Quando, un paio d’anni fa, vergai una specie di recensione per un improbabile B-movie intitolato “Non aprite quell’armadio”, conclusi dicendo, tra il serio e il faceto, che non mi sarebbe dispiaciuto un giorno
scrivere uno speciale sugli armadi “maledetti” nel cinema (e se non proprio maledetti, perlomeno con uno
sconfinamento nel fantastico). Ciò di cui parleremo oggi potrebbe a buon titolo rientrare in quello speciale,
visto che parliamo di armadietti, gli stessi che usiamo nelle scuole e nelle palestre e che talvolta troviamo,
per riporvi oggetti metallici, all’ingresso delle banche.
In Giappone sono evidentemente molto più diffusi
che dalle nostre parti ed ecco quindi la necessità di realizzare una trama orrorifica incentrata proprio su
quegli sgraziati contenitori metallici. Se fossero stati distribuiti sul mercato italico, quei film (parleremo oggi
anche del sequel) si sarebbero ritrovati appiccicati addosso titoli assurdi come “Non aprite
quell’armadietto” o “L’armadietto che uccide”, ma per fortuna la cosa non è accaduta e oggi possiamo
goderci, seppure con le difficoltà della lingua, titoli più incisivi come “The Locker” o evocativi come
l’originale “Shibuya Kaidan”. Si tratta di due film di durata contenuta (entrambi 71 minuti) lanciati sul
mercato contemporaneamente il 7 febbraio 2004 e proiettati nelle sale con la formula “double-bill” (due
film al prezzo di uno).