domenica 18 settembre 2022

Ju-On: the Curse - 1 & 2

A curse of one who dies with strong resentment accumulates in the place where the dead were while alive and turns into "Karma". He who comes in contact with the curse loses his life, and a new curse is born. 

Ju-On usa il concetto di modularità, in cui la narrazione è costituita, appunto, da più moduli o segmenti narrativi, a ognuno dei quali è assegnato un titolo che rimanda al personaggio che ne è il protagonista principale. Tale struttura simula il formato "capitolo" del DVD, tipicamente usato dagli utenti per andare a ripescare le scene da lui ritenute più interessanti o, talvolta, per guardare lo spettacolo in modo intermittente. La maggior parte degli spettatori dell'home theater, al contrario del formato cinema in cui il prodotto viene consumato dall’inizio alla fine, apprezza particolarmente la possibilità di poter interrompere la visione in funzione delle sue necessità quotidiane, quali possono essere per esempio i pasti, e un sistema modulare gli permette di risparmiare tempo. Il formato frammentato del film Ju-On si adatta quindi perfettamente a questo tipo di utilizzatore, che è alla ricerca di un appagamento breve e immediato, soddisfatto in questo caso da ogni breve segmento isolato. Questa struttura verrà eliminata nel remake di Hollywood The Grudge, particolare, questo, che rivela il drastico cambiamento di target, puntando non più su coloro che prediligono la visione domestica, quanto su coloro che preferiscono una visione ininterrotta sul grande schermo. 

Ma andiamo con ordine e partiamo dai primi due episodi: “Ju-On: The Curse 1” e “Ju-On: The Curse 2”, usciti quasi contemporaneamente all’inizio del 2000 per la Toei Video, società di distribuzione nota soprattutto per le sue produzioni televisive, si presentano suddivisi ciascuno in sei capitoli (1. Toshio, 2. Yuki, 3. Mizuho, 4. Kanna, 5. Kayako e 6. Kyoko per il primo, e 7. Kayako, 8. Kyoko, 9. Tatsuya, 10. Kamio, 11. Noboyuki e 12. Saori per il secondo), tanti micro-segmenti di lunghezza variabile da un paio a una decina di minuti, godibilissimi separatamente ma collegati tra di loro da un sottile filo conduttore che può essere colto solo da una visione ininterrotta di entrambi i film, uno seguito immediatamente dall’altro (impresa affatto ardua, considerato il ridotto minutaggio complessivo delle opere). 
Cronologicamente i micro-segmenti vengono presentati in ordine sparso, e ciò costringe lo spettatore impreparato non solo a scervellarsi per comprendere la sequenza degli avvenimenti, ma addirittura a porsi l’iniziale dubbio che non vi sia affatto un filo conduttore tra gli avvenimenti, a parte la location. 
Il montaggio irrispettoso della sequenza temporale è però drammaticamente più interessante, e questo aspetto ce l’avevano tra l’altro già fatto notare Tarantino nel divertentissimo “Pulp Fiction” o Sydney Lumet nell’intramontabile “Onora il padre e la madre” (e anche i primi due “Grudge” hollywoodiani, pur eliminando la struttura a capitoli, manterranno tale peculiarità). 
Purtroppo, nel caso di Ju-On, a causa del ristretto minutaggio, non vi è un vero sviluppo dei personaggi e ciò impedisce allo spettatore di provare alcun genere di empatia nei loro confronti: essi vengono introdotti brevemente, in qualche modo vengono associati alla casa e allo spirito che vi abita, e quindi muoiono, più e più volte, nello stesso identico modo. 
Lo spettatore occidentale è ulteriormente penalizzato dal fatto che i nomi giapponesi paiono somigliarsi tutti, così come i volti e l’abbigliamento dei numerosi personaggi, creando quel senso di frustrazione che non facilita di primo acchito la godibilità dell’opera. 

Volendo basarsi solo su questi primi prodotti televisivi, anzi, la prima sensazione che si riceve è che non ci sia nemmeno un vero inizio (inteso come un episodio specifico che innesca la catena di eventi) e nessun vero finale (il brevissimo capitolo conclusivo non è in alcun modo collegato con gli altri). Per porre rimedio a questo iniziale disorientamento occorre tassativamente una seconda visione oppure, per chi lo preferisce, passare rapidamente alla coppia di remake cinematografici, nei quali molti passaggi, incluso quell’ambiguo non-finale, iniziano a prendere forma. Volendo rimanere invece nel circoscritto ambito di quei primi due episodi televisivi, non facciamo fatica a comprendere che è il sito principale, ovvero la casa sita nel quartiere di Nerima a Tokyo originariamente appartenuta alla famiglia Saeki, la chiave che ci aiuta a mettere in fila gli avvenimenti. 
La sequenza cronologica esatta, col senno di poi, dovrebbe quindi essere 1, 5, 2, X, Y, 3, 4, 6, 9, 10, 11, 12. Ho volutamente omesso l’episodio 7, in quanto trattasi di una riproposizione quasi integrale degli episodi 1 e 5, e l’episodio 8, che è una fedele replica dell’episodio 6 a cui viene aggiunta una coda inedita di circa sette minuti. Nella pratica i primi 32 minuti (sui 73 complessivi), quindi circa il 45% del girato di Ju-On: The Curse 2, non è altro che roba già vista nel primo film e riciclata spudoratamente (usanza affatto nuova nelle produzioni televisive giapponesi, come abbiamo visto qui). Per dovere di completezza, gli episodi 3 e 4 avvengono tra loro contemporaneamente ma in luoghi differenti, così come contemporanei sono gli episodi che ho indicato con le lettere X e Y, frammenti che non hanno trovato posto nel “final cut” ma di cui esiste un girato facilmente reperibile in rete (ne parleremo compiutamente nei prossimi giorni).

Episodi 1, 5 (7) – In questi segmenti è presente il vero nucleo di Ju-On, vale a dire la descrizione di quel fatidico episodio che causerà decine di vittime in vent’anni di storia del franchise. Non ci viene proposto immediatamente, visto che nel momento in cui il film parte tutto è già avvenuto, ma ci verrà offerto in pillole, sotto forma di flashback, nel quinto segmento. Facciamo subito la conoscenza di Kobayashi, un insegnante delle scuole elementari, mentre riferisce alla propria moglie Manami, in avanzato stato di gravidanza, di come un suo alunno, Toshio Saeki, non si presenti a scuola da diversi giorni. Toshio è figlio di Kayako, compagna di scuola dell’uomo al tempo delle superiori. La mattina seguente, Kobayashi si reca a casa del suo studente e lo trova solo in una casa in cui regnano caos e sporcizia. Nell’attesa del rientro dei genitori del ragazzo, l’insegnante, curiosando per casa, rinviene il diario di Kayako, nelle cui pagine si palesa l’ossessione della donna per lui. A questo punto sappiamo già bene, un po’ perché lo abbiamo intuito, un po’ perché Kobayashi rinviene il cadavere di Kayako, che il dramma si è già compiuto. Sotto shock, Kobayashi prende Toshio e tenta di fuggire, ma squilla il telefono. All'altro capo della cornetta c'è Takeo, marito di Kayako, che ha appena ucciso Manami, picchiandola fino a farla abortire. Sconvolto, Kobayashi si lascia cadere a terra, privato anche della forza di reagire al sopraggiungere dello spettro orribilmente sfigurato di Kayako. Anche Takeo, che nel frattempo si sta disfacendo dei resti del feto che la povera Manami aveva in grembo, viene raggiunto dal fantasma di Kayako. Si direbbe che la vendetta si sia compiuta, ma sappiamo bene che non è così.

Episodi 2, X, Y, 3, 4
- È trascorso un periodo di tempo sconosciuto e la casa ha nuovi occupanti: i membri della famiglia Murakami. Facciamo subito conoscenza con Kanna, la figlia, indaffarata con lo studio, nel quale viene assistita dalla sua tutor Yuki. Conosciamo anche la madre Noriko che fa capolino dalla porta e, dopo un breve scambio di battute circa la presenza di un gatto in calore che si aggirerebbe nei pressi dell’abitazione, dice alle ragazze che starà fuori per un po'. Kanna improvvisamente si ricorda di un suo precedente impegno (quello di dare da mangiare ai conigli della scuola!) e lascia rapidamente la casa, non senza prima mettere in imbarazzo suo fratello Tsuyoshi per via della sua nuova fidanzata Mizuho. Yuki si ritrova quindi sola nella stanza di Kanna. Un rumore sempre più pronunciato inizia a innervosirla, cerca di andarsene, apre la porta ma l’intera abitazione è immersa nell’oscurità. Chiama Tsuyoshi, ma non riceve risposta. Dentro l'armadio il rumore è più forte che mai e Yuki decide di indagare: non sarà un’idea geniale. Un ignaro Tsuyoshi viene infine visto uscire di casa. Cambio di scena. 

Mizuho Tamura è a scuola in attesa di Tsuyoshi. Nonostante le lezioni siano finite da un pezzo, la bicicletta del ragazzo è ancora lì fuori. Un insegnante aiuta Mizuho a cercare Tsuyoshi e le chiede di aspettare in sala professori mentre controlla in giro per la scuola. Non tornerà mai più. Mizuho, nell’attesa, chiama a casa del fidanzato e le risponde Noriko, che le conferma che il figlio non c’è. Le luci iniziano a tremolare e si spengono; si avverte una presenza. Un telefono squilla: il numero del chiamante è 444444444444. Mizuho, terrorizzata, trova il coraggio di rispondere e tutto ciò che ode dall’altro capo del telefono è un miagolio. Sarà l’ultimo suono che sentirà: lo spettro di Toshio le è ormai addosso. Nell'ufficio di un medico legale, due investigatori, Yoshikawa e Kamio, stanno indagando su un misterioso cadavere trovato smembrato in una scuola assieme ad alcuni conigli morti e una mandibola umana certamente non appartiene al cadavere. Un testimone sostiene di aver visto due ragazze, Hisayo Yoshida e Kanna Murakami, entrare a scuola per dare da mangiare ai conigli. Altro cambio di scena. Rientrata a casa, Noriko controlla la posta: alcune lettere sono indirizzate a "Takeo Saeki". Squilla il telefono: è Mizuho che le chiede se Tsuyoshi è rientrato a casa. Alle sue spalle una figura fa il suo ingresso nell’appartamento e in silenzio si avvia su per le scale. È Kanna, ricoperta di sangue e priva della mascella inferiore. 

Episodi 6 (8)
– Altro tempo è trascorso e la casa ormai vuota è messa in vendita. A occuparsi della ricerca di nuovi proprietari è l’agente immobiliare Tatsuya Suzuki. L’abitazione, seppur proposta a un prezzo stracciato, non si riesce a piazzare, in quanto le voci sulla tragica fine dei proprietari precedenti si sono diffuse a macchia d’olio. Tastusya chiede alla sorella Kyoko, una donna con particolari doti di sensitiva, di fare un sopralluogo e, seppur controvoglia, quest’ultima accetta. Ciò che di malvagio risiede nella casa non tarda a palesarsi agli occhi di Kyoko, che fugge terrorizzata, dopo aver messo in guardia il fratello dal vendere la casa, e non prima di avergli suggerito di effettuare il test del sake, che consiste nel sorseggiare del sake all’interno all’interno della casa: chiunque percepisca un sapore strano sarebbe particolarmente vulnerabile al soprannaturale e, di conseguenza, potenzialmente esposto a fenomeni di natura spiritica. Qualche tempo dopo, Tatsuya annuncia a sorpresa la vendita della casa alla famiglia Kitada. Kyoko capisce che le cose sono destinate a precipitare, tanto più che il fratello, con il figlio Nobuyuki, si sono nel frattempo trasferiti nell’appartamento che fu di Kobayashi, l’insegnante di Toshio. Tutt’altro che una buona premessa. 

Episodi 9, 10, 11 - Gli attuali residenti della casa dei Saeki, Yoshimi e Hiroshi Kitada, sono immediatamente colpiti dalla maledizione. Yoshimi, posseduta dallo spettro di Kayako, uccide il marito a padellate e, successivamente, fa fuori il povero agente immobiliare che si era recato a farle visita. Nobuyuki, il figlio di quest’ultimo, ormai catatonico, viene affidato ai nonni: lo spettro di Toshio li raggiunge e uccide anche loro, lasciando Nobuyuki incolume per il gran finale. Nel frattempo, c’è però un lavoro in sospeso da portare a termine: quello di colpire gli investigatori Yoshikawa e Kamio, che si erano occupati del cadavere ritrovato a scuola nel primo capitolo. Anche il detective Iizuka, che si sta occupando della morte dei Murakami e dei Kitada, viene raggiunto dalla maledizione. Il finale è epico: Nobuyuki, rientrato a scuola nonostante tutto, fugge mentre viene raggiunto da un esercito di repliche di Kayako. 

Episodio 12 – L’ultimo brevissimo spezzone mostra un gruppetto di studentesse intrufolarsi all'interno della casa di Kayako, di nuovo disabitata e rimessa in vendita. Un sinistro miagolio anticipa i titoli di coda. 

L’aspetto curioso dell'ormai leggendario franchise horror "Ju-On" di Takashi Shimizu è che le sue umili origini sono state quasi dimenticate per via di una raffica di sequel, remake, reboot e spin-off che sono spuntati come funghi nel corso degli anni. 
La maggior parte del pubblico, almeno in Occidente, sembra beatamente inconsapevole del fatto che la serie ha visto la luce sotto forma di prodotto televisivo, concentrandosi maggiormente sulla sua successiva uscita cinematografica "Ju-On: The Grudge" (2002) e sul primo remake americano “The Grudge” (2004) che seguì a breve distanza. E questo è davvero un peccato, perché gli originali televisivi, realizzati con un'evidente mancanza di budget, dimostrano quanto Shimizu abbia dovuto fare esclusivo affidamento sull’esplorazione psicologica della nostra paura interiore nei confronti dell'ignoto. Ma torneremo su questo argomento più avanti.





Il presente articolo è parte di un vasto progetto che ho voluto chiamare Hyakumonogatari Kaidankai (A Gathering of One Hundred Supernatural Tales) in onore di un vecchio gioco popolare risalente al Giappone del periodo Edo (1603-1868) e, di  tale progetto,  esso rappresenta la parte 43 in un totale di 100.
Se volete saperne di più vi invito innanzitutto a leggere l'articolo introduttivo e a visitare la pagina statica dedicata, nella quale potrete trovare l'elenco completo degli articoli sinora pubblicati. L'articolo è inoltre parte del progetto "Ju-On, speciale rancore" che è iniziato qui lo scorso 7 settembre. Buona lettura! P.S.: Possiamo spegnere la 43° candela...

4 commenti:

  1. Come puoi facilmente desumere io non mai visto neppure "The Grudge", quindi per me era un'introduzione assoluta al genere.
    Il rancore che diventa una sorta di spirito e possiede le persone, se capisco bene. L'idea è cinematografica, ma è certamente vero che persone reali possedute da un forte rancore hanno compiuto atti talmente raccapriccianti da rasentare la follia, la totale perdita della ragione...

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    1. Uno spirito talmente rancoroso che fa tabula rasa di tutti coloro che in un modo o nell'altro, anche indirettamente, gli si avvicinano. In alcuni rari casi riesce anche a possedere diabolicamente alcune persone, ma si tratta di episodi isolati che, col l'evolversi della serie, sono andati via via scomparire.
      Nella vita reale, il rancore che sfocia nella follia non lo giustifico ma posso anche arrivare a comprenderlo. In fondo l'essere umano è una specie che è uscita dalle caverne giusto l'altro ieri. Mi preoccuperei anzi di più se certi istinti fossero stati totalmente superati.

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  2. Sapevo della nascita di Ju-On dapprima come serie ma non sono mai riuscita a recuperarla, anche se sarei molto curiosa e so che mi terrorizzerebbe come il 90% delle opere di questo franchise...

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    1. Beh, non tanto una serie, quanto due film per la tivù da poco più di un'ora ciascuno, terrorizzanti quanto basta da mettere in ombra quasi tutti i sequel, remake, reboot e compagnia bella venuti dopo.
      Diversa era invece la saga di Ring che, quella si, vantava due serie composte da una decina di episodi ciascuna e della durata di 30 o 40 minuti.

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