lunedì 26 novembre 2018

Traditi dalla fretta #10

Anche dicembre è ormai giunto alle nostre porte e con esso l'ultimo appuntamento della stagione con Traditi dalla fretta, il consueto recap di tutto ciò è successo in giro per il mondo mentre chi scrive era sepolto da scartoffie da ufficio ben poco interessanti.
Nelle intenzioni originali, questa rubrica non avrebbe dovuto essere una semplice vetrina per le uscite editoriali che hanno ingolosito chi scrive, ma la verità è che viene messa talmente tanta carne al fuoco che mi riesce davvero difficile trovare spazio per altro.
Conto però sul fatto che il periodo natalizio possa mettere un pochino in pausa la creatività di chi sta là fuori, permettendomi in tal modo di calibrare con più attenzione il Traditi dalla fretta prossimo venturo.
Anche il blog che state leggendo, come di consueto, si prenderà un breve periodo di riposo: non moltissimo, visto che nel corso del 2018 la produzione è andata già abbastanza a rilento per i motivi che ormai conoscete a memoria.
Ancora un paio di articoli, forse tre: poi ci saluteremo e ci daremo appuntamento a gennaio; non prima che la nostra simpatica befana sia sparita all'orizzonte, però.
È anzi probabile che sarà proprio questa rubrica a inaugurare il nuovo anno, declinandosi una volta tanto sullo stato dell'arte di Obsidian Mirror e sui progetti, nuovi o riesumati, che dovrebbero riuscire a trovare il loro giusto spazio all'interno di questo contenitore. Ma diamo tempo al tempo e concentriamoci sulla puntata odierna...

martedì 20 novembre 2018

Orizzonti del reale (Pt.17)

Timothy Francis Leary (1920–1996)
LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

È giunto finalmente il momento di tornare a parlare di Timothy Leary, a cui a suo tempo avevo dedicato interamente la quinta e la sesta parte di Orizzonti del Reale. Non sarà facile, dato che si tratta di riprendere il filo di un discorso cominciato nel lontano marzo 2016, e non so se gradirete o storcerete il naso… ma direi che glielo devo, a Leary, a maggior ragione dopo tutto questo tempo, e considerato a quante storture e semplificazioni è sempre stata soggetta la sua figura. 
Molti non hanno ancora deciso se fosse un illuminato o un pazzo, un messia o un ciarlatano; prima di esaminare ancora i suoi scritti proverò quindi a ripercorrere la sua storia. 
Non mi dilungherò sulla prima parte della sua vita. Basti sapere che nacque a Springfield, nel Massachusetts, in una famiglia piuttosto normale, cattolica, e che fu uno studente brillante ma insofferente alla disciplina, con una formazione scolastica piuttosto singolare: dopo il college (una scuola gesuita), su richiesta del padre tentò la carriera militare, ma fu invitato a ritirarsi. (“Il preside della scuola superiore mi guardava calmo. Tu hai sistematicamente ignorato i principi su cui si basa questa scuola. L’imperativo categorico di Kant. Nessuno ha il diritto di fare ciò che, se da tutti fatto, distruggerebbe la società. […] Non voglio più vederti né parlare con te.”)

mercoledì 14 novembre 2018

A serbian film

Questo articolo avrebbe dovuto intitolarsi "Elogio di un film serbo", perché quella era inizialmente la mia intenzione. In fase di revisione ho poi optato per una soluzione più facile, forse meno accattivante ma nella pratica più comoda. Il mio timore era quello (e lo è ancora) di attirare su questo blog decine di troll, gente che magari senza nemmeno leggere un rigo possa comunicare il proprio disappunto per il contenuto che un titolo del genere può suggerire. Non ho bisogno di visitatori del genere; preferisco che i miei ospiti ascoltino quello che ho da dire e poi decidano, in piena autonomia e buona fede, se ciò che ho detto è stato degno di essere detto.
Concluso questo doveroso pippone iniziale, passiamo al tema di oggi, probabilmente uno dei più indigesti che siano mai capitati da queste parti dai tempi de "Il necrofilo". Stiamo parlando di cinema, ovviamente, e nella fattispecie del film serbo per eccellenza, perlomeno di quello più famoso, mi sentirei di aggiungere, sfidandovi a citare un titolo proveniente dallo stesso paese balcanico che sia altrettanto famoso.

giovedì 8 novembre 2018

Il creatore di libri

Una copia, più unica che rara, del sacro Testo di R'lyeh
Numerosi spunti sono emersi nelle ultime due settimane, dal giorno in cui pubblicai qui sul blog la mia piccola recensione dell'antologia di racconti weird "Ipnagogica", creata dal giovane autore piemontese Christian Sartirana. Molte erano le domande che mi ero posto, in special modo nell'interpretazione di alcuni passaggi, e che, per non saper né leggere né scrivere, avevo lasciato in sospeso. Ma altri elementi, nel frattempo, avevano iniziato a frullare nella mia mente in merito al titolo stesso dell'opera, a quel termine, "ipnagogico", che fa riferimento a un particolare stato di coscienza durante il quale possono prodursi fenomeni quali illusioni e allucinazioni, uno stato di coscienza tipico di quella fase di sonnolenza che precede l’addormentamento.
I commenti a quella recensione tra l'altro avevano parecchio insistito su quest'ultimo aspetto, portando addirittura una testimonianza diretta della realtà del fenomeno, sintomo che l'argomento ha suscitato un certo interesse. Ho pensato quindi di andare a fondo nella questione interpellando direttamente colui che l'ha scatenata, Christian Sartirana, che si è mostrato ben disposto a partecipare attivamente alla discussione.
Aggiungo che la molla che mi ha convinto a contattare Christian è stato un particolare della sua biografia che ha calamitato il mio interesse. Christian, come vedrete tra breve, è un "creatore di libri" a trecentosessanta gradi: non solo si diletta a scriverli, ma ci mette mano fisicamente grazie alla sua invidiabile attività di legatoria e di restauro di libri antichi. 
Cosa significa quindi posare le mani su un pezzo pregiato, consumato dal tempo, e regalargli una seconda giovinezza? Cosa significa creare dal nulla una copia del Necronimicon o del De Vermis Mysteriis? Andiamo a scoprilo insieme...

venerdì 2 novembre 2018

Il Re in Giallo rivelato (Pt.2)

"...il torvo Byakhee, dalle ali di pipistrello, venne dalle rive nuvolose del lago Hali, il pelo nero, il becco di ferro e gli occhi dell'inferno. Quando gli montammo a cavallo, la bestia spiegò le sue ali enormi e possenti. Attraverso mari oscuri e sconfinati abbiamo volato. Oltre le Iadi abbiamo raggiunto quel luogo mitico e desolato, proibito agli uomini e aborrito dagli dei: Carcosa, dove il grande Hastur è il Signore." (Lin Carter, Litany to Hastur).

Solo qualche giorno fa ci siamo posti la questione di come poter definire originale un'opera che si ispira esplicitamente a un'altra.  Nel tempo, all'interno di questo lungo speciale dedicato ai "miti in giallo" ci siamo imbattuti in una lunghissima serie di "originali", che si sono mantenuti tali fino a che non abbiamo scoperto qualcosa di ancora più "originale".
Ricordate il giorno in cui abbiamo scovato una citazione del "King in Yellow" nelle pagine di uno dei più famosi romanzi di Oscar Wilde (Il ritratto di Dorian Gray, 1890), di cinque anni antecedente l'omonima antologia di Chambers? Già a quei tempi avevamo iniziato a comprendere che quello che tutti ritenevamo essere l'originale... beh, non lo era affatto. E avevamo compreso che anche il tanto idolatrato Necronomicon di Lovecraft, testo fittizio ricalcato dal Re in Giallo, era tutt'altro che originale.
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