giovedì 1 ottobre 2020

Da donna a strega: lacrime e sangue (Pt.3)

Alexandre-denis Abel De Pujol
Sacrificio di Ifigenia, 1822, olio su tela 
L'INTRODUZIONE SI TROVA QUI
LA 1' PARTE DI LACRIME E SANGUE QUI

I sacrifici umani fanno parte della storia dell’umanità. C’è chi afferma che furono in effetti le forme più antiche di sacrificio, e che solo in seguito gli uomini siano stati sostituiti da un animale-totem (ucciso, anche se può sembrare paradossale, proprio perché sacro), da una pianta o da un cibo sacramentale che era considerato il corpo del dio. Certamente, come il mito di Ifigenia ci insegna, in varie epoche furono delle fanciulle vergini a venire prescelte per i sacrifici, tuttavia il mito del “dio morente”, sfrondato da tutti gli elementi inverosimili, testimonierebbe secondo Frazer di un tempo in cui i re venivano uccisi prima che il loro potere si indebolisse, di modo che il loro spirito potesse trasmigrare in un nuovo corpo quando era ancora nel pieno della potenza e del vigore.
Sappiamo che la ghirlanda, simbolo del primordiale cerchio magico, era usata per identificare gli animali da sacrificare: si indicava così che proprio quell’esemplare, e non altri, era il sacrificio “perfetto”. Privata delle foglie e dei petali, la ghirlanda non è altro che il cerchio metallico che cingeva la testa dei re: la corona. Ma anche le spose venivano incoronate e così, come ricorda anche Calasso, Ifigenia fu ingannata dal padre: ricevendo la corona pensava di sposarsi e veniva invece condotta sul luogo del sacrificio.

In realtà le cose potrebbero essersi svolte diversamente da come postulato all’inizio del post: non esiste teoria che metta d’accordo tutti gli studiosi. Forse le vittime più antiche dei sacrifici, ai tempi in cui l’uomo viveva di caccia e pastorizia, furono gli animali, e solo in seguito, nelle società agricole, si cominciò a immolare il grano (o l’orzo, ecc.). E quando il Dio infine perse ogni connotazione animale o vegetale, si cominciò a sacrificare un suo rappresentante umano. È possibile che, almeno nell'area mediterranea, alla morte si siano poi sostituiti la castrazione e l'azzoppamento (cosa che donava al re quello che sembrava a tutti gli effetti un piede di toro), più tardi la circoncisione e, in ultimo, l'uso dei coturni (*).
Una sola cosa è certa: esseri umani venivano immolati sia nelle società basate sulla caccia e sulla pastorizia sia in quelle guerriere, dove però erano forse più che altro pratiche magiche volte, tramite un pasto cannibalico, a impadronirsi della forza e della saggezza del nemico ucciso. Lo stesso avveniva nelle società agricole, non solo in Europa e non solo nell’area mediterranea (si pensi agli Aztechi), ma non vorrei allungare ulteriormente il discorso.

Jan Havickszoon Steen, Il sacrificio di Ifigenia, 1671, olio su tela
Ciò che è certo è che, in Europa e in altre aree del mondo, forme di transustansazione come questa esistettero ben prima che i cristiani le “codificassero” nel mistero dell’Eucarestia. Tra parentesi, a volte mi domando quanti cristiani oggigiorno si interroghino sul vero significato del rito che eseguono ogni domenica…
L'usanza agreste di sacrificare annualmente un uomo-dio che simboleggiava lo spirito del grano (o dell’orzo, del riso o di altro cereale, a seconda del tipo di coltura) sarebbe poi traslata nella mitologia, dando origine a figure mitiche come quelle viste negli articoli precedenti. Il culto del dio si fuse forse con il culto dei morti, dando vita a pratiche necromantiche, in base all’assioma lampante che, se lo spirito del dio della vegetazione poteva risorgere con la primavera, anche gli altri spiriti sepolti nella terra avrebbero potuto fare altrettanto, o quantomeno avrebbero potuto dialogare con i vivi, fornendo loro le risposte alle loro numerose domande.
Il re era onorato e spesso idolatrato finché era in grado di svolgere i compiti a lui affidati al meglio, ma al minimo segno di cedimento veniva messo a morte, spesso in modo molto cruento. Carestie, siccità o altri fenomeni che determinavano un cattivo raccolto venivano imputati a lui, pertanto non era necessario che questo cedimento fosse qualcosa di visibile come la comparsa delle prime rughe o dei capelli bianchi, e neppure che lo riguardasse direttamente. E se talora si cercavano nel re i segni del decadimento, altre volte si fissava in anticipo la durata del regno, scaduta la quale il re doveva morire. In altri casi, invece, il sovrano era continuamente alla mercé di chi, con la forza, volesse appropriarsi della corona: chiunque riuscisse a ucciderlo poteva prendere il suo posto.

Gustave Moreau, Eracle e l'Idra di Lerna, 1876, olio su tela
Una serie di leggende ci permette di gettare una luce su queste antiche usanze. Molte di esse riguardano la figura di Eracle nella sua prima incarnazione di re sacro pastorale (per ricollegarsi a quanto scritto in chiusura dello scorso articolo, dove si dice: "La seconda è che, come alcune tradizioni esoteriche insegnano, dietro ogni dio “solare” si nasconde una Grande Dea che rappresenta l’aspetto lunare del cosmo) Herakles significa “gloria di Era”, il suo nome cioè contiene già un indizio della sua sudditanza alla dea).
In queste storie, Eracle è a capo della comunità e accompagnato da dodici arcieri, tra cui il suo gemello ed erede designato (tanist). Ogni anno, a metà dell'estate, egli viene ubriacato di idromele e condotto in un cerchio di dodici pietre disposte intorno a una quercia, legato all'albero e poi ucciso, smembrato e mangiato (sfrondata, la quercia somiglia a una T che è un’altra forma della Tau, cioè una croce). Gli succede il tanist, che allo scadere del suo regno verrà ucciso da un altro "Eracle", e così via. La dignità di sovrano gli viene concessa per aver ingerito qualche porzione del corpo del suo predecessore e grazie al suo matrimonio con la regina, rappresentante della Grande Dea. Morendo, il re fa ritorno alla Madre Universale e diviene un eroe oracolare, e spesso la sua testa viene esposta come una sorta di magia “profilattica”.
La storia di Crono che evira il padre Urano ed è a sua volta evirato dal figlio Zeus ha la stessa matrice: nel suo significato originario ci narra della detronizzazione del “re dell’orzo” (che fu poi sostituito dal “re della quercia”, Zeus appunto, nella sua accezione di eroe oracolare pastorale prima che di dio) da parte del suo successore, che lo uccide per prenderne il posto.
Qualche volta il re destinato a morire riusciva forse a fuggire. È questo il significato di storie come quella di Teseo e Arianna, in cui la fanciulla aiuta l’eroe a uscire dal labirinto del Minotauro?

Con il passare del tempo la durata del regno si estese da uno a quattro anni, poi da quattro a otto, e così via, e ben presto i re riuscirono anche a “morire per procura”, trovando chi fosse disposto o obbligato a morire per loro alla fine di un breve interregno, oppure sacrificando al loro posto uno dei loro figli o consanguinei.
Nel mito infatti Eracle esiste anche come re agricolo-pastorale dedito alla coltivazione dell'orzo (motivo per cui viene spesso confuso con Tammuz e i suoi omologhi). La durata del suo regno era di otto anni e per ogni anno aggiuntivo egli doveva offrire in sacrificio in sua vece un bambino, che veniva arso vivo.
Infine, la sovranità pluriennale divenne permanente e le cerimonie di uccisione puramente simboliche, nulla più che finte fughe o lotte di cui, con il passare del tempo, si perse di vista il significato originario. Nacque allora il motivo dello Spirito dell'Anno Vecchio che soccombeva a quello dell'Anno Nuovo, un aspetto cosmico del rituale sacrificale che Frazer sembra non aver mai individuato o preso seriamente in considerazione. Secondo Robert Graves, invece, proprio il racconto della "nascita vita, morte e resurrezione del dio dell'Anno Crescente" costituisce il Tema cardine della poesia inglese: “Il poeta identifica se stesso con il dio dell'Anno Crescente e la sua Musa con la Dea; il rivale è il suo fratello di sangue, il suo doppio, il suo weird o destino." (**) I simboli della vegetazione e temi come i riti ciclici di morte e nascita legati al calendario, la magia di matrice lunare eccetera sono traslati nella tradizione popolare scritta e orale composta da detti popolari, fiabe, filastrocche e ninne nanne, racconti di fate e folletti (***).
Graves chiama la dea in questione Dea Bianca, ove il bianco è il colore della sua prima incarnazione di trinità lunare quale dea della nascita e della crescita, ovvero colei che diede il nome alla terra d’Albione – ma questa è davvero un’altra storia.
A questo punto, prima di proseguire con questo argomento, credo sia giunta l’ora di fare un passo indietro e analizzare i sacrifici da un punto di vista più arcaico, che ha a che fare con i principi di partecipazione e ripetizione. È esattamente quello che faremo nel prossimo articolo.

(*) I coturni, ricordiamolo, fanno parte dell’iconografia di Dioniso, e fanno il paio con i sandali alati di Ermes o Perseo.
(**) La citazione è tratta da “La Dea Bianca” nell’edizione Adeplhi. Nel complesso il saggio di Graves è affascinante, ma anche in alcuni punti davvero ostico. Come già detto a proposito di Frazer, anche la sua opera non va presa per oro colato ma offre tantissimi spunti di riflessione e di approfondimento. Se però volete arrivare alla fine, siate pronti a fronteggiare dei gran mal di testa.
(***) Non sapevo che fosse stato fatto un analogo tentativo di analisi della tradizione popolare italiana finché non sono incappato per caso in un misconosciuto saggio a opera di Silvia Goi: “Il segreto delle filastrocche”, pubblicato da Xenia Edizioni. Se l’argomento vi interessa, è una lettura che consiglio sicuramente.

8 commenti:

  1. Grazie per questo articolo così interessante.

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    1. Grazie a te per aver letto e per aver lasciato un segno del tuo passaggio. ^_^

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  2. Argomento davvero estremamente interessante.

    Tutte le culture in cui il sacrificio umano è stato praticato sembra abbiano voluto dimenticarsi di queste usanze e penso che sia per questo motivo che ne sappiamo ancora relativamente poco.

    Il fatto che non si riesca a fare chiarezza, secondo me, dipende anche dal fatto che siamo naturalmente portati a rifiutarlo, a causa dei principi morali che tendiamo ad abbracciare attualmente, e quindi è difficile coglierne realmente il significato.

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    1. Indubbiamente nella storia dell'umanità si è verificato un lento e radicale cambiamento di mentalità che ha portato a non riuscire più a trovare una spiegazione per molti fatti del passato. Sarebbe
      comprensibile se si trattasse solo del passato remoto, la cosa davvero inquietante è che avviene la stessa cosa anche con fatti della storia recente, che molti tendono a travisare anche a distanza di pochi decenni (basti pensare a quanti oggi neghino l'Olocausto per rendersene conto…

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  3. Epoche remote dell'umanità in cui l'equilibrio con la natura si reggeva anche sul sacrificio umano, davvero difficile capire come delle scimmie evolute abbiano sviluppato una tale forma di immaginazione...
    I sacrifici umani esistevano anche nel Giappone del'estrema antichità, anche se in quel caso era piuttosto la consuetudine di seppellire (e quindi uccidere) moglie e servitori di un imperatore nel momento in cui lui moriva, in modo che stessero insieme nella stessa tomba. Ciò ebbe fine nel momento in cui un imperatore stabilì per legge che nella tomba non dovevano più essere sepolti mogli e servi, ma delle effigi di essi. É così che nacquero le statue haniwa, statue di terracotta che rappresentano una delle prime forme di arte dell'antico Giappone.

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    1. L'uomo ha dotato al sacrificio una ritualità e uno scopo che in teoria dovrebbe essere più alto di quello immaginabile nel regno animale ma la verità è che, nell'ottica della sopravvivenza della specie, questo fenomeno (per quanto doloroso, in molte circostanze) è del tutto comune in natura, ed è semmai divenuto strano e inaccettabile con l'affermarsi di una religiosità che si basa sulla sacralità della vita (purtroppo solo umana: la natura e gli animali continuiamo a sacrificarli ogni giorno sull'altare del nostro benessere). Hai fatto bene a menzionare i sacrifici in Giappone, molti pensano che il fenomeno delle mogli uccise per accompagnare il marito nell'aldilà fosse tipico dell'India, e invece è esistito in molti altri luoghi.

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  4. Forse vado troppo avanti e probabilmente sono cose di cui parlerai tu stesso più avanti ma uno dei leit motiv della propaganda romana nelle guerre di conquista contro i popoli celtici sia in Gallia che in Britannia fu il fatto che questi praticassero sacrifici umani cosa che agli occhi dei romani era un abominio, il caso dell'invasione dell'isola di Mona uno dei santuari druidici dell'epoca è emblematico in questo senso. Ripeto magari tante cose vennero esagerate però questa fu un memento ricorrente tra gli storici e scrittori latini. Volendo spaziare oltre c'è uno sceneggiatore d'oltremanica, di nome Pat Mills che ha costruito l'intera sua carriera sulla serie a fumetti dell'eroe pan-celtico Slaine, in saghe come "Slaine -King" o "Slaine-the Horned God" affronta proprio i temi del Dio Cornuto, della Dea Madre e della corrispondente lotta tra patriarcato e matriarcato, ma anche della figura del re che va incontro (in questo caso dopo 7 anni di regno) alla morte rituale. Magari parlerai anche di questo, nonostante le ovvie licenze che Mills si è preso nella sua trattazione.

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    1. Pensa che questa serie di post sarebbe dovuta partire proprio dal dio cornuto e dalla Murray ma poi, come sempre quando scrivo, il tutto ha preso una direzione molto diversa. Quindi sì, parlerò anche di questo in futuro ma oggi mi è difficile prevedere quando e quanto a fondo...

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