lunedì 30 giugno 2014

Un'estate di terrore

Lo so, lo so, avevo promesso che me ne sarei stato tranquillo per un po', avevo promesso che il blog se ne sarebbe stato chiuso per ferie per qualche settimana, ma cosa volete farci, la dipendenza dal blogging e' una patologia ancora non ben riconosciuta e ben lontana dall'essere considerata come tale. 
Stavo giustappunto ca##eggiando su e giu' per il centro di Pigadia, capoluogo di questa incredibile Karpathos, dove sto smaltendo le fatiche dell'inverno, quando la visione di quest'internet cafe' non ha saputo lasciarmi indifferente.
E cosi' eccomi qui, a tamburellare su una tastiera greca dove mancano le vocali accentate e i tasti sono posizionati in angoli che non avrei mai detto. Il bello e' che ci sono anche le lettere greche su questa tastiera greca. Incredibile, no? 

Anyway, rompo il silenzio per lasciarvi il promemoria di un evento che sta per iniziare nella blogosfera, una piccola notizia che evidentemente non puo' attendere di essere diffusa, visto che stiamo parlando di domani.
Un gruppo di nostalgici blogger cinefili ha deciso di rilanciare un appuntamento che molti di voi forse ricorderanno, quello della "Notte Horror", quel mitico appuntamento televisivo che, negli anni Novanta (o giu' di li') tutti i martedi' sera su Italia1 costringeva noi appassionati a rimanere appiccicati allo schermo.
Quelle notti horror appartengono ormai al passato, ma nella calura di questa estate 2014 rivivranno, almeno in parte, su questo e altri blog.

Qui a lato potete consultare la locandina del programma che ci accompagnera' fino all'inizio di settembre. Il sottoscritto partecipa addirittura con tre film, uno qui su "Obsidian Mirror", due sul fratello minore "Obsploitation".
Il primo appuntamento e' gia' per domani sera alle 21 sul blog "Il giorno degli zombi" e, a seguire, alle 23, sul blog "Non c'e' paragone". Vi rimando da loro per il momento. Ora vado a riprendere quello che stavo facendo, vale a dire spiaggiarmi. 
A presto!

venerdì 20 giugno 2014

Θα σας δω τον Ιούλιο

Spoletium, 241 a.C.: sulle pendici del Monteluco, presso una curva del torrente Tessino, affluente del Maroggia, in posizione assai ridente per la chiostra di montagne verdeggianti che le fanno corona, un insediamento, le cui origini affondano nella preistoria, diviene colonia romana. Spoletium, 571 d.C.: strappata dai longobardi al dominio bizantino, la città diviene sede di un vasto e potente ducato. Spoletium, 1155 d.C.: la città, ancor florida e potente sebbene il ducato si avviasse alla decadenza, viene assalita e distrutta da Federico Barbarossa. Spoletium, 1775 d.C.: una bambina scompare in circostanze misteriose mentre, in quello stesso istante, un quadro appare improvvisamente su una delle pareti del soggiorno di una villa fuori città. Per entrambi gli avvenimenti, apparentemente slegati tra di loro, non viene trovata alcuna spiegazione. Resta indiscutibile la straordinaria somiglianza tra la bambina scomparsa e una figura al centro del dipinto. Spoleto 1975 d.C.: la città presenta un aspetto vetusto, con i suoi numerosi edifici medievali e del Rinascimento, le vie strette e tortuose, spesso a cordonata, e i numerosi cavalcavia. Il quadro è allo studio degli esperti. Una figura in bianco, apparentemente una bambina, cerca di sfuggire terrorizzata ad un gruppo di persone (contadini?) armate di falci e bastoni. Il suo sguardo è rivolto verso l’alto, in direzione di una seconda figura femminile, adulta, che precipita nel vuoto circondata dalle fiamme. Sovrasta l’intera scena una figura demoniaca, che si staglia, appena distinguibile se non fosse per il suo colore rosso fuoco, sulle nuvole sullo sfondo.

domenica 15 giugno 2014

Jezabel

Una donna entrò nella gabbia degli imputati. Nonostante il pallore, nonostante l'aria stanca e stravolta, era ancora bella; solo le palpebre, di forma squisita, erano sciupate dalle lacrime e la bocca aveva una piega amara, ma la donna sembrava giovane.
Quello riportato sopra è l’incipit di “Jezabel”, il romanzo che Irène Némirovsky pubblicò nel 1936, pochi anni appena prima della sua morte, avvenuta nel 1942 per tifo nel campo di concentramento di Auschwitz. Qui c'è già tutto ciò che serve per inquadrare la protagonista: una donna che “sembrava giovane”, una donna “ancora bella”. Le parole “giovane” e “bella” ricorreranno infinite volte nel romanzo, come un'ossessione, come un mantra. Perché di ossessione parla, fondamentalmente, questo libro.
Gladys Eysenach, la nostra Jezabel, ha ricevuto in dono da madre natura una bellezza perfetta e, come a volte accade alle persone troppo belle, ha basato la sua vita interamente su di essa.
Allungò le mani verso il fuoco, poi si alzò. Il pianoforte aveva il coperchio sollevato, e Gladys suonò qualche nota. Sì, la musica, la poesia, i libri... ma lei sapeva bene che erano solo un altro strumento di seduzione, perché anche il volto più bello può stancare, perdere di attrattiva in un momento di noia o di sazietà, ma sapeva pure che per lei, come per la maggior parte delle donne, musica, poesia e libri non significavano niente, non le davano niente... Qualche verso appassionato e melanconico, una bella frase musicale sono omaggi fatti all'uomo, a lui solo, e quando l'uomo se n'è andato non resta niente.

martedì 10 giugno 2014

Valhalla Rising (Pt.3)

A questo punto è giunto il momento di riepilogare cosa sappiamo di Odino. Primo, Odino è un dio che presiede alla guerra e alla caccia ma, poiché come detto sopra padroneggia i segreti delle rune, non deve sorprendere che sia associato anche alla poesia, alla magia e alla divinazione; è saggio e onnisciente e inoltre – questo è particolarmente interessante - viene considerato uno psicopompo, avrebbe cioè la funzione (propria  ad esempo di Hermes/Mercurio e di Osiride) di transitare i defunti nella residenza ultraterrena – il Valhalla, per l'appunto.  (Le analogie fra i due dei non finiscono qui, ma non voglio andare troppo fuori tema.)
Torniamo ora al nostro film. Il viaggio di One-Eye, Are e dei vichinghi, nella nebbia e tra gli stenti, ha tutte le caratteristiche della sovrannaturalità. È possibile che tutti i personaggi -  tranne, forse, Are - siano deceduti durante la traversata e che all'approdo si trovino non in un luogo reale, ma nell'aldilà. Un aldilà che ognuno di loro interpreta come può, in base all'evoluzione spirituale raggiunta in vita, un aldilà che sconcerta e spaventa: i guerrieri cristiani sono terrorizzati dall'inferno, mentre One-Eye accetta il proprio ruolo di demiurgo e si autoimmola. Wrath, ira, era una caratteristica di Odino, ed è anche il sentimento che inizialmente guida tutte le azioni di One-Eye. Il sentimento che lo tiene in vita. Poi però qualcosa cambia, e l'intravedersi di uno scopo nella sua esistenza stempera quest'ira, la annichila. Se One-Eye è Odino o una reincarnazione di Odino, allora quelle all'inizio del film sono premonizioni di qualcosa che gli accadrà poi ed ecco perché alla fine soccombe senza combattere: la lotta non ha senso perché lui non esiste più, è già morto. Al contrario di alcuni degli altri che continuano a brancolare nel buio, ne è consapevole. Intraprendendo quel viaggio ha già determinato il suo destino.

domenica 8 giugno 2014

Valhalla Rising (Pt.2)

Il film è diviso in sei capitoli che si chiamano Wrath, Silent warrior, Men of God, The Holy Land, Hell e The sacrifice dall'indubbia (soprattutto per gli ultimi tre) reminiscenza cristiana. Eppure, anche se il Valhalla viene spesso definito come l’inferno della mitologia norrena, i due concetti sono molto diversi. L’inferno cristiano è un luogo di punizione e di dolore, il Valhalla invece è la residenza ultraterrena degli einherjar (o einheriar), gli spiriti dei guerrieri morti eroicamente in battaglia, una vera e propria città nella quale essi attendono l’avvento del Ragnarök, la fine del mondo, al quale prenderanno parte schierandosi con Odino contro i suoi nemici. Perciò dire che il Valhalla corrisponde all'inferno cristiano è una forzatura, è il modo di trovare un equivalente ad un concetto familiare alla mentalità cristiana, forse un tentativo postumo (e inconscio?) di giustificare la“colonizzazione” religiosa della Scandinavia.
Già nel IX secolo la religione primigenia della Scandinavia, quella norrena, era in declino e veniva gradualmente sostituita dal cristianesimo. Sappiamo che la divinità più importante di questo pantheon era Woden, a noi noto con il nome di Odino. La leggenda narra che Odino offrì uno dei suoi occhi al gigante Mímir per poter bere dell'acqua dalla fonte che egli sorvegliava e ottenere così la saggezza e l'onniscienza. In base a quanto narrato nell'Hávamál, uno dei poemi facenti parte dell'Edda poetica, una parte consistente dell'antico Codex Regius islandese, Odino “il signore degli impiccati” restò invece crocifisso per nove giorni e nove notti all'albero cosmico:

venerdì 6 giugno 2014

Valhalla Rising (Pt.1)

In principio c'erano solo gli uomini e la natura. Gli uomini vennero portando le croci e sospinsero i pagani ai margini della terra.
Di “Valhalla Rising”, in retrospettiva, mi restano soprattutto le suggestioni visive e uditive così indissolubilmente legate agli stupendi paesaggi scozzesi che fanno da sfondo alla vicenda. Mi è successo, come poche volte in precedenza, di lasciarmi ipnotizzare da quella natura evocativa e dimenticarmi quasi del filo logico della storia, e anche di me stesso. Forse perché ci sono poche distrazioni a quel flusso di immagini così potenti, viscerali da reggere quasi interamente su di sé il peso del film. 
Uno dei motivi per i quali molte persone non hanno apprezzato “Valhalla Rising” è la quasi totale assenza di dialoghi e la cripticità di quei pochi, eppure a me, da spettatore, la scelta appare non solo logica, ma anche l'unica davvero possibile. Se io fossi un guerriero vichingo che lotta per sopravvivere in una società tribale, alla mercé di in una natura ostile, dubito che avrei molta voglia di dissertare di filosofia (o di parlare di qualsiasi altra cosa, se è per quello. Il freddo può essere un vero deterrente per la vita sociale). Perciò sì, di film come “Valhalla Rising” nel bene e nel male non se ne vedono molti, ma non sono d'accordo con chi lo giudica solo un pretenzioso esercizio di stile. La verità è che il tema scelto da Nicolas Winding Refn (regista del successivo (e un tantino sopravvalutato) “Drive”) è abbastanza insolito e i suoi sono vichinghi atipici, perciò chi si fosse aspettato un film alla “Beowulf” inevitabilmente sarà rimasto molto deluso. Le scene di lotta e d’azione sono poche e quelle poche, benché efficaci, sono sviluppate in modo lento ed onirico, un po’ come tutto il racconto, e nonostante questo “Valhalla Rising” trova un senso proprio nella battaglia, è un film su un viaggio del destino che è dall’inizio alla fine una lotta.

domenica 1 giugno 2014

Uno studio in giallo

"Che le nazioni si levino e alzino lo sguardo sul loro Re! Andai al mobiletto e prelevai dalla custodia lo splendido diadema. Indossai la veste di seta bianca con il ricamo del Segno Giallo e mi posi la corona sul capo. Alfine ero Re, Re in Hastur a pieno diritto, Re perché conoscevo il mistero delle Iadi e la mia mente aveva sondato le profondità  del lago di Hali. Ero Re!"  
Sono trascorsi un sacco di mesi dall’ultima volta che abbiamo parlato degli Yellow Mythos qui sul blog. Lunghi mesi che però non hanno impedito al sottoscritto di continuare a fantasticarci sopra, elaborando teorie, tentando collegamenti tra piccoli frammenti, spesso separati da enormi distanze in termini di tempo e di spazio. Credo di non aver mai incontrato prima d’ora un argomento di cui si conosce così poco e che appare essere così restio dal farsi conoscere. Va anche detto che in questi mesi, mentre io ero in pausa, ci sono stati gli episodi della serie televisiva True Detective che hanno contribuito, molto più del mio piccolo blog, a diffondere un briciolo di cultura “Yellow”… ma io non li ho ancora visti e probabilmente passerà un po’ di tempo prima che mi decida a farlo. Preferisco invece andare avanti per la mia strada come se non esistessero, ricominciando esattamente dal punto in cui mi ero interrotto.

Gli Yellow Mythos: c’è qualcuno che si ricorda da dove eravamo partiti? Riassumere in poche righe i post precedenti mi sembra eccessivo: vi invito pertanto a recuperare perlomeno il primo della serie, nel quale c’è scritto più o meno tutto ciò che è bene sappiate. Fatto? Ok, passiamo oltre. C’è invece qualcuno che si ricorda almeno dove eravamo arrivati? Nell’ultimo articolo avevamo affrontato alcuni spunti scaturiti da un racconto, scritto da Robert W. Chambers nel 1895, dal curioso titolo de “Il riparatore di reputazioni”; spunti che ci avevano portato a ritenere che fosse stato addirittura Oscar Wilde il primo vero, e probabilmente inconsapevole, creatore della mitologia “King in Yellow”. Tantissimi erano però i mondi che il racconto di Chambers aveva spalancato.
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