho la fortuna di potermi godere da subito il seguito con la digressione promessa in questo post. Dunque vado a leggere la storia sugli spiriti dell'acqua. Passo e chiudo.
RispondiEliminaHo fatto in modo di non lasciar passare troppi giorni tra un post e l'altro. Spero comunque che la digressione sia gradita :)
EliminaMi piace molto sia la storia dell'asceta sia l'ultima stampa che lo raffigura. E' molto ricca di dettagli! Correggimi se sbaglio, ma porta una specie di rosario - ovviamente differente da quello cristiano o musulmano?
RispondiEliminaHai ragione, è proprio un rosario - un rosario taoista, il Japamālā (japa significa 'che mormora', perché come di certo sai già in Oriente le preghiere/mantra vengono mormorati). Questo in particolare dovrebbe essere un Rudraksha, un oggetto sacro molto diffuso in India e Nepal ma anche in Indonesia, tipico dell’induismo ma usato anche in altre religioni e persino nella medicina ayurvedica a scopo curativo. I rudraksha, i ‘grani’ del rosario, sono i semi della pianta omonima, che per la tradizione è sacra perché si dice che sia nata dalle lacrime di Shiva (akshan significa occhio in sanscrito, quindi il nome vorrebbe dire più o meno ‘le lacrime di Rudra’, che poi è uno dei nomi vedici di Shiva, o anche ‘il terzo occhio’). Quelli più pregiati sono totalmente organici, con i semi infilati su una corda o una cinghia, ma si trovano anche delle versioni ‘farlocche’ per i turisti.
EliminaSono ammiratissima dalla risposta così articolata, grazie mille. Stavo per dire che sei un pozzo di scienza, se non che poteva sembrare una battutaccia... Mi viene da pensare che il rosario da preghiera sia un simbolo troppo universale per essere un caso. Quello musulmano ricorda i 99 nomi di Allah, come senz'altro sai.
EliminaAh, ah! In effetti.... Ma no, non essere troppo ammirata. Ho solo messo insieme qualche informazione che sapevo dove andare a cercare ^^ (il nome ho dovuto andarlo a ripescare, non lo ricordavo... anche se ho una passione per gli oggetti religiosi, non ho molta memoria per i dettagli. E gli unici rudraksha che ho mai visto dal vero erano di plastica).
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