Partire è un po’ come morire, si dice. E se questo è vero, è tanto più vero per i protagonisti-antagonisti di “Rogue Moon” (“Il satellite proibito”), romanzo dello scrittore Algis Budrys, finalista agli Hugo Awards nel 1961, che fu pubblicato in Italia nel nr. 29 della collana “Futuro” e nel nr. 174 della collana “Classici Urania”.
Non solo solito scrivere di fantascienza su questo blog. Anzi, a dire la verità non sono solito scrivere di letteratura (anche se ho avuto la pretesa di millantarlo là in alto, nel sottotitolo del blog). Beh no, in realtà qualche volta l’ho fatto, ma sicuramente non in maniera sistematica e, come salta evidentemente agli occhi di chi mi legge, in maniera tutt’altro che professionale rispetto a tanti altri blog tematici che ho visitato ultimamente. Proprio a causa delle mie recenti frequentazioni in tali blog, mi è salito l’irresistibile desiderio di recensire qualcosa. Oddio, forse recensire non è proprio il termine adatto. Diciamo piuttosto blaterare qualcosa a proposito di un libro. Un libro che tra l’altro non ho nemmeno letto di recente ma al quale, per una di quelle ragioni inspiegabili, non ho mai smesso di pensare.
Non so se userei la parola capolavoro per questo romanzo, ma posso dirvi che è stato capace di toccare delle corde dentro di me che altre opere, ben più blasonate, non sono riuscite a raggiungere. E’ singolare che ci sia riuscito un romanzo di fantascienza, genere troppo spesso un po’ sottovalutato.