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lunedì 6 giugno 2022

Da donna a strega: madre o strega

L'INTRODUZIONE SI TROVA QUI

Lascia ch’io pianga la mia cruda sorte. (Rinaldo, Georg Friedrich Händel) 

Antichrist” di Lars von Trier (2009) è uno dei miei film preferiti. I movimenti di macchina, il colore, il sonoro sottolineano benissimo i mutamenti di umore – e l’orrore – che variano e raggiungono via via nuovi livelli d’intensità, Charlotte Gainsbourg e Willem Dafoe ci regalano un'interpretazione magistrale, e si esplorano territori a me congeniali con coraggio e grande libertà. Soprattutto, questo non è solo un film ampiamente sottovalutato ma anche, secondo me, frainteso dai più. 
Antichrist” parla del dolore e del senso di colpa, certo, ma anche di qualcos’altro. Qualcosa che ha parecchio a che fare con il tema di questa serie di post, e non a caso ho deciso di affrontarlo proprio ora che, con l’articolo precedente, siamo finalmente giunti a quello che considero il nodo cruciale del discorso, ovvero l’identificazione della donna con la madre e lo squilibrio che segue la rottura di questa inevitabile equazione. Non prendete quindi questo post come una recensione del film, ma solo come una serie di pensieri sparsi che finalmente trovano uno spazio nel blog.

martedì 3 settembre 2013

Il frutto della conoscenza

Non ci sarebbe stata alcuna battaglia tremenda fra la luce e le tenebre, quando Dio avesse riconosciuto la sua presenza. Non ci sarebbe stata nessuna battaglia perché lei era già stata sconfitta, giudicata e punita in un colpo solo. Non c'era alcuna gloria, solo quell'insopportabile desiderio, una fame spirituale più insaziabile di qualsiasi fame che la carne potesse mai provare, per l'uomo che non avrebbe più avuto.
Così si delinea il destino di Lilith nell’immaginazione di Catherine Lucille Moore, una delle migliori scrittrici di fantascienza di tutti i tempi (1911-1987): americana, cominciò a pubblicare le sue opere nel 1933 sulla rivista Weird Tales firmandosi come C. L. Moore, e grazie a questo espediente poté nascondere al pubblico di essere una donna per lunghissimo tempo (all'epoca una donna che scrivesse storie di fantascienza sarebbe stata una stranezza e la Moore, che naturalmente lo sapeva, da persona intelligente non esitò a spacciarsi per un uomo pur di farsi prendere sul serio).

Il racconto da cui è tratta la citazione riportata qualche riga fa è “Il frutto della conoscenza” (Fruit of Knowledge, 1940) dove, per la verità, più che nella fantascienza, si entra in pieno in territorio fantasy. È considerato un racconto minore nella non molto estesa produzione della scrittrice, ma non per questo è privo di interesse, perché l'Autrice lo usa come pretesto per rileggere a modo suo il mito di Lilith e della creazione, tratteggiando un personaggio (sembra un paradosso, ma non lo è) dai tratti profondamente umani, punito atrocemente per il suo breve “soggiorno nei cinque sensi” come prima donna nel Giardino dell'Eden, persino prima della stessa Eva.
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