L’opera di cui andremo a parlare oggi, il cui titolo strizza l’occhio ad una vecchia canzone synth pop, non è
un romanzo, e forse nemmeno un racconto. Sono una cinquantina di pagine mal contate che potremmo
intendere come una raccolta di appunti sparsi o forse, ancor meglio, come un piccolo tutorial, una specie di
“manuale di istruzioni per principianti della vita”. Nulla di universale come ciò che fece Georges Perec, che
proprio su un manuale di istruzioni costruì la sua notorietà, ma un “manuale”, quello di Marta Dieffe,
destinato prevalentemente a un target di giovanissimi, e non necessariamente femminile.
Cosa c’entro quindi io, vi starete chiedendo, che l’adolescenza l’ho vissuta in un secolo ormai terminato?
Beh, diciamo che quella di tentare un articolo è una specie di sfida con me stesso. Una sfida nella quale un
membro della cosiddetta Generazione X (uno tra i primi, tra l’altro, a potersi fregiare di questo, sempre più
scomodo, titolo) cerca di rintracciare delle similitudini tra la sua esperienza personale e quella di chi è
venuto al mondo giusto quella manciata di decenni più tardi. Avrei forse fatto prima a osservare i miei
nipoti, con tutte le loro insicurezze e le loro piccole manie, ma certamente, mi sono detto, non avrei potuto
aprire certe porte che, di regola, a uno zio sono giustamente precluse (non che ve ne fosse bisogno, visto
che probabilmente sono le stesse porte che io stesso mi indaffaravo a tener sigillate).
