lunedì 9 dicembre 2024

Karma, colpa e fine vita (Pt.2): un cambio semantico

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Ma vediamo anche quanto scrive Houston Smith in "Le religioni del mondo", un classico della saggistica sulla storia delle religioni che lessi alcuni anni orsono, a proposito di Induismo e di India: 
“...può forse sorprendere che ancora oggi ci siano indiani, perfettamente a conoscenza delle alternative occidentali, che difendono il sistema delle caste, naturalmente non nella sua interezza e non per quello che è diventato, ma come modello fondamentale”; e ancora “Tra le caste non esisteva nessuna uguaglianza, eppure all’interno di ciascuna i diritti degli individui erano più sicuri di quanto non sarebbero stati in generale se fossero stati costretti a difendersi da soli nel mondo. Ogni casta si reggeva sull’autogoverno e in caso di guai si poteva star certi di essere processati dai propri pari. All’interno di ciascuna casta c’erano uguaglianza, opportunità e sicurezza sociale.” (cap. 2). 

lunedì 2 dicembre 2024

Karma, colpa e fine vita (Pt.1): la ballata di Narayama

Quello di karma è un concetto nel quale ho creduto a lungo, o in cui ho voluto credere, o che comunque ho accarezzato abbastanza da citarlo nelle più svariate situazioni, reali e virtuali. Da tempo non è più così, e il fatto che ancora oggi lo tiri spesso in ballo non è indicativo dei miei sentimenti a riguardo; insomma, sono come uno di quegli atei che bestemmia perché viene da un contesto in cui si fa così e lo fa come un automatismo appreso da tempo immemore, che non ha un vero significato e neppure alcuna implicazione se non quella di renderlo inviso agli altri. La mia riflessione di oggi non riguarda solo letteratura e cinema, ma soprattutto la realtà di ieri e di oggi e, vi avverto, è forse tra le cose più controverse che abbia mai scritto. 
Nulla meglio di "Le canzoni di Narayama" (楢山節考, Narayama bushikō, letteralmente "La ballata di Narayama") di Shichirō Fukazawa, un racconto giapponese risalente agli anni ‘50, potrebbe offrirmi spunto migliore per introdurre il tema di oggi. Ho quindi ripescato dalla libreria e riletto la mia edizione Einaudi del 1961 (una traduzione dal francese) di questo libro, una copia così ingiallita e fragile, tra le dita, che ogni volta che la prendo in mano ho paura che la costa si rompa e le pagine si sparpaglino. 

lunedì 25 novembre 2024

Il viccolo di Madama Lucrezia

Credo di non andare molto lontano dalla verità se mi azzardo a dire che nella maggior parte delle librerie “casalinghe”, o perlomeno in quelle degne di questo nome, è presente una raccolta di racconti di Prosper Mérimée. Magari la vostra è una vecchia edizione da edicola, o magari qualcosa di recuperato su una bancarella dell’usato, una di quelle bancarelle dove i libri si comprano un tanto al chilo e non si fa nemmeno mai troppo caso ai titoli, perché in certe occasioni conta più la quantità che la qualità. Nella mia libreria giace per esempio, impolverata dagli anni, un’edizione piuttosto povera targata “L’unità / Einaudi” della novella “Carmen”, alla quale lo scrittore francese, con la complicità della celebre trasposizione musicale di Bizet, deve senza ombra di dubbio la sua fama universale. Quella mia vecchia edizione, ristampa parziale della mitologica collana “Centopagine” curata nel 1971 da Italo Calvino, include, oltre al racconto messo in evidenza dal titolo, anche “Il vaso etrusco”, “Le anime del purgatorio” e l’immancabile “La venere d’Ille”, probabilmente uno dei titoli più abusati della sua vasta produzione. Intendiamoci, io amo profondamente la “Vénus”, la cui lettura ancor’oggi mi fa venire la pelle d’oca, ma ho visto in giro troppe antologie spudoratamente intitolate “La venere d’Ille e altri racconti” per non provare ormai un vago senso di fastidio.
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