domenica 25 maggio 2014

When the music's over

"Il film inizierà fra cinque minuti" annunciò la voce vacua. "Chi è senza posto aspetterà il prossimo spettacolo." Entrammo nella sala in fila, indolenti. L'auditorio era vasto e silenzioso. 
Ci sedemmo, nel buio, la voce continuò: 
"Il programma di stasera è un ripasso, l'avete visto e rivisto. 
È la vostra nascita, vita e morte. Vi ricorderete ogni parte. 
Avete avuto un buon mondo morendo? 
Abbastanza da farci un film?" 
Jim, oggi è il tuo compleanno. Che ne dici se continuiamo un'altra sera? Mi abbassi un altro po' le luci? Come mai non ci sono anche i Doors in questa cosa? Niente musica, niente Doors. Su, incidiamo. Partito.
Siete riusciti a entrare? Siete riusciti a entrare? 
Siete riusciti a entrare? 
La cerimonia sta per cominciare. 
Vi dirò dell'angoscia e della perdita di Dio. 
Vagando nella notte disperata. 
Qui fuori, nel perimetro, non ci sono stelle. Qui siamo strafatti, immacolati.

domenica 18 maggio 2014

La canzone di Cassilda (Pt.2)

L'INIZIO DI QUESTA STORIA SI TROVA QUI
ATTO I - SCENA II: ALESSANDRO

Alessia H.V., 'La Perduta Carcosa', digital, 2015
http://alessiahv.deviantart.com/
"Lungo la spiaggia onde di nubi si frangono, i Soli gemelli s’affondano nel lago, le ombre si allungano in Carcosa. Strana è la notte in cui sorgono stelle nere e strane lune ruotano nei cieli. Ma ancora più strana è la perduta Carcosa. Canzoni che le iadi canteranno, là dove s’agitano i cenci del Re, muoiono inascoltate nell’oscura Carcosa. Canto dell’anima mia, la mia voce è spenta. Anche tu muori, mai nato, come una lacrima mai pianta s’asciuga e muore nella perduta Carcosa....” (1)

Le righe riportate qui sopra risalivano a sette mesi prima. Alessandro si era imbattuto quasi per caso in quel blog dimenticato, forse ormai definitivamente chiuso. L’autore aveva scritto quell’ultimo post, dopodiché aveva evidentemente abbandonato l’idea di aggiornarlo. Con un rapido movimento verso il basso del mouse era scivolato in fondo al post nell’area dei commenti. Non c’era nessun commento. 
Si accese una sigaretta e riprese a leggere il post. Era incredibile. Il misterioso autore era incappato in un sinistro libro dalla copertina gialla che lo aveva fatto sbarellare. Alcuni passi del post erano perfettamente comprensibili: egli raccontava di una ragazza che abitava con lui e riportava pochi altri accenni alla sua vita privata, al suo lavoro, ai suoi interessi. Gran parte del post però risultava molto vago. Vi erano vaghi riferimenti a nomi misteriosi quali Yuggoth, Tsathoggua, Yog-Sothoth, R'lyeh, Hastur, Yan, Bethmoora, il Segno Giallo, la Maschera Pallida, il lago di Hali e il Magnum Innominandum. Erano nomi misteriosi che a lui, occasionale visitatore di quel blog abbandonato, raccontavano invece qualcosa di ben preciso, qualcosa a cui aveva assistito in un’epoca remota. Talmente remota che ormai gli era venuto il dubbio di essersi solo immaginato o sognato quegli avvenimenti.

martedì 13 maggio 2014

H.R. Giger (1940-2014)

Giger, la mia primitiva lingua prescientifica dispone di poche espressioni per comunicare i fatti orribili e terrificanti che tu mi riveli. Giger, tu tagli il mio tessuto cellulare in parti sottilissime, per mostrarle al mondo. Giger, preciso come la lama di un rasoio, tu sezioni parti del mio cervello e le trasferisci sulle tue tele. Giger, tu sei un estraneo appostato nel mio corpo, dove deponi le tue uova miracolose che predicono il futuro. Hai avvolto intorno a te fili di seta di larve per penetrare profondamente la parte del mio cervello in cui domina la saggezza. Giger, tu vedi, più di noi, addomesticati. Provieni da una specie superintelligente? Sei un visitatore infetto, che con gli occhi a petalo di papavero guarda dentro i nostri organi riproduttori? August Kekulé di Stradonitz, scopritore della tetravalenza del carbonio, sognò del serpente che si morde la coda, dando così inizio all'epoca d'oro della chimica. Einstein sognò di fluttuare in un ascensore, capì il principio della relatività e diede inizio così all'epoca d'oro della fisica. Ed ora Giger. Egli evidentemente ha attivato i circuiti del suo cervello che controllano la politica monocellulare del nostro corpo, delle nostre tecnologie botaniche, delle nostre macchine di aminoacidi. Giger è diventato ritrattista ufficiale dell'epoca d'oro della biologia. L'opera di Giger ci sconcerta per la sua enorme dimensione evoluzionistica e ci appare spettrale. Ci mostra fin troppo chiaramente da dove veniamo e dove andiamo. Si riallaccia ai nostri ricordi biologici. Paesaggi ginecologici. Cartoline intrauterine. Giger va ancora più indietro, penetra nel nucleo delle nostre cellule. Ti piacerebbe sapere che aspetto ha il tuo DNA? Vorresti vedere come il tuo RNA forma cellule e tessuti in massa e come clona spietatamente la struttura della nostra carne? Come Hieronymus Bosch, come Peter Breughel, Giger ci mostra spietatamente la formazione e la decomposizione delle nostre realtà. In queste opere ci vediamo come embrioni striscianti, come creature fetali, larvali, protette dall'involucro dei nostri ego, in attesa del momento della metamorfosi e della rinascita. Vediamo le nostre città, le nostre civilità come arnie, formicai popolati da creature striscianti. Vediamo noi stessi. 
Timothy Leary, Hollywood, Giugno 1981 - dalla prefazione di "HR GIGER ARh+" (Taschen)

lunedì 12 maggio 2014

L'ultimo treno della notte

Non so come sia per te, ma il mio problema sono le ragazze. Ho sempre voluto stare con una ragazza. E non ci sono mai riuscito. La cosa peggiore erano tutte quelle feste della scuola. Io che le guardavo, loro che ballavano. Non con me però. A molte scendevano giù continuamente le spalline del vestito, e gli idioti che erano con loro le tiravano su con un sorriso malizioso. Quello era il mio più grande desiderio, sistemare le spalline del vestito a una ragazza. Ma non è mai successo. E le ragazze erano tutte così stupende. Come se brillassero. E avevano quell’odore, come se prima di venire alla festa fossero state in un altro universo, in un altro mondo, sdraiate su un prato dal profumo soprannaturale. Io ero lì ed eco così lontano da tutto. Anche se fisicamente ero così vicino. Le persone nella sala erano racchiuse in una bolla invisibile. E io ero fuori. A pensarci sembra un po’ strano. Sarei potuto andare da una di quelle ragazze, per esempio per toccarle la schiena. Ma non le avrei toccato veramente la schiena. Solo la bolla, capisci?

Era da molto tempo che non mi capitava di leggere un libro tutto d’un fiato. Sapete, quei libri che una volta iniziati non ne vogliono proprio sapere di farsi riporre sul comodino. Mi è capitato nuovamente poche settimane fa con questo “L’ultimo treno della notte”, scritto nel 2005 dall’allora ventitreenne scrittore tedesco Benjamin Lebert. Trovai questo libro molto tempo fa su una bancarella dell’usato e, se ci penso adesso, non so dire come fu che lo portai in cassa e lo pagai. Credo che la molla sia stata una frase letta aprendo il libro a caso, una frase che mi colpì molto e che diceva: “Odio il buio. Il buio illumina sempre le cose più orribili.” Personalmente non odio il buio. Anzi, lo trovo, come dire, confortante. Immerso nel buio riesco a guardare dentro di me e a trovare, non dico delle risposte, quelle no, perché nella vita non esistono risposte, ma perlomeno delle indicazioni. 

lunedì 5 maggio 2014

Terre di Confine Magazine #2

Sono passati sei mesi dall’ultima volta che se ne è parlato (qui) e forse qualcuno tra i lettori di Obsidian Mirror farà fatica a ricordarsene. Ebbene, torna oggi dopo una lunga assenza la rivista TERRE DI CONFINE, di cui potete ammirare la nuova, stupenda copertina. Cos’è “Terre di confine”? L’avevo già scritto l’altra volta, ma vale la pena ripetersi: in primo luogo è un’associazione culturale no-profit che, citando direttamente lo Statuto, “ha come finalità lo studio, la promozione e la diffusione della cultura, delle scienze e dell’arte – quest’ultima con particolare riferimento ai generi letterari Fantascienza e Fantastico e all’Animazione Giapponese – intese sotto ogni loro forma espressiva”. Sempre citando lo Statuto aggiungo che “oggetto d’interesse sono Letteratura, Cinematografia e Televisione, Animazione e Fumetti, Storia e Arte, Costume e Società, Mistero e Paranormale, Scienza e Tecnologia, e, più in generale, tutto ciò che attiene agli obiettivi summenzionati.
Vi chiederete perché vi sto raccontando tutto ciò, giusto? Semplice: il vostro Obsidian Mirror figura tra i redattori anche in questo secondo numero! E non con uno, bensì con DUE articoli! Anche se non ve li indico espressamente credo che non vi sarà difficile riconoscerli, visto che si tratta di due pezzi già apparsi nei mesi scorsi qui sul blog. Come la volta scorsa, anziché usare lo pseudonimo con cui mi conoscete, sulla rivista mi firmo col mio vero nome… il che rende il tutto anche un’occasione (una delle poche) per smascherare la mia identità segreta (tah-dah!).
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