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Secondo la versione ufficiale, il Bureau aveva già agenti dislocati in Afghanistan per investigare sul traffico di droga che la Confraternita conduceva nel paese (esportando acido e importando hashish), e stava tenendo d’occhio le carte di imbarco e di sbarco di tutti i cittadini americani, e fu così che scoprì la destinazione di Leary ben prima del suo arrivo. Il Bureau sapeva bene che poiché l’Afghanistan, come la Svizzera, non aveva mai firmato un trattato di estradizione con gli USA, se il fuggiasco fosse riuscito a sbarcare sul suolo afghano non avrebbe più potuto rimpatriarlo, perciò quando l’aereo atterrò all’aeroporto di Kabul prese in consegna Leary e la sua compagna mentre si trovavano ancora fisicamente a bordo; in seguito, proprio per via di questo escamotage, il suo avvocato parlerà di “sequestro” e cercherà inutilmente d’invalidare l’arresto.
Secondo un’altra versione, i due riuscirono invece a sbarcare a Kabul, ma vennero presi in consegna da alcuni dipendenti dell’Ambasciata travestiti da agenti dell’immigrazione e portati in quello che dissero essere il quartier generale della polizia, dove gli vennero confiscati i passaporti. Confinato in un hotel con la compagna per alcuni giorni, Leary chiese l’assistenza di un legale e la restituzione dei passaporti, ma gli venne detto che questi erano ormai in possesso delle autorità americane e che la sua presenza nel paese non era gradita.
