In occasione del 130° anniversario della nascita del Gentiluomo di Providence, colui che come nessun altro riesce a rendere insonni le mie notti da trent'anni a questa parte, il blog solleva la serranda e apre ufficialmente il programma della nuova stagione.
Migliaia, come minimo, saranno i blog che oggi faranno lo stesso in tutto il mondo, dai blog specializzati nella letteratura fantastica ai blog generalisti, a conferma che l'eredità culturale che Howard Phillips Lovecraft, pace all'anima sua, ha lasciato alle nuove generazioni è immensa.
Non credo serva spendere troppe parole sul personaggio, considerato che, oggi più che mai, la sua opera è divenuta oggetto di venerazione. E non credo nemmeno di sbagliami troppo se affermo che almeno uno dei suoi racconti sia presente nelle case di tutti, spesso in posizione strategica. Occorre però forse ricordare che quello sconosciuto gentiluomo del New England morì in solitudine, senza un soldo e quasi completamente ignorato dai suoi contemporanei. Ma erano evidentemente altri tempi, e il mondo allora non era ancora pronto a sopportare la sua particolare concezione dell'orrore, orrore che oggi amiamo definire "cosmico", non tanto perché caratterizzato da un intero pantheon di creature divine o semi-divine (terrestri, extraterrestri o extra-dimensionali) che regolano il suo universo fantastico, quanto per il carattere "universale" delle sue visioni.
Ed è proprio questo concetto di universalità che ha fatto in modo, molto spesso con imperdonabile ritardo, che quei semi amorevolmente interrati da Lovecraft un secolo addietro sbocciassero, fiorissero e si espandessero come la gramigna sulla superficie di questo bizzarro geoide, terzo in ordine di distanza dalla sua stella. E nella sua inarrestabile espansione, le caotiche visioni del Sognatore non poterono fare a meno di sostare in un paese che per certi versi molto somiglia a quello da lui immaginato: il Giappone.
Ed è proprio questo concetto di universalità che ha fatto in modo, molto spesso con imperdonabile ritardo, che quei semi amorevolmente interrati da Lovecraft un secolo addietro sbocciassero, fiorissero e si espandessero come la gramigna sulla superficie di questo bizzarro geoide, terzo in ordine di distanza dalla sua stella. E nella sua inarrestabile espansione, le caotiche visioni del Sognatore non poterono fare a meno di sostare in un paese che per certi versi molto somiglia a quello da lui immaginato: il Giappone.
Chi mi segue da anni sa bene che Giappone e Lovecraft sono due tra gli argomenti che più frequentemente sono apparsi su "Obsidian Mirror", ma questa è forse la prima volta che cerco di occuparmi di entrambi contemporaneamente. Una convergenza che potrà lasciare molti stupiti, ma vi assicuro che sono numerosi i punti di contatto tra le due cose. Qualcuno forse avrà notato delle vaghe similitudini, magari addebitandole al caso, tra la figura vagamente polipoide che risponde al nome di Cthulhu e alcuni disegni di Toshio Saeki (vedere qui), a loro volta ispirati a una celebre xilografia shunga di Hokusai intitolata "Il sogno della moglie del pescatore", raffigurante una donna abbandonata nell'estasi di un amplesso con due piovre, similitudine evidentemente già notata da Roger Corman, che la ripropose in una breve scena del film "The Dunwich Horror" (1970), adattamento cinematografico dell'omonimo racconto di Lovecraft, e che diede il via a un vero e proprio genere, il "tentacle rape" (lo stupro tentacolare) che raggiunse i suoi vertici con "La región salvaje" (2016) di Amat Escalante e soprattutto con "Possession" (1981) di Andrzej Zulawski.
Un accostamento, quello tra Giappone e Lovecraft, che non lascerà però stupiti coloro che come me hanno letto e apprezzato l'ottimo saggio di Gianluca Di Fratta ("Lovecraft e il Giappone", Editrice La Torre, 2018) che raccoglie una quantità pressoché infinita di elementi a sostegno dell'ipotesi lovecraftiana in numerose figure della cultura del Sol Levante.
Mi scuso sin d'ora se alcuni dei concetti espressi in questo articolo sembrano derivare dalla lettura di tale saggio, ma è chiaro come certe similitudini non possano sfuggire a un blogger attento a entrambe le questioni. Sono però costretto ad ammettere che è puro merito di Gianluca La Fratta se sono venuto a conoscenza dell'esistenza di uno dei rarissimi adattamenti cinematografici (anzi, televisivi) giapponesi di un racconto di Lovecraft, ovvero "Insumasu o ouu Kage" (インスマスを覆う影, The Shadow Over Innsmouth, 1992), che è poi come avrete capito il focus di oggi.
Premetto che quello che leggerete da qui in avanti è il frutto di un'impresa titanica, impresa nella quale mai prima d'ora avevo osato cimentarmi: elaborare qualcosa di scritto partendo dalla visione di un film disponibile esclusivamente in lingua giapponese senza sottotitoli di alcun tipo. Ho cercato disperatamente di recuperate dei sottotitoli: mi sarebbe bastato un file *.srt in una lingua qualsiasi, anche in aramaico, e avei potuto gettarlo in pasto a un traduttore automatico (non la soluzione ideale, ma sempre meglio che due dita negli occhi), ma... niente.
"Insumasu o ouu Kage" non è il tipo di prodotto che pare possa scatenare interesse nel pubblico occidentale e, se vogliamo dirla proprio tutta, anche localmente fu realizzato solo un riversamento su VHS di cui si trova ormai traccia solo frugando attentamente nelle vecchie botteghe del distretto di Akihabara. Fortunatamente, accorrono in mio aiuto due elementi: 1) la conoscenza del racconto di Lovecraft, letto innumerevoli volte nel corso degli anni e 2) questo sito dove il mediometraggio (sono solo 55 minuti) viene praticamente descritto fotogramma per fotogramma.
Protagonista della vicenda è un fotografo, il quale, frugando tra gli archivi del giornale per cui lavora, si imbatte in una vecchia fotografia scattata a Innsmouth nella quale è visibile un uomo dalle fattezze sinistre, lo stesso uomo, a quanto pare, da lui incontrato in precedenza per le strade di Tokyo. Con la scusa di indagare sul ritrovamento del cadavere decomposto di uno strano anfibio, parte uomo e parte pesce, riesce a farsi inviare sul posto dal suo datore di lavoro. Il resto è storia piuttosto nota: Innsmouth è una città di pescatori, piena di edifici fatiscenti e popolata da persone che camminano con un'andatura tremolante con "strane teste strette, nasi piatti e occhi sporgenti e fissi".
Numerose sono le variazioni rispetto al racconto originale, talmente numerose che mi sarebbe impossibile descriverle tutte senza annoiare. Spesso alcune scelte non avrebbero potuto che essere obbligate, considerata l'ambientazione giapponese. Mi chiedevo, già solo dopo pochi minuti dall'inizio della visione, come sarebbe stato possibile mettere in scena la fuga dall'albergo nel quale Robert Olmstead (*) alloggiava, con quelle numerose sequenze di porte sbarrate e sfondate, inimmaginabili in un'abitazione tradizionale giapponese. Non ce ne sarà bisogno, scoprirò poi, visto che gli abitanti di Innsmouth sembreranno più interessati alla ragazza che accompagna il protagonista che non a quest'ultimo, quasi come se conoscessero già in anticipo ciò che nel racconto di Lovecraft viene alla luce solo nel finale. A scanso di spoiler, posso solo dire che il finale è abbastanza aderente alla visione dello scrittore, mettendo lo spettatore di fronte a quell'orrore indicibile che in varie occasioni era stato solo suggerito. E ciò è estremamente positivo, visto che una scelta diversa avrebbe mandato completamente all'aria la ragione stessa dell'esistenza di "The Shadow over Innsmouth" (che rappresentava, al momento della sua stesura, la preoccupazione di Lovecraft nell'aver ereditato la propensione alla degenerazione fisica e mentale che portò alla morte i suoi genitori).
Chiaki J. Konaka (小中千昭 ), scrittore e sceneggiatore giapponese noto per essere il creatore di Digimon Tamers e Ultraman Gaia, si è dimostrato estremamente capace nell'adattare, con quattro soldi, un testo di tale spessore, tanto più se consideriamo il fatto che "l'orrore cosmico" mal si presta al cinema.
Mettendo da parte improbabili e costosi trucchi scenografici, Konaka si è limitato a delineare le sue creature giocando con luci e ombre, cercando per quanto possibile di riprendere i soggetti da lontano in modo che i dettagli del viso risultino sfocati e rendendone innaturale la posizione eretta o il comportamento. Non è un caso che Chiaki J. Konaka, assieme al regista Kiyoshi Kurosawa e all'animatore Akira Takahashi, sia oggi considerato il vero padre dell'estetica J-Horror.
Con questo, "Insumasu o ouu Kage" resta sempre un prodotto televisivo e come tale va preso e considerato. Non c'è da gridare al miracolo, così come non è mai stato possibile fare altrettanto, proprio per l'irrappresentabilità degli Old Ones, per qualunque adattamento cinematografico di un racconto di Lovecraft. Alla regola fanno forse eccezione "Re-Animator" (1985) di Stuart Gordon, una piccola anomalia anche nell'opera dello scrittore del New England, e "The Whisperer in Darkness" (2011) di Sean Branney, pellicola alla quale sono legato da passione di vecchia data.
Tutto il resto o quasi è robaccia exploitation di infima categoria, non esattamente degna di celebrare il 130° anniversario della nascita della figura più imponente della horror-fiction del XX secolo. La sua influenza oggi può essere percepita praticamente ovunque nella cultura pop, dai film ai fumetti, dalla televisione alla musica.
Ecco perché, come dicevo in apertura di articolo, migliaia saranno oggi i blog in tutto il mondo che dedicheranno il loro spazio digitale a Howard Phillips Lovecraft. Non posso, per ovvie ragioni, elencarli tutti, ma posso benissimo citare quelli a me più vicini, che al pari di Obsidian Mirror stanno festeggiando la ricorrenza con articoli, saggi, recensioni e disegni. In rigoroso ordine alfabetico: 30 anni di Aliens; Archivi di Uruk; Bara Volante; Citascacchi; Director's Cult; Duecento Pagine; Fumetti Etruschi; In Central Perk; IPMP; Letture pericolose; Non c'è paragone; Non Quel Marlowe; Pietro Saba World; Sicilianamente; Solaris; Storie da birreria; Zinefilo.
Protagonista della vicenda è un fotografo, il quale, frugando tra gli archivi del giornale per cui lavora, si imbatte in una vecchia fotografia scattata a Innsmouth nella quale è visibile un uomo dalle fattezze sinistre, lo stesso uomo, a quanto pare, da lui incontrato in precedenza per le strade di Tokyo. Con la scusa di indagare sul ritrovamento del cadavere decomposto di uno strano anfibio, parte uomo e parte pesce, riesce a farsi inviare sul posto dal suo datore di lavoro. Il resto è storia piuttosto nota: Innsmouth è una città di pescatori, piena di edifici fatiscenti e popolata da persone che camminano con un'andatura tremolante con "strane teste strette, nasi piatti e occhi sporgenti e fissi".
Numerose sono le variazioni rispetto al racconto originale, talmente numerose che mi sarebbe impossibile descriverle tutte senza annoiare. Spesso alcune scelte non avrebbero potuto che essere obbligate, considerata l'ambientazione giapponese. Mi chiedevo, già solo dopo pochi minuti dall'inizio della visione, come sarebbe stato possibile mettere in scena la fuga dall'albergo nel quale Robert Olmstead (*) alloggiava, con quelle numerose sequenze di porte sbarrate e sfondate, inimmaginabili in un'abitazione tradizionale giapponese. Non ce ne sarà bisogno, scoprirò poi, visto che gli abitanti di Innsmouth sembreranno più interessati alla ragazza che accompagna il protagonista che non a quest'ultimo, quasi come se conoscessero già in anticipo ciò che nel racconto di Lovecraft viene alla luce solo nel finale. A scanso di spoiler, posso solo dire che il finale è abbastanza aderente alla visione dello scrittore, mettendo lo spettatore di fronte a quell'orrore indicibile che in varie occasioni era stato solo suggerito. E ciò è estremamente positivo, visto che una scelta diversa avrebbe mandato completamente all'aria la ragione stessa dell'esistenza di "The Shadow over Innsmouth" (che rappresentava, al momento della sua stesura, la preoccupazione di Lovecraft nell'aver ereditato la propensione alla degenerazione fisica e mentale che portò alla morte i suoi genitori).
Chiaki J. Konaka (小中千昭 ), scrittore e sceneggiatore giapponese noto per essere il creatore di Digimon Tamers e Ultraman Gaia, si è dimostrato estremamente capace nell'adattare, con quattro soldi, un testo di tale spessore, tanto più se consideriamo il fatto che "l'orrore cosmico" mal si presta al cinema.
Mettendo da parte improbabili e costosi trucchi scenografici, Konaka si è limitato a delineare le sue creature giocando con luci e ombre, cercando per quanto possibile di riprendere i soggetti da lontano in modo che i dettagli del viso risultino sfocati e rendendone innaturale la posizione eretta o il comportamento. Non è un caso che Chiaki J. Konaka, assieme al regista Kiyoshi Kurosawa e all'animatore Akira Takahashi, sia oggi considerato il vero padre dell'estetica J-Horror.
Con questo, "Insumasu o ouu Kage" resta sempre un prodotto televisivo e come tale va preso e considerato. Non c'è da gridare al miracolo, così come non è mai stato possibile fare altrettanto, proprio per l'irrappresentabilità degli Old Ones, per qualunque adattamento cinematografico di un racconto di Lovecraft. Alla regola fanno forse eccezione "Re-Animator" (1985) di Stuart Gordon, una piccola anomalia anche nell'opera dello scrittore del New England, e "The Whisperer in Darkness" (2011) di Sean Branney, pellicola alla quale sono legato da passione di vecchia data.
Tutto il resto o quasi è robaccia exploitation di infima categoria, non esattamente degna di celebrare il 130° anniversario della nascita della figura più imponente della horror-fiction del XX secolo. La sua influenza oggi può essere percepita praticamente ovunque nella cultura pop, dai film ai fumetti, dalla televisione alla musica.
Ecco perché, come dicevo in apertura di articolo, migliaia saranno oggi i blog in tutto il mondo che dedicheranno il loro spazio digitale a Howard Phillips Lovecraft. Non posso, per ovvie ragioni, elencarli tutti, ma posso benissimo citare quelli a me più vicini, che al pari di Obsidian Mirror stanno festeggiando la ricorrenza con articoli, saggi, recensioni e disegni. In rigoroso ordine alfabetico: 30 anni di Aliens; Archivi di Uruk; Bara Volante; Citascacchi; Director's Cult; Duecento Pagine; Fumetti Etruschi; In Central Perk; IPMP; Letture pericolose; Non c'è paragone; Non Quel Marlowe; Pietro Saba World; Sicilianamente; Solaris; Storie da birreria; Zinefilo.
Bentornato!
RispondiEliminaGrazie per la segnalazione del film giapponese. Mi interesso da anni alle produzioni televisive giapponesi e devo sicuramente dare un'occhiata a questo.
Sfondi una porta aperta! Le produzioni televisive spesso sono un crogiolo di figate ed è un peccato che in rete si trovi pochissima roba servita con qualche sottotitolo. Ti consiglio anche le due serie tivù che hanno anticipato i film "The Ring" di Nakata (ne avevo parlato per esteso nel mio Speciale "Ghost in the Well" del 2016)
EliminaAmmazza cosa sei andato a pescare! Gran lavoro, complimenti.
RispondiEliminaNon era difficilissimo. Se provi a googlare Lovecrat+Giappone è sempre qui che vai a finire. Più raramente si cita "Marebito" di Takashi Shimizu, ma più che altro per le atmosfere.
EliminaUn po' crudele con gli altri film, se hai letto la mia recensione di Color Out of Space saprai, ovvero penso sia degno. Per quanto riguarda questo tuo post, non mi aspettavo che questo, ogni volta con te è un'esperienza ;)
RispondiEliminaCome ho scritto da te, proverò a dare una chance a "Color", nonostante Nicholas Cage che proprio faccio fatica a mandar giù. Se si rivelasse un capolavoro non basterebbe tuttavia a rendere la pillola globale più dolce. Ma d'altra parte HPL è in buona compagnia: nemmeno Stephen King è mai stato trattato benissimo sul grande schermo.
EliminaIndubbiamente girato con pochi soldi, si nota, però anche con mestiere e con modalità tipicamente nipponiche (esistono dei cliché cinematografici tipicamente giapponesi che magari a noi sembrano ingenui, tipo la caratterizzazione con make-up da teatro Kabuki del mostro di turno, o certe gestualità eccessive, che però non sono ingenuità ma, dal loro punto di vista, schemi visuali ben precisi. Accade qualcosa di simile nel cinema russo).
RispondiEliminaConfermo che sono schemi visuali ben precisi: nulla è lasciato al caso. Spero, tra l'altro, di tornare a parlare presto di Chiaki J. Konaka che in questo senso è una scoperta davvero entusiasmante.
EliminaArcipelago con una numerosa popolazione che si nutre in buona parte di pesce, il Giappone non poteva che essere colpito profondamente dalle sinistre rivelazioni di H.P. Lovecraft... Quanto al film purtroppo nel sito che hai linkato una delle parti è stata rimossa per problemi di copyright...
RispondiEliminaIl sito che ho linkato io lo vedo per metà (nel senso che leggo la parte testuale), probabilmente per via di qualche antivirus installato su questo computer che blocca i video. Se vuoi vederlo integralmente, seppur senza sottotitoli, lo trovi proprio qua sopra in fondo al post (mi ero dimenticato di scriverlo nel post per cui forse non si nota).
EliminaComplimenti [come sempre] per il lavoro di ricerca. Inutile dirlo, sono andata difilato sul blog a vedermi il mediometraggio XD
RispondiEliminaIl film rende benissimo l'orrore lovecraftiano, molto meglio di quanto siano state capaci certe produzioni occidentali. In fondo basta poco: qualche faretto verde sparato in faccia agli attori ed ecco che si tramutano magicamente in anfibi. Geniale!
EliminaPiù lontano effettivamente non potevo andare, se non su Yuggoth, dove pare che la sonda New Horizons abbia confermato tracce della presenza di miti di Cthulhu.
RispondiEliminaPeccato che non ci sia una traduzione italiana, comunque la relazione tra Giappone e Lovecraft sarebbe interessante dato che si sa poco di questo d'altra parte del globo, alcune creature o fantasmi giapponesi potrebbero, per quanto ne so, entrare a far parte di una storia di Lovecraft.
RispondiEliminaCerti aspetti, come detto, sono universali. Non è difficile trovare similitudini tra certi yokai giapponesi e le creature del pantheon lovecraftiano, ma tali similitudini sono dovute più al caso che ad altro. Fortemente volute sono invece alcune situazioni rintracciabili nella vasta produzione manga. Mi viene in mente Berserk, o certe opere di Junji Ito, ma sicuramente me ne sfuggono milioni di altre.
EliminaNella nostra televisione (e figurati al cinema) film di produzione orientale trovano raramente cittadinanza e spesso accade con rifacimenti statunitensi che non riescono a catturare ciò che l'originale ha di speciale - basti pensare a The Ring, Ju-on o Dark Waters.
RispondiEliminaForse i servizi di streaming, più propensi a battere nuove strade, potranno rimediare alla faccenda, anche se un film leggermente datato come questo potrebbe trovare difficoltà.
A ogni modo, non mi stupisce vedere nominato un anime come Digimon, dato che alcune serie di quel cartone presentano blande citazioni dal lavoro di Lovecraft o dei suoi epigoni - e questo mi fa tornare in mente anche una serie animata che non ho visto, in inglese Nyaruko: Crawling with love, in cui Nyarlathotep assume la forma di una ragazzina, Nyaruko-chan, assieme ad altri esseri lovecraftiani (una parodia scema, ma mi incuriosisce).
Persino in Sailor Moon, soprattutto nella terza serie, non è difficile intravvedere delle ispirazioni lovecraftiane... i miti di Cthulhu si abbinano bene con le particolarità delle produzioni giapponesi. ^^
Sono ormai vent'anni che scavo in rete alla ricerca di produzioni giapponesi e da allora lo scenario non è cambiato. I servizi di streaming a pagamento offrono sempre e solo le solite due o tre cose... Qualcosa di più offrono servizi come Youtube o Vimeo, o gli equivalenti russi o cinesi, ma poi si pone sempre il problema dei sottotitoli che non sempre, nemmeno attraverso quei due o tre siti specializzati, si riescono ad ottenere. Occorre tapparsi il naso e andare a cercare altrove, con il rischio di beccarsi qualche schifezza sul computer (rischio sopportabile se ci si dota di un muletto). Grazie per le citazioni "animate"! Quello è un mondo che non ho mai approfondito più di tanto.
EliminaI giapponesi sanno rappresentare l'irrapresentabile. È la loro natura: colgono gli aspetti essenziali e sottili delle cose e la rendono realtà. Obs grazie per questo evento, veramente. Sono felice di far parte di questa dannatissima e tenacissima fascia della blogsfera!
RispondiEliminaTrovano soluzioni facili a problemi complessi, si potrebbe dire. In tanti hanno cercato di adattare "La maschera di Innsmouth" con risultati spessi sconclusionati, eppure non è mai sembrata un'impresa straordinaria, perlomeno non rispetto alla complessità oggettiva di. altri racconti. Grazie a te per la partecipazione!
EliminaComplimenti davvero. I tuoi articoli, come sempre, sono dei piccoli saggi... io invece mi vergogno un po' per aver scritto un pezzo in fretta e furia, mi ero completamente dimenticato dell'evento. Però non volevo assolutamente mancare a questa celebrazione. Perchè il vecchio Lovecraft la meritava assolutamente!
RispondiEliminaSe l'hai scritto in fretta e furia, beh, tanto di cappello, visto che il risultato è un'analisi di grande lucidità e spessore (tra l'altro scegliendo un film che non aiuta molto in questo senso).
EliminaInteressantissimo, non sapevo che anche i Giapponesi avessero allungato le manine su Lovecraft *__*
RispondiEliminaDevo assolutamente recuperare tutto ciò di cui avete parlato in questa "fatidica" giornata!