sabato 31 ottobre 2020

Traditi dalla fretta #21

A causa di quella brutta storia personale che vi ho raccontato di recente, sono stato costretto a rivedere d'urgenza la programmazione del blog. Avevo progettato di chiudere il mese di ottobre con una nuova puntata di Orizzonti del Reale, per terminare una volta per tutte (o quasi) il lungo discorso su Timothy Leary, e con un post a tema Halloween, magari in concerto con altri blogger; avevo anche valutato la possibilità di estendere lo Speciale Phantasm del 2014 con un paio di nuovi post, nati dall'entusiasmo che mi è risalito leggendo lo speciale pubblicato da La Bara Volante nelle ultime settimane. 
Tutto questo non si è avverato ma, per quanto riguarda quelle cose su cui mi è ancora possibile intervenire, si tratta naturalmente solo di mettere in piedi una ripianificazione. Halloween ormai è praticamente andato e non ho tempo e voglia di mettermi a scrivere qualcosa in fretta e furia solo per arrivare puntuale a un appuntamento tutt'altro che necessario.
Molto meglio quindi uscire con una nuova puntata di "Traditi dalla fretta", visto che a livello di impegno porta via davvero molto poco.
La realtà è che mi era anche passata per la mente l'idea di chiudere il blog per qualche settimana, giusto il tempo di elaborare quest'ennesimo lutto, ma forse sarà più facile procedere normalmente, lasciar procedere la vita sui suoi binari e sperare che questo momento passi via. Fortunatamente ho qualche articolo nelle bozze che, con un'ultima rapida revisione, è già pronto per essere pubblicato. Ciò potrebbe permettermi di vivere di rendita per tutto il mese di novembre, cosa che però non vorrei fare così alla leggera, per poi magari ritrovarmi più avanti con lo stesso problema.

domenica 25 ottobre 2020

Ciao Patata

E così anche tu te ne sei andata, Pierina. E ci hai lasciati soli. E ora siamo veramente soli, soli in una casa che non è mai stata così vuota. Era rimasta la Dori quando se ne è andato Elvis, ed eri rimasta tu quando se ne è andata la Dori. Oggi non è rimasto nessuno a pierottolare per casa. Non è rimasto nulla se non le tue ciotole ormai vuote, nulla se non la tua lettiera ormai pulita, nulla se non i tuoi tanti sottopiera che non saranno più tali, ormai. Resta di te una piccola urna colma di ceneri, ma soprattutto resta il grande amore di cui queste quattro mura sono pregne, e che preservano il ricordo di tanti momenti passati insieme, dei tanti piccoli riti ai quali ci avevi abituati. Le levatacce della mattina alle cinque, quando reclamavi il tuo cibino fresco, perché quello nella ciotola era ormai tutto secco; le corse nel corridoio per andare svegliare la tua mamma, quando la colazione era in tavola anche per lei; le lunghe ore trascorse sul divano tutti assieme, o a tavola, con te che camminavi avanti e indietro sulla tovaglia. E i grattini della buonanotte, i grattini del buongiorno e del buon pomeriggio. 

lunedì 19 ottobre 2020

Cent'anni di ordinaria follia

Quando arrivai a Los Angeles trovai un alberghetto a buon mercato in una traversa di Hoover Street e rimasi a letto a bere. Ci rimasi per un po’, tre o quattro giorni. Non riuscivo a decidermi a dare un’occhiata alle offerte di lavoro. Non sopportavo l’idea di sedermi davanti a un uomo dietro una scrivania e dirgli che volevo un lavoro, che avevo i requisiti necessari. La vita mi faceva semplicemente orrore. Ero terrorizzato da quello che bisognava fare solo per mangiare, dormire e mettersi addosso qualche straccio. Così restavo a letto a bere. Quando bevi, il mondo è sempre là fuori che ti aspetta, ma per un po’ almeno non ti prende alla gola. (Charles Bukowski, Factotum) 

Magari non ci crederete, ma in quel lontano giorno del 2011 in cui Obsidian Mirror vide la luce, il sottoscritto si prese un impegno: il giorno in cui il vecchio Henry Charles "Hank" Bukowski, se fosse vivo, avrebbe compiuto 100 anni, avrei dovuto dedicargli un post. Ebbene, quel giorno era lo scorso 16 agosto e il sottoscritto, come sempre distratto, se n’è accorto solo quando era ormai troppo tardi per rimediare. Avrei potuto, certo, buttarmi a capofitto nella scrittura quella stessa sera, con l'incombenza dello scoccare della mezzanotte a tormentare la mia creatività, ma ho deciso di rinunciare e di prendermela comoda. Il vecchio Buck, compagno di sbronze e di tante serate solitarie occupate dalla lettura dei suoi racconti e delle sue poesie, mi avrebbe certamente perdonato. 

martedì 13 ottobre 2020

Orizzonti del reale (Pt.26)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Quello che dirò da ora in avanti sarà forse meno interessante, perché si tratta di fatti che più o meno potete trovare esposti sul web ovunque, anche in maggior dettaglio. Tuttavia, giacché sono arrivato fino a qui con la storia di Leary, credo che sia giusto anche portarla a termine. 
Dunque, prima di cominciare la panoramica delle sue opere, avevamo lasciato il nostro alle prese con la fine dell’esperimento Concord, con lo sfratto da Millbrook e con il lento ma inesorabile distacco dall’amico Richard Alpert. Ho già accennato all’arresto di Leary avvenuto a Millbrook durante un’incursione notturna dei federali nell’aprile del ’66, ma non fu quello il primo dei suoi guai con la legge. 
Nel 1965, di ritorno con la famiglia dal Messico, la sua macchina viene fermata alla frontiera e i doganieri trovano della marijuana addosso a sua figlia Susan. Leary viene incriminato e condannato a 30 anni di prigione, ma presenta un ricorso basato sulla presunta incostituzionalità del Marijuana Tax Act: vincerà la causa nel ‘69. 
Poco prima però, alla fine del ’68, viene arrestato di nuovo a Laguna Beach, in California, dove si è trasferito l’anno prima. Inizia un contenzioso legale che si conclude nel ’70 con la sua condanna a 10 anni di prigione per il possesso di due mozziconi di sigaretta di marijuana, cui in seguito vengono aggiunti altri 10 anni (dei 30 originari) per l’arresto del ‘65. 

mercoledì 7 ottobre 2020

A Garden Without Birds

Una decina di giorni fa, come avrete senz’altro notato, questo blog ha compromesso la sua anima dedicando, per la prima volta nella sua storia, tempo e spazio a una commedia italiana. È opportuno quindi recuperare un po’ di quella dannazione che ci spetta di diritto tornando a parlare di horror estremo. Contenti? 
L’asticella stavolta è anche posizionata piuttosto in alto rispetto ai miei standard: per dirla in due parole, siamo dalle parti di “Naked Blood” di Hisayasu Satō (recensito qui), ma con un regista che, a una prima impressione, parrebbe non essersi scomodato più di tanto nell’inventarsi una trama a sostegno delle immagini. Tutto sommato non sarebbe nemmeno una scelta sbagliata, se lo scopo del film non fosse altro che far affiorare un senso di schifo nello spettatore. Ma su questo punto torneremo prima della fine. Il mio consiglio, per voi che vi affrettate sempre a seguire i miei “consigli per gli acquisti”, è quello di tenere un sacchetto a portata di mano e utilizzarlo in caso di necessità. Un consiglio più onesto che dovrei darvi sarebbe in realtà quello di chiudere questa pagina web e tornare un’altra volta, anche se ciò renderebbe vano il mio lavoro. Your choice!

giovedì 1 ottobre 2020

Da donna a strega: lacrime e sangue (Pt.3)

Alexandre-denis Abel De Pujol
Sacrificio di Ifigenia, 1822, olio su tela 
L'INTRODUZIONE SI TROVA QUI
LA 1' PARTE DI LACRIME E SANGUE QUI

I sacrifici umani fanno parte della storia dell’umanità. C’è chi afferma che furono in effetti le forme più antiche di sacrificio, e che solo in seguito gli uomini siano stati sostituiti da un animale-totem (ucciso, anche se può sembrare paradossale, proprio perché sacro), da una pianta o da un cibo sacramentale che era considerato il corpo del dio. Certamente, come il mito di Ifigenia ci insegna, in varie epoche furono delle fanciulle vergini a venire prescelte per i sacrifici, tuttavia il mito del “dio morente”, sfrondato da tutti gli elementi inverosimili, testimonierebbe secondo Frazer di un tempo in cui i re venivano uccisi prima che il loro potere si indebolisse, di modo che il loro spirito potesse trasmigrare in un nuovo corpo quando era ancora nel pieno della potenza e del vigore.
Sappiamo che la ghirlanda, simbolo del primordiale cerchio magico, era usata per identificare gli animali da sacrificare: si indicava così che proprio quell’esemplare, e non altri, era il sacrificio “perfetto”. Privata delle foglie e dei petali, la ghirlanda non è altro che il cerchio metallico che cingeva la testa dei re: la corona. Ma anche le spose venivano incoronate e così, come ricorda anche Calasso, Ifigenia fu ingannata dal padre: ricevendo la corona pensava di sposarsi e veniva invece condotta sul luogo del sacrificio.
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