lunedì 30 marzo 2020

Making of... Mirror Midnight

Sono trascorsi ormai cinque mesi dal giorno in cui fece la sua première, in esclusiva su questo blog, il cortometraggio di Halloween "Mirror Midnight", diretto da Luigi Parisi sulla base di un soggetto scritto dal sottoscritto qualche anno prima. Come passa il tempo, mi verrebbe ora da dire se fossi un amante dell'ovvio.
Purtroppo le vicende della vita, che nel mio caso furono anche causa di una sospensione temporanea del blog, mi hanno costretto a trascurare faccende che, fino a pochi mesi fa, mi sembravano di importanza vitale. Tra queste, come avrete già capito leggendo il titolo, vi era l'idea di tornare  in tempi brevi sull'argomento "Mirror Midnight" e cercare di svelarne i segreti. Che ci crediate o no, l'idea non l'ho mai del tutto abbandonata, sebbene quei "tempi brevi" si siano inequivocabilmente trasformati in "tempi lunghi", ed eccoci quindi qui oggi per cercare di colmare quella lacuna.
Immagino che, dopo tutto il frantumamento di maroni che vi avevo fatto nelle settimane precedenti, abbiate tutti, chi per amicizia, chi per un sincero interesse, deciso di dedicare cinque minuti alla visione di "Mirror Midnight", vero? Se così non fosse stato, o se state capitando sul qui presente blog solo adesso, è questo il momento migliore per recuperarlo. Fatelo ora.

martedì 24 marzo 2020

Ikigami, annunci di morte

Viviamo in un periodo strano, uno di quei periodi che mai avremmo immaginato potessero realizzarsi. Costretti agli arresti domiciliari da un nemico invisibile, passiamo le nostre giornate a interrogarci se quanto sta accadendo là fuori sia davvero reale o se, al contrario, sia frutto della nostra immaginazione, o peggio il risultato di un qualche complotto ordito ai nostri danni da improbabili burattinai di regime. Qualunque sia la verità, per la prima volta nel corso della nostra esistenza siamo costretti in massa a fare qualcosa che non vogliamo fare. Tutto ciò non è nemmeno lontanamente paragonabile a ciò che i nostri nonni vissero ottant'anni fa, quando fuori dalle porte di casa fioccavano le bombe, anziché dei semplici starnuti, ma il clima di incertezza è probabilmente identico. Finirà? Non finirà? Quel che è certo è che ce ne stiamo chiusi in casa e, tra un'attività e l'altra, abbiamo la possibilità di recuperare letture che probabilmente sarebbero rimaste per chissà quanto tempo ad accumular polvere sugli scaffali. Molti di noi lavorano da casa, questo è vero, e la maggior parte del tempo i soliti impegni continuano a essere prioritari, ma l'innegabile vantaggio è che siamo riusciti a tagliare i tempi morti dei trasferimenti, che nel mio caso incidono parecchio.  

mercoledì 18 marzo 2020

Traditi dalla fretta #17

Mentre quest'ultimo maledetto inverno volge ormai alla sua conclusione, giunge il momento di un nuovo episodio di Traditi dalla fretta, rubrica vagamente bimestrale con la quale mi propongo di segnalare ciò che, nonostante i mille impegni quotidiani, è riuscito in qualche modo ad attirare la mia attenzione.
L'ultima volta che ci siamo incontrati in questo simpatico salottino delle novità, tuttavia, fu però ben altro ciò di cui avevo voglia di parlare. Ero nel bel mezzo, lo ricorderete, di uno periodi più devastanti della mia vita, e sebbene fossi felice di aver ritrovato la voglia di scrivere dopo il lutto che mi aveva colpito, ancora non sapevo che, nemmeno ventiquattro ore dopo quel post, sarei ripiombato in un nuovo incubo.
Altre settimane nel frattempo sono passate e, incrociando le dita, tutto ormai mi pare possa dirsi risolto al meglio. Certo, c'è sempre un virus cinese di cui dovrei preoccuparmi, ma non è il caso di fasciarmi la testa prima che si rompa. E non è nemmeno detto che debba rompersi, se si fanno le cose per bene, evitando di accalcarsi in stazioni ferroviarie, stadi di calcio e piste da sci. Per quanto mi riguarda non sto nemmeno uscendo di casa (come immagino stiano facendo molti di voi), avendo attivato da un paio di settimane la modalità "Smart Working". Ho solo il problema dell'approvvigionamento di sigarette e altri generi di prima necessità, ma tutto sommato credo di potercela fare. In fondo è come se ci fosse una apocalisse zombi, ma senza gli zombi.

giovedì 12 marzo 2020

L'esatta percezione

Non ho mai dedicato moltissimo spazio su questo blog, lo avrete senz'altro notato, ai giovani autori italiani. Se non fosse stato per il recentissimo articolo su Queho, che ha spezzato una tendenza che andava ad allungarsi in maniera preoccupante, l'ultima volta che me ne occupai fu un anno fa. E guarda caso, anche in quell'occasione ruppi il silenzio per presentare un'antologia personale targata Rill, nella fattispecie quella di Luigi Rinaldi.
Oggi mi occuperò invece di Andrea Viscusi, un nome decisamente interessante nel vasto panorama letterario di questi ultimi anni. Un nome che avrei voluto, se non dovuto, presentare anche in precedenza all'interno del blog: ma poi, a causa della mia incorreggibile pigrizia, come tante altre anche quell'idea è rimasta incompiuta.
Eppure di cose da dire sul primo esperimento di Viscusi nella dimensione romanzo ce ne sarebbero state parecchie. Mi riferisco, per la cronaca, a quel "Dimenticami, Trovami, Sognami" che aveva tanto fatto parlare di sé, in termini a dir poco entusiastici, al tempo della sua pubblicazione, ormai cinque anni fa. Non sono qui però per rivangare ciò che avrei potuto dire e fare, bensì per salutare con gioia il ritorno di Andrea Viscusi alla dimensione del racconto, a mio parere a lui più congeniale.

venerdì 6 marzo 2020

Invisibili: Pál Adrienn


«Ci sono tre livelli nel mio film. Il primo è l’indagine personale. Nei film, mi piace concentrarmi sulla vita interiore delle persone. I protagonisti sono in ogni inquadratura e io cerco di mostrare le loro emozioni attraverso la composizione dell’immagine. Così, mentre la storia progredisce, il lavoro della mdp diventa sempre più complesso e colorato. Il secondo livello riguarda il modo con cui lavora la memoria, che è relativo e soggettivo. La gente ha spesso ricordi diversi dello stesso momento. Infine, il terzo livello è uno sguardo sull’obesità. La protagonista è un’infermiera obesa che offre cure palliative in un ospedale. Per me, l’obesità rappresenta la tristezza. Questo si è visto anche durante il casting: la maggior parte delle donne che abbiamo incontrato avevano disturbi alimentari causati dalla depressione. Le persone obese sono spesso vittime di discriminazione e sono più sensibili verso i problemi degli altri. Infatti, molte delle donne che si sono presentate al casting lavoravano nel sociale. Credo che se arrivassimo a comprendere la molteplice natura della realtà, potremmo riuscire a dare meno importanza all’aspetto esteriore degli altri e allo stesso tempo accettare noi stessi con più facilità. Questo è quello che accade alla protagonista del film». (Ágnes Kocsis)
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