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lunedì 10 febbraio 2020

Kaidan Botan Dōrō (Pt.2)

Botan Doro by Yoshimi Maruyama
LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI 

“Vivere momento per momento, volgersi interamente alla luna, alla neve, ai fiori di ciliegio e alle foglie rosse degli aceri, cantare canzoni, bere sake, consolarsi dimenticando la realtà, non preoccuparsi della miseria che ci sta di fronte, non farsi scoraggiare, essere come una zucca vuota che galleggia sulla corrente dell’acqua: questo, io lo chiamo ukiyo”. - Asai Ryōi, Racconti del mondo fluttuante (Ukiyo monogatari, 浮世物語, 1661).

Le storie di fantasmi erano già un soggetto molto popolare nel folclore, nel romanzo e nel teatro giapponesi, ma fu solo durante l’epoca Tokugawa (1603-1868) che esse conobbero una nuova ripresa, emergendo come un genere letterario ben definito e ispirandosi alla letteratura popolare cinese di epoca Ming sullo stesso argomento, importata e tradotta in Giappone. L’epoca Tokugawa, che aveva segnato l’inizio di un lungo periodo di pace dopo più di un secolo di guerre feudali, fu particolarmente fertile per la vita culturale del paese e i suoi centri nevralgici, Ōsaka prima e, in seguito, Edo (oggi Tōkyō), prosperavano nel rinnovato entusiasmo per le arti e per le lettere.

domenica 21 giugno 2015

Do I love Beijing?

Si parla raramente della Repubblica Popolare Cinese su questo blog, lo avevate notato? Spesso ci siamo avventurati ad esplorare culture asiatiche di tutti i tipi, in primo luogo Giappone e Corea, ma in quattro anni non ci siamo mai fermati nel paese che forse più di ogni altro rappresenta il continente a cui appartiene. Lo facciamo oggi sull'onda di un'idea della collega blogger Alessandra di Director's Cult, la quale mi ha fatto notare che il mese scorso al Metropolitan di New York è stata presentata l'anteprima di una mostra dal titolo Cina: Through the Looking Glass curata dal regista Wong Kar-Wai. Nella presentazione dell'evento si è voluta sottolineare l'importanza dell'estetica cinese nelle creazioni di moda occidentali. Grazie alla sua arte, dai dipinti alle porcellane sino ai costumi tradizionali, la Cina avrebbe alimentato, secondo il curatore della mostra, la fantasia dei nostri stilisti, da Paul Poiret a Yves Saint Laurent. Aperta fino alla metà del mese di agosto, la mostra presenta oltre 140 esempi di Haute-Couture e di Prêt-à-porter accanto a fulgidi esempi di arte cinese. In questo stesso contesto sono stati inoltre inseriti alcuni spezzoni di vecchi film cinesi che rivelerebbero, sottolineando nuovamente il medesimo concetto, l'enorme importanza che il mezzo cinematografico avrebbe avuto in questo ruolo. Possiamo essere d'accordo o meno con questo assunto, ma l'occasione è ghiotta, per questo blog, per fare una piccola digressione sulla Cina e sulle sue evidenti contraddizioni.

mercoledì 10 ottobre 2012

Il Qilin e gli occhi del drago


Due sono le figure che la protagonista sceglie di tatuare sul proprio corpo nel romanzo “Serpenti e piercing”, recensito su questo blog pochi giorni fa: uno è il Qilin, ovvero l’unicorno della mitologia cinese, l’altro è un enorme drago senza occhi. Approfondire entrambe le figure, incredibilmente affascinanti, è lo scopo del post di oggi. Ma prima di tutto: voi credete alle coincidenze? Qualche mese fa stavo trascorrendo qualche giorno di vacanza in Giappone quando, complice una pioggia torrenziale, decisi di trovare rifugio per qualche ora nelle sale del museo nazionale di Tokyo. In particolare, uno degli ambienti situati proprio vicino all’ingresso non mancò di attirare la mia attenzione, in quanto dedicato ad uno strano essere dal bizzarro nome di Qilin, che avevo visto molte altre volte ma di cui non conoscevo il nome. Scattai le fotografie che vedete qui attorno, a corredo del testo, con il pensiero ad un eventuale post che, ne ero certo, prima o poi ne sarebbe scaturito. Passò il tempo e, come spesso succede, coinvolto in mille progetti, me ne dimenticai.  Poi ecco “Serpenti e piercing”, ed ecco il Qilin che ritorna. Un post a questo punto è quasi d’obbligo.
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