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giovedì 14 aprile 2022

The Night Cyclist

There was someone there. On a matte-black aluminum bike. When he looked back, his dank black hair was plastered to his white face. And his eyes—they were all pupil. Like smoke, like a whisper, he faded once he made the dry concrete. For maybe ten seconds, I considered what had just happened. And then I saw it for what it was: An invitation. A challenge. A dare. (The Night Cyclist)

Torniamo a parlare, dopo soli pochi mesi, di Stephen Graham Jones, autore di narrativa horror con all’attivo numerosi romanzi e raccolte di racconti. Nativo americano, Graham Jones ha un curriculum di tutto rispetto, che non ripeteremo in quanto lo abbiamo già illustrato nel dettaglio la volta scorsa. Da allora va giusto segnalata l’uscita di un nuovo suo romanzo dal titolo “My Heart Is a Chainsaw”, esplicito omaggio ai film slasher che riesce anche a sfidare e trascendere il genere, una critica pungente del colonialismo americano, dello sfollamento indigeno e della gentrificazione, termine questo che sta a indicare il progressivo cambiamento socioculturale di un'area urbana da proletaria a borghese a seguito dell'acquisto di immobili, e della loro conseguente rivalutazione sul mercato, da parte di soggetti abbienti.

mercoledì 17 novembre 2021

Il segreto del ventriloquio

Noi Ventriloqui Maggiori siamo accoliti del Ventriloquo Definitivo. Noi Ventriloqui Maggiori siamo catatonici, svuotati delle illusioni dell'individualità e dell'identità. Noi Ventriloqui Maggiori non agiamo più in alcun modo fisico. (Jon Padgett)

Arrivare in ritardo è sempre stata una delle caratteristiche salienti di questo blog. Quasi una “feature”, sebbene poco invidiabile. Ciò avviene non tanto perché tendo a non accorgermi di quel che mi succede attorno, bensì per quella proverbiale pigrizia che è la causa del trascorrere di intere ere geologiche tra il materializzarsi di un’idea e la sua realizzazione. Con il post di oggi riesco a battere addirittura due record, uno opposto all’altro: l’eccessivo anticipo e l’eccessivo ritardo. Come si spiega questa singolarità è presto detto: parlo di “eccessivo anticipo” perché ho comprato e letto “The secret of Ventriloquism” (Dunhams Manor Press) di Jon Padgett in inglese all’inizio dell’anno, poche settimane prima che i tipi delle Edizioni Hypnos se ne uscissero con l’annuncio dell’acquisizione dei diritti dell’opera e della conseguente traduzione; parlo di “eccessivo ritardo” perché tecnicamente avrei avuto mesi di tempo a disposizione per mettermi a scrivere questo articolo e arrivare a pubblicarlo in sincrono con l’uscita nelle librerie dell’antologia dell’autore americano, avvenuta lo scorso giugno. 

mercoledì 28 luglio 2021

Racconti macabri dei Mari del Nord

Giungo ancora una volta con imbarazzante ritardo nel presentare una pubblicazione forse tra la più interessanti dell'anno scorso. Ancora una volta è la Dagon Press di Pietro Guarriello la casa editrice a cui dobbiamo rivolgere il nostro sguardo e la nostra gratitudine per aver riesumato e portato in Italia un autore a lungo dimenticato. Dimenticato non è forse nemmeno il termine corretto, visto che sottintenderebbe una precedente conoscenza venuta poi a mancare nel corso della vita. Sconosciuto (o ignoto) forse è più esatto, almeno per me che, sebbene sia da sempre stato attratto dai vari aspetti legati alla cultura di certi paesi poco, come dire, inflazionati, sono cascato letteralmente dal pero quando l'ho sentito nominare per la prima volta l'estate scorsa (o giù di lì). Eppure pare che Jonas Lie sia abbastanza famoso, a giudicare dalle numerose recensioni che mi è capitato di leggere in rete nei mesi immediatamente successivi alla sua uscita italiana. Dal 1870, quando il suo nome venne alla luce con un suo primo romanzo, "Den Fremsynte", Jonas Lie si è affermato come uno dei nomi più noti e apprezzati dal pubblico norvegese (secondo solo a Knut Hamsun, direi, e a Ibsen) e negli ultimi anni i suoi romanzi, trascinati in parte anche dalla diffusione della letteratura norvegese di genere (penso a Jo Nesbø) hanno scalvato i confini nazionali per intraprendere un tour europeo senza precedenti.

sabato 30 gennaio 2021

Lampadedromie

Apocalisse (o apocalissi) s. f. [dal lat. apocalypsis, gr. ἀποκάλυψις «rivelazione»]. – 1. Titolo o designazione di scritti, canonici o apocrifi, contenenti rivelazioni relative ai destini ultimi dell’umanità e del mondo: l’A. di Abramo, di Mosé, di Paolo, di Pietro, ecc. In partic., il libro che ha questo titolo, accolto nel canone del Nuovo Testamento, attribuito tradizionalmente a s. Giovanni Evangelista. 2. fig. Come termine di riferimento o di confronto, catastrofe, rovina totale, fine del mondo, in frasi quali: visione d’a.; una notte da a.; sembrava venuto il tempo dell’apocalisse, e sim. (Treccani).
In questi ultimi tempi si parla di apocalisse un po' a sproposito. Viene facilmente da pensare, e questo lo ammetto, che la fine dell'umanità, contrariamente a quanto si pensava, stia avvenendo gradualmente attraverso una non meglio identificata pandemia, che ci spinge un giorno dopo l'altro verso un baratro di disperazione economica e sanitaria davanti al quale abbiamo già ampiamente dimostrato la nostra pochezza. Un'apocalisse come questa in realtà l'abbiamo già vissuta infinite volte e ogni volta in qualche modo ci siamo risollevati, perdendo magari qualche anno di vita, sacrificato in nome di un ideale che non sempre è stato il nostro. Penso alle guerre, alle carestie, alle grandi pestilenze del passato, in un arco di tempo che va dalle piaghe d'Egitto di quattromila anni fa ai più recenti genocidi in Ruanda o nella ex-Jugoslavia, ma più che altro penso a emergenze "minori" come, per chi se la ricorda (io avevo sei anni), la famosa austerity che fu imposta al nostro paese nel 1973, nel corso della quale, allora come oggi, furono penalizzati trasporti, cinema e ristoranti (della serie "il lupo perde il pelo")...

venerdì 18 dicembre 2020

Come fu che Houdini scrisse un racconto per il Weird Tales (Pt.2)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

«Il mio compito sarà mettere per iscritto la storia, aggiungendo ad essa alcuni dei miei elementi più macabri. Non so quanto potrò spingermi in là, perché a giudicare da un racconto di Houdini, che Henneberger mi ha mandato a titolo di esempio, mi pare che la sua intenzione sia quella di spacciare delle avventure degne del barone di Münchausen come vicende vissute. Basta una sola occhiata per rendersi conto che Houdini è una persona dall’ego smisurato. In ogni caso, credo di poter realizzare qualcosa di abbastanza scioccante…». 

Harry Houdini (1874–1926)
Lovecraft
sapeva benissimo ciò che i lettori cercavano in Houdini, e li accontentò lasciando inalterata l’ossatura proposta dal committente, ovvero quella di una vicenda in cui il l’eroe veniva attaccato, legato e gettato nei più profondi recessi di un tempio sotterraneo, dal quale egli si sarebbe in seguito agilmente liberato. 

sabato 12 dicembre 2020

Come fu che Houdini scrisse un racconto per il Weird Tales (Pt.1)

Weird Tales, maggio 1924
Nel 1924, i lettori di Weird Tales dovettero rimanere sorpresi nel leggere in copertina un nome che ben poco aveva a che fare con quelli che solitamente popolavano le pagine del loro magazine preferito. Harry Houdini, il celebre illusionista specializzato in fughe impossibili, aveva probabilmente mille qualità ma certamente non era un narratore, pensarono di certo in molti. E non avevano torto: abilissimo nel liberarsi da manette, catene, corde e camicie di forza, Houdini, quarto dei sette figli del rabbino ungherese Mayer Sámuel Weisz, non aveva di sicuro potuto ricevere un’istruzione adeguata, né a Budapest, città che lasciò giovanissimo, né ad Appleton, la città del Wisconsin che lo ebbe in adozione. 
Eppure, il suo nome compariva a caratteri cubitali su un buon numero di copertine di quell’annata. Il primo racconto, "The Spirit Fakers of Hermannstadt", serializzato in due parti, apparve sui numeri di marzo e aprile del 1924; il secondo, "The Hoax of the Spirit Lover", apparve sul medesimo numero di aprile. Com’era possibile? La verità è che, sebbene Harry Houdini avesse in effetti avuto un’istruzione approssimativa, era però un appassionato collezionista di libri, in gran parte ricevuti in eredità dal padre. Nel 1903, quando aveva solo ventinove anni, Houdini dichiarò di possedere "la più costosa collezione di libri sull'arte della magia" e, all’apice della sua carriera, affermò di dedicare alla sua professione solo cinque mesi all'anno, trascorrendo il resto del tempo rintanato nella sua biblioteca.

lunedì 7 settembre 2020

Il ragno del tempo

C’è una villa sull’Appennino bolognese, dalle geometrie inconsuete e dall’aspetto minaccioso e senziente. C’è un notaio, diverso da ciò che sembra e alla ricerca di qualcosa di perduto. C’è un'investigatrice, che preferirebbe occuparsi di altro ma che non può resistere al richiamo del pericolo. C’è un vecchio professore, che conosce troppe cose e che non vorrebbe saperne più nulla, solo dimenticare. E poi c’è qualcosa. Qualcosa che sta arrivando...

Settembre è il mese delle ripartenze. C'è chi torna a scuola, chi in ufficio, ma soprattutto settembre è il mese in cui ci si lascia alle spalle le distrazioni e si comincia a guardare tutto nelle prospettiva dei mesi a venire, spesso non troppo dissimili l'uno dall'altro, ma con in comune quella ripetitività che ci accompagnerà fino al giorno in cui si tireranno le somme di un altr'anno andato.
"Settembre è il mese del ripensamento sugli anni e sull'età", cantava il Grande Modenese, "Ti siedi e pensi e ricominci il gioco della tua identità, come scintille brucian nel tuo fuoco le possibilità".
Le possibilità occorre quindi concretizzarle sin da subito, perché altrimenti quel fuoco che presagisce l'autunno finisce per divorarle. Funziona così per chi pasticcia su un blog come il sottoscritto, e funziona così per chi, partendo da uno stesso foglio vuoto di Word, è in grado di creare invece qualcosa di buono.

giovedì 12 marzo 2020

L'esatta percezione

Non ho mai dedicato moltissimo spazio su questo blog, lo avrete senz'altro notato, ai giovani autori italiani. Se non fosse stato per il recentissimo articolo su Queho, che ha spezzato una tendenza che andava ad allungarsi in maniera preoccupante, l'ultima volta che me ne occupai fu un anno fa. E guarda caso, anche in quell'occasione ruppi il silenzio per presentare un'antologia personale targata Rill, nella fattispecie quella di Luigi Rinaldi.
Oggi mi occuperò invece di Andrea Viscusi, un nome decisamente interessante nel vasto panorama letterario di questi ultimi anni. Un nome che avrei voluto, se non dovuto, presentare anche in precedenza all'interno del blog: ma poi, a causa della mia incorreggibile pigrizia, come tante altre anche quell'idea è rimasta incompiuta.
Eppure di cose da dire sul primo esperimento di Viscusi nella dimensione romanzo ce ne sarebbero state parecchie. Mi riferisco, per la cronaca, a quel "Dimenticami, Trovami, Sognami" che aveva tanto fatto parlare di sé, in termini a dir poco entusiastici, al tempo della sua pubblicazione, ormai cinque anni fa. Non sono qui però per rivangare ciò che avrei potuto dire e fare, bensì per salutare con gioia il ritorno di Andrea Viscusi alla dimensione del racconto, a mio parere a lui più congeniale.

domenica 19 gennaio 2020

Queho: l'uomo nero dell'ovest

Lo dichiaro sin da subito: ho sempre avuto un rapporto conflittuale con il genere western. Da un lato, ancora bambino mi sono lasciato affascinare dalle grandi saghe western con protagonisti gli eroi bonelliani, al punto dal poter oggi ancora vantare una discreta collezione di albi a fumetti che, non senza fatica, è scampata al tempo e alla polvere. Dall'altro lato, ho sempre mal sopportato quei vecchi film che mio papà mi imponeva una sera sì e l'altra pure alla televisione (in questa "mal sopportazione" ci metto dentro anche i capolavori di Sergio Leone, che sarà anche un essere mitologico, non lo nego, ma andrebbe gustato a dosi più controllate).
Sembra illogica la questione, detta così, ma c'era un motivo ben preciso che rendeva gli scenari calpestati da Tex, Zagor e Kit Teller (il piccolo ranger, ndr) per me così affascinanti, ovvero le frequenti contaminazioni con l'horror.
Ecco perché mi ha incuriosito immediatamente questo progetto editoriale indipendente presentato pochi mesi fa da Christian Sartirana, che tra l'altro è una vecchia conoscenza di questo blog. L'altro elemento catalizzante è stato il personaggio stesso che presta il suo nome al titolo all'opera: Queho, un nativo americano che insanguinò il Navada nei primi anni del secolo scorso e che finì per guadagnarsi il titolo di primo serial killer mezzosangue della frontiera (se non il primo in assoluto, certamente il primo a creare attorno a sé un alone di leggenda).

domenica 12 febbraio 2017

Tempi terribili

"La prima cosa che ho pubblicato è Tempi Terribili, un romanzo che è un mix di thriller, noir, fantascienza e sperimentalismi Avant-Pop. È uscito per i tipi di Libro Aperto International Publishing ma è ora fuori catalogo. Sto cercando di pubblicarlo di nuovo e l’ho proposto a Teomedia. È il primo volume di una trilogia, già scritta, che ho definito ‘La Trilogia dell’Occulto’. Tratta dei legami tra creatività letteraria e atto magico. L’esoterismo è uno dei miei svariati interessi e si riflette in ciò che scrivo." 
Con queste parole lo scrittore salentino Sergio Duma presentò ai lettori di Obsidian Mirror, nel corso di un'intervista pubblicata proprio qui nel marzo dello scorso anno, la sua opera prima. In quell'occasione si parlava in verità di tutt'altro, nello specifico del suo lavoro a quei tempi più recente (I libri degli incubi, ndr), ma sapete meglio di me come vanno queste cose: spesso quando ci si trova nel salotto dello zio Obsy si comincia a parlare a ruota libera, uscendo e rientrando continuamente dal/nel seminato. E così accadde anche allora.
Ovviamente, per un breve attimo mi chiesi cosa diavolo fosse "un mix di thriller, noir, fantascienza e sperimentalismi Avant-Pop", ma lì per lì decisi di soprassedere, con il celato intento di rimuginarci sopra da solo, magari la sera prima di addormentarmi. Le mie riflessioni notturne sfociarono tuttavia in un nulla di fatto finché, come accade sovente, non iniziai a concentrarmi su nuovi stimoli. Tutto questo fino a pochi giorni fa perché, come avrete ormai già intuito, i tempi terribili sono arrivati.

lunedì 21 novembre 2016

La cerimonia

Ci sono strane cose che sopravvivono ai margini della nostra stessa esistenza, che ci seguono al limite della nostra percezione, ci osservano dal buio che incombe oltre il calare della notte, solo un passo al di là del confortante calore delle luci. Neri portenti, strani culti, e cose anche peggiori attendono nell’ombra. I Figli dell'Antica Sanguisuga sono fra noi da tempo immemorabile, dall’alba dell’umanità ci accompagnano... Donald Miller, geologo e accademico oggi ormai ottuagenario, da una vita cammina sul ciglio d'un abisso, tra i vuoti di memoria che gli oscurano la mente e certi improvvisi lampi d'inquietanti ricordi, che a tratti lo risvegliano a una realtà sinistra celata appena sotto il tenue velo d'amnesia, la sottile cortina della quotidianità. Sparsi frammenti, ora destinati a convergere verso una rivelazione sconvolgente, ciò che l'Oscurità, l'abisso oltre le stelle, ha infine per noi in serbo. 

Era da un bel po' che tenevo d'occhio questo volume, uscito ormai, se la memoria non mi inganna, negli ultimi giorni del 2015. In tanti mesi credo di averlo messo e tolto dal carrello di quasi tutte le piattaforme di e-commerce almeno una ventina di volte. Non tanto perché ero indeciso se mi potesse interessare o meno (su quello non c'è mai stato alcun dubbio), quanto perché il mio dannato senso di colpa mi imponeva di dare un freno alla mia attività di accumulo libresco compulsivo che, negli ultimi anni, si è pure notevolmente aggravato. Alla fine il diavoletto che mi accompagna per librerie ha avuto la meglio e "La cerimonia" (The Croning, 2012) di Laird Barron è entrato a far parte della mia famiglia, in qualità di auto-regalo di compleanno, lo scorso luglio (assieme ad altre cosettine di cui magari parlerò più avanti). Ho però atteso il mese di settembre per poterlo leggere, sfruttando così al meglio un paio di trasferte di lavoro che mi hanno inchiodato su un treno per diverse ore. Vi state chiedendo se "La cerimonia" mi è servita ad alleviare la sindrome da trasferta? Eccome, se è servita!
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