mercoledì 30 dicembre 2020

The Year The World Died

Avrebbero potuto analizzare e mettere su carta, nei minimi particolari, tutto quello che s’era fatto, s’era detto e s’era pensato; ma l’intimità del cuore, il cui lavorio è in gran parte un mistero anche per chi lo possiede, restava imprendibile. (George Orwell)

Ultimo post dell'anno e piccola occasione per tirare le somme e scambiarci gli auguri. Potrei stare qua per ore ad annoiarvi sproloquiando su come questo 2020 sia stato un anno particolare, a causa di tutto ciò che sappiamo, ma la realtà è che ce lo diciamo tutti gli anni e questa volta non è poi così diverso. Nell'ultimo post del 2019, tanto per citarne uno che ho ancora bene in mente, ringraziai tutti i santi (e i demoni, per par condicio) di questo mondo per aver messo fine a un anno che fu per me disgraziato. Mai avrei potuto immaginare di finire catapultato, dodici mesi più tardi, in quel folle futuro distopico che oggi è il nostro presente. Adesso dovrei forse maledire il 2020 e salutare con rinnovata speranza all'arrivo del 2021? Non avrebbe senso, visto che ormai dovrebbe essere chiaro a tutti  (ed è inutile pigliarci per il culo) che ciò che ci stiamo lasciando alle spalle è solo il primo anno di una nuova era per l'umanità.

giovedì 24 dicembre 2020

Non aprite quel regalo

Jennifer è felice: è a casa e si sta godendo tutti i regali che i suoi amici le hanno fatto per il suo compleanno. Per puro caso però scopre un pacchetto non ancora scartato. Quando lo aprirà, qualcosa nella notte le riserverà una sorpresa inattesa, tutt’altro che gradita. Girato in sole tre ore e mezza senza alcuna preparazione, “Happy Birthday” vede la diciannovenne Irene Sergi alla sua prima esperienza davanti alla macchina da presa. Un piccolo corto di quattro minuti e trenta che sicuramente non mancherà di inquietarvi. (Luigi Parisi).
Non è esattamente in tema natalizio, l'ultimo cortometraggio di Luigi Parisi, ma in un certo senso un po' si sposa con queste atmosfere fatte di luci colorate, festoni e pacchetti da aprire. Ecco perché ho colto l'occasione al volo per presentare proprio oggi, in (quasi) anteprima assoluta, questo simpatico lavoro. Oggi, vigilia del fatal giorno che, da tradizione millenaria, è dedicato all'apertura di pacchi, pacchetti e pacchettini, vi mando un invito alla prudenza: fate attenzione a quello che fate!

venerdì 18 dicembre 2020

Come fu che Houdini scrisse un racconto per il Weird Tales (Pt.2)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

«Il mio compito sarà mettere per iscritto la storia, aggiungendo ad essa alcuni dei miei elementi più macabri. Non so quanto potrò spingermi in là, perché a giudicare da un racconto di Houdini, che Henneberger mi ha mandato a titolo di esempio, mi pare che la sua intenzione sia quella di spacciare delle avventure degne del barone di Münchausen come vicende vissute. Basta una sola occhiata per rendersi conto che Houdini è una persona dall’ego smisurato. In ogni caso, credo di poter realizzare qualcosa di abbastanza scioccante…». 

Harry Houdini (1874–1926)
Lovecraft
sapeva benissimo ciò che i lettori cercavano in Houdini, e li accontentò lasciando inalterata l’ossatura proposta dal committente, ovvero quella di una vicenda in cui il l’eroe veniva attaccato, legato e gettato nei più profondi recessi di un tempio sotterraneo, dal quale egli si sarebbe in seguito agilmente liberato. 

sabato 12 dicembre 2020

Come fu che Houdini scrisse un racconto per il Weird Tales (Pt.1)

Weird Tales, maggio 1924
Nel 1924, i lettori di Weird Tales dovettero rimanere sorpresi nel leggere in copertina un nome che ben poco aveva a che fare con quelli che solitamente popolavano le pagine del loro magazine preferito. Harry Houdini, il celebre illusionista specializzato in fughe impossibili, aveva probabilmente mille qualità ma certamente non era un narratore, pensarono di certo in molti. E non avevano torto: abilissimo nel liberarsi da manette, catene, corde e camicie di forza, Houdini, quarto dei sette figli del rabbino ungherese Mayer Sámuel Weisz, non aveva di sicuro potuto ricevere un’istruzione adeguata, né a Budapest, città che lasciò giovanissimo, né ad Appleton, la città del Wisconsin che lo ebbe in adozione. 
Eppure, il suo nome compariva a caratteri cubitali su un buon numero di copertine di quell’annata. Il primo racconto, "The Spirit Fakers of Hermannstadt", serializzato in due parti, apparve sui numeri di marzo e aprile del 1924; il secondo, "The Hoax of the Spirit Lover", apparve sul medesimo numero di aprile. Com’era possibile? La verità è che, sebbene Harry Houdini avesse in effetti avuto un’istruzione approssimativa, era però un appassionato collezionista di libri, in gran parte ricevuti in eredità dal padre. Nel 1903, quando aveva solo ventinove anni, Houdini dichiarò di possedere "la più costosa collezione di libri sull'arte della magia" e, all’apice della sua carriera, affermò di dedicare alla sua professione solo cinque mesi all'anno, trascorrendo il resto del tempo rintanato nella sua biblioteca.

domenica 6 dicembre 2020

L'onda: la forza è disciplina

“Le masse sono abbagliate più facilmente da una grande bugia, che da una piccola. La loro abilità ricettiva è molto limitata, la comprensione è piccola e la  smemoratezza è grande. Essendo così, tutta la propaganda efficace deve essere limitata a pochissimi punti che a loro volta dovrebbero essere usati come slogan finché l’ultimo uomo sia capace di immaginare che cosa significhino tali parole.” (Adolf Hitler)

In origine vi fu un esperimento sociale che vide la luce nell'aprile  del 1967 alla Cubberley High School di Palo Alto, in California. In tale occasione un insegnante di storia, tale Ron Jones, provò a dimostrare con i fatti ciò che non era stato in grado di spiegare con le parole, ovvero come sia stato possibile che la popolazione tedesca non fosse al corrente di ciò che stava avvenendo attorno a sé negli anni del Nazismo. Il principio su cui si basa tale riflessione è che, come emerse al termine del secondo conflitto mondiale, sarebbe appunto stata la mancata consapevolezza delle derive del Nazionalsocialismo (che lo ricordiamo, si affermò negli anni Trenta attraverso libere e democratiche elezioni) a consentire a un folle psicopatico di prendere il potere e di assoggettare l'intera Europa ai suoi deliri di onnipotenza.

lunedì 30 novembre 2020

Confessioni di una maschera #7

Solo qualche settimana fa, scrivendo quel mio post dedicato al centesimo anniversario della nascita di Bukowski, mi lasciai andare al ricordo di quei tanti piccoli lavoretti malpagati che in un certo senso hanno rappresentato la mia iniziazione al "mondo dei grandi", al mondo di chi, come me (e non ero certo il solo), cercava oltre la porta di casa un modo per fare fronte alle proprie spese. Che poi non è che avessi così tante spese, a parte qualche disco, qualche libro, sporadicamente un ingresso al cinema o in discoteca, una birra se capitava e un poco di benzina ogni tanto. Detto così non sembra neanche poco, considerando che la paghetta settimanale era quella che era, ma con grande attenzione, eliminando il superfluo, riuscivo a sbarcare il lunario. Mi ero diplomato nell'estate del 1986, il militare ero riuscito a smarcarlo e ciò che si prospettava davanti a me era un periodo di noia totale nell'attesa del mitologico lavoro a tempo indeterminato. Quel periodo durò poco meno di due anni, ma a me sembrarono, e sembrano ancora quando ci penso, un'eternità. Eppure di cose incredibili ne ho fatte parecchie in quel lasso di tempo. E allora perché, mi dico, non provare a raccontarle nella rubrica “Confessioni di una Maschera”? E così eccomi qua.

martedì 24 novembre 2020

Figure nel salotto

Ho appena voltato l'ultima pagina di questo libro e mi precipito a scriverne di getto, come un fiume in piena che aspetta l'indispensabile sbocco sul mare, dopo la prossima ansa, o quella dopo ancora. Non so ancora dove mi porterà la tastiera di questo computer, ma battere freneticamente su questi tasti di plastica è un po' come far vibrare delle lamiere di acciaio, una specie di cerimoniale primitivo volto a far passare  il temporale, a costringere la natura a richiudersi a guscio su se stessa, placando i suoi ardori, ammansendosi e in un certo senso proteggendosi. 
Vi siete mai soffermati ad ammirare un quadro? No, non parlo di quelli esposti ai musei, eredità di artisti troppo grandi per essere retrocessi a oggetto di esperimento. Mi riferisco a quei quadri di autori in genere ignoti che facevano capolino sulle pareti delle abitazioni dei nostri genitori o dei nostri nonni, quadri insignificanti ma allo stesso tempo essenziali in quegli ambienti domestici così familiari. A casa mia, dei miei genitori, ce n'era uno, un paesaggio con case, una crosta di quelle che si trovano ai mercatini per quattro lire. Non era certamente un capolavoro, ma sicuramente l'anonimo pittore si era impegnato parecchio nell'arricchirlo di particolari, particolari sui quali io passato intere ore e mi ci perdevo, sognavo di entrare in quel paesaggio, di farne parte, di scoprire il mondo che c'era dietro ognuna di quelle minuscole finestre, di scoprire cosa si nascondesse dietro l'ultima ansa del fiume sullo sfondo, che piegava dietro una roccia e spariva alla vista con la complicità della cornice.

mercoledì 18 novembre 2020

Orizzonti del reale (Pt.28)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Se si eccettua una piccola parentesi letteraria e cinematografica che è già scritta e pronta per essere pubblicata, il mio omaggio a Leary doveva terminare la volta scorsa. Tuttavia, tempo fa il buon Etrusco mi ha fatto riflettere sul fatto che ad alcuni di voi potrebbe interessare sapere qualcosa di più sulla sua dipartita. La sua morte annunciata fu un vero e proprio avvenimento mediatico, l’ennesimo della sua vita: attesa, strombazzata, e infine falsata e usata per fare sensazionalismo. Ma andiamo con ordine.
Come detto la scorsa volta, Leary fu testimone della nascita della cultura cibernetica e ne fu entusiasta (il suo libro “Caos e cibercultura” del 1994 è piuttosto famoso); ciò che forse non tutti sanno è che egli non solo si interessò di realtà virtuale fondando una Software House (la Software House Futique Inc., che sviluppò tra gli altri il videogame Mind Mirror, oggi di pubblico dominio), ma fu uno dei promotori della fantascienza Cyberpunk e socio, dal 1988, di due organizzazioni criogeniche: fu la prima celebrità ad aderire alla Alcor (Alcor Life Extension Foundation), fondata nel 1972 e tuttora in attività, per poi passare alla CryoCare.

giovedì 12 novembre 2020

La ruggine ha l'odore del sangue

Kanji Nakajima. Tra quella schiera di film che potrei rivedere un milione di volte senza la certezza di aver afferrato la loro vera essenza, i suoi sono al primo posto. Il suo non è obiettivamente un cinema di facile comprensione, ma non si può dire che sia del tutto ermetico o, peggio, astruso, dunque la colpa dev’essere mia. Proverò comunque a riordinare i pensieri, a metterli nero su bianco perché anche voi, se già non lo conoscete, possiate apprezzare i lavori di questo grande e misconosciuto regista.
Tra i suoi primi due film, “Iron” (Fe, 1994) e “The box” (Hako, 2003), ci sono diversi punti in comune che un po’ tutti hanno notato; spesso, infatti, li ho visti recensiti assieme. Il primo di questi è che sarebbero entrambi parabole ecologiste, in cui la tecnologia si contrappone alla natura e apporta desolazione, ma ai miei occhi i paesaggi ibridi di Nakajima, in parte naturali e in parte artificiali, possiedono una propria strana bellezza.
Abbiamo, all’apparenza, due trame piuttosto semplici e con uno sviluppo breve. In “Iron”, ogni giorno un anziano pittore si sistema di fronte a una fabbrica allo scopo di realizzare il suo ultimo dipinto, e ogni giorno la sua tela rimane bianca. L’uomo attende infatti da tempo immemorabile un’epifania che gli restituisca l’ispirazione perduta.

venerdì 6 novembre 2020

Orizzonti del reale (Pt.27)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Secondo la versione ufficiale, il Bureau aveva già agenti dislocati in Afghanistan per investigare sul traffico di droga che la Confraternita conduceva nel paese (esportando acido e importando hashish), e stava tenendo d’occhio le carte di imbarco e di sbarco di tutti i cittadini americani, e fu così che scoprì la destinazione di Leary ben prima del suo arrivo. Il Bureau sapeva bene che poiché l’Afghanistan, come la Svizzera, non aveva mai firmato un trattato di estradizione con gli USA, se il fuggiasco fosse riuscito a sbarcare sul suolo afghano non avrebbe più potuto rimpatriarlo, perciò quando l’aereo atterrò all’aeroporto di Kabul prese in consegna Leary e la sua compagna mentre si trovavano ancora fisicamente a bordo; in seguito, proprio per via di questo escamotage, il suo avvocato parlerà di “sequestro” e cercherà inutilmente d’invalidare l’arresto. 
Secondo un’altra versione, i due riuscirono invece a sbarcare a Kabul, ma vennero presi in consegna da alcuni dipendenti dell’Ambasciata travestiti da agenti dell’immigrazione e portati in quello che dissero essere il quartier generale della polizia, dove gli vennero confiscati i passaporti. Confinato in un hotel con la compagna per alcuni giorni, Leary chiese l’assistenza di un legale e la restituzione dei passaporti, ma gli venne detto che questi erano ormai in possesso delle autorità americane e che la sua presenza nel paese non era gradita. 

sabato 31 ottobre 2020

Traditi dalla fretta #21

A causa di quella brutta storia personale che vi ho raccontato di recente, sono stato costretto a rivedere d'urgenza la programmazione del blog. Avevo progettato di chiudere il mese di ottobre con una nuova puntata di Orizzonti del Reale, per terminare una volta per tutte (o quasi) il lungo discorso su Timothy Leary, e con un post a tema Halloween, magari in concerto con altri blogger; avevo anche valutato la possibilità di estendere lo Speciale Phantasm del 2014 con un paio di nuovi post, nati dall'entusiasmo che mi è risalito leggendo lo speciale pubblicato da La Bara Volante nelle ultime settimane. 
Tutto questo non si è avverato ma, per quanto riguarda quelle cose su cui mi è ancora possibile intervenire, si tratta naturalmente solo di mettere in piedi una ripianificazione. Halloween ormai è praticamente andato e non ho tempo e voglia di mettermi a scrivere qualcosa in fretta e furia solo per arrivare puntuale a un appuntamento tutt'altro che necessario.
Molto meglio quindi uscire con una nuova puntata di "Traditi dalla fretta", visto che a livello di impegno porta via davvero molto poco.
La realtà è che mi era anche passata per la mente l'idea di chiudere il blog per qualche settimana, giusto il tempo di elaborare quest'ennesimo lutto, ma forse sarà più facile procedere normalmente, lasciar procedere la vita sui suoi binari e sperare che questo momento passi via. Fortunatamente ho qualche articolo nelle bozze che, con un'ultima rapida revisione, è già pronto per essere pubblicato. Ciò potrebbe permettermi di vivere di rendita per tutto il mese di novembre, cosa che però non vorrei fare così alla leggera, per poi magari ritrovarmi più avanti con lo stesso problema.

domenica 25 ottobre 2020

Ciao Patata

E così anche tu te ne sei andata, Pierina. E ci hai lasciati soli. E ora siamo veramente soli, soli in una casa che non è mai stata così vuota. Era rimasta la Dori quando se ne è andato Elvis, ed eri rimasta tu quando se ne è andata la Dori. Oggi non è rimasto nessuno a pierottolare per casa. Non è rimasto nulla se non le tue ciotole ormai vuote, nulla se non la tua lettiera ormai pulita, nulla se non i tuoi tanti sottopiera che non saranno più tali, ormai. Resta di te una piccola urna colma di ceneri, ma soprattutto resta il grande amore di cui queste quattro mura sono pregne, e che preservano il ricordo di tanti momenti passati insieme, dei tanti piccoli riti ai quali ci avevi abituati. Le levatacce della mattina alle cinque, quando reclamavi il tuo cibino fresco, perché quello nella ciotola era ormai tutto secco; le corse nel corridoio per andare svegliare la tua mamma, quando la colazione era in tavola anche per lei; le lunghe ore trascorse sul divano tutti assieme, o a tavola, con te che camminavi avanti e indietro sulla tovaglia. E i grattini della buonanotte, i grattini del buongiorno e del buon pomeriggio. 

lunedì 19 ottobre 2020

Cent'anni di ordinaria follia

Quando arrivai a Los Angeles trovai un alberghetto a buon mercato in una traversa di Hoover Street e rimasi a letto a bere. Ci rimasi per un po’, tre o quattro giorni. Non riuscivo a decidermi a dare un’occhiata alle offerte di lavoro. Non sopportavo l’idea di sedermi davanti a un uomo dietro una scrivania e dirgli che volevo un lavoro, che avevo i requisiti necessari. La vita mi faceva semplicemente orrore. Ero terrorizzato da quello che bisognava fare solo per mangiare, dormire e mettersi addosso qualche straccio. Così restavo a letto a bere. Quando bevi, il mondo è sempre là fuori che ti aspetta, ma per un po’ almeno non ti prende alla gola. (Charles Bukowski, Factotum) 

Magari non ci crederete, ma in quel lontano giorno del 2011 in cui Obsidian Mirror vide la luce, il sottoscritto si prese un impegno: il giorno in cui il vecchio Henry Charles "Hank" Bukowski, se fosse vivo, avrebbe compiuto 100 anni, avrei dovuto dedicargli un post. Ebbene, quel giorno era lo scorso 16 agosto e il sottoscritto, come sempre distratto, se n’è accorto solo quando era ormai troppo tardi per rimediare. Avrei potuto, certo, buttarmi a capofitto nella scrittura quella stessa sera, con l'incombenza dello scoccare della mezzanotte a tormentare la mia creatività, ma ho deciso di rinunciare e di prendermela comoda. Il vecchio Buck, compagno di sbronze e di tante serate solitarie occupate dalla lettura dei suoi racconti e delle sue poesie, mi avrebbe certamente perdonato. 

martedì 13 ottobre 2020

Orizzonti del reale (Pt.26)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Quello che dirò da ora in avanti sarà forse meno interessante, perché si tratta di fatti che più o meno potete trovare esposti sul web ovunque, anche in maggior dettaglio. Tuttavia, giacché sono arrivato fino a qui con la storia di Leary, credo che sia giusto anche portarla a termine. 
Dunque, prima di cominciare la panoramica delle sue opere, avevamo lasciato il nostro alle prese con la fine dell’esperimento Concord, con lo sfratto da Millbrook e con il lento ma inesorabile distacco dall’amico Richard Alpert. Ho già accennato all’arresto di Leary avvenuto a Millbrook durante un’incursione notturna dei federali nell’aprile del ’66, ma non fu quello il primo dei suoi guai con la legge. 
Nel 1965, di ritorno con la famiglia dal Messico, la sua macchina viene fermata alla frontiera e i doganieri trovano della marijuana addosso a sua figlia Susan. Leary viene incriminato e condannato a 30 anni di prigione, ma presenta un ricorso basato sulla presunta incostituzionalità del Marijuana Tax Act: vincerà la causa nel ‘69. 
Poco prima però, alla fine del ’68, viene arrestato di nuovo a Laguna Beach, in California, dove si è trasferito l’anno prima. Inizia un contenzioso legale che si conclude nel ’70 con la sua condanna a 10 anni di prigione per il possesso di due mozziconi di sigaretta di marijuana, cui in seguito vengono aggiunti altri 10 anni (dei 30 originari) per l’arresto del ‘65. 

mercoledì 7 ottobre 2020

A Garden Without Birds

Una decina di giorni fa, come avrete senz’altro notato, questo blog ha compromesso la sua anima dedicando, per la prima volta nella sua storia, tempo e spazio a una commedia italiana. È opportuno quindi recuperare un po’ di quella dannazione che ci spetta di diritto tornando a parlare di horror estremo. Contenti? 
L’asticella stavolta è anche posizionata piuttosto in alto rispetto ai miei standard: per dirla in due parole, siamo dalle parti di “Naked Blood” di Hisayasu Satō (recensito qui), ma con un regista che, a una prima impressione, parrebbe non essersi scomodato più di tanto nell’inventarsi una trama a sostegno delle immagini. Tutto sommato non sarebbe nemmeno una scelta sbagliata, se lo scopo del film non fosse altro che far affiorare un senso di schifo nello spettatore. Ma su questo punto torneremo prima della fine. Il mio consiglio, per voi che vi affrettate sempre a seguire i miei “consigli per gli acquisti”, è quello di tenere un sacchetto a portata di mano e utilizzarlo in caso di necessità. Un consiglio più onesto che dovrei darvi sarebbe in realtà quello di chiudere questa pagina web e tornare un’altra volta, anche se ciò renderebbe vano il mio lavoro. Your choice!

giovedì 1 ottobre 2020

Da donna a strega: lacrime e sangue (Pt.3)

Alexandre-denis Abel De Pujol
Sacrificio di Ifigenia, 1822, olio su tela 
L'INTRODUZIONE SI TROVA QUI
LA 1' PARTE DI LACRIME E SANGUE QUI

I sacrifici umani fanno parte della storia dell’umanità. C’è chi afferma che furono in effetti le forme più antiche di sacrificio, e che solo in seguito gli uomini siano stati sostituiti da un animale-totem (ucciso, anche se può sembrare paradossale, proprio perché sacro), da una pianta o da un cibo sacramentale che era considerato il corpo del dio. Certamente, come il mito di Ifigenia ci insegna, in varie epoche furono delle fanciulle vergini a venire prescelte per i sacrifici, tuttavia il mito del “dio morente”, sfrondato da tutti gli elementi inverosimili, testimonierebbe secondo Frazer di un tempo in cui i re venivano uccisi prima che il loro potere si indebolisse, di modo che il loro spirito potesse trasmigrare in un nuovo corpo quando era ancora nel pieno della potenza e del vigore.
Sappiamo che la ghirlanda, simbolo del primordiale cerchio magico, era usata per identificare gli animali da sacrificare: si indicava così che proprio quell’esemplare, e non altri, era il sacrificio “perfetto”. Privata delle foglie e dei petali, la ghirlanda non è altro che il cerchio metallico che cingeva la testa dei re: la corona. Ma anche le spose venivano incoronate e così, come ricorda anche Calasso, Ifigenia fu ingannata dal padre: ricevendo la corona pensava di sposarsi e veniva invece condotta sul luogo del sacrificio.

venerdì 25 settembre 2020

Pasquale Ametrano, migrante

C'hanno fregato le borchie? Eh, lo fanno, lo fanno... lo fanno! (cit.) 

Il giorno che mi hanno proposto di scrivere un pezzo su Ennio Morricone (*), il compositore come sapete recentemente scomparso, mi ha preso un po’ il panico. Conosco solo superficialmente la sua carriera e, come credo sia vero per molti, il tutto si riduce a quelle due o tre basi musicali di certi film western che hanno fatto la storia, ma dei quali non ho mai fatto una malattia. 
Di buona lena mi sono quindi messo a frugare su Wikipedia alla ricerca di un argomento da poter sviluppare senza dare eccessivo risalto alla mia ignoranza. Ecco quindi che, tra i mille film ai quali Morricone ha prestato il suo genio, ne ho trovato uno che conosco a menadito ma, nonostante ciò, totalmente inaspettato. 
Molti di voi saranno forse sorpresi dal veder pubblicato un post cinefilo che si discosta nettamente da quelli che vengono presentati qui. Niente horror, niente erotismo, niente roba estrema, niente film sconosciuti provenienti da paesi altrettanto sconosciuti che, mi si commenta talvolta, nessuno ha mai visto tranne me. 

sabato 19 settembre 2020

Confessioni di una maschera #6

Un nuovo episodio di “Confessioni di una Maschera” dopo quasi cinque mesi era quasi scontato. Quello che non è invece mai scontato in questa rubrica è il tema che di volta in volta si andrà ad affrontare. Denominatore comune sono però le “confessioni” citate nel titolo che, sebbene non possano essere rivelazioni apocalittiche (magari ne avessi!), sono comunque piccoli tasselli di quell’enorme mosaico che è stata la mia vita sino a ora, senza la presunzione che ci sia qualcosa di speciale che la distingua dalle altre. La normalità, piuttosto, o il tentativo di avvicinarmici, è stata tipica di questi miei (quanti sono?) “ventimila giorni sulla terra” (tanto per citare i versi di un celebre cantautore australiano). 

domenica 13 settembre 2020

Orizzonti del reale (Pt.25)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Nella sua vita Leary ebbe numerosi detrattori, ma il suo nemico numero uno furono i media. Molti degli attacchi che la stampa gli rivolse negli anni ’60 si basavano sul fatto che molti psichiatri provavano una vera avversione per LSD, mescalina e psilocibina; di conseguenza, la stampa definiva queste sostanze senza mezzi termini delle “armi biochimiche” in grado di scatenare sintomi psichiatrici più o meno gravi come ansia, depressione, confusione, paranoia, psicosi. A volte tuttavia erano attacchi più subdoli, perché il giornalista di turno riportava opinioni o commenti fuori contesto. In particolare, spesso s’insinuò che, a dispetto della sua immagine da istituto di ricerca “serio”, l’IFIF (International Federation for Internal Freedom) non fosse altro che una copertura per favorire il libero scambio di droghe. 
Nel 1966 l’IFIF cambiò nome in League for Spiritual Discovery (prestate attenzione all’acronimo!), e quando verso la fine dell’anno lo stato della California rese l’LSD illegale, dando il là ad altri stati che ne seguirono l’esempio, Leary ne chiese l’iscrizione all’elenco delle religioni organizzate dello stato di New York. Benché avesse dichiarato che non avrebbero ammesso nuovi membri oltre agli attuali 360, al grido di “Start your own religion!” (*) Leary invitò le persone a creare dei gruppi similari perché la libertà di culto garantita dalla legge gli consentisse di continuare a utilizzare l’LSD in qualità di “sacramento” della loro Chiesa. 

lunedì 7 settembre 2020

Il ragno del tempo

C’è una villa sull’Appennino bolognese, dalle geometrie inconsuete e dall’aspetto minaccioso e senziente. C’è un notaio, diverso da ciò che sembra e alla ricerca di qualcosa di perduto. C’è un'investigatrice, che preferirebbe occuparsi di altro ma che non può resistere al richiamo del pericolo. C’è un vecchio professore, che conosce troppe cose e che non vorrebbe saperne più nulla, solo dimenticare. E poi c’è qualcosa. Qualcosa che sta arrivando...

Settembre è il mese delle ripartenze. C'è chi torna a scuola, chi in ufficio, ma soprattutto settembre è il mese in cui ci si lascia alle spalle le distrazioni e si comincia a guardare tutto nelle prospettiva dei mesi a venire, spesso non troppo dissimili l'uno dall'altro, ma con in comune quella ripetitività che ci accompagnerà fino al giorno in cui si tireranno le somme di un altr'anno andato.
"Settembre è il mese del ripensamento sugli anni e sull'età", cantava il Grande Modenese, "Ti siedi e pensi e ricominci il gioco della tua identità, come scintille brucian nel tuo fuoco le possibilità".
Le possibilità occorre quindi concretizzarle sin da subito, perché altrimenti quel fuoco che presagisce l'autunno finisce per divorarle. Funziona così per chi pasticcia su un blog come il sottoscritto, e funziona così per chi, partendo da uno stesso foglio vuoto di Word, è in grado di creare invece qualcosa di buono.

martedì 1 settembre 2020

Traditi dalla fretta #20

Settembre è ormai giunto ed è già ora di una nuova puntata di "Traditi dalla fretta", tradizionale appuntamento bimestrale nel quale cerco di mettere ordine nella marea di appunti raccolti mentre mi sforzavo di occuparmi d'altro.
Vacanze, come avevo preannunciato la volta scorsa, non ce ne sono state, e nemmeno quei quindici miseri giorni di stacco dalle mie faccende quotidiane mi sono granché serviti per ricaricare le batterie.
Il problema vero del rimanere a Milano ad agosto è che dall'ufficio la gente ritiene che, tutto sommato, non sia così poi grave disturbare di tanto in tanto con una telefonata. Va bene, dico io, se la telefonata è una, ma quando il telefono squilla ogni due ore fino alle otto di sera, allora significa che quella che ritenevo essere la sacralità delle ferie è qualcosa che non conta più nulla.
"Tanto sei a casa, cosa ti costerà mai accendere un attimo il computer e verificare che il comunicato stampa che ci ha passato l'agenzia non contenga inesattezze o refusi". Una volta va bene, due va bene... il trentaduesimo si è beccato la sbroccata per tutti. E alla fine, guarda un po', quasi mi dispiace per lui. Anche perché poi lo so bene come fa l'agenzia a produrre i comunicati stampa: prende gli originali in inglese, li sbatte in Google Translate e quello che salta fuori lo manda per validazione. Loro vengono pagati e io riscrivo tutto daccapo, gratis, nei miei giorni di ferie.

mercoledì 26 agosto 2020

Orizzonti del reale (Pt.24)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Con le mie divagazioni e con la chiusa dello scorso post devo aver dato l’impressione che non ci sia più un granché da dire a proposito di “The Politics of Ecstasy”, ma in realtà non è così. Diciamo che pagina dopo pagina il libro diventa più scorrevole e dà l’occasione per fare qualche altra riflessione, il che richiederà il ricollegarsi (di nuovo) ad altri scritti di Leary. È il caso delle due interviste riportate nei capitoli 7 e 11, rilasciate nel 1966 a Playboy e al Realist e pubblicate nelle rispettive edizioni di settembre. 
A mio parere sono entrambe interessanti ma la prima delle due, per due motivi, è anche molto controversa. Il primo motivo riguarda il punto dove Leary definisce l’LSD, oltre che una sorta di panacea per impotenza e frigidità, una cura per l’omosessualità, all’apparenza basandosi su quanto detto da Allen Ginsberg a proposito del fatto di aver cambiato orientamento sessuale dopo aver preso a fare sedute regolari di LSD. Un’affermazione che resta lì, come incisa sulla pietra, ma che ebbe modo di rimangiarsi qualche anno più tardi. Prendiamo ad esempio ciò che scrisse, nel 1988, in “Musings on Human Metamorphoses”:

giovedì 20 agosto 2020

Insumasu o ouu Kage

In occasione del 130° anniversario della nascita del Gentiluomo di Providence, colui che come nessun altro riesce a rendere insonni le mie notti da trent'anni a questa parte, il blog solleva la serranda e apre ufficialmente il programma della nuova stagione.
Migliaia, come minimo, saranno i blog che oggi faranno lo stesso in tutto il mondo, dai blog specializzati nella letteratura fantastica ai blog generalisti, a conferma che l'eredità culturale che Howard Phillips Lovecraft, pace all'anima sua, ha lasciato alle nuove generazioni è immensa. 
Non credo serva spendere troppe parole sul personaggio, considerato che, oggi più che mai, la sua opera è divenuta oggetto di venerazione. E non credo nemmeno di sbagliami troppo se affermo che almeno uno dei suoi racconti sia presente nelle case di tutti, spesso in posizione strategica. Occorre però forse ricordare che quello sconosciuto gentiluomo del New England morì in solitudine, senza un soldo e quasi completamente ignorato dai suoi contemporanei. Ma erano evidentemente altri tempi, e il mondo allora non era ancora pronto a sopportare la sua particolare concezione dell'orrore, orrore che oggi amiamo definire "cosmico", non tanto perché caratterizzato da un intero pantheon di creature divine o semi-divine (terrestri, extraterrestri o extra-dimensionali) che regolano il suo universo fantastico, quanto per il carattere "universale" delle sue visioni.

martedì 21 luglio 2020

Gutterballs

Ogni estate, in questo periodo, arriva il momento di razzolare in fondo a un barile per vedere di recuperare qualche idea decente per la rassegna "Notte Horror", la più longeva iniziativa blogghesca che, ormai da sette anni a questa parte, infesta i palcoscenici virtuali di una ventina di blog qua intorno. 
Un manipolo di scappati di casa, ogni martedì sera, razzola nello stesso contenitore con risultati alterni, spostando l'attenzione ora su un film cult anni Settanta, ora su una tamarrata anni Ottanta. 
The Obsidian Mirror quest'anno cerca di sorpassare tutti da destra pescando qualcosa che va ben oltre la tamarrata fine a se stessa, e lo fa con la serenità di chi è consapevole che, per quanto ripugnante possa essere un film, ce ne sarà sempre uno, da qualche parte, che lo sarà di più.
Usare l'aggettivo ripugnante per “Gutterballs” (Canada, 2008) non è in realtà corretto: sarebbe stato molto più onesto da parte mia definirlo semplicemente "osceno" (scegliete voi quale sfumatura dare al termine), il che, a conti fatti, potrebbe essere stata effettivamente l'intenzione di Ryan Nicholson, specialista in make-up ed effetti speciali per produzioni anche importanti (“Final Destination”, “The Chronicles of Riddick”) ma con il pallino del cinema estremo, con il quale si è dilettato, nelle vesti di regista, fino alla sua prematura scomparsa, avvenuta solo pochi mesi fa alla risibile età di 47 anni.

mercoledì 15 luglio 2020

La porta sull'estate

Ci sarebbero svariati motivi per cui potrei consigliarvi di correre in edicola a comprare il numero di luglio 2020 di "Urania Collezione" prima che vada esaurito. Il primo ovvio motivo è che stiamo parlando di Robert Anson Heinlein, uno dei massimi protagonisti dell'età d'oro della fantascienza, vincitore di ben sette Premi Hugo con romanzi ormai divenuti classici del genere, quali "Stella doppia" (1956), "Fanteria dello spazio" (1959), "Straniero in terra straniera" (1961), e "La Luna è una severa maestra" (1966), titoli che qualsiasi appassionato di fantascienza dovrebbe, almeno teoricamente, aver letto e imparato a memoria. 
Il secondo motivo è che questa non solo è una nuova traduzione, ma (a quanto pare) è la prima tanto attesa edizione integrale che arriva in Italia, a quarant'anni di distanza da quell'ultima, ennesima versione sforbiciata del 1982. Non posso garantirvi che sia effettivamente così, non avendo ancora letto il mio ultimo acquisto, ma confrontandolo rapidamente con la mia vecchia storica copia dei "Classici della fantascienza", non posso fare a meno di notare quella trentina di pagine in più che, unite ad altri fattori quali il formato della pagina, diventano almeno il doppio (e lasciatemi dire che una sessantina di pagine su duecento sono davvero un bel po'). Prematuro è giudicare la nuova traduzione, quella che spazza via la traduzione storica di Beata Della Frattina, che, dalla fine degli anni Cinquanta a oggi, Mondadori ha riciclato almeno tre o quattro volte.

giovedì 9 luglio 2020

Nightmare at Elm Manor

Ancora qui a parlare di Dracula? Che palle, direte voi! Ma perché no? In fondo l’argomento, mi pare di aver già detto in uno dei tanti post che ho pubblicato dall’inizio di settembre a oggi, è praticamente inesauribile. In realtà, tecnicamente non è proprio Dracula il protagonista del post di oggi ma, credetemi, ci va dannatamente vicino. Partiamo comunque dall'inizio.
Sapete benissimo quanto io sia poco incline alla sintesi e, di conseguenza, mi capita spesso che da un semplice abbozzo di idea finisca per scrivere lunghi e tediosi articoli, sviluppandoli magari in cinque o sei parti per ovvie necessità di spazio. In questo caso, il rischio di trasformare il commento a un insignificante cortometraggio di cinque minuti in uno "Speciale" infinito dedicato all'opera del suo regista è stato, fino a pochi giorni fa, altissimo.
La fortuna (o il suo contrario) ha invece voluto che tutto ciò riuscisse a risolversi nello spazio limitato di questo singolo post, concedendomi però di tenere aperta una piccola possibilità di un (poco probabile) progetto futuro.
Parlando di fortuna (o del suo contrario) mi riferisco al fatto che poco o nulla del materiale girato da George Harrison Marks sia oggi rintracciabile in rete. Magari, e di questo sono consapevole, si tratta di un mio limite, e voi che passate di qua mi farete notare quanto scarso sia il mio acume investigativo. Converrete anche voi, d'altra parte, che è non è facile googlare il nome del regista senza finire, nove volte su dieci, su qualche sito dedicato al quasi omonimo scarafaggio di Liverpool.

venerdì 3 luglio 2020

Traditi dalla fretta #19

Mentre su New York calano le prime ombre della sera (cit.) una nuova puntata di "Traditi dalla fretta" provvederà a rinfrescare questa torrida settimana estiva nella quale ci siamo ritrovati quasi senza preavviso.
Da queste parti si continua ad alternare il lavoro agile con il classico lavoro elefantiaco, nella speranza (vana) che un giorno il primo possa prendere definitivamente il posto del secondo.
Niente vacanze quest'anno, a causa di alcuni imprevisti che mi sono piombati tra capo e collo. Cercherò perlomeno di mandare in vacanza il blog per qualche settimana ad agosto, cosa che faccio praticamente ogni anno.
Per essere precisi, visto che già da tempo mi sono preso degli impegni bloggheschi nelle date del 21 luglio e del 20 agosto, il periodo di chiusura di Obsidian Mirror ricadrà inevitabilmente tra quelle due date.
Altre iniziative arriveranno con l'autunno, ma è un pelino presto per palesarle, anche perché tutto cambia ad una velocità mostruosa e non vorrei portarmi sfiga da solo.
Una pausa quindi servirà per mettersi a produrre nuovo materiale per la nuova stagione senza l'angoscia di dover per forza pubblicare qualcosa il giorno dopo.

sabato 27 giugno 2020

Zaffiro e Acciaio

Giusto qualche giorno fa, nel corso di uno dei miei tanti annoiati cazzeggi sul social di Zuckerberg, inciampo su un'immagine che mi fa trasalire. Quella qui a lato, per la precisione. Non ricordo chi sia ad aver postato quella foto ma, in fondo, non è così importante.
Ciò che conta è che improvvisamente mi sono sentito proiettare indietro, attraverso quello che definirei un corridoio temporale, agli anni della mia infanzia.
Andavo alle scuole medie, per essere precisi, e ciò me lo conferma la data in cui quella serie televisiva britannica andò in onda su mamma RAI.
Strano a dirsi, ma in quarant'anni mai prima d'ora quel ricordo è mai riaffiorato. Quasi come se certe cose, più di altre, siano predisposte all'oblio.
Eppure, ripensandoci adesso, mi coglie la precisa sensazione che "Zaffiro e Acciaio" fosse quasi ancora più bella del coevo "Doctor Who" della BBC, una serie quest'ultima che ha avuto dalla sua la fortuna (o il potenziale, non discuto) di venire riproposta e perpetuata nel tempo tra remake e reboot, oltre ad aver ispirato un certo numero di altri prodotti televisivi.
Al contrario, "Zaffiro e Acciaio" (nell'originale "Sapphire and Steel") ebbe sin dall'inizio una storia tormentata: la sua stessa esistenza, fortemente voluta dai finanziatori della rete ATV, si deve in pratica alla semplice necessità di rompere le uova nel paniere alla concorrenza, il cui iconico viaggiatore del tempo inchiodava sistematicamente allo schermo l'intero paese.

domenica 21 giugno 2020

Il Re in Giallo rivelato (Pt.4)

Now, the Black Lake on whose bleak shores the sage soon reared his hut or hovel was in no wise like unto the other lakes to be found upon this world of Carcosa in the Hyades; for the waters thereof were dark as death and cold as the bitter spaces between the stars, and naught that was composed of simple flesh lived or could live in the gloomy and fetid Deeps thereof. And it is said that a cold and clammy mist drifted ever above the bitter waters of the Black Lake, as a shroud clings to a moldering corpse. And this mist swayed to and fro with the wheeling of the black stars and the strange moons of Carcosa, and they in the Immemorial City knew this as the “cloud waves.”. (Lin Carter, Carcosa Story about Hali, Pnakotic Fragments,1989) 

Avevamo già accennato tempo fa all'esistenza di alcuni frammenti legati agli Yellow Mythos che lo scrittore americano Lin Carter, padre di numerosi testi apocrifi ispirati all'universo heroic fantasy di Robert Ervin Howard, scrisse nell'arco di trent'anni.
Uno di questi frammenti, "The King In Yellow: A Tragedy in Verse", rielabora parte del testo di Blish in una forma in versi differente, rendendola al tempo stesso più poetica ed elegante. Il contenuto è in gran parte identico a quello proposto qui sul blog ma, per dovere di completezza, occorre riportarlo. Ricordo che le traduzioni sono mie e, per tale motivo, la metrica potrebbe non risultare perfetta.

lunedì 15 giugno 2020

Nuove riflessioni sulla Dinastia

«Hai letto The King in Yellow?». «L’ho letto tutto ad alta voce alla signora, e più di una volta. È il suo preferito». «È immorale, ed è peggio che immorale impregnare una simile decadenza con un fascino così irresistibile. Non riesco a capire come si sia potuto permettere che fosse pubblicato. L’autore doveva essere pazzo per mettere per iscritto questi pensieri.» «Eppure tu l’hai letto». Cassilda le fece posto sull’orlo del letto. «Il suo fascino è una tentazione troppo grande per resistervi. Volevo leggere ancora un po’ dopo che la signora Castaigne mi ha dato la buona notte». «Era il libro di Constance». Camilla si appoggiò ai cuscini vicinissima a lei. «Forse è per questo che Madame lo ama tanto». […]«Non è strano?» osservò. «Qui in questo dramma decadente leggiamo di Cassilda e Camilla». «Mi chiedo quanto noi due somigliamo a loro», rise Camilla. (Karl Edward Wagner, The River of Night's Dreaming, 1981) 
Si aprono indiscutibilmente nuovi scenari, a seguito della lettura del breve estratto da "More Light" di James Blish riportato la volta scorsa. Un nuovo personaggio è entrato in scena (due, se contiamo la fugace apparizione di Camilla), e ciò ci permette di fare alcune nuove considerazioni su quella mia vecchia teoria secondo la quale esistono due livelli di esistenza nell'enigmatico universo del Re in Giallo.

martedì 9 giugno 2020

Orizzonti del reale (Pt.23)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Le virtù del Dharma, dicevo in chiusura dello scorso articolo, si sono affievolite, e l’umanità brancola nel buio dell’ignoranza, della diffidenza, della corruzione e del declino spirituale. L’Induismo chiama l’era oscura che stiamo vivendo Kali Yuga. Se ho utilizzato questa immagine “orientaleggiante” è perché furono molte le personalità del tempo a mostrare interesse per l’Induismo e il Buddhismo. La più importante di queste fu senz’altro Richard Alpert. Durante il suo soggiorno in India, Alpert assunse un nuovo nome, con il quale nei decenni successivi divenne noto come uno dei più importanti maestri spirituali delle discipline orientali in Occidente: Ram Dass (cioè “servo di Dio).
Forse l’ho già accennato in precedenza, ma anche Leary si lasciò affascinare dall’Oriente e molta della sua teoria è ispirata a queste due religioni (sebbene considerasse il Buddhismo più una filosofia che una religione vera e propria, una posizione un po’ ingenerosa ma abbastanza diffusa). Per esempio, chi ha letto il post che ho dedicato a “Il Gran Sacerdote” sa che all’inizio di ogni capitolo del libro è riportato un esagramma tratto da I Ching, il Libro dei Mutamenti. Inoltre, non è difficile ricondurre la sua definizione di vita come “the game”, il gioco, al “lila” dei Veda, quello che cambia (e di parecchio) è il significato: il lila è l’universo come gioco, manifestazione divina, un’”azione senza azione” spontanea, senza tensioni o conflitti.

mercoledì 3 giugno 2020

Il Re in Giallo rivelato (Pt.3)

"Non ha senso parlare di originale. Quando troviamo diverse varianti della stessa storia, non c'è modo di sceglierne una e dichiararla come la vera, l'unica e la definitiva. Ogni racconto è l'anello in una catena, parte di un ciclo in evoluzione. Ogni nuova rappresentazione del mito è un nuovo originale. Allo stesso modo, mi sembra molto fuorviante prendere le storie di Lovecraft e i miti ad esso collegati e definirli originali, relegando Chambers a un semplice ispiratore e Derleth a un semplice imitatore. Ognuno ha la propria integrità, la propria priorità. Lovecraft, in buona sostanza, ebbe il suo momento sul palco, ma in seguito fu sostituito da nuovi attori altrettanto capaci." (Robert M. Price)

Ripartiamo da dove ci eravamo lasciati circa un anno fa, mese più, mese meno, quando il presente "saggio" sulla mitologia "in yellow", se mi passate il termine, si interruppe bruscamente. Ancora una volta mi vedo quindi costretto a fare un breve riassunto della situazione, ricordando, a beneficio del viandante occasionale, che questo lungo viaggio nei territori inesplorati del mito chambersiano ebbe inizio già nel lontano 2013, e che a quel primo post ne seguirono decine di altri. Non pretendo che il viandante si prenda la briga di andarsi a rileggere tutto, ma, per un minimo di infarinatura, sarebbe auspicabile almeno la lettura del mega-riassuntone che ho inserito in questa pagina statica

giovedì 28 maggio 2020

Orizzonti del reale (Pt.22)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Nel primo capitolo di “The Politics of Ecstasy”, “The Seven Tongues of God”, Leary afferma che fu la sua prima esperienza a Cuernavaca a fargli comprendere fino in fondo le infinite potenzialità del cervello umano, che i funghi sacri attivano a livello cellulare: la descrive come l’esperienza religiosa più profonda della sua vita, che gli permise di raggiungere vette mistiche paragonabili a quelle riportate dai santi e dai mistici, dagli sciamani e dai guaritori. Lui però, sebbene in molti l’abbiano definito un guru, non era un mistico né un santo, perciò affermò che aveva deciso di parlarne con il suo linguaggio e la sua esperienza da scienziato (vedremo poi, nel prossimo articolo, come questa premessa non si sia mai realizzata appieno, né in questa né in altre sue opere).
Non c’è alcuna contraddizione in questo. Se il ritratto delle religioni istituzionalizzate che esce dal libro non è dei migliori, la Psicanalisi e la Psichiatria non ne vengono fuori molto meglio; ma anche se, parole sue, religione e scienza si basano sulla paura e l’ignoranza dei “fedeli”, cui offrono con risposte parziali e spesso fallaci solo “distrazione, protezione illusoria, conforto narcotico”, entrambe in fondo non fanno altro che cercare di dare una risposta ai grandi quesiti esistenziali che l’uomo si pone dalla notte dei tempi; la religione con le sue diverse confessioni, e la scienza con le sue numerose branche che si propongono di sondare l’infinitamente grande, l’infinitamente piccolo e… l’Insondabile: Astronomia, Fisica, Cosmologia, Paleontologia, Biochimica, Genetica, Anatomia, Fisiologia, Neurologia, Epistemologia, Sociologia, Psicologia, Psichiatria, eccetera.

venerdì 22 maggio 2020

Vampiri!

Dopo nemmeno due mesi dall'ultima volta, torniamo a parlare di Luigi Parisi, l'uomo che ha reso possibile "Mirror Midnight", il cortometraggio horror uscito in anteprima qui sul blog lo scorso Halloween.
Torniamo a parlare di lui perché, da buon appassionato di genere, il buon Parisi non se l'è sentita di lasciare il suo pubblico a bocca asciutta in un periodo dove nessuno sa più distinguere la realtà a cui eravamo abituati dall'orrore in cui siamo piombati nemmeno tre mesi fa.
Ho quindi ancora una volta il privilegio di presentare, non dico in anteprima ma quasi, il suo nuovo lavoro, completato qualche giorno prima del lockdown e distribuito sui suoi canali social nelle scorse settimane.
Il soggetto è tra i più classici del cinema, forse uno dei pochi soggetti davvero intramontabili dal tempo in cui Murnau tracciò il solco ormai quasi un secolo fa e che, a ondate, ritorna ricorrente a terrorizzare le nostre serate svaccati davanti alla tivù o affondati nella poltrona di un cinematografo. Considerato che il cinema per un po' ce lo possiamo scordare e che la tivù non è l'ideale per un cortometraggio di cinque minuti, l'invito alla visione in questo caso avviene attraverso il blog, il che, tutto sommato, non è nemmeno così male.

sabato 16 maggio 2020

Traditi dalla fretta #18

Tantissime cose sono successe dall'ultima volta che questa piccola rubrica è apparsa sul blog. Viceversa nulla è cambiato in termini di lockdown: ero carcerato in casa allora e sono carcerato in casa adesso, seppure con il beneficio di qualche ora d'aria nel tardo pomeriggio, dopo il lavoro agile, per tenere calde le suole delle scarpe.
Non sto facendo i salti di gioia, ve lo assicuro, al pensiero che lunedì andrò in ufficio per la prima volta dal 9 marzo a questa parte, ma un piccolo respiro di "normalità" non può che farmi bene, sebbene la prospettiva di indossare una dannata mascherina dalla mattina alla sera non sia la maniera migliore per farlo.
Nel frattempo ci sono state le votazioni per il Premio Italia e lo zio Nick, come accade ormai abitualmente da cinque anni a questa parte, è meritatamente entrato a far parte della ristretta rosa dei cinque finalisti. Niente di nuovo sotto il sole, direi, visto che il nostro mitico vicino di blog ci ha ormai da tempo abituati a simili performance. Resta a questo punto solo da incrociare le dita e stare a vedere cosa succederà il prossimo 13 giugno, giorno in cui verranno rivelati i vincitori delle 19 diverse categorie.
In tale competizione "The Obsidian Mirror" ha raggiunto, nel frattempo, il suo miglior risultato di sempre, grazie a quei 22 voti che lo hanno scaraventato all'ottavo posto in classifica generale nella categoria "Pubblicazione amatoriale". Si naviga ancora ai margini del sistema stellare, ma questo blog, dalle forme volutamente ibride, non potrebbe davvero chiedere di più.

martedì 12 maggio 2020

Joseph S. Pulver, Sr. (1955-2020)

image (c) Yves Tourigny
Succede che apri gli occhi una mattina, butti l'occhio al tuo smartphone e ti accorgi che è arrivata la solita newsletter di Lovecraft eZine. Apri il messaggio mentre ti sei già infilato le ciabatte e stai affrontando il solito corridoio che ti conduce nella zona giorno e...
Lo scorso 25 aprile la giornata è iniziata con una notizia di quelle che non ti lasciano indifferenti: Joe Pulver se n'era andato. Era successo nel primo pomeriggio del giorno precedente, nella città di Berlino che lo aveva adottato una decina di anni fa. 
Avevo in mente di riprendere in maniera diversa la serie di articoli dedicati alla mitologia del Re in Giallo, ma il destino ha insistito perché mettessi da parte il materiale già programmato per far posto a questo breve e laconico post.
Temo che a molti di voi il nome di questo simpatico  personaggio dirà poco, ma è abbastanza normale che sia così se non siete "incagliati" come me nel suo lavoro. Per dirla in breve, Joe Pulver è stato, fino a poche settimane fa, il maggior esperto vivente del "Re in Giallo" e dintorni, avendo dedicato gran parte della sua carriera  di narratore e curatore ai "Mythos".

giovedì 7 maggio 2020

The Flu

No, tranquilli, non userò il termine "profezia" in questo post: primo perché ne ho abbastanza di tutti questi novelli Nostradamus che cercano lustro in questa apocalisse, e, secondo, perché di profetico in questo film coreano del 2013 c'è in realtà ben poco, a parte le mascherine sul naso. Ad ogni modo, se state cercando un film a tema pandemico con il quale trastullarvi sul divano, e avete già esaurito la visione degli ovvi "Incubo sulla città contaminata" e "La città verrà distrutta all'alba", non vi resta che rivolgere il vostro sguardo a Oriente, culla di ogni sana pandemia del nuovo millennio.
Certo, stavo riflettendo poco fa, di coreano in questo film c'è ben poco, al di là della location: se non fosse per un cast dai tratti somatici inequivocabilmente asiatici, "The Flu" avrebbe potuto benissimo essere scambiato per un prodotto della nuova Hollywood, talmente esagerati sono i suoi livelli adrenalinici. Ciò a dimostrazione del fatto che il cinema coreano, ma anche quello di altri paesi, può facilmente eguagliare Hollywood, o addirittura superarla, quando i mezzi e le idee lo permettono.

venerdì 1 maggio 2020

Confessioni di una maschera #5

Oggi è un giorno particolare, uno di quei giorni che capitano una sola volta nella vita e che, come immagino tutti voi, mi sarei augurato di trascorrere in maniera diversa. Ma non è del lockdown che voglio parlare, quanto del fatto che oggi è il primo maggio 2020 e, se mio padre fosse ancora vivo, oggi avrebbe festeggiato con la sua famiglia il suo 100° compleanno. Se ci penso mi vengono quasi le vertigini: un secolo intero!

Un  nuovo episodio di  “Confessioni di una Maschera”, qui sul blog, oggi era praticamente scontato. Non mi sono mai illuso che avrei potuto trascorrere con lui questo giorno; anzi, mio padre ha mancato questo appuntamento di molto: non è riuscito nemmeno ad assistere al passaggio dal vecchio all'attuale millennio, a voler essere precisi. Neanche mia mamma ce l'ha fatta, seppure per un pelo, ad arrivare a questo giorno. Peccato, avremmo potuto perlomeno lasciarci andare ai ricordi, io e lei. E magari sarebbe stata l'occasione per venire a conoscenza di momenti della vita di mio padre che oggi, me ne rendo conto, ancora non conosco. Mio padre non parlava mai molto di sé, preferiva tenersi dentro le cose anziché condividerle e quel poco che so di lui deriva da racconti di terze parti o da quei (rarissimi) momenti in cui, sfiancato dalle mie continue insistenze, allentava un po' la corda.

sabato 25 aprile 2020

Look Back In Anger (Pt.3)

Lucifer Rising (1972)
LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Il suo lavoro più controverso e uno dei meno apprezzati resta però Lucifer Rising non tanto (o non solo) per il tema, che per Anger non era nuovo, quanto per il contributo di Bobby Beausoleil. La genesi del film fu molto lunga e vale la pena raccontarla, perché è molto interessante: Anger cominciò a lavorarci già attorno al 1966 e scelse il giovane e allora sconosciuto Beausoleil per interpretare Lucifero e per realizzare la colonna sonora, ma la collaborazione si interruppe quando Anger lo accusò di aver sottratto gran parte del materiale girato fino ad allora quando lo aveva mollato per unirsi a Charles Manson
Beausoleil ha sempre respinto l’addebito, affermando invece che Anger aveva finito i soldi prima di terminare il film e si era inventato questa scusa per non doverlo spiegare ai propri finanziatori. Parte del girato superstite venne poi utilizzato per montare il successivo film di Anger, "Invocation of my demon brother".

lunedì 20 aprile 2020

Look Back In Anger (Pt.2)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Fireworks (1949) venne girato nell’arco di un solo fine settimana e fu il primo dei suoi film a godere di una vera distribuzione: Anger interpreta un ragazzo che, una notte, viene aggredito da un gruppo di marinai in licenza incontrati in un bar (nella realtà amici di Anger dei tempi in cui era arruolato in Marina) in quella che comincia come una brutale e degradante iniziazione al sesso e degenera in un efferato omicidio. 
La scena inizia in modo abbastanza rassicurante proprio all’interno del bar, dove è il protagonista ad abbordare un marinaio, ma una volta fuori di lì gli aggressori spuntano fuori dal buio. Il mattino dopo, il giovane si ritrova nel letto proprio il marinaio che aveva sognato, e resta quindi il dubbio di cosa sia successo in realtà.

mercoledì 15 aprile 2020

Look Back In Anger (Pt.1)

Kenneth Anger, al secolo Kenneth Wilbur Anglemyer, è stato (*) uno dei pionieri del cinema underground e della Controcultura, ma sono abbastanza certo che il suo nome dica poco o nulla perfino ai cinefili più incalliti e ciò nonostante il fatto che la sua tecnica di montaggio e l’uso del suono, che spazia dalla musica classica a quella pop, siano stati di ispirazione a numerosi registi ben più famosi.
Anger però mi interessa non solo nella veste di regista, ma anche in quella di esoterista e membro dell’Ordo Templi Orientis (OTO), l'organizzazione religiosa iniziatica fondata da Aleister Crowley attorno al 1895. La figura e le idee di Crowley hanno influenzato così profondamente l’uomo e l’artista che, nel 1955, Anger si recò perfino a Cefalù, in Sicilia, presso l’Abbazia di Thélema, dove restaurò i dipinti e le scenografie utilizzate da Crowley durante i riti che vi si svolgevano prima che le autorità italiane non decidessero di “sfrattare” il loro illustre inquilino. Il materiale fotografico gli servì per realizzare un documentario su Thélema per la televisione britannica che purtroppo in seguito andò perduto.

sabato 11 aprile 2020

C'era una volta lo "Speciale"...

C'era una volta lo "Speciale di aprile", appuntamento per lunghi anni ritenuto irrinunciabile che, nelle mie intenzioni, tentava di riunire due di quelle che erano (e sono) le mie più grandi passioni, il cinema e l’horror. Lo spunto iniziale era sempre stato quello di festeggiare in maniera, diciamo così, alternativa il compleanno del blog, occupandone gli spazi con un unico argomento, frutto di un lavoro mostruoso, dal primo all’ultimo giorno del mese.
Siamo ancora una volta giunti ad aprile e del "sospirato speciale" non v'è alcuna traccia. Segno dei tempi e della pandemia, si potrebbe pensare. La realtà, molto più semplice, è che ancora una volta quando avrei dovuto farlo non ho avuto tempo di mettere in pratica quel paio di idee che si trascinano nella mia testa ormai da diversi mesi. Nel frattempo "The Obsidian Mirror" è arrivato comunque lo stesso a spegnere la sua nona candelina e, in un modo o nell'altro, la ricorrenza va festeggiata. In qualche modo.
La realtà è che non ci resta molto altro da festeggiare, viste le circostanze. Domani è Pasqua, a quanto pare, vero? Me lo confermate? No, perché magari mi sbaglio. I giorni ormai sono così dannatamente tutti uguali. E no, non voglio scivolare nel solito discorso, non voglio mettermi anch'io a parlare di un agente patogeno il cui nome, solo fino a pochi mesi fa, richiamava alla mente solo una bevanda leggermente alcolica il cui sapore veniva esaltato da una scorza di limone incastrata nel collo della bottiglia. E soprattutto, non ho voglia di esprimere in questa sede opinioni sul "se sia giusto o meno" ciò che stiamo facendo. Tanto lo stiamo già facendo.
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