Come ebbi già modo di scrivere in passato, la fantascienza prima e la scienza poi hanno a lungo ragionato sul modo di elevare l’uomo dalla sua condizione attuale a una condizione transumana e post-umana.
Inutile sottolineare che siamo già – tutti – transumani, dal momento che utilizziamo abiti, utensili, occhiali, apparecchi acustici, dentiere o protesi, o qualunque altro ausilio esterno che ci consente di sopravvivere, o migliorare (o sostituire) i nostri sensi o parti del nostro corpo: questo è transumanesimo di primo livello.
Il livello superiore è quello costituito dal telefono cellulare e da internet, e quello ancora superiore dalle cosiddette “tecnologie immersive”. La realtà virtuale, come sapete, prevede che ogni persona abbia un avatar per interagire in un mondo fittizio alternativo a quello vero, dove sono possibili non solo nuove forme di interazione sociale (con tutte le derive del caso, come lo stupro nel metaverso denunciato da un’adolescente inglese), ma anche l’emergere di una economia virtuale; è legata soprattutto al mondo dei videogiochi (dove andrebbe più correttamente definita come “realtà aumentata”), ma ci sono già stati tentativi di renderla universale, e appetibile a tutti, con progetti come Second Life della società americana Linden Lab e con il Metaverso di Meta (Meta Platforms, Inc.), che controlla tra gli altri Facebook e Instagram.