Per il secondo anno di fila eccomi qui a parlare del festival del cinema di Locarno, sebbene la mia proverbiale reattività ha finito per fare uscire questo articolo con due mesi e mezzo di ritardo.
Sulla manifestazione in sé non ho nulla da dire, perché purtroppo ho visto ben poco: come l’anno scorso, potendomi fermare solo una notte la mia è stata una vera e propria toccata e fuga. E anche se da quanto ho letto è stata un’edizione sotto tono, vi confesso che un piccolo rimpianto ce l’ho, soprattutto perché dei due film che ho visto il primo è francamente da dimenticare. Non è però mia abitudine fare recensioni negative, quindi passerò direttamente a parlare del secondo, vale a dire “Il Nido” di Klaudia Reynicke, una coproduzione fra Svizzera e Italia, che è il vero oggetto di questo post.
Il film (girato in italiano) racconta la storia di Cora, neodiplomata che ritorna al paese natio (il borgo fittizio di Bucco, in Svizzera) per una sorta di “anno sabbatico” durante il quale darà una mano nell’attività di famiglia. Grazie all’incontro con Saverio, ritornato in paese dopo molti anni per vendere il rustico di famiglia e, forse, per cercare una tardiva vendetta, scoprirà un segreto che riguarda un crimine avvenuto in paese e rimasto occultato per ben quarant’anni. Questo film per me era francamente un punto interrogativo. Sulla carta la trama sembrava interessante, ma… un film coprodotto dalla Rai? Ce n’era abbastanza da farmi storcere il naso (lo so, sono prevenuto), ma per fortuna tutti i miei timori sono stati fugati a pochi minuti dall’inizio per merito di una storia interessante, di attori perfettamente in parte (alcuni, delle comparse, sono i veri abitanti del paese in cui è avvenuta la maggior parte delle riprese), di scenari allo stesso tempo meravigliosi e sinistri.
Sulla manifestazione in sé non ho nulla da dire, perché purtroppo ho visto ben poco: come l’anno scorso, potendomi fermare solo una notte la mia è stata una vera e propria toccata e fuga. E anche se da quanto ho letto è stata un’edizione sotto tono, vi confesso che un piccolo rimpianto ce l’ho, soprattutto perché dei due film che ho visto il primo è francamente da dimenticare. Non è però mia abitudine fare recensioni negative, quindi passerò direttamente a parlare del secondo, vale a dire “Il Nido” di Klaudia Reynicke, una coproduzione fra Svizzera e Italia, che è il vero oggetto di questo post.
Il film (girato in italiano) racconta la storia di Cora, neodiplomata che ritorna al paese natio (il borgo fittizio di Bucco, in Svizzera) per una sorta di “anno sabbatico” durante il quale darà una mano nell’attività di famiglia. Grazie all’incontro con Saverio, ritornato in paese dopo molti anni per vendere il rustico di famiglia e, forse, per cercare una tardiva vendetta, scoprirà un segreto che riguarda un crimine avvenuto in paese e rimasto occultato per ben quarant’anni. Questo film per me era francamente un punto interrogativo. Sulla carta la trama sembrava interessante, ma… un film coprodotto dalla Rai? Ce n’era abbastanza da farmi storcere il naso (lo so, sono prevenuto), ma per fortuna tutti i miei timori sono stati fugati a pochi minuti dall’inizio per merito di una storia interessante, di attori perfettamente in parte (alcuni, delle comparse, sono i veri abitanti del paese in cui è avvenuta la maggior parte delle riprese), di scenari allo stesso tempo meravigliosi e sinistri.