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“Questo infatti ho più che mai odiato, aborrito e maledetto: questa soddisfazione, la salute pacifica, il grasso ottimismo del borghese; la prospera disciplina dell’uomo mediocre, normale, dozzinale.” (Herman Hesse, Il lupo della steppa)
Non potevo parlare così a lungo di Timothy Leary senza menzionare quello che possiamo indicare senza alcun dubbio come il suo più perfetto alter ego letterario e cinematografico: Harry Haller, il protagonista di uno dei più famosi romanzi di Herman Hesse, trasposto al cinema dal regista Fred Haines.
A quanto pare, durante la sua latitanza in Svizzera Leary discusse con il regista Fred Haines di una sua partecipazione a “Il lupo della steppa” (Steppenwolf): Leary avrebbe dovuto interpretare il ruolo principale, quello di Harry Haller, appunto. Ma come già sapete, se avete letto i post precedenti, Leary dovette lasciare la Svizzera su pressione del governo degli Stati Uniti perché persona non gradita, e così Haines dovette “ripiegare” su Max von Sydow; quando il film finalmente uscì, nel 1974, Leary si trovava già in carcere. Da cinefilo ammetto che ci è andata bene, anzi benissimo, tuttavia non mi sarebbe dispiaciuto vedere Leary alle prese con un personaggio uscito dalla penna di uno degli autori che più ammirava.