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lunedì 15 aprile 2024

La Grande Abbuffata: verso nuovi orizzonti del reale

Quando ne parlai io, nel lontano 2016,
una traduzione in italiano di questo libro
ancora non esisteva (dannazione!)
Quando e come, ci stavamo chiedendo la volta scorsa, una necessità biologica è entrata a far parte di quell’eterogeneo agglomerato chiamato cultura? Va innanzitutto rilevato che per gli antichi cucinare era ben più che adempiere a un compito necessario a nutrire il proprio corpo, ma era un vero e proprio atto religioso: gli antropologi sono in gran parte concordi che in molti gruppi sociali fosse previsto un sacrificio cruento agli dèi (chiamato ”olocausto”) a cui seguiva un banchetto durante il quale l’animale vittima del sacrificio veniva consumato dai fedeli; è il caso dei riti misterici, come quelli eleusini, la religione dionisiaca o i baccanali, le feste dedicate a Bacco. In qualche momento della storia umana vi furono perfino pasti cannibalici, poiché a essere ucciso era un essere umano. E vi fu perfino chi ipotizzò che la figura di Cristo, il dio sacrificato per eccellenza, sia stato creato per sublimare (e occultare) una o più piante sacre che in tempi remoti erano state venerate come divinità, perché aprivano l’uomo alla conoscenza soprasensibile (Allegro docet). 
Si tratta di speculazioni oziose, naturalmente; nulla che possa essere provato. È però oltremodo curioso (sebbene i funghi ad esempio non si coltivino, ma casomai si colgono) che la parola latina colere significhi sia coltivare che onorare, venerare, a testimonianza del fatto che nell’area mediterranea l’agricoltura avesse un posto preminente tra le attività umane anche perché consentiva all’uomo di elevarsi sopra la condizione animale, piegando la natura ai suoi bisogni e garantendosi di non dover soffrire mai più la fame; in termini economici, aveva permesso di passare da un’economia di sussistenza a un’economia fondata sul processo produttivo. 

martedì 31 ottobre 2017

Orizzonti del reale (Pt.15)

Philippe de Champaigne,
Moïse avec les Dix Commandements, 1648, olio su tela
LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

La lunga parte di Orizzonti del Reale dedicata a John Marco Allegro termina qui. Quello che nelle mie intenzioni originali doveva essere poco più che un “inciso” nell’ambito di un progetto eterogeneo ha finito per occupare fin troppo spazio, ma tant’è. Resta solo da aggiungere qualcosa a proposito dell’idea-nucleo del suo saggio, un argomento a cui abbiamo già accennato ma che meriterebbe ancora pagine e pagine di discussione: quella così controversa e cruciale che riguarda le tracce dell’antico culto della fertilità degli Israeliti che, secondo lui, sarebbero contenute nella letteratura sacra, ovvero i nomi segreti del dio-fungo e tutto il rituale della morte-rinascita.
Se l'Antico Testamento ha un tono tutto sommato leggero e scanzonato, ravvisabile in giochi di parole e doppi sensi, il Nuovo Testamento ha una connotazione più profetica e, potremmo dire, più esoterica; ma nelle sue dissertazioni Allegro va molto oltre, affermando che quest’ultimo contiene invocazioni e incantesimi fra i quali va annoverato anche il “Padre Nostro”. Il verso “come in cielo, così in terra” ha in effetti una certa rassomiglianza con il motto ermetico “come in alto, così in basso”, probabile retaggio di una comune, antica sapienza, ma non mi aveva mai sfiorato l’idea non tanto che questa preghiera potesse avere un significato occulto, quanto che questo significato potesse essere diverso da quello che io supponevo.

mercoledì 17 maggio 2017

Orizzonti del reale (Pt.14)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Non è possibile leggere senza pregiudizi il saggio di Allegro senza accettare la sua più importante premessa, ovvero che Geova/Yahweh fosse a tutti gli effetti un dio della fertilità: eppure questo mi sembra l’unico dato davvero incontestabile, benché difficile da accettare per il credente. Nella Bibbia non c'è traccia di evoluzione da un pantheon di dèi a un unico dio, anzi tecnicamente non si parla affatto di Dio, nel senso che il significato del termine ebraico tradotto con la parola Dio, Elohim, è ancora dibattuto (e fra l'altro, quella forma è plurale: al singolare è Eloah).
La concezione darwiniana in base alla quale con lo sviluppo di intelligenza e progresso l'uomo avrebbe sperimentato una sorta di “rivelazione” che lo avrebbe convertito al monoteismo non è un fatto assodato, ma una teoria. Lo stesso buon senso ci dice che non sempre ciò che viene dopo è migliore di ciò che lo ha preceduto. Siamo sempre stati portati a credere che la Bibbia mostri la contrapposizione fra un culto monoteistico e uno politeistico: quei racconti potrebbero invece, molto più semplicemente, riflettere la lotta religiosa dei conservatori contro una deriva o un possibile sviluppo esoterico della loro stessa religione, cosa che, del resto, in quell'area geografica sembra accadere ininterrottamente dalla notte dei tempi.

sabato 18 marzo 2017

Orizzonti del reale (Pt.13)

Crucifixion, Antony Van Dyck, 1622, oil on canvas
LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

In precedenza abbiamo visto che molti dei nomi segreti del Fungo Sacro sono ricollegabili al sumero e vennero tramandati in molta mitologia, in gran parte a “tema gemellare”, che spesso e volentieri trova un corrispettivo nei testi biblici. Questi nomi sono riconducibili a figure come quelle di Pietro “Cefa”, Giona, Giuda Iscariota e dello stesso Gesù Cristo
Fra i personaggi mitologici che vengono correlati da Allegro con il culto della sacra pianta ci sono Ilizia, Elena, Castore e Polluce, i “Boanerges” Giacomo e Giovanni, Giacobbe ed Esaù, Caino e Abele ma anche Adone e il suo corrispettivo biblico Davide, Persefone (Proserpina, Kore), Dioniso (Bacco), Hermes, Atlante, Medea e molti altri. Solo per completezza, per il solito riferimento alla fertilità e alla resurrezione, ovvero al ciclo della morte e rinascita della natura, Allegro aveva rilevato dei legami anche tra il fungo e uccelli di biblica e mitologica memoria come, ad esempio, la colomba, il corvo, il cigno, la cicogna e la fenice. In parte questo accostamento può derivare dalla somiglianza, rilevata anche da Plinio, fra il pulcino nella pellicola dell'uovo e il fungo nella sua membrana, che a sua volta ricorda il feto umano nell'utero, e in parte dalla somiglianza fra le ali degli uccelli e le tube di Falloppio.

martedì 31 gennaio 2017

Orizzonti del reale (Pt.12)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Per proseguire il discorso impostato fin qui occorre prendere atto di questa fondamentale premessa: Allegro era convinto che, più che una molteplicità di dèi, nel mondo antico vi fossero più espressioni di uno stesso dio della fertilità. Poiché i nomi diffusi nella mitologia del Vicino Oriente avevano una radice comune e molti dei miti e idee religiose alla base delle varie culture si somigliavano, questo era il segno che avevano avuto la stessa origine e si erano differenziati solo per effetto della dispersione sul territorio e delle diverse realtà sociali e etniche alle quali si adattavano. 
Ad esempio, Zeus e Yahweh (Geova) sarebbero nomi che derivano dal sumero per “succo di fecondità” ovvero il seme della vita, lo spermatozoo: entrambi infatti contengono i fonemi IA o ya (in dialetto za), “succo”, e U, che significa “copulare”, “montare” e “creare” ma anche, in altri contesti, “diluvio” (inteso come caduta dello sperma divino sulla terra) e “vegetazione” (il frutto divino dell'unione con la terra). Invece Yahweh Sabaoth, l'indicazione biblica per “Signore degli Eserciti” (una cui contrazione è il nome biblico Giuseppe), potrebbe derivare dai fonemi *SIPA-UD con il significato di “pene della tempesta” e questo creerebbe un legame inedito con una divinità il cui nome ha un significato molto simile: Isku o Iskur, il dio sumero della tempesta (Adad in accadico). Dal radicale SIPA, con l'aggiunta del suffisso ZI, “eretto”, deriverebbe anche il nome del dio frigio Sabazio, il cui grido cultuale era “euoi saboi”; così come Baal deriva forse dal sumero AL, “forare”, e con il preformativo BA ha originato il greco phallós e il latino phallus, da cui l'italiano “fallo” come designazione dell'organo genitale maschile. La parola semitica ba'al assume anche, più genericamente, il significato di signore o marito, e il profeta Osea gioca con questo doppio senso quando scrive: E in quel giorno avverrà, dice l'Eterno, che tu mi chiamerai: “Marito mio!” e non mi chiamerai più: “Mio Baal!” (Osea 2:16). 

sabato 28 gennaio 2017

Orizzonti del reale (Pt.11)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Il piccolo intermezzo di oggi ha lo scopo di rispondere all’annosa domanda se vi sia qualcosa di concreto che possa supportare le teorie di John Marco Allegro. Qualcosa che non sia la filologia o l’etimologia e che derivi dall’osservazione o da uno studio indipendente; qualcosa che, possibilmente, non richieda una o più lauree per essere appreso e compreso. Ebbene, la risposta è sì. L’arte sacra - miniature di testi religiosi e breviari, statue e capitelli, vetrate, affreschi o dipinti di antiche chiese, perfino paramenti liturgici - è ricca di immagini di funghi, molte delle quali sono riportate all'interno del libro la cui copertina trovate qui a lato. E poiché sono convinto che una sola immagine valga più di mille parole, ho pensato di proporvi un piccolo percorso fotografico tra queste rappresentazioni così strane e ricche di fascino. L’arte sacra, dicevo, è ricca di immagini fungine. Magari non ne troverete nella vostra chiesa parrocchiale, ma in giro per l’Europa, e anche in Italia, non sono poi così rare. Potreste obiettare che il fungo è un vegetale e la sua presenza potrebbe essere un semplice ornamento, alla stregua un fiore o un animale e forse, in qualche caso, avreste ragione. Tuttavia, alcune di queste raffigurazioni danno parecchio da pensare. Vediamone qualcuna assieme.

domenica 11 dicembre 2016

Orizzonti del reale (Pt.10)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Mangiare un frutto significa far entrare in noi una cosa viva, bella, come noi nutrita e favorita dalla terra; significa consumare un sacrificio nel quale preferiamo noi stessi alla materia inanimata. (Marguerite Yourcenar, Memorie di Adriano)

Nelle scorse puntate di Orizzonti del reale abbiamo esaminato alcune delle idee che costituiscono l'ossatura del saggio di John Marco AllegroIl fungo sacro e la croce”. Prima di tutto, abbiamo discusso delle radici filosofiche della religione, secondo le quali la madre terra forniva sostentamento agli animali e all'uomo per intercessione del dio, e di come questo abbia dato origine al concetto di rimborso, una compensazione o sacrificio per il mantenimento dell’equilibrio della natura, che doveva essere altrettanto prezioso di ciò che alla natura era stato sottratto: il miglior frutto del raccolto, il più forte e prezioso dei figli. Non occorre che rammenti io quanto il Vecchio e il Nuovo Testamento ricorrano al tema del primogenito: Isacco, Samuele e lo stesso Gesù, solo per fare degli esempi, erano dei primogeniti. Ricordiamo anche che la decima piaga inviata da Dio sul paese d'Egitto secondo Esodo 12:29-30 era proprio la morte dei primogeniti, inclusi quelli del bestiame.
Abbiamo anche visto come l'uomo si servisse delle piante a scopo curativo e di come la farmacologia avesse permesso il nascere di una casta di medici-astrologi che, col tempo, dovettero trovare la maniera più opportuna per tramandare le proprie conoscenze relative ai nomi segreti e all'uso delle piante: questo probabilmente costituì il nucleo dei culti misterici che caratterizzarono l'antichità, i cui iniziati erano i discendenti dei medici-astrologi delle epoche precedenti. 

martedì 15 novembre 2016

Orizzonti del reale (Pt.9)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

L'espressione religiosa non è qualcosa di immutabile. Di questo, almeno, siamo certi, perché osservando le diverse realtà etniche e sociali del mondo moderno ci accorgiamo che da una matrice comune possono nascere una gran quantità di dogmi e di confessioni diverse: nuove sette, ognuna con il proprio motivo dominante che rappresenta al meglio le esigenze e le idee, se non della sua totalità, quantomeno dei suoi capi religiosi. 
Anche nel passato remoto dovette avvenire qualcosa di simile, e molte volte, ma il mutamento più importante coincise con l'avanzare del progresso, quando l'uomo gradualmente acquisì la capacità di intervenire, fino a un certo punto, nei processi della natura, principalmente con l'invenzione dell'agricoltura e degli utensili in pietra più avanzati avvenuta nel Neolitico. Esso sentì che lo scopo della pratica religiosa non poteva più essere semplicemente cooperare con la natura per avere le condizioni meteorologiche idonee alla crescita delle messi. Centrali, allora, divennero l'acquisizione della saggezza e la precognizione perché, naturalmente, l’uomo aspirava a diventare egli stesso una sorta di divinità. 
Gli antichi sapevano ciò che la medicina moderna, specie qui in Occidente, sembra aver dimenticato: che l'uomo è un tutt'uno inscindibile di corpo e spirito, e non è possibile guarire l'uno dimenticandosi dell'altro. Nell'antichità la medicina, la negromanzia e l'astrologia non potevano essere disgiunte. Questo avveniva non solo perché, banalmente, con le piante ci si curava, ma anche perché le piante hanno le radici nella terra e si credeva quindi che potessero attingere alla sua saggezza e trasmetterla a coloro che erano degni di riceverla e sapevano come interpretarla. Il ventre della terra era anche il luogo a cui si ritornava da morti: l'Aldilà, un luogo di creazione ove la vita veniva concepita e dopo la morte ricreata, scevro di negatività e di quell'immobilità annichilente, oppure punitiva, la cui idea si deve unicamente al tardo Cristianesimo. 

lunedì 20 giugno 2016

Orizzonti del reale (Pt.8)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Il 1967 fu un anno cruciale per il Medio Oriente, perché in soli sei giorni lo stato di Israele combatté e vinse un conflitto armato contro Giordania, Egitto e Siria – la cosiddetta Guerra dei Sei Giorni, appunto - un conflitto prevedibile, scatenato da incomprensioni, rivalità mai sopite e una lunga serie di mutue provocazioni e scontri lungo le frontiere che perdurano ancora oggi. Le conseguenze, anche sul piano internazionale, furono moltissime e non serve che le riassuma io, ma fra quelle più sommerse legate alla presa di Gerusalemme Est (non dico minori perché no, per me non lo fu) vi fu l’inizio del “monopolio di stato” dei Rotoli del Mar Morto.
Ora che i Rotoli erano proprietà di Israele, anche il team di studiosi che lavorava alla loro decifrazione passò sotto il controllo del suo governo e le cose divennero, se possibile, ancora più complesse. In un momento storico così delicato, era ovvio che Israele non avrebbe di buon grado aggiunto alle dispute politiche quelle religiose, supportando una ricerca le cui derive rischiavano di compromettere i propri rapporti di “buon vicinato” con il Vaticano e le altre nazioni. Inoltre, indagare le radici del cristianesimo poteva mettere in discussione anche le radici dell'ebraismo. Insomma, forse nessuno più di Israele poteva (può) avere interesse a tener celato il contenuto più controverso dei Rotoli.
I Rotoli vennero chiusi in un museo che attualmente è sotto il controllo dell'Israel Antiquities Authority (IAA), e il suo accesso venne strettamente limitato e regolato dalle autorità. La cosa di per sé non fu un male, anzi si può dire che fosse un passo necessario nell'ottica di conservare al meglio i Rotoli stessi, l'80% dei quali sono scritti su pelle o pergamena e il 20% circa su papiro: prelevati dalle caverne, un ambiente relativamente stabile che, nel bene e nel male, ne aveva permesso la conservazione per duemila anni, essi cominciarono a deteriorarsi e altri danni vennero fatti, se pure involontariamente, da coloro che li maneggiarono, li fotografarono, li sottoposero a datazione al carbonio 14 o ad altri esami. Bisognava ricreare un ambiente il più possibile idoneo, per temperatura e umidità, a preservarli.

sabato 4 giugno 2016

Orizzonti del reale (Pt.7)

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Nell'articolo precedente ho introdotto una delle figure chiave di questa parte del progetto Orizzonti, quella di John Marco Allegro. Allegro era un filologo britannico che nel 1953 fu invitato a far parte del gruppo di studiosi che si stava formando per esaminare e decifrare i Rotoli del Mar Morto. Era un gruppo internazionale che, fino a quel momento, contava solo ecclesiastici o comunque membri di fede cattolica. Allegro invece non era praticante, perché pur essendo cresciuto in una famiglia anglicana ed essendo perfino stato un Pastore Metodista per qualche tempo, si era poi allontanato dalla religione e si dichiarava agnostico. Fu forse per questo che si permise di spingersi più in là degli altri nelle interpretazioni etimologiche delle parole in cui incappava nello studio dei testi antichi.
Allegro riteneva che la scrittura servisse per tramandare, mascherandoli, concetti e misteri che si voleva celare all'uomo comune per riservarli a una casta di “eletti”, gli iniziati. Riteneva che la parola scritta non fosse solo un simbolo, ma l'espressione di un'idea sviluppatasi all'interno di una determinata area etnico-sociale, utile quindi a comprendere il contesto filosofico preistorico che l'ha generata. E poiché il linguaggio liturgico è essenzialmente conservativo, ovvero tende a mantenere al suo interno le parole nel loro senso originale, primitivo, lo studio della religione dovrebbe sempre basarsi sulla filologia. La sua ricerca gli permise di rintracciare all'interno di parole semitiche e indo-europee una radice (fonema) riconducibile a una lingua più antica, in effetti la più antica lingua scritta scoperta dall'uomo e che costituisce un vero e proprio ponte fra quei ceppi linguistici, il sumero; i suoi studi si focalizzarono quindi sull'Antico e Nuovo Testamento, i due testi fondamentali del Cristianesimo, rintracciandone le basi in una cultura pre-ellenica e pre-semitica: la cultura sumera. I Sumeri, com'è noto, non erano monoteisti… ma questa, come vedremo, è solo una parte del problema.
A questo punto è però doveroso fare un altro passo indietro. Non avevo intenzione di dedicare troppo spazio alla storia di John Allegro, ma mi sono reso conto che è importante descrivere anche a grandi linee come e in che contesto “Il fungo sacro e la croce” venne alla luce; credo che ora più che mai occorra contestualizzare la vicenda e far conoscere i suoi protagonisti a coloro che non ne avessero mai sentito parlare. La storia, comunque, è molto interessante, anche se la versione che sto per proporvi è un po' semplificata (una fonte diretta di informazioni è il sito www.johnallegro.org, ma potrete trovarne anche altrove): trasuda sudore, passione, intrighi e menzogne… come una telenovela. O quasi.

lunedì 21 marzo 2016

Orizzonti del reale (Pt.6)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Il primo impatto di Timothy Leary con l’LSD, avvenuto all’inizio di dicembre 1961, viene narrato nel capitolo 12 de “Il Gran Sacerdote”. Sembra incredibile, ma fino ad allora Leary aveva assunto solo i funghi e la psilocibina ed era restio a provare una sostanza molto più potente; funghi e peyote venivano utilizzati da milenni ma l’LSD era ancora in gran parte, per così dire, un’incognita. Forse era destino che compisse quel passo prima o poi, ma fu la convivenza con un certo Michael Hollingshead a creare le circostanze adatte perché il suo primo trip di LSD potesse avvenire. 
Alla fine di ottobre Leary era stato contattato da Hollingshead, un inglese, che diceva di aver lavorato con un professore di Oxford, di aver provato l’LSD a New York e di averne ottenuta una certa quantità tramite un amico dottore per degli esperimenti. Un conoscente glielo descrisse come un individuo inaffidabile, sempre impegnato a spillar soldi al prossimo, ma nonostante questo Leary decise di ospitarlo per qualche tempo nella sua casa di Boston mentre cercava lavoro, o almeno così diceva, poiché in quel momento era disoccupato. In seguito, in effetti, Hollingshead ebbe qualche problema con la Fondazione di Parapsicologia con la quale aveva collaborato per qualche tempo, e nel 1967 fu incarcerato in Inghilterra, ma finché si frequentarono Leary ammise di aver provato di fronte a lui una certa soggezione. Dopotutto era stato Hollingshead ad “accenderlo” e, benché le sue motivazioni potessero non essere delle più altruistiche, egli prese segretamente a considerarlo come il messaggero di qualche divinità. 
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