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mercoledì 13 novembre 2013

L'altra Milano

Ho consultato con la massima attenzione le mappe della città, ma non ho mai più ritrovato la Rue d'Auseil. Non mi sono limitato a esaminare le carte moderne: so bene che i nomi cambiano; ho riesumato anche i documenti più antichi, ed ho esplorato di persona tutte le strade che, indipendentemente dal nome, potevano corrispondere alla Rue d'Auseil. Malgrado tutti i miei sforzi, mi son dovuto confrontare con la mortificante conclusione che ero incapace di trovare la casa, la strada e neppure il quartiere dove, negli ultimi mesi della mia squallida esistenza alla Facoltà di Metafisica, avevo udito la musica di Erich Zann. 
Con queste parole iniziava un mio articolo apparso su questo blog circa due anni fa, parole che, lo avrete certamente indovinato, provengono dalla penna di Howard Phillips Lovecraft, il quale le utilizzò come incipit per uno dei suoi racconti probabilmente più noti: “La musica di Erich Zann”.
Il racconto, per coloro che non lo conoscessero, narra la storia di un giovane studente universitario che prende in affitto un appartamento sito al piano sottostante quello di un anziano musicista. Erich Zann trascorre la maggior parte delle sue notti suonando freneticamente con un violino una bizzarra melodia che, si scoprirà alla fine, è l’unico ostacolo che si contrappone ad indicibili orrori in agguato oltre le finestre della sua stanza. Uno degli aspetti a mio parere più inquietanti del racconto di Lovecraft è l’ambientazione: una Parigi onirica, molto simile all’originale ma indubbiamente diversa, sia nei luoghi sia nelle atmosfere.

martedì 5 novembre 2013

Quel Demonio di Brunello Rondi

Un tempo amavo molto i film demoniaco/esorcistici. Purtroppo però - sarà perché il genere già di per sé consente poche variazioni sul tema, sarà perché ho visto troppe pellicole diaboliche sì, ma solo nella banalità delle storie raccontate in maniera trita e ritrita - ad un certo punto mi sono venuti terribilmente a noia, ed è curioso che ora a farmi recuperare un minimo di entusiasmo per questo genere non sia uno dei più recenti blockbuster a tema, ma un film che ha la bellezza di cinquant’anni…
Ho avuto finalmente l’occasione di vedere “Il Demonio”, il film del 1963 di Brunello Rondi, tra i primi in Italia in questo particolare filone dell’horror e che precede “L’Esorcista” di William Friedkin di ben dieci anni. 
Se quest'ultimo è il film più famoso in assoluto, non si può dire che abbia inventato nulla, nemmeno sul piano della messa in scena (tra l’altro "L'Esorcista" si basa sull’omonimo romanzo di William Peter Blatty del 1971, molto bello, mi dicono, ispirato ad una supposta possessione demonica verificatasi nel Maryland nel 1949). 
Nel parlare de “Il Demonio”, vedremo che alcune soluzioni visive riprese da altri film lì erano già presenti e, pur senza l’ausilio di effetti speciali, rese in maniera molto efficace. Pur senza eccessi visivi, e basandosi quasi interamente sull’intensa interpretazione di Daliah Lavi (la protagonista di “La frusta e il corpo”), questo film riesce comunque a risultare disturbante e, a tratti, a far letteralmente accaponare la pelle.

martedì 22 gennaio 2013

Beatrice Cenci

Roma, 11 settembre 1599. Le prime luci dell’alba illuminavano i volti pieni di angoscia della folla radunatasi nella piazza di Ponte Sant’Angelo. Tra i presenti anche Caravaggio insieme con il pittore Orazio Gentileschi. Sul patibolo, montato in fretta e furia per l’occasione, sarebbe stata da lì a poco giustiziata per volere di Sua Santità Papa Clemente VIII una giovinetta di 22 anni, appartenente ad a una delle più potenti famiglie tardo-rinascimentali romane.
La ragazza, genuflessa in una cappella poco distante, era talmente assorta nella preghiera che non fece attenzione al rumore ed alle grida; soltanto si riscosse quando gli armigeri entrarono nella cappella per precederla al supplizio. Si alzò, guardò in volto i suoi aguzzini e domandò loro: — La mia signora madre è veramente morta? — Le fu risposto affermativamente, ed ella gettatasi ai piedi del Crocifisso pregò con fervore per l'anima di lei. Fu accompagnata ai piedi del palco, ricevette una rapida benedizione e, salita senza indugio la scala, offrì orgogliosamente il suo esile collo alla mannaia del boia pontificio. Rimase con la testa appoggiata al ceppo per alcuni interminabili minuti, poi il colpo vibrò e tutto finì. Il boia raccolse il capo mozzo e lo mostrò al pubblico attonito, mentre il corpo della giovane alle sue spalle ancora si agitava, scosso dai violenti tremiti causati dall’estrema violenza subita. In quel preciso istante era giunta al termine la breve vita terrena di Beatrice Cenci e, inevitabilmente, aveva inizio la leggenda che oggi, dopo oltre 400 anni, fa ancora discutere.

lunedì 6 agosto 2012

Danza Macabra

Let me tell you a story to chill the bones, about a thing that I saw. Il mio primo incontro con la “Danza Macabra” (o Totentanz, che dir si voglia) risale a qualche anno fa. Credo fosse il 2005 o il 2006. Avevamo deciso di trascorrere, io e la mia lei, qualche giorno in un posticino romantico, lontano dallo stress di tutti i giorni, e la nostra scelta era ricaduta su Lucerna, nella Svizzera centrale. L’idea di Lucerna mi ronzava nella mente da molti anni, dal giorno in cui, primo giorno della mia prima classe elementare, ammirai sulla copertina del mio primo quaderno la foto di un affascinante ponte coperto che, si leggeva in una nota in basso, era sito proprio a Lucerna. Quel ponte, simbolo della città, altro non è che il famoso Kapellbrücke (Ponte della Cappella), uno dei più antichi ponti di legno d’Europa risalente al 1365 che, con i suoi 204 metri, unisce la parte settentrionale della città con quella meridionale. Ricordo come se fosse oggi il momento in cui il Kapellbrücke apparve improvvisamente ai miei occhi dopo una curva. Di fronte a me l’immagine della mia infanzia, esattamente così come l’avevo vista centinaia di volte su quel quaderno (che, per inciso, ancora conservo gelosamente). Ma chi avrebbe mai detto che sarebbe stato un altro ponte, lo Spreuerbrücke (Ponte del Mulino) quello che mi avrebbe sorpreso ancora di più. Lo Spreuerbrücke sorge un chilometro più a monte ed è caratterizzato da una serie di dipinti in stile medievale sulla peste del XVII secolo. Tali dipinti ritraggono varie condizioni di uomini e donne, sacerdoti e guerrieri, principi e contadini, dai personaggi più umili ai più potenti, tutti raffigurati in balia della morte. Tutti gli uomini sono quindi uguali di fronte alla Morte, è il messaggio. Memento mori! (Ricordati che devi morire!) Scheletri danzanti si fanno beffe delle loro vittime, invocanti pietà, inutilmente piene di rimorso e disperazione. Had I danced had I pranced had I sung with them / All had death in their eyes / Lifeless figures they were undead all of them / They had ascended from hell / As I danced with the dead / my free spirit was laughing and howling down at me / below my undead body / just danced the circle of dead (Dance of Death, Iron Maiden, 2003). Ecco quindi fare il loro ingresso in scena le Danze Macabre: da quel giorno le avrei notate un po’ ovunque nel corso delle mie peregrinazioni: l’ultima a Berlino, nella Marienkirche, al cui interno  è affrescata una “Dance of Death” alta 2 metri e lunga 22.

domenica 8 luglio 2012

InHumane Resources

Ma ogni cosa era a posto, ora, tutto era definitivamente sistemato. La lotta era finita. Egli era uscito vincitore su se medesimo. Amava il Grande Fratello. Con una citazione a George Orwell e al suo celebre “1984" si apre il nuovo cortometraggio di Michele Pastrello, giovane e promettente regista veneziano, autore di piccole perle che, nel vasto arcipelago del cinema autoprodotto, si sono fatte decisamente notare. Personalmente ho avuto già modo di ammirare la sua opera prima, "Nella mia mente", vincitore tra l'altro del Pesarhorror 2006 e proiettato anche alla 10ma edizione della rassegna coreana  "Pifan", vetrina leader per la cinematografia fantastica. Nella mia mente era uno "psyco-thriller" che evidenziava forti influenze argentiane: una ragazza, inseguita da un misterioso maniaco, riesce a trovare rifugio nella propria casa, ma sarà proprio nell'apparente sicurezza delle mure domestica che inizierà il vero incubo. Un regista come Pastrello, la cui opera prima ha lasciato un così profondo segno nella critica specializzata, meriterebbe sicuramente a questo punto maggiore notorietà. Lo troviamo invece oggi a distribuire gratuitamente il suo quarto lavoro, "InHumane Resouces" (ancora un cortometraggio), attraverso il web. Si tratta di una scelta, questa volta, quella di non passare per i Festival perché, com’egli stesso ha dichiarato in un’intervista: “un Festival di cinema dovrebbe porsi come obbiettivo di farsi da mediatore tra i nuovi talenti e chi il cinema lo crea, lo produce o lo distribuisce, inseguendo la possibilità di farli emergere. Partecipare o meno ad un Festival in cui ci sono 30 spettatori, a me cambia davvero poco o nulla”. Se volete quindi ammirare "InHumane Resouces" in Full HD andate a farvi un giro sul sito ufficiale. Anzi, visto che il film dura giusto una ventina di minuti, vi suggerirei di andarci subito. Ve lo guardate con comodo e poi magari ritornate qui da me a leggere il resto.

lunedì 28 maggio 2012

Circuito chiuso

Ci sono dei momenti della propria vita che, per qualche ragione indecifrabile, rimangono impressi più di altri nella memoria. A volte sono dei ricordi ben precisi: un compleanno, una giornata al mare, un esame superato. Altre volte sono solo delle immagini decontestualizzate: un volto, un oggetto, un odore, un dolore. Ma altre volte ancora non sono che dei suoni: la canzone che ha fatto da colonna sonora ad un avvenimento importante o ad un particolare periodo della propria vita. Immagini e suoni talvolta si fondono, talvolta si intrecciano, talvolta si sovrappongo. Al punto che ci chiediamo spesso se quello che ricordiamo sia davvero avvenuto o non sia magari solo quello che crediamo (o desideriamo) sia avvenuto.
Prendete una vostra fotografia, una di quelle che vi hanno scattato quando eravate piccoli, una di quelle che negli anni avete guardato un milione di volte. Vi avranno senz’altro raccontato mille particolari del giorno in cui quella foto è stata scattata: vi avranno indicato il giorno, il luogo, il nome di eventuali presenti. Quante di queste informazioni appartengono in realtà ai vostri ricordi? E quante invece sono elaborazioni di quello che vi è stato raccontato? Se in quella foto dimostrate meno di 3 anni, probabilmente sono solo ricordi di altri. Non c’è modo infatti di ripescare nella propria memoria delle immagini che risalgono a quell’età. Perlomeno, io non ne sono capace. Ma c’è una fase successiva, che va di solito dai 3 ai 10 anni, in cui i nostri ricordi iniziano a mescolarsi con quelli degli altri creando scenari che, seppur molto vicini alla realtà, in realtà non sono che ricostruzioni più o meno fedeli di avvenimenti accaduti.

lunedì 16 maggio 2011

La frusta e il corpo

Quando penso a questo film la prima cosa che mi viene in mente è il senso di “oppressione uditiva” che ho provato quando l’ho visto per la prima volta. Eh già, perché il suono ammantava tutto il resto, soprattutto l’onnipresente rumore del vento che come un lupo ululante si udiva ovunque, anche all’interno di stanze chiuse. Magari i dettagli li ho scordati, ma questo è impossibile dimenticarlo, così come i colori accesi e i meravigliosi paesaggi in contrasto con la severità e la cupezza del castello.
La storia è molto semplice, ma efficace: il conte Kurt Menliff fa ritorno al castello di famiglia, da dove era stato cacciato per il coinvolgimento nel suicidio della figlia della governante, per accampare diritti sull’eredità. Infatti, suo padre è malato e ha intenzione di nominare suo unico erede il secondogenito Christian, che tra l’altro ha sposato Nevenka, la donna con la quale Kurt in precedenza aveva avuto una relazione. Il ritorno di Kurt è accolto male da tutti, inclusa Nevenka: ma nonostante la donna professi di odiarlo, in realtà è legata a lui da un torbido rapporto di amore-odio e la loro relazione (esplicitamente sadomasochistica) ben presto riprende.

lunedì 9 maggio 2011

La maschera del demonio

Di questo film, famosissimo, mi riesce difficile scrivere. Non c’è nulla che non sia già stato detto in proposito, ma d’altra parte bisogna pur parlarne se si parla di gotico, dato che in Italia è stato in pratica il capostipite del genere. Per questo film il regista e gli sceneggiatori presero spunto dal racconto “Il Vij” di Gogol', che tratteggiava la figura del vampiro in maniera inconsueta e differente rispetto alla classica figura del Dracula cinematografico.
Si tratta del film d'esordio di Mario Bava, vero padre putativo del cinema horror italiano, colui che ha anticipato i tempi e che ha indicato la strada ai suoi successori, colui che ha valorizzato per primo la bellezza perversa di Barbara Steele che, proprio da questo film, avrebbe iniziato la sua emblematica carriera di eroina nera. Non serve spendere molte parole su Bava in questa sede, talmente è universale il personaggio. Per chi volesse approfondire, rimando all’ottima scheda su Mario Bava in Splatter Container.
Parlerò più che altro del film e di come io l’ho vissuto.

lunedì 2 maggio 2011

Hanno cambiato faccia

Ecco un film piuttosto singolare che ho visto di recente. È un film del ’71 di Corrado Farina che riprende in maniera originale la figura di Dracula e la traspone ai giorni nostri (beh, negli anni ’70, in realtà). Quello che fa, malinconicamente, sorridere è che quelli che negli anni ‘70 potevano sembrare situazioni al limite del paradossale, oggi più che mai sono divenuti realtà.

Hanno cambiato faccia è una storia di vampiri, tutto sommato, dove la progenie dei Dracula ha imparato a indossare il doppio petto del potere economico e politico e ha saputo ricavarsi nuovi spazi, consolidando il proprio potere e anzi incrementandone la portata in modo esponenziale.
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