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lunedì 5 febbraio 2024

The Locker (Shibuya Kaidan)

Quando, un paio d’anni fa, vergai una specie di recensione per un improbabile B-movie intitolato “Non aprite quell’armadio”, conclusi dicendo, tra il serio e il faceto, che non mi sarebbe dispiaciuto un giorno scrivere uno speciale sugli armadi “maledetti” nel cinema (e se non proprio maledetti, perlomeno con uno sconfinamento nel fantastico). Ciò di cui parleremo oggi potrebbe a buon titolo rientrare in quello speciale, visto che parliamo di armadietti, gli stessi che usiamo nelle scuole e nelle palestre e che talvolta troviamo, per riporvi oggetti metallici, all’ingresso delle banche. 
In Giappone sono evidentemente molto più diffusi che dalle nostre parti ed ecco quindi la necessità di realizzare una trama orrorifica incentrata proprio su quegli sgraziati contenitori metallici. Se fossero stati distribuiti sul mercato italico, quei film (parleremo oggi anche del sequel) si sarebbero ritrovati appiccicati addosso titoli assurdi come “Non aprite quell’armadietto” o “L’armadietto che uccide”, ma per fortuna la cosa non è accaduta e oggi possiamo goderci, seppure con le difficoltà della lingua, titoli più incisivi come “The Locker” o evocativi come l’originale “Shibuya Kaidan”. Si tratta di due film di durata contenuta (entrambi 71 minuti) lanciati sul mercato contemporaneamente il 7 febbraio 2004 e proiettati nelle sale con la formula “double-bill” (due film al prezzo di uno). 

mercoledì 9 novembre 2022

Oltre ogni rancore

A curse of one who dies with strong resentment accumulates in the place where the dead were while alive and turns into "Karma". He who comes in contact with the curse loses his life, and a new curse is born. 

Secondo Ju-On, quando una persona muore in uno stato di profonda rabbia, nasce una maledizione. La maledizione si concentra nel luogo in cui tale persona è morta e lì si ripete senza tregua. Lo spirito del defunto infesta tale luogo, uccidendo con qualsiasi mezzo chiunque si avvicini ad esso, sia colui che lo fa fisicamente, sia colui che per caso entra in contatto con chi è già stato colpito dalla maledizione. In entrambi i casi la conseguenza è inevitabilmente la morte, e ogni nuova morte può far nascere una nuova maledizione e diffonderla in altri luoghi. 

sabato 5 novembre 2022

2020: nuovi rancori

Qualche giorno fa avevamo cercato di analizzare, seppur ormai immersi in un cinema horror ormai quasi totalmente globalizzato, le differenze stilistiche nella rappresentazione dei fantasmi orientali e dei fantasmi occidentali. Avevamo concluso che le costruzioni ormai stereotipate di entrambi i generi non obbligano ormai più gli spettatori a una profonda familiarità con una cultura straniera ma, al contrario, l'ambientazione, la trama e molte delle caratteristiche stilistiche dei film offrono spunti sufficienti per trovare in esso qualcosa di estremamente familiare. Nonostante ciò, appare incredibile come opere come The Ring o The Grudge siano riuscite a ottenere così tanti consensi in Occidente, in quell’Occidente che tende a vedere il cinema dell'orrore come un prodotto a buon mercato, un prodotto usa e getta, adatto solo a regalarci qualche spavento e a spegnerci il cervello per un’ora e mezza. In Oriente sembrano avere una visione completamente diversa del genere: a loro piace creare un'aura, una sensazione di terrore, che magari non fa saltare lo spettatore sulla sedia ma che gli farà pensare a ciò che ha appena visto per molti giorni. In breve, in Oriente realizzano film horror per adulti e non per adolescenti.

martedì 1 novembre 2022

Breve storia dell'ira

Il Bodhisattva Vajrapani
Abbiamo parlato di odio, ma resta da fare un piccolo passo indietro e domandarsi che cosa gli permetta di germogliare e crescere, perché è evidente che un sentimento così devastante non può sedimentare in un animo sereno, ma attecchisce solo laddove lo spirito sia predisposto all’ira. Tutti conosciamo quella profonda alterazione dello stato emotivo che è il sintomo di un’avversione profonda; la sua caratteristica è la distruttività, perché si manifesta sempre in modo violento e talora non si esaurisce neppure con l’annientamento di chi o di ciò che lo ha generato, finendo per alimentarsi da sé in una spirale infinita.
Le due religioni più diffuse in Giappone vedono l’ira in maniera differente. 
Lo Shintoismo non ha dogmi veri e propri e quindi non si occupa nello specifico della questione, ma il suo fine è fornire una serie di insegnamenti positivi che in parole semplici possono essere riassunti nel condurre una vita semplice e gioiosa in armonia con le persone e la natura, il che include naturalmente anche la correttezza nei rapporti personali e il dare il giusto valore ai sentimenti degli altri. Non seguire questi precetti porta a divenire (e rimanere) impuri, ma ha effetti funesti anche sugli altri. Difatti, per lo Shintoismo le anime felici alla morte diventano spiriti ancestrali, mentre chi muore in preda all’angoscia diventa un fantasma (yūrei); in particolare, chi perisce per mano altrui non può trovare la pace, ma sarà pervaso dal rancore (urami) e diventerà uno yūrei, uno spirito rancoroso in cerca di vendetta, oppure un funayūrei, se morto in mare, o un goryō, se proveniente dalle classi aristocratiche. 

venerdì 28 ottobre 2022

Manga, libri e altri Ju-On

Non è ancora tempo di far scendere i titoli di coda su questo speciale, scrissi in chiusura del post precedente. C’è in effetti ancora un po’ di materiale di cui vale la pena parlare, fermo restando che un’analisi esaustiva di tutto ciò che ruota attorno a un franchise iniziato ormai oltre vent’anni fa è praticamente impossibile. Oggi ci discostiamo un attimo dalle versioni in celluloide di Ju-On e volgiamo lo sguardo a media diversi che, in un business plurimiliardario come quello di cui stiamo parlando, non potevano certo mancare. 
Dopo aver dedicato qualche giorno fa un articolo al videogame Wii, rivolgiamo oggi lo sguardo alle “versioni cartacee” di Ju-On. Come forse alcuni di voi ricorderanno, i libri avevano giocato una parte fondamentale nell’universo di Ring: fu anzi proprio grazie alle opere di Kōji Suzuki che tutto ebbe inizio. 
La trilogia “Ring” (Ringu, 1991), “Spiral” (Rasen, 1995) e “Loop” (Rūpu, 1998) fu infatti la fonte che Hideo Nakata utilizzò per scrivere il soggetto dei suoi film (in seguito arrivò una seconda trilogia, di cui abbiamo però parlato ampiamente qui). Qui il discorso è diametralmente inverso: tutto nasce dall’ispirazione di Shimizu e solo in seguito arrivarono dei libri. In gergo tecnico l’operazione di chiama novelization, termine che identifica un romanzo che adatta la storia di un'opera creata per un altro mezzo, come un film, un fumetto o un videogioco.

lunedì 24 ottobre 2022

Sadako Vs Kayako

Era inevitabile che prima o poi il post odierno sarebbe arrivato. Era nell’aria dalla fine di settembre del 2016, dal giorno cioè in cui tirai le fila e misi la parola fine a uno degli speciali più complessi mai apparsi qui su Obsidian Mirror
Sto parlando ovviamente dello speciale Ghost in the Well, ovvero quel lungo percorso in cui ci addentrammo in un franchise che, senza girarci troppo attorno, possiamo considerare il “gemello” di questo. I motivi per definirlo gemello sono molteplici: entrambi affondano le loro radici in leggende giapponesi risalenti al periodo Edo; entrambi hanno riscosso i primi successi sui palcoscenici Kabuki; entrambi sono stati ideati, guarda caso negli stessi anni, da registi che ne hanno fatto il proprio marchio di fabbrica; entrambi sono stati esportati e apprezzati in Occidente; entrambi raccontano di un defunto la cui anima è rimasta intrappolata nella nostra realtà da una sete di vendetta; entrambi estendono il loro rancore a macchia d’olio, colpendo indistintamente dove capita. Entrambi i franchise, inoltre, sono stati riproposti fino alla nausea e continuano ostinatamente a sopravvivere come le maledizioni che essi descrivono.
Oggi, ormai tardo 2022, ancora vengono annunciati futuri capitoli e prima o poi, inevitabilmente, ci ritroveremo di nuovo al cinema, in parte speranzosi di nuovi sussulti e in parte rassegnati, ma in qualche modo masochisticamente preparati a subire l’ennesima sconfitta.

giovedì 20 ottobre 2022

Ju-On: 3 & 4

Sono trascorsi altri cinque anni e nessuno ormai si aspetta un nuovo capitolo di Ju-On. Troppo tempo è passato, il cinema dell’orrore guarda ormai in altre direzioni e, aspetto niente affatto trascurabile, i due capitoli celebrativi del 2009 non hanno avuto da pubblico e critica quel riscontro che ci si aspettava. In Giappone qualcuno sta però trafficando nell’ombra per mantenere disperatamente in vita la saga, ed ecco che il 26 febbraio 2014, nel corso di una conferenza stampa tenutasi al Santuario Akagi a Tokyo (il cui momento clou è stata una cerimonia di purificazione per placare gli spiriti), viene annunciato “Ju-On; the beginning of the end”, conosciuto in patria anche con il titolo di “Ju-On 3”, sottolineando in tal modo un collegamento diretto con le opere originali, a discapito dei discutibili esperimenti a stelle e strisce del decennio precedente. 
Alla conferenza stampa farà seguito un teaser trailer rilasciato il 14 marzo, e il trailer cinematografico rilasciato il 9 maggio. “The beginning” debutterà sul palcoscenico internazionale il 30 luglio nell’ambito del Fantasia Film Festival di Montreal. 

domenica 16 ottobre 2022

Wii, che paura!

"Il motivo per cui Ju-On è così popolare è che fa paura. Fa paura in tutto il mondo.” (Takashige Ichise, produttore) 

Il 15 aprile 2009 si è tenuta a Tokyo una conferenza stampa per illustrare il progetto "Ju-on 2009”. Ai microfoni l’onnipresente Takashi Shimizu, i registi di "Ju-On: White Ghost" e "Ju-On: Black Ghost" e alcuni membri del cast. Assieme a loro il produttore esecutivo Takashige Ichise, un nome a cui noi appassioni di J-horror dovremmo essere per sempre riconoscenti, avendo lui a curriculum tutta la serie “Ju-On”, tutta la serie “Ring”, e capolavori e titoli sparsi come “Dark Water” (Hideo Nakata, 2002), “Infection” (Masayuki Ochiai, 2004), “Premonition” (Norio Tsuruta, 2004), “Reincarnation” (Takashi Shimizu, 2005), “Noroi the curse” (Kôji Shiraishi, 2005), “Apparition” (Hideo Nakata, 2007) e “Shutter” (Masayuki Ochiai, 2008). 
L’occasione era ovviamente quella di presentare al pubblico i due film che avrebbero dovuto celebrare in pompa magna il decennale del franchise. Le cose che i giornalisti si sentono raccontare in queste conferenze sono il più delle volte banalità: “Ho cercato di creare il mio Ju-on avendo bene in mente che stavo lavorando ad un'opera horror che rappresenta tutto il Giappone” (Ryuta Miyake, regista); “Ho avuto paura e ho pianto quando ho letto la sceneggiatura per la prima volta. Ho pensato: non posso farlo" (Akina Minami, attrice); “Sono onorato di poter partecipare alla serie Ju-on. Il risultato finale è piuttosto spaventoso" (Hiroki Suzuki, attore); “Sono sempre stato un grande fan della serie, e quando mi hanno proposto di realizzare un nuovo capitolo ho deciso di trasformare un fantasma bianco in uno più personale, completamente nero” (Mari Asato, regista). 

mercoledì 12 ottobre 2022

Black Ghost, White Ghost

Black Ghost
Dopo quattro film giapponesi tutti praticamente uguali l’uno all’altro, e altri tre film americani ancora più uguali dei precedenti (se non per la deriva di questi ultimi negli abissi del trash), il franchise mostra inequivocabili i segni dell’età. In un mondo ideale, nel quale si fa solo ciò che ha un senso fare, la serie sarebbe terminata almeno cinque anni prima, subito dopo il primo remake hollywoodiano a fungere simbolicamente da pietra tombale. Ma il mondo in cui viviamo è tutt’altro che ideale, e per quanto una salma venga interrata in profondità ci sarà sempre qualcuno disposto a spellarsi le mani per riesumarla, casomai fosse rimasto un grammo di carne marciulenta su un ossicino. 
Sul finire di quel decennio, noi qui in Occidente eravamo ormai convinti di esserci lasciati definitivamente alle spalle Kayako, e assieme a lei tutto il J-horror in blocco. Solo uno sparuto manipolo di appassionati continuava a scribacchiarne sui blog, pur senza troppa convinzione, per ricordare i bei tempi andati. D’altra parte, lo stesso Shimizu si era lasciato questa storia alle spalle ormai da un bel po’, e nel frattempo aveva anche messo in archivio “Marebito” (2004), la storia di un cameraman freelance che indaga su certi spiriti misteriosi che infesterebbero le metropolitane di Tokyo, e “Reincarnation” (2005), la storia di una troupe cinematografica al lavoro in un hotel che fu un tempo teatro di una serie di omicidi. 

sabato 8 ottobre 2022

Yotsuya Kaidan

Lo stereotipo della donna fantasma vendicatrice vestita di bianco e con i capelli arruffati si è sviluppato durante il periodo Edo del Giappone (1603-1868), un periodo caratterizzato da una vivace cultura popolare. Questi revenant fecero la loro apparizione nei libri illustrati, sui palcoscenici, nei giochi di carte e nelle tradizioni orali del periodo. Sebbene i fantasmi femminili fossero esistiti in precedenza in Giappone, in particolare in letteratura e nel teatro Nō, fu durante il periodo Edo che si sviluppò il loro aspetto classico e il personaggio divenne una misteriosa icona pop premoderna. 
Il più famoso di questi fantasmi Edo è Oiwa, protagonista della commedia “Tōkaidō Yotsuya Kaidan” (Ghost Story of Yotsuya, 1825) del drammaturgo kabuki classico Namboku Tsuruya IV (1755-1839), noto per le sue opere a tema soprannaturale e i suoi personaggi macabri e grotteschi. In italiano il titolo potrebbe essere reso letteralmente come “Storia di fantasmi a Yotsuya, lungo il Tōkaidō”, dal nome del quartiere di Edo (l'antico nome dell'odierna Tokyo) in cui le vicende sono ambientate. 
Messo in scena per la prima volta, come dicevamo poc’anzi, nel luglio del 1825, Yotsuya Kaidan apparve al Teatro Nakamuraza di Edo in una sorta di double-bill (oggi lo chiameremo così) con il popolare dramma kabuki “Kanadehon Chushingura”, basato sul tema classico dei quarantasette ronin.

martedì 4 ottobre 2022

The Ghost of Oiwa

Shunkosai Hokushu, 1826
Non poteva mancare in questo speciale un tuffo nel grande spettacolo della tradizione giapponese, alla ricerca delle origini delle spettrali figure di Kayako e Toshio. Già a tempi del nostro speciale “Ghost in the well”, che dedicammo quattro anni fa alla fortunata saga cinematografica di “Ring”, avevamo tentato un esperimento simile, giungendo infine alla conclusione che Sadako potesse identificarsi in Okiku, un personaggio leggendario le cui gesta vengono narrate in Giappone sin dal XVIII secolo all’interno di uno spettacolo teatrale dal titolo Banchō Sarayashiki (The Dish Mansion at Banchō). La correlazione tra Sadako e Okiku non fu ai tempi un’impresa troppo ardua, per essere onesti, considerato che il tragico destino di Okiku, gettata viva in fondo a un pozzo, fu palesemente lo stesso della protagonista di “Ring”. Più difficile è, al contrario, trovare una figura che si adatti così perfettamente a Kayako, considerata l’abbondanza di spiriti vendicativi nel folclore orientale (non solo giapponese). Cerchiamo quindi di riguardarci i film di Shimizu con carta e penna a portata di mano, appuntando quelle che possiamo considerare le caratteristiche salienti dei suoi personaggi.

venerdì 30 settembre 2022

The Grudge - 1, 2 & 3

Uscito il 22 ottobre 2004 in 3.348 sale americane, The Grudge ha generato solo nel primo fine settimana un incasso di oltre 39 milioni di dollari. Vi sembrano tanti? Vi sembreranno ancora di più se pensate che la Sony Pictures ne ha sborsati solo 10 per la produzione. Ma il bello arriva la settimana successiva, con un incasso al botteghino di altri 21 milioni, incasso che ha permesso a The Grudge di spazzare via il precedente record, relativo ai soli horror, di Halloween. 
Oggi quella particolare classifica la conduce, seppur di poco, “Saw 3D” (Kevin Greutert, 2010), ma secondo questo sito, al netto degli aggiustamenti calcolati sull’inflazione, il record di The Grudge resiste ancora oggi. 
Cosa ha permesso a un remake, e per giunta al remake di un film proveniente da un paese geograficamente e culturalmente agli antipodi, di realizzare negli Stati Uniti un risultato di tale rilievo? È quello che cercheremo di capire oggi. 

lunedì 26 settembre 2022

Ju-On: the Grudge - 1 & 2

Utilizzando apparecchiature low budget, e senza fare troppo affidamento su trucchi gore grossolani, Shimizu cattura l'essenza dell'orrore con un'esecuzione registica decisamente impeccabile, facendo leva sulle atmosfere e su quel senso di terrore e disperazione che è presente, seppur latente, in situazioni quotidiane che normalmente non vengono associate all'orrore. 
Non è nemmeno necessaria l’oscurità per trasformare un ambiente in un luogo di terrore e, infatti, la maggior parte delle scene sono girate in pieno giorno. Shimizu si è rivelato inoltre un maestro nell'arte di stuzzicare lo spettatore attraverso l’utilizzo di angoli di ripresa particolarmente suggestivi, che ci invitano ad abbassare le difese e presumere che il peggio sia finito, quando in realtà il jump scare è giusto dietro l’angolo. 
È davvero sorprendente quanta paura Shimizu sia in grado di generare con così poco a sua disposizione. 

Il primo lungometraggio “Ju-On: The Grudge” sbarca nelle sale cinematografiche giapponesi nel gennaio 2003, tre mesi dopo la première allo Screamfest Horror Film Festival di Los Angeles (CA). Un secondo capitolo, “Ju-On: The Grudge 2”, lo seguirà a ruota nel mese di agosto, anch’esso dopo un primo passaggio oltre confine nel corso dell’Hamburg Fantasy Filmfest di quell’anno. 

giovedì 22 settembre 2022

L’estetica di Kayako

Acconciatura tipica del periodo Heian
Impossibile introdurre colui che ha ideato e realizzato la saga di Ju-On senza prima un cappello iniziale sullo scenario che ha portato a quel fenomeno di massa di fine anni Novanta che conosciamo come “J-Horror”. In verità l’argomento lo avevo già affrontato marginalmente in passato e, sicuro, fu in occasione dello Speciale Ghost in the Well (se la memoria non m’inganna, forse anche da qualche altra parte), per cui una nuova introduzione dovrebbe tentare un approccio diverso, meno didascalico.
Anche perché nel corso di questi ultimi vent’anni il fenomeno è stato così tante volte analizzato e sviscerato in ogni suo aspetto che chiunque oggi, in Occidente, ha ormai imparato a riconoscerne le caratteristiche, amandolo o odiandolo. È tuttavia anche vero che, se provassi a fare delle domande in giro, otterrei per un buon 90% una definizione piuttosto vaga di “film con fantasma femminile, dedito alla vendetta, con veste bianca e lunghi capelli neri spettinati”. 

domenica 18 settembre 2022

Ju-On: the Curse - 1 & 2

A curse of one who dies with strong resentment accumulates in the place where the dead were while alive and turns into "Karma". He who comes in contact with the curse loses his life, and a new curse is born. 

Ju-On usa il concetto di modularità, in cui la narrazione è costituita, appunto, da più moduli o segmenti narrativi, a ognuno dei quali è assegnato un titolo che rimanda al personaggio che ne è il protagonista principale. Tale struttura simula il formato "capitolo" del DVD, tipicamente usato dagli utenti per andare a ripescare le scene da lui ritenute più interessanti o, talvolta, per guardare lo spettacolo in modo intermittente. La maggior parte degli spettatori dell'home theater, al contrario del formato cinema in cui il prodotto viene consumato dall’inizio alla fine, apprezza particolarmente la possibilità di poter interrompere la visione in funzione delle sue necessità quotidiane, quali possono essere per esempio i pasti, e un sistema modulare gli permette di risparmiare tempo. Il formato frammentato del film Ju-On si adatta quindi perfettamente a questo tipo di utilizzatore, che è alla ricerca di un appagamento breve e immediato, soddisfatto in questo caso da ogni breve segmento isolato. Questa struttura verrà eliminata nel remake di Hollywood The Grudge, particolare, questo, che rivela il drastico cambiamento di target, puntando non più su coloro che prediligono la visione domestica, quanto su coloro che preferiscono una visione ininterrotta sul grande schermo. 

mercoledì 14 settembre 2022

Punti di rottura (Pt.2)

Proseguendo il discorso iniziato la volta scorsa, concentriamoci adesso su una quarta categoria, identica alla precedente se non per il fatto che l’elemento scatenante si risolve con la morte del soggetto. È la categoria in cui rientrano praticamente tutti i soggetti che includono un elemento soprannaturale. 

domenica 11 settembre 2022

Punti di rottura (Pt.1)

La volta scorsa abbiamo visto come odio e aggressività abbiano origine in aree distinte del cervello; ciò ci consente di saltare alla conclusione che il risentimento abbia bisogno di una molla razionale per trasformarsi in un’azione tesa a nuocere all’oggetto del nostro odio. Ma è proprio vero? Senza la pretesa di fare un lavoro che non è affatto il mio, quello dello psicopatologo, mi limiterò a giocare nel campo dell’ipotetico, andando ad analizzare alcuni casi emblematici di pura fantasia: quelli che ci ha regalato il cinema, in generale, e il genere horror in particolare. 

mercoledì 7 settembre 2022

Speciale Rancore

La morte porta il più grande mutamento che sia mai stato visto. Mentre in generale lo spirito rimosso dal corpo ritorna alla sua origine, ed a volte appare nella forma del corpo che lo portava, è successo anche che il corpo abbia camminato senza lo spirito. Questi incontri sono attestati da chi ha vissuto abbastanza da poter affermare che un cadavere, così risorto, non ha affetti naturali, né ricordi, ma solo odio. Si sa anche che alcuni spiriti che in vita erano benigni, sono divenuti maligni dopo la morte.
(Ambrose Bierce)

òdio s. m. [dal lat. odium, der. di odisse «odiare»]. – 1. Sentimento di forte e persistente avversione, per cui si desidera il male o la rovina altrui; o, più genericam., sentimento di profonda ostilità e antipatia: concepire, nutrire, covare o. contro qualcuno; portare o. a qualcuno; avere in o. qualcuno o avere qualcuno in o.; prendere in o. qualcuno, cominciare a odiarlo; essere, venire in o. a qualcuno (fig., essere in o. ai numi, alla sorte, al destino, averli nemici, essere sventurato; essere in o. a Dio e agli uomini, essere perseguitato, malvoluto da tutti); o. cieco, bestiale, feroce, accanito, mortale, implacabile; essere spinto, animato da o.; essere accecato dall’o.; 

rancóre s. m. [lat. tardo rancor -ōris, der. di rancere «essere rancido» (è quindi, propr., l’astratto di rancidus)]. – Sentimento di odio, sdegno, risentimento profondo, non manifestato apertamente, ma tenuto nascosto e quasi covato nell’animo: avere, nutrire, serbare r. contro qualcuno; il suo sordo r., a lungo nascosto e frenato, esplose improvvisamente; 

lunedì 13 giugno 2022

The Shock Labyrinth

A poche settimane di distanza dal post su "Marebito", senza ombra di dubbio il punto più alto della carriera "extra-grudge" di Takashi Shimizu, torniamo con quello che a tutti gli effetti rappresenta l'espressione più bassa del suo cinema, ovvero quel "Shock Labyrinth" (2009) giunto in Italia due anni più tardi con l'opinabile titolo di "The Shock Labyrinth: Extreme 3D", forse a sottolineare il fatto che di estremo c'è il livello di noia che, mi viene da aggiungere, un imbarazzante 3D riesce ulteriormente ad amplificare. Sarà bastata sicuramente questa introduzione a convincere la maggior parte dei lettori del blog ad abbandonare la lettura; a quei pochi che sono rimasti, la mia promessa è di essere breve e di concentrarmi solo sugli aspetti più interessanti.
La trama ruota attorno a un gruppo di amici d'infanzia che condividono un tragico e oscuro segreto legato a un episodio del passato di cui pare abbiano perso tutti l'esatta memoria. L'antefatto vede il gruppo intrufolarsi in un edificio abbandonato, sito all'interno di un luna park, alla ricerca di brividi facili.

martedì 26 aprile 2022

Marebito

Si tratta forse di un particolare noto a pochi, ma in Giappone le fondamenta dell’estetica horror contemporaneo vennero gettate da Chiaki J. Konaka, scrittore e sceneggiatore giapponese noto per essere il creatore di Digimon Tamers e Ultraman Gaia, nonché per le sue opere ricche di elementi lovecraftiani (vedi anche il post del film recensito qualche tempo fa). Lo fece nel suo libro “Horā Eiga no miryoku: fondamentaru horā sengen” (The fascination of horror films: manifesto of fundamental horror), scritto con l'aiuto di Kiyoshi Kurosawa (il regista di "Kairo", 2001) e dell’animatore Akira Takahashi (padre degli anime City Hunter, Death Note, Inuyasha, ecc.). In quel testo, di cui parleremo in maniera più approfondita in un prossimo futuro, si sarebbe rivisto Takashi Shimizu, uno dei registi più iconici del cinema giapponese moderno. Cosa potrebbe saltare fuori da un incontro tra Shimizu e Konaka? E cosa potrebbe aggiungere a questo mix, già sufficientemente esplosivo, un nome leggendario come quello di Shin'ya Tsukamoto, padre del manifesto cyberpunk Tetsuo? La risposta ha otto lettere: Marebito.
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