venerdì 26 aprile 2024

Fuori speciale: la dieta del marinaio

“Fuori speciale” è una serie di articoli che vengono scritti di getto nel periodo di pubblicazione dello speciale “La grande abbuffata”. Pur non essendone parte integrante, ciò che viene qui trattato ruota intorno all’argomento principale senza spezzarne il filo logico. Si tratta, in estrema sintesi, di piccoli approfondimenti che non hanno trovato posto nella struttura principale. “Fuori speciale”, in uscita tutti i venerdì, non è una lettura necessaria alla comprensione degli articoli de “La grande abbuffata” (che uscirà invece il lunedì), è viceversa una lettura che può essere ignorata o rimandata, a vostro piacimento. 

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Il cibo consolida il senso di appartenenza a una comunità, ristretta o allargata che sia: è come una carta d’identità che ci dice chi siamo e da dove veniamo”. Più o meno con queste parole avevo iniziato il post pubblicato lunedì scorso. Qui il discorso davvero potrebbe allungarsi a dismisura, e non è detto che prima del termine dello speciale ciò non succeda. Trovandomi a riflettere su quanto scritto mi sono chiesto se davvero ciò che mangiamo sia la cartina di tornasole di ciò che siamo o se lo sia, viceversa, di ciò che vogliamo (fingiamo) di essere. Non è forse vero che tutto quel proliferare di foto di piatti ricercati sui profili social non ha che l’unica finalità di fingere che l’eccezionale sia per noi la normalità?

lunedì 22 aprile 2024

La Grande Abbuffata: le grandi tavolate della tradizione (Pt.1)

Come già chiarito in precedenza, un cibo può essere definito tradizionale perché preparato secondo criteri religiosi, significando l’adesione a un codice di comportamento, che possiamo definire morale, che esprime la fede nel proprio Dio. Oggi, tuttavia, quando si parla di cibo tradizionale si intende di solito che per prepararlo si sono utilizzati solo ingredienti provenienti dal territorio di origine, che danno un gusto e una consistenza ben definiti, unici. 
Da bambini, il momento dei pasti rappresenta il modo di cementare i rapporti familiari, cosicché il cibo resta poi per tutta la vita un legame tangibile con il nostro vissuto: non solo con la famiglia, ma anche con il luogo di nascita e la storia personale; da adulti, la cena a due, magari in un costoso ristorante di grido, è spesso il preludio a un convegno amoroso. Per tutte queste ragioni, il cibo consolida il senso di appartenenza a una comunità, ristretta o allargata che sia: è come una carta d’identità che ci dice chi siamo e da dove veniamo. 

venerdì 19 aprile 2024

Fuori speciale: tutto è iniziato tanto tempo fa con la guerra del fuoco

“Fuori speciale” è una serie di articoli che vengono scritti di getto nel periodo di pubblicazione dello speciale “La grande abbuffata”. Pur non essendone parte integrante, ciò che viene qui trattato ruota intorno all’argomento principale senza spezzarne il filo logico. Si tratta, in estrema sintesi, di piccoli approfondimenti che non hanno trovato posto nella struttura principale. “Fuori speciale”, in uscita tutti i venerdì, non è una lettura necessaria alla comprensione degli articoli de “La grande abbuffata” (che uscirà invece il lunedì), è viceversa una lettura che può essere ignorata o rimandata, a vostro piacimento. 

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Il pezzo di oggi è da considerarsi una piccola digressione su quanto scritto en passant nell’articolo pubblicato lunedì scorso. Accennando al lavoro dell’antropologo francese Claude Lévi-Strauss, scrissi che l’atto di cuocere il cibo, di provenienza animale o vegetale che fosse, aveva affrancato l’uomo dalla natura e che la cottura aveva creato il solco tra la società primitiva a quella moderna
Occorre però sottolineare che l’uomo moderno è andato ben oltre il semplice affrancamento dalle rigide leggi della natura: oggi è in grado di poter disporre a piacimento sia del cibo necessario al suo sostentamento sia di quello in grado di soddisfare un piacere decisamente effimero come quello della gola. Tutto ciò grazie a un sistema che di naturale ha evidentemente ben poco. 

lunedì 15 aprile 2024

La Grande Abbuffata: verso nuovi orizzonti del reale

Quando ne parlai io, nel lontano 2016,
una traduzione in italiano di questo libro
ancora non esisteva (dannazione!)
Quando e come, ci stavamo chiedendo la volta scorsa, una necessità biologica è entrata a far parte di quell’eterogeneo agglomerato chiamato cultura? Va innanzitutto rilevato che per gli antichi cucinare era ben più che adempiere a un compito necessario a nutrire il proprio corpo, ma era un vero e proprio atto religioso: gli antropologi sono in gran parte concordi che in molti gruppi sociali fosse previsto un sacrificio cruento agli dèi (chiamato ”olocausto”) a cui seguiva un banchetto durante il quale l’animale vittima del sacrificio veniva consumato dai fedeli; è il caso dei riti misterici, come quelli eleusini, la religione dionisiaca o i baccanali, le feste dedicate a Bacco. In qualche momento della storia umana vi furono perfino pasti cannibalici, poiché a essere ucciso era un essere umano. E vi fu perfino chi ipotizzò che la figura di Cristo, il dio sacrificato per eccellenza, sia stato creato per sublimare (e occultare) una o più piante sacre che in tempi remoti erano state venerate come divinità, perché aprivano l’uomo alla conoscenza soprasensibile (Allegro docet). 
Si tratta di speculazioni oziose, naturalmente; nulla che possa essere provato. È però oltremodo curioso (sebbene i funghi ad esempio non si coltivino, ma casomai si colgono) che la parola latina colere significhi sia coltivare che onorare, venerare, a testimonianza del fatto che nell’area mediterranea l’agricoltura avesse un posto preminente tra le attività umane anche perché consentiva all’uomo di elevarsi sopra la condizione animale, piegando la natura ai suoi bisogni e garantendosi di non dover soffrire mai più la fame; in termini economici, aveva permesso di passare da un’economia di sussistenza a un’economia fondata sul processo produttivo. 

venerdì 12 aprile 2024

Fuori speciale: uno sguardo all'America con Nando Mericoni

“Fuori speciale” è una serie di articoli che vengono scritti di getto nel periodo di pubblicazione dello speciale “La grande abbuffata”. Pur non essendone parte integrante, ciò che viene qui trattato ruota intorno all’argomento principale senza spezzarne il filo logico. Si tratta, in estrema sintesi, di piccoli approfondimenti che non hanno trovato posto nella struttura principale. “Fuori speciale”, in uscita tutti i venerdì, non è una lettura necessaria alla comprensione degli articoli de “La grande abbuffata” (che usciranno invece il lunedì), è viceversa una lettura che può essere ignorata o rimandata, a vostro piacimento. 

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Ve l’aspettavate o non ve lo aspettavate? Quel che intendo dire è che, probabilmente, dopo l’articolo di venerdì scorso su uno dei film più celebri del grande Totò, un piccolo sospetto che saremmo piombati anche su Alberto Sordi a qualcuno sarà pure venuto. È anche vero, tuttavia, che di film italiani, specie se commedie, su questo blog non se ne sono mai visti molti (praticamente nessuno, direi), per cui sentir parlare qui oggi di uno dei film più “caciaroni” della nostra tradizione può risultare una sorpresa per molti. 

lunedì 8 aprile 2024

La Grande Abbuffata: sulla genesi dello speciale e altre cose

La scorsa settimana scrissi che la mia intenzione, dopo aver messo la parola fine allo Speciale Ju-On, era che mai più ci sarebbe stato qualcosa di simile su questo blog, perlomeno non qualcosa che richiedesse un impegno del genere. Ciò non significa che le idee, nel corso degli anni, mi siano mancate (da qualche parte ho anche un quaderno in cui ne ho annotate alcune), ma nessuna mi sembrava abbastanza buona da convincermi a partire. Un giorno poi è scattata una molla e da quel mucchio di idee accantonate una è saltata in cima alle altre e in men che non si dica (si fa per dire) si è concretizzata. Quella molla sono state due vicende di cui, purtroppo, si è molto discusso in rete. La prima è la morte a 42 anni di Omar Palermo, un ragazzo calabrese fondatore del canale YouTube “YouTubo Anche Io”, un canale con milioni di visualizzazioni, dove Omar (io ancora non lo sapevo) portava avanti dal 2018 una sfida col cibo, le cosiddette “food challenge”, ingurgitando una quantità spropositata di alimenti mentre nel privato, a quanto pare, lottava costantemente col peso. Omar è morto d’infarto, o come riportano altre fonti per soffocamento, il 18 agosto 2021. La seconda è la vicenda di Zhanna Samsonova, influencer di origine russa morta il 21 luglio 2023 per la debilitazione fisica causata dal suo regime alimentare estremo, una dieta crudista a base di verdura e frutta, per lo più durian e jackfruit, germogli e semi di girasole, completato da succhi vegetali al posto dell’acqua. Zhanna potrebbe essere morta di un’infezione simile al colera complicata dal suo precario stato di salute, come afferma sua madre, ma la causa ufficiale della morte ad oggi non è stata resa nota.

venerdì 5 aprile 2024

Fuori speciale: il ruolo degli spaghetti tra miseria e nobiltà

“Fuori speciale” è una serie di articoli che vengono scritti di getto nel periodo di pubblicazione dello speciale “La grande abbuffata”. Pur non essendone parte integrante, ciò che viene qui trattato ruota intorno all’argomento principale senza spezzarne il filo logico. Si tratta, in estrema sintesi, di piccoli approfondimenti che non hanno trovato posto nella struttura principale. “Fuori speciale”, in uscita tutti i venerdì, non è una lettura necessaria alla comprensione degli articoli de “La grande abbuffata” (che usciranno invece il lunedì), è viceversa una lettura che può essere ignorata o rimandata, a vostro piacimento. 

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Mentre inizio a scrivere questo articolo, non posso fare a mano di chiedermi se per caso non stia sopravvalutando le mie forze. L’idea malsana di scrivere praticamente in diretta un articolo è qualcosa che nemmeno nei momenti di maggior produttività del blog avrei potuto sostenere. Purtroppo, quando mi metto in testa un’idea è difficile scacciala via, e così eccomi qui a inaugurare questa serie di articoli extra-speciale che, come scritto nell’introduzione, è un side-project che vive contemporaneamente a “La grande abbuffata” senza sovrapporsi a esso. Mi sono dato però un limite: un’ora di tempo davanti al computer e non un secondo di più. E venga come viene. Non posso permettermi certo di fare il perfezionista e andare a cercare termini ricercati per produrre materiale che per sua stessa definizione è materiale “di scarto”, ovvero scartato dallo Speciale in fase di redazione. 

lunedì 1 aprile 2024

Speciale Food Movies 2024: che la grande abbuffata abbia inizio!

Quando, nel novembre 2022, misi la parola fine allo “Speciale Rancore”, incentrato sul franchise giapponese “Ju-On”, scrissi che mai più mi sarei avventurato di nuovo in un lavoro complesso e a tratti disumano come quello (e come quelli che lo hanno preceduto). Ovviamente mentivo, altrimenti non si spiegherebbe questo mio odierno incipit. A mia parziale discolpa, posso ora dire che mentivo in buona fede. Ero davvero deciso a non buttare via ulteriori montagne di ore, per non parlare delle notti insonni, con gli occhi su uno schermo e la scrivania piena di appunti, scritti rapidamente su foglietti di carta volanti e non. Un giorno poi è successo che ho cambiato idea. Quello che mi serviva era probabilmente solo un’idea abbastanza buona da meritarsi di essere sviluppata. È stato in pratica come accendere un interruttore: l’idea è arrivata e le dita hanno cominciato a muoversi sulla tastiera di questo computer. Già, ma quale idea? 

lunedì 25 marzo 2024

Rapporto sulla cecità (Pt.5)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Ma ora veniamo al cinema, visto che qualche citazione qua e là l’abbiamo già fatta. Va innanzitutto ricordata la trasposizione del capolavoro di Saramago: “Blindness - Cecità”, 2008, diretto da Fernando Meirelles. Il film è molto fedele al libro, e proprio per sottolineare l’universalità del tema trattato si svolge in un tempo e un luogo imprecisati. Il tema psicanalitico è invece alla base di “L'occhio che uccide” (“Peeping Tom”), 1960, ma non nel senso inteso da Freud: nel film di Michael Powell abbiamo un uomo a cui l’atto del guardare ricorda gli abusi subiti da bambino, quando il padre lo filmava in situazioni di stress e paura; come se la “vista” del padre avesse ucciso la sua innocenza, e la sua morale, l’uomo è ora un assassino che trasforma a sua volta il suo occhio (o meglio il suo surrogato, la cinepresa) in strumento di morte. Qui non si parla evidentemente di cecità in senso fisico, ma semmai di una sopraggiunta "cecità morale". "Musica nel buio" (1947) di Ingmar Bergman, “Minnesota Clay” (1964) di Sergio Corbucci e “La musica del silenzio” (2017) di Michael Radford (sulla vita del tenore Andrea Bocelli) sono esempi di film drammatici che hanno come tema la cecità, così come i due film tratti dal romanzo di Arpino menzionato di sfuggita nell’incipit della prima parte ("Profumo di donna", 1974, di Dino Risi e il suo remake, “Scent of a woman - Profumo di donna”, del 1992, di Martin Brest). 

lunedì 18 marzo 2024

Traditi dalla fretta #40

Siamo ormai quasi a Pasqua. I mesi volano che uno neanche se ne accorge. Sembra quasi incredibile che il blog stia proseguendo la sua corsa mentre da più parti arrivano segnali sempre più evidenti che questo modo di fare "social" sia ormai obsoleto, quasi un ricordo da chiudere in soffitta e buttar via la chiave. Il problema, se di problema si può parlare, è che non conosco altri modi per comunicare quello che mi piacerebbe comunicare, o perlomeno non ne conosco di altrettanto soddisfacenti. Qualche mese fa avevo aperto una pagina Instagram, che avrebbe dovuto supportare il blog o diventare a lungo termine la sua nuova casa, ma la verità è che non riesco a farmelo piacere. Non è una questione di piattaforma, questo lo so bene, quanto la conseguenza del mio appartenere a una generazione che del prendersela comoda ha fatto il suo marchio di fabbrica. 
Ecco perché il blog continua, e continuerà finché Google non chiuderà tutto o finché io non avrò più la forza, la mente, il fisico, la capacità di trovare il tempo e la voglia di scrivere. 
Siamo a due settimane dalla Pasqua, dicevo poc'anzi, e quest'anno la ricorrenza cristiana, seconda in ordine di importanza per chi la interpreta dal punto di vista consumistico, giunge in concomitanza con il primo giorno del mese di aprile, un mese che da queste parti è sempre stato ricco di iniziative, e non solo perché ad aprile cade il compleanno del blog (quest'anno spegniamo 13 candeline), ma anche per via di una vecchia tradizione che, ahimè, un pochino mi manca.
Ne parliamo meglio qui sotto, in questo piccolo contenitore bimestrale che ho chiamato "Traditi dalla fretta".

lunedì 11 marzo 2024

Rapporto sulla cecità (Pt.4)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Altra opera letteraria imprescindibile quando si affronta l’argomento cecità è “L'uomo della sabbia” (“Der Sandmann”) di E.T.A. Hoffmann, del 1815. Si tratta di un racconto così angosciante che Sigmund Freud ne fece materia di studio, citandolo nel suo saggio del 1919 “Il perturbante” (“Das Unheimliche”). Vi si narra della follia che s’impadronisce del giovane Nathanael a seguito di alcune vicende che ruotano attorno a Coppelius, un avvocato amico di suo padre. Nathanael conserva il ricordo di uno spauracchio che la madre evocava per convincerlo ad andare a dormire: quello dell'uomo della sabbia (o mago Sabbiolino), che strappava gli occhi ai bambini che restavano svegli e li dava da mangiare ai suoi figli, delle specie di gufi antropomorfi. Avendo Coppelius minacciato il bambino di bruciargli gli occhi con delle braci incandescenti, lui si era convinto che fosse l'incarnazione dell’uomo della sabbia. 
Dopo questo episodio Coppelius scompare all’improvviso e sembra ricomparire anni dopo, quando Nathanael è ormai adulto, sotto l’identità dell’ottico piemontese Giuseppe Coppola. Un giorno, Nathanael vede una donna con i bulbi oculari estirpati (in realtà si tratta di un automa meccanico, ma lui lo scopre solo più tardi) e l’orrore lo sommerge. La trama è molto complicata da spiegare nel dettaglio e sarebbe anche un peccato farlo, ma, in breve, Nathanael impazzisce quando i suoi incubi infantili sembrano prendere forma. 

lunedì 4 marzo 2024

Dachra

Mi accingo alla visione di Dachra essenzialmente per un motivo: la sua provenienza. Mi intriga parecchio l’idea di accomodarmi sul divano, specialmente in una sera in cui, una volta tanto, non sono devastato dalla stanchezza, per assistere al primo horror tunisino della mia lunga carriera di appassionato del genere. Non ho alcuna idea di cosa mi attenda, anche se, in un angolo della mia testa, quell’assonanza con il titolo del celebre romanzo di Bram Stoker mi fa sospettare l’ennesimo adattamento della solita storia. Errore gravissimo, perché qui di vampiri non c’è alcuna traccia e quell’assonanza, scoprirò in seguito, è soltanto casuale. 
Meglio così, forse; anzi, sto per assistere a un horror che affonda le sue radici nel folclore più sconosciuto del paese nordafricano. Non sarebbe affatto male, rifletto, visto che ne so così poco di folclore che non sia europeo o, al limite, asiatico. 
Premo quindi il tasto play con tale grande speranza. È solo quella rapida scritta che appare sullo schermo dopo un minuto, e che mi consegna l’abusato slogan “basato su una storia vera”, che mi fa temere un secondo errore di valutazione. Due ore più tardi, mentre con un occhio già abbondantemente chiuso mi sollevo dal divano, mi sorprendo a ragionare su ciò a cui ho appena assistito. 

lunedì 26 febbraio 2024

Rapporto sulla cecità (Pt.3)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Un ribaltamento della prospettiva pare averlo operato anche la letteratura moderna rispetto a quella classica, almeno a giudicare dagli esempi proposti qui sopra, anche se non ne so a sufficienza per poterlo dire con certezza; a ben vedere, comunque, a grandi linee parlano di cecità anche quei racconti distopici, come “1984” (“Nineteen Eighty-Four”, 1949) di George Orwell, che utilizzano il concetto dell’occhio invisibile per parlare della sorveglianza di massa, della repressione e della propaganda nei regimi totalitari, assurto poi a metafora di quanto esprime il potere nella società contemporanea, perché deputare una vista illimitata a un “Grande Fratello”, cioè all'élite come ingannevole surrogato della collettività, significa in fondo sottrarla al singolo, condannandolo a qualcosa di molto simile alla cecità. 
Del resto, Orwell prese ispirazione dal Panopticon, il carcere circolare ideato alla fine del ‘700 da Jeremy Bentham, e il nome Panopticon, letteralmente “l'occhio che tutto vede”, deve il suo nome ad Argo Panoptes (Ἄργος Πανόπτης”), una creatura della mitologia greca che aveva molti occhi sparsi sul corpo (secondo Ovidio, addirittura cento), grazie ai quali non doveva mai dormire... 

lunedì 19 febbraio 2024

Nebraska

Lo ammetto, ho approcciato questo film per un motivo decisamente infantile: il titolo. Un titolo che associo, per mia forma mentis, all’omonimo album di Bruce Springsteen, sottovalutato capolavoro folk registrato con il solo l’ausilio di armonica e chitarra acustica, e fondamentale, all’interno della sua discografia, per il suo fare da spartiacque tra il “working class hero” che era lo Springsteen delle origini e il rocker mainstream in cui egli si trasformò negli anni successivi. 
Anche la promessa del bianco e nero, con il quale è stato girato questo film, ha un collegamento con l’album, quell’emozionante bianco e nero che il boss scelse per copertina del disco come ideale sfondo per storie cupe, di dolore, morte e solitudine viste attraverso la lente delle piccole città rurali del Midwest americano. Ecco, si tratta di uno dei rari casi in cui si può dire, senza timore di essere smentiti, che un libro (un album, in questo caso, e, per estensione, un film) si può giudicare dalla sua copertina: storie che ci portano nelle grandi pianure, verso una terra promessa che è sì lontana, ma non pare così irraggiungibile. Sono storie di persone che hanno perso tutto, anche la propria anima, persone tradite dalla natura illusoria del "sogno americano”, con qua e là lampi di speranza che brillano come squarci tra le nuvole, per poi troppo spesso finire inghiottite da una pioggia battente. 

lunedì 12 febbraio 2024

Rapporto sulla cecità (Pt.2)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI 

Il paese dei ciechi” o “Nel paese dei ciechi” (“The country of the blind”) è un racconto che H. G. Wells pubblicò nel 1904. Il protagonista è Nuñez, che si ritrova catapultato, a seguito di un incidente di montagna, in una vallata isolata dal mondo, abitata da persone che a causa di un morbo sconosciuto hanno perso la vista da molte generazioni e che lì conducono una vita semplice, estranee dal resto dell’umanità e dal suo progresso. Siamo nelle Ande ecuadoregne, e l’arrivo di Nuñez riecheggia quello dei Conquistadores spagnoli che quattro secoli addietro erano approdati nel paese e avevano soggiogato gli Inca. Come gli Inca raffrontati agli spagnoli, anche gli abitanti del “paese dei ciechi” sono arretrati e illetterati se paragonati al loro visitatore, ma questi, che all’inizio si culla ripetendosi il mantra “Tra i ciechi l’orbo di un occhio è re”, si renderà ben presto conto che la mancanza della vista ha affinato i sensi dei ciechi e che nel mondo che hanno creato per sé lui non suscita alcun rispetto o timore per la sua condizione di vedente. I ciechi, anzi, hanno cancellato perfino il ricordo della vista e di ogni cosa attinente a questo senso, al punto da non riuscire neppure a comprendere le descrizioni di Nuñez dei monti, del cielo, o della città, e da considerarlo un pazzo o un ritardato, destinato al più a lavori di fatica.

lunedì 5 febbraio 2024

The Locker (Shibuya Kaidan)

Quando, un paio d’anni fa, vergai una specie di recensione per un improbabile B-movie intitolato “Non aprite quell’armadio”, conclusi dicendo, tra il serio e il faceto, che non mi sarebbe dispiaciuto un giorno scrivere uno speciale sugli armadi “maledetti” nel cinema (e se non proprio maledetti, perlomeno con uno sconfinamento nel fantastico). Ciò di cui parleremo oggi potrebbe a buon titolo rientrare in quello speciale, visto che parliamo di armadietti, gli stessi che usiamo nelle scuole e nelle palestre e che talvolta troviamo, per riporvi oggetti metallici, all’ingresso delle banche. 
In Giappone sono evidentemente molto più diffusi che dalle nostre parti ed ecco quindi la necessità di realizzare una trama orrorifica incentrata proprio su quegli sgraziati contenitori metallici. Se fossero stati distribuiti sul mercato italico, quei film (parleremo oggi anche del sequel) si sarebbero ritrovati appiccicati addosso titoli assurdi come “Non aprite quell’armadietto” o “L’armadietto che uccide”, ma per fortuna la cosa non è accaduta e oggi possiamo goderci, seppure con le difficoltà della lingua, titoli più incisivi come “The Locker” o evocativi come l’originale “Shibuya Kaidan”. Si tratta di due film di durata contenuta (entrambi 71 minuti) lanciati sul mercato contemporaneamente il 7 febbraio 2004 e proiettati nelle sale con la formula “double-bill” (due film al prezzo di uno). 

lunedì 29 gennaio 2024

Rapporto sulla cecità (Pt.1)

Tempo fa mi è capitato fra le mani un libriccino dal titolo “Racconti nel buio” di Roberto Turolla. Sono dieci racconti sul tema del buio, i cui protagonisti (come riporta la seconda di copertina) si trovano in condizioni di momentanea cecità, che hanno la particolarità di essere stati scritti da un autore realmente non vedente. Non è di questo testo però (apprezzabile, peraltro) che voglio parlare oggi. Ecco, tenendo questo libro fra le mani ho pensato con un pizzico di angoscia a quegli autori che hanno avuto la sventura di ritrovarsi ciechi, come Borges o Milton, ma anche a quanto deve essere ben più difficile scrivere quando, anziché perdere la vista da adulti, non si è mai vista la luce del sole. Ho allora rispolverato la bozza di un articolo mai pubblicato, scritto anni fa, sul tema della cecità nella letteratura fantastica. Ripreso in mano oggi, il progetto ha assunto la forma che potete leggere di seguito, quella di un ibrido che parte da libri di ogni genere e provenienza per approdare al cinema e ad altri lidi. Se questo fosse un saggio, sarebbe pessimo, ma è solo un articolo su un piccolo blog di provincia, fatto alla mia solita maniera, e so che voi non mi giudicherete. 

lunedì 22 gennaio 2024

Le case che abbiamo perso e altri futuri inattesi dal XXIX Trofeo RiLL

Sarà un caso, ma anche quest'anno la programmazione del blog, se si esclude il rituale episodio di Traditi dalla Fretta, pubblicato la scorsa settimana, parte con il tradizionale appuntamento con i racconti del Trofeo RiLL, giunto ormai alla sua ventinovesima edizione. La formula, come già altre volte ho riferito, è sempre la stessa dal 1994, anno in cui venne bandito per la prima volta il concorso letterario omonimo per il miglior racconto fantastico, i cui primi cinque classificati finiscono dritti sull'annuale antologia "Mondi incantati" curata dall’associazione RiLL Riflessi di Luce Lunare ed edita da Acheron Books.
Numeri ancora una volta importanti (anche se non da record) anche per l'edizione 2023, che ha visto all'opera oltre 300 autori e autrici per un totale di 410 racconti dati in pasto ai selezionatori. Ciò che ne è uscito è ancora una volta un prodotto di notevole qualità nel quale, anche con tutta la buona volontà, si fatica a trovare punti deboli.
L'antologia in questione prende il titolo dal racconto vincitore "Le case che abbiamo perso" di Francesco Corigliano, autore calabrese già finalista RiLL nel 2018 e grande appassionato di letteratura weird. Nella carrellata odierna partirei quindi da questo. 

lunedì 15 gennaio 2024

Traditi dalla fretta #39

Ed eccoci di nuovo qua. Anche la Befana ormai è lontana anni luce e chi scrive (ma non solo io, credo) ha già messo un piede abbondante nel 2024, anno in cui cadrà il tredicesimo compleanno del blog. Porterà fortuna oppure sfortuna? Direi che è presto per dirlo, e comunque, a pensarci bene, di numeri tredici, nella vita, me ne sono lasciati alle spalle già parecchi senza che nulla di particolarmente fortunato o sfortunato sia accaduto. Lasciamo quindi questa cosa dei numeri ai superstiziosi. Noi ci concentriamo invece su altri numeri, ovvero quelli che qui nella colonna di destra testimoniano la mia produttività. L'anno che è appena terminato ha visto materializzarsi il fatidico (ma prevedibile) record negativo di post pubblicati, inferiore anche al 2011, l'anno dell'esordio, che può comunque appellarsi al fatto di essere partito solo ad aprile.  Nessuna sorpresa, come dicevo, e non avrebbe potuto essere altrimenti considerata la frequenza di pubblicazione che da questa parti è andata via via diradandosi. Oggi si pubblica solo una volta la settimana, il lunedì mattina, mentre solo pochi anni fa si produceva praticamente il doppio. Ora si tratta solo di capire se la tendenza continuerà oppure ci sarà un'inversione. Mi piacerebbe, non lo nego, che si avveri la seconda ipotesi, ma siamo già a metà gennaio e la mia partenza, come è facile notare, non è stata certamente tipica da centometrista. Vedremo col tempo. Magari faremo altri due conti tra sei mesi. Oggi ripartiamo e lo facciamo (e anche in questo temo di essere piuttosto prevedibile) con un nuovo episodio di "Traditi dalla fretta", appuntamento bimestrale con tutto ciò che annoto sulla mia wish-list libraria e non solo. Buon anno e buone letture!
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