domenica 30 settembre 2018

Da donna a strega: i culti arborei

L'INTRODUZIONE SI TROVA QUI

Se è vero che nell’antichità ci furono due tipologie di divinità prevalenti, una pastorale (diffusa fra le popolazioni nomadi) e una agricola (tipica delle popolazioni stanziali che, come sappiamo, col tempo divennero le più numerose), sembra che il contributo della donna fosse centrale proprio nel culto di queste ultime: il probabile retaggio di una precedente società di cacciatori, collocabile verso la fine dell’età glaciale, che divenne sedentaria proprio in seguito allo sviluppo dell’agricoltura. A quei tempi è probabile che la religione fosse prevalentemente di tipo domestico e come tale praticata in misura maggiore dalle donne, e che, non si sa bene come né quando, la donna stessa sia divenuta depositaria della salvaguardia dei ritmi della natura, che determinavano i ritmi della produzione agricola, e dell’energia sessuale, dalla quale dipendeva la prosecuzione della vita. 
Sappiamo da varie fonti che alcuni culti prevedevano la prostituzione rituale femminile. Nella mentalità degli antichi il modo migliore di assicurare la fecondità del suolo era quella di operare una sorta di incantesimo, o sortilegio, tramite rapporti sessuali (veri o simulati) che, su piccola scala, rappresentassero quelli del Cielo con la Terra, rispettivamente il principio maschile e femminile della Natura, fino (talora) a inscenare il mistero della nascita.

martedì 25 settembre 2018

La verità sul caso Kenneka (Pt.5)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

The trick to being smart is knowing when to play dumb (Irene Roberts). 
Non avrei mai pensato, nel momento in cui mi accingevo a ungere d’inchiostro il mio primo foglio bianco, che questo articolo potesse occupare tanto spazio. L’argomento alla fine si è rivelato talmente complesso che ho dovuto spezzare il testo in cinque parti, per non far andare in vacca la sua leggibilità. Prima di mettere la parola fine avrò di gran lunga superato le seimila parole; praticamente, un romanzo breve. Mi chiedo se anche Tolstoj, mentre provava a buttar giù l’incipit di "Guerra e Pace", pensasse di starci dentro in poche pagine. 
Sta di fatto che nelle ultime sere, proprio come adesso, ogni qual volta spingevo in là il piatto sporco della cena per far spazio al computer, mi infilavo in una serie di tunnel talmente intricati che finivo sempre, invariabilmente, per smarrirmi. La vicenda di Kenneka Jenkins, lo avrete certamente notato, è assurdamente complicata. È complicata al punto che non sai mai se hai scovato tutti i piccoli dettagli, l’assenza di uno solo dei quali può davvero ribaltare la prospettiva. Ho corretto e ricorretto quanto scritto decine di volte, praticamente a ogni battito di ciglia. Ogni cinque minuti un particolare nuovo rimetteva in discussione quanto pensavo di aver compreso. Il nome della festeggiata, per esempio, l’ho scoperto solo nel momento in cui ne ho parlato (alla fine del post precedente) e ciò, inevitabilmente, mi ha costretto a correggere il testo sin dall’inizio.

venerdì 21 settembre 2018

La verità sul caso Kenneka (Pt.4)

Monifah Shelton e Kenneka Jenkins
 LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Come sono finiti 3000 ng/ml di topiramato nel sangue di Kenneka Jenkins? Questo è un gran bel mistero e così, a sensazione (ma potrei sbagliarmi), potrebbe anche essere questa la chiave per arrivare alla verità. Essendo ormai escluso che la ragazza ne facesse uso personale per motivi terapeutici, ci basterebbe teoricamente capire come è finito lì, visto che il Topamax® può uscire dalle farmacie solo dietro presentazione della ricetta medica. 
Dicevamo la volta scorsa che si stava aprendo un piccolo spiraglio a un’ipotesi diversa dalla pura morte accidentale. A questo punto lo spiraglio inizia ad allargarsi. Se non Kenneka, sicuramente qualcun altro quella sera se ne andava in giro con delle compresse di Topamax® in tasca; e quelle compresse, per motivi a noi ancora ignoti, sono finite disciolte nel sangue di una ragazza. 
Mmmh, mi viene da dire, sta a vedere che siamo di fronte a una “cena con delitto” delle più classiche. Basterebbe, rifletto, capire se qualcuno dei presenti abbia un motivo medico per prendere topiramato e, voilà, ecco trovato uno che ha degli scheletri nell’armadio. Prima di pensare al peggio però, mi sono detto, lasciami controllare un’ultima cosa. Può essere che, nella mia ingenuità, mi sia sfuggito un punto fondamentale, vale a dire l’esistenza di certi individui disagiati che usano mix di alcol e topiramato per sballarsi meglio.

lunedì 17 settembre 2018

La verità sul caso Kenneka (Pt.3)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Occorrono solo venti minuti a Teresa Martin per coprire le 16 miglia che separano la sua abitazione, nel West End, all’Hotel Crown Plaza di Rosemont, giusto adiacente all’aeroporto internazionale O’Hare di Chicago. Solo qualche ora prima le ragazze avevano percorso lo stesso tratto di strada in quarantacinque minuti abbondanti ma, si sa, l’urgenza di arrivare non era per loro la stessa. Teresa entra nella hall dell’albergo poco dopo le 5 del mattino e al suo arrivo chiede aiuto al personale di turno, domandando di poter visionare i video di sorveglianza; riceve però un rifiuto in quanto, come da prassi, l’accesso a simili sistemi di video-sorveglianza necessita di una formale richiesta da parte delle autorità. La donna allora chiama il dipartimento di polizia di Rosemont e si sente rispondere che, a causa dell’elevato numero di falsi allarmi, è necessario attendere alcune ore prima di poter presentare rapporto. Ciò avviene alle 13:15 di sabato pomeriggio.

giovedì 13 settembre 2018

La verità sul caso Kenneka (Pt.2)

Un selfie di Kenneka Jenkins con sua madre
LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Alle 23:30 del venerdì, Kenneka Jenkins lascia la sua casa nel West Side, dove vive con la madre Teresa Martin e la sorella Leonore Harris, sale sull’auto prestatale dalla madre e passa a prendere alcune sue amiche con il proposito di recarsi prima al cinema e poi al bowling, trascorrendo così serenamente qualche ora in compagnia. Qualcosa però, probabilmente una telefonata, fa in modo che i piani cambino e che le ragazze decidano di recarsi invece ad una festa di compleanno, organizzata in una camera d'albergo al nono piano del Crowne Plaza di Rosemont. Sulla strada per l'hotel, le ragazze si fermano per comprare una bottiglia di Hennessy Cognac, qualche lattina di energy drink, un altoparlante bluetooth e, secondo quanto successivamente dichiarato dalle stesse ragazze, un po' di maria “che non si sa mai”. Non sono ovviamente qui per giudicare la lista della spesa delle quattro amiche, perché da ragazzo di puttanate ne ho fatte anch’io, però lasciatemi dire che il cognac è davvero uno strano carburante da mettere nel serbatoio. E lo definisco “strano” perché ancora oggi, dopo anni di piccole esperienze alcoliche, lo considero una schifezza imbevibile di cui non giustifico nemmeno l’esistenza. Sulla questione degli energy drink non mi esprimo, perché 1) ai miei tempi non esistevano e 2) perché l’unica volta che ho assaggiato quella merda, l’ho subito sputata. Nulla da dire nemmeno sulla maria, considerando che ha praticamente messo d’accordo tre generazioni. Mi pare anzi che sia roba già ampiamente sdoganata, e non mi stupisco che il suo fascino possa resistere invariato ancora oggi.

domenica 9 settembre 2018

La verità sul caso Kenneka (Pt.1)

Kenneka Jenkins (1998-2017)
Curioso come certi avvenimenti, anche i più strani, a volte tendano a ripetersi. In un certo senso, viene a mancare la possibilità di utilizzare l'aggettivo "singolare" nel riferirsi a storie che la logica ci porterebbe a definire tali. Sono sicuro ricorderete il mio lungo articolo di qualche anno fa dedicato al caso di Elisa Lam, la ragazza ventunenne che trovò la morte fra le mura del Cecil Hotel di Los Angeles: una morte sulla quale furono sprecate intere biblioteche di supposizioni per cercare di trovare una spiegazione a una sequenza di situazioni, di casualità e di coincidenze che aveva quasi dell'incredibile. Senza il "quasi". 
A distanza di un anno esatto dagli avvenimenti che andremo qui di seguito a narrare affrontiamo oggi il caso di Kenneka Jenkins, una diciannovenne afroamericana il cui corpo senza vita fu trovato, una domenica mattina, prigioniero della cella frigorifera delle cucine del Crowne Plaza Hotel a Rosemont, Chicago, nell’Illinois. 
La prima similitudine è già abbastanza evidente: senza troppe difficoltà ammetterete che una cella frigorifera è un luogo piuttosto pittoresco dove morire, così come pittoresca è la cisterna d’acqua sul tetto dell’Hotel Cecil dove venne trovato il corpo senza vita di Elisa Lam… ma questo è solo uno dei tanti aspetti che, come vedremo, mi hanno portato a mettere in relazione i due casi.

lunedì 3 settembre 2018

Traditi dalla fretta #8

Lasciatoci alle spalle anche il mese di agosto, è tempo di un nuovo episodio di Traditi dalla fretta, la nostra ormai classica rubrica di segnalazioni il cui scopo è quello di fare il punto su tutto ciò che è stato detto e fatto mentre l'autore di questo blog si faceva i fatti suoi altrove.
Con il mese di agosto si è concluso anche quel piccolo esperimento di riproposizione di materiale già apparso anni fa nel vecchio e ormai abbandonato blog Obsploitation. Non resta a questo punto che l'ardua domanda: com'è andata? Difficile dirlo. Se dovessi guardare solo alle statistiche di blogger, dovrei dire che è stato un disturbo che mi sarei tranquillamente potuto evitare.
In realtà, non avendo una pietra di paragone (ad agosto, gli anni passati, questo blog ha sempre chiuso per ferie) non saprei dire se i risultati siano quelli tipici del mese più fiacco dell'anno oppure se siano maggiormente dovuti alla noia di ritrovarsi davanti a delle repliche, seppur riproposte a distanza di tempo dalla loro prima pubblicazione.
Comunque siano andate le cose, a questo punto poco importa andare a scervellarsi con i dettagli. Era in ogni caso un'operazione necessaria per poter rilanciare adeguatamente Obsploitation, nella nuova forma che andremo insieme a scoprire nel tempo che manca alla fine di questo 2018. Nel frattempo lasciatemi mettere da parte il cinema, che ultimamente ha fin troppo monopolizzato il blog e che, non posso che ammetterlo, sta iniziando a provocarmi un rigetto da sovradosaggio. Discorso accantonato, passiamo oltre.
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