Alla fine degli anni Settanta, il termine Patrick era principalmente associato ad una marca di abbigliamento sportivo piuttosto nota. Non c’era ragazzino che non avesse iniziato a riempire il salvadanaio con i propri piccoli risparmi nella speranza di poter finalmente un giorno esaudire il desiderio di possedere le mitiche Patrick, scarpe da ginnastica meravigliose ma ahimè inavvicinabili. Io ero uno di quei ragazzini. Non riuscii mai a permettermele e ancora oggi le Patrick risiedono nella mia memoria come uno dei desideri inespressi della mia fanciullezza.
Ma Patrick non era solo questo. Era il 1978, avevo poco più di dieci anni, e nasceva proprio in quegli anni una delle passioni che mi avrebbero accompagnato per tutta la vita: il cinema. C’era una sala a 100 metri da casa mia, dove trascorrevo le domeniche pomeriggio sgranando gli occhi sognanti di fronte ad inarrivabili eroi. Erano gli anni di Guerre Stellari e della Febbre del Sabato Sera. Allora non era strano che un bambino potesse avventurarsi al cinema da solo. Il mondo non era come oggi pieno di maniaci assassini e stupratori di bambini (o forse c’erano anche allora, ma noi eravamo più spensierati e incoscienti di quanto siamo oggi), per cui i miei genitori mi permettevano tranquillamente di uscire da solo il pomeriggio e rientrare per l’ora di cena.