martedì 26 marzo 2019

Gemini (Sōseiji)

«Bisogna accontentarsi di estrarre, tra i motivi che esercitano un'azione perturbante, quelli che più spiccano [...]. Questi motivi sono quello del "sosia" in tutte le sue gradazioni e conformazioni, ossia sono la comparsa di personaggi che, avendo uguale aspetto, debbono venire considerati identici». (Sigmumd FreudDas Unheimliche,  1919). 
Non poteva che iniziare con una citazione freudiana questo mio piccolo contributo al tema del "doppio", tema nel quale mi sono visto mio malgrado coinvolto per merito (o per colpa) di Kuku, la Cinecivetta, che a sua volta ha cavalcato l'onda sollevata dall'Etrusco su un prezioso assist di Federica, la cacciatrice di libri.
D'altra parte, una serie di favorevoli coincidenze mi stava già spingendo su questa stessa strada. Tralasciando il nome stesso di questo blog, che con il "doppio" ha sempre avuto molto a che spartire, la coincidenza più incredibile è la lettura, completata di recente, del sacro testo "Der Doppelgänger" (1914), una delle opere più importanti del filosofo austriaco, allievo di Freud, Otto Rank. Curiosamente, anche le coincidenze, al pari dei sosia, sono (psic)analizzate nel "Das Unheimliche" e, quasi come se quel cerchio volesse per forza chiudersi, eccoci catapultati nel post di oggi.

mercoledì 20 marzo 2019

Da donna a strega: sacerdotesse

L'INTRODUZIONE SI TROVA QUI

Nel mondo classico vi fu almeno un caso documentato di sacerdozio al femminile: sto parlando naturalmente delle Vestali, le sacerdotesse di Vesta, la controparte romana della greca Estia. Una dea che ha parecchio a che fare con l’immaginario cristiano.
La vergine Estia era una divinità che proteggeva la casa e il focolare: primogenita del padre Crono, fu la prima a venire ingoiata da lui e, di conseguenza, l'ultima a essere poi rigurgitata. Proprio per questo era ritenuta il centro dell'universo, e trovava spazio nell'edificio più importante di ogni città così come nei templi degli altri dèi. In un braciere circolare il fuoco, suo simbolo, doveva essere mantenuto sempre vivo, un'usanza poi estesa alla celebrazione delle Olimpiadi e in auge ancora oggi; all'inizio e alla fine del pasto calici di vino si levavano in suo onore.
Il culto romano di Vesta, per quel che ne sappiamo, era molto simile a quello di Estia, ma se possibile ancora più primitivo. Sappiamo per certo che le sue sacerdotesse, le Vestali, erano deputate al mantenimento del sacro fuoco (e chissà che le streghe medievali col loro calderone, o paiolo, oltre ad essere compagne simboliche – madri, figlie, mogli – del Sole, che è poi la fonte del fuoco stesso, non debbano qualcosa del loro immaginario a queste “custodi del fuoco”).

giovedì 14 marzo 2019

Confessioni di una maschera #2

Più di un anno è ormai passato dal giorno in cui lanciai il numero zero di questa rubrica e ancora non ho ben capito quale significato dargli. In un remoto numero uno, scritto tra una sigaretta e l'altra mentre vivevo da profugo in un monolocale preso in affitto tra due traslochi, avevo anche permesso a qualche idea di farsi largo (avrei voluto raccontare qualcosa di tutte le case che mi hanno ospitato nel corso di una vita, per esempio), ma dopo tanto tempo, e dopo tanti progetti ventilati e mai realizzati, non so se è davvero il caso di continuare su quella strada.
Confessioni di una maschera rimane però uno spazio dedicato ai ricordi, con particolare attenzione a quelli più remoti, belli o brutti, che il tempo ha cancellato o rischia di cancellare.
Ed è quasi un caso che, giusto qualche giorno fa, frugando tra le mie vecchie cose di quand'ero ragazzino, è saltato fuori un vecchio disco. Un vecchio disco che ha riaperto una parte della memoria che avevo in tutti modi cercato di sigillare.

venerdì 8 marzo 2019

Flavia, eroina d'altri tempi

Un nuovo inaspettato capitolo di Obsploitation Rewind sbarca oggi in occasione dell’otto marzo,  riproponendo un articolo che era apparso, e non per caso, esattamente cinque anni fa, in questo stesso giorno, sul mio vecchio blog ormai da tempo dismesso.
In fondo, se non questa, non mi viene in mente altra occasione per andare a scrivere di un film che, sebbene oggi sia stato quasi dimenticato, può giustamente ergersi a simbolo dell’orgoglio femminile, incarnando quel dissenso verso ogni condizionamento repressivo, che oggi quasi tendiamo ad ignorare.
Tra l'altro il mondo non è cambiato molto negli ultimi cinque anni, così come non è cambiato molto negli ultimi cinque secoli. Riproporre quindi quella che ad alcuni potrebbe sembrare una "minestra riscaldata" è assolutamente coerente con la necessità di attirare attenzione a quanto ancora accade là fuori ogni giorno, nelle case e per le strade. Oggi come dieci, cento o mille anni fa. E se un giorno tutta questa disperata ricerca di simboli potesse perdere di significato, beh, quello sarà un bel giorno.
Da parte mia so benissimo che scrivere un post all'anno (o un post ogni cinque anni, come nel mio caso) è ridicolo. Tanto varrebbe far finta di niente e parlar d'altro, evitando in tal modo anche spiacevoli malintesi. Diciamo che, a scanso di equivoci, quella di oggi è una ricerca storica dedicata  a Flavia Gaetani, una donna e un’eroina del XV secolo di cui si è perso anche il ricordo, tanto è difficile, se non impossibile, trovarne qualche riferimento certo nel web.

domenica 3 marzo 2019

Il varco di Satana

Tra tante novità editoriali e tanti classici universali che avrei potuto recensire, oggi mi occuperò di un romanzo che è tutt’altro che una novità e che non è un classico neanche nel suo genere, tanto che il suo autore, Frank Dubrez Fawcett (1891-1968), originario di Driffield nello Yorkshire, non si è guadagnato nemmeno una voce di Wikipedia, neppure in quella del suo paese d'origine.
È anche vero che Fawcett non scelse mai un genere ben definito, passando con estrema scioltezza dalle hard-boiled gangster novels alle più romantiche avventure per ragazzi. Un particolare questo che forse lo ha un po’ penalizzato, così come certamente non ha favorito la sua notorietà la scelta di utilizzare una serie infinita di pseudonimi, tra cui Cass Borelli, Henri Dupres, Madame E Farra, "Griff", Eugene Glen, Duke Linton, Coolidge McCann, Elmer Eliot Saks, Ben Sarto e Hank Spencer (tra l’altro pseudonimi dietro i quali, nel corso del tempo, si sono alternati numerosi autori). Ma erano gli anni a cavallo della guerra e non deve stupire, vista la mentalità dell’epoca, che si preferisse rimanere nell’ombra, specialmente se chi versava lo stipendio, l’editore Edwin Henry Turvey, aveva sulle spalle una condanna a due anni per pubblicazione di letteratura definita “oscena”. (fonte)
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