venerdì 29 aprile 2011

Susuk

Ho voluto vedere questo film perché la trama mi incuriosiva, ma in realtà ne parlo non tanto perché mi sia piaciuto, ma perché ha rappresentato l'occasione per sapere qualcosa del Susuk (o charm needles), pratica che non conoscevo.
Il Susuk, che appartiene alla cultura malesiana, consiste nell’inserire degli aghi d’oro nei tessuti del corpo (ad esempio nel mento) con la funzione di talismani, o in alternativa particelle di diamante, mercurio o altri metalli, e anche ingredienti naturali come frutti, foglie di betel, curcuma, ecc.. Il Susuk serve per proteggere da ferite e incidenti, perfino curare piccoli disturbi come i dolori alle articolazioni, ma soprattutto per accrescere la bellezza di chi lo porta e renderlo più attraente e desiderabile, oltre che per favorirne il successo. Il tipo di Susuk e la posizione dove praticarlo si scelgono in base al risultato che si vuole ottenere: ad esempio il Susuk “suara merdu” (mellifluous voice Susuk), una forma di Susuk ayat in cui ingredienti organici vengono inseriti nella zona sotto al mento, serve per migliorare la voce; chi vuole aumentare le proprie prestazioni sessuali può impiantarne uno nell’area pubica, ecc.

mercoledì 27 aprile 2011

Le tre madri

La storia delle Tre Madri comincia all'alba dell'XI secolo, quando tre sorelle crearono la pericolosa arte della stregoneria sulle coste del Mar Nero. Negli anni che seguirono, queste perfide donne vagarono per il mondo accumulando grandi ricchezze e poteri, e seminando morte al loro passaggio.
Nel tardo XIX secolo le donne commissionarono all'architetto italiano Emilio Varelli, che all'epoca viveva a Londra, di progettare e costruire per loro tre dimore, poste in tre luoghi diversi del mondo: Friburgo, Roma e New York. È da queste dimore che le Tre Madri dominano il mondo con il dolore, con le lacrime e con le tenebre. Un amico di Varelli, dopo aver trovato alcuni frammenti del suo diario, scritti in latino, ne fa un libro intitolato "Le Tre Madri": il libro inizia con la precisazione che quanto narrato è tutto reale, e in particolare che l'architetto scoprì troppo tardi la natura malvagia delle tre donne. Le case che egli ha progettato divennero dunque così corrotte che la terra dove erano costruite divenne mortifera e pestilenziale: uno sgradevole e agrodolce odore di malvagità pervade le aree circostanti ciascuna casa.

martedì 26 aprile 2011

Watcher in the Attic

“Watcher in the attic” è un film del 1976 diretto da Noboru Tanaka, arrivato in Italia con il titolo “La casa delle perversioni” (traduzione “libera” dell’originale “Edogawa Ranpo ryoki-kan: Yaneura no sanposha”, il titolo inglese Watcher in the Attic, al contrario, traduce correttamente il titolo del romanzo e del film).
Dovrebbe esistere una versione più recente del film, diretta da Akio Jissoji nel 1993: Almeno questo sembrerebbe consultando l’IMDB. Devo ricordarmi di approfondire la questione.

Il film appartiene al genere dei cosiddetti Pinku Eiga (ピンク映画 Pinku eiga?), o pink film, un genere cinematografico giapponese di contenuto erotico softcore nato alla fine degli anni sessanta e prodotto anche oggi, caratterizzato dal basso costo di produzione e dai tempi brevissimi di realizzazione (solitamente una settimana di riprese). Il Pinku è stato il genere cinematografico che ha mostrato in Giappone per primo negli anni ’70 e ’80 il sesso e la violenza ed è stato per questo spesso considerato il primo filone di sexploitation hardcore/grindcore del Sol Levante.

lunedì 25 aprile 2011

Una stanza chiusa a chiave

L’occasione di un viaggio. Erano anni che questo piccolo volumetto faceva capolino nella mia libreria. Come lui, d’altra parte, centinaia di altri volumi che ho comprato nella speranza di avere il tempo di leggere. Vado a consultare la data di pubblicazione: 1993. Diciotto ani sono passati da quando ho comprato questo libro… Comprato? Forse no.
In copertina trovo scritto: “Edizione speciale l’Unita multimedia”. Credo sia un libro distribuito assieme ad un quotidiano a costo zero o comunque per poche lire. Il prezzo sul retro è stato cancellato. Forse un regalo? Chissà. Diciotto anni sono tanti per ricordare. Ad ogni modo l’occasione di un viaggio lo ha spinto in valigia. Si tratta di un breve racconto, consumabile nel paio d’ore in cui sarei stato costretto nello scomodo posto centrale di un volo Milano-Berlino. Yukio Mishima (三島由紀夫), pseudonimo di Hiraoka Kimitake (平岡公威) è tuttora uno tra gli autori giapponesi più letti. Complessivamente ha realizzato un totale di 400 opere letterarie che variano tra i generi più disparati: dal romanzo a forme di teatro tradizionale giapponese fino al saggio.

giovedì 14 aprile 2011

Stanze dal Libro di Dzyan

Le Stanze dal Libro di Dzyan costituiscono l'argomento principale del primo e secondo volume de La dottrina segreta (The secret doctrine), opera di teosofia in due volumi pubblicata nel 1888 da Helena Petrovna Blavatsky. La parte I del primo volume, intitolata Cosmogenesi, contiene sette stanze in versi ermetici e simbolici composte dalla Blavatsky, per ognuna delle quali l'autrice dedica, successivamente, un capitolo di commento in cui spiega i suoi stessi versi. Il secondo volume intitolato Antropogenesi ne contiene altre dodici, sempre seguite da un commento e da una interpretazione.
Le Stanze sarebbero state composte dalla Blavatsky interpretando il linguaggio iconografico di un presunto manoscritto tibetano molto antico, il Libro di Dzyan (o Libro di Dzan), che sarebbe servito come base sapienziale per la La dottrina segreta.
La Blavatsky descrive il manoscritto, di cui avrebbe avuto visione diretta, come un testo antico di migliaia di anni redatto in lingua Senzar e conservato in un luogo segreto del Tibet. Scritto «su foglie di palma, ma rese inalterabili al fuoco, all'acqua e all'aria mediante qualche processo specifico ignoto», il libro tratterebbe della cosmogenesi e dell'evoluzione dell'uomo fino alla distruzione di Atlantide.
Altri versi attribuiti al Libro di Dzyan sono stati pubblicati da Alice Bailey in A Treatise on Cosmic Fire nel 1925.

mercoledì 13 aprile 2011

Maldoror

“I canti di Maldoror” sono un caposaldo della letteratura maledetta dell’ottocento. Si tratta di una raccolta di sei canti, poemi in prosa, scritti dal Conte di Lautréamont, pseudonimo di Isidore Ducasse. Apprezzato successivamente dai surrealisti, “I canti di Maldoror” sono fondamentali e insuperati ancora oggi, visionari ed eccentrici, geniali e compatti.
Lautréamont li scrive febbricitante, il suo stile è ossessivo e nevrotico, asfissiante, le vicende richiamano alla memoria una filosofia sadiana imbevuta di maledettismo rimbaudiano e le immagini offerte, crudeli, necessarie per descrivere l’orrore di una società ipocrita e bestiale, sono presentate con poesia e vigore.
Lo scrittore, morto a 24 anni, è una vera e propria meteora nella letteratura francese e Maldoror, angelo del male, grida disperatamente contro un Dio spietato, “straccione ebbro” o addirittura “frequentatore di prostitute”. Nei sei canti vuole mostrare all’uomo il silenzio di un Dio complice, che ha creato l’uomo appoggiandone addirittura i difetti e i vizi, un Dio che viene costantemente insultato da Maldoror ed estromesso dal suo mondo.
Pur essendo accostabile, per certi versi, a Baudelaire, a Byron e, addirittura, a Poe, nei “Canti di Maldoror” non c’è spazio per l’amore ma solo per la crudeltà, la rabbia e l’aggressione, anche fisica, messa a punto con veri e propri strumenti di tortura. Sono versi liberi, senza freni, variegati e catartici, potenti e blasfemi, non sono di facile lettura, pongono dinanzi al lettore un labirinto da percorrere, pieno di ostacoli e insidie.

martedì 12 aprile 2011

In memoria di Junko

Junko Furuta (古田順子, Furuta Junko), fu una studentessa liceale giapponese tristemente nota per le sevizie subite da alcuni suoi coetanei alla fine degli anni '80, sevizie che la portarono poi alla morte.
Nel Novembre del 1988, il pregiudicato giapponese Jo Kamisaku (allora diciassettenne; Kamisaku è il nome che assunse dopo il suo rilascio) ed altri tre giovani ragazzi di Tokyo (Miyano Hiroshi, diciottenne; Minato Nobuharu, sedicenne; Watanabe Yasushi, diciassettenne) rapirono una ragazza del secondo anno delle scuole superiori proveniente dalla Prefettura di Saitama, Furuta Junko. La tennero prigioniera per 44 giorni all’interno della casa di uno degli altri tre ragazzi.
Per evitare una caccia all’uomo, Kamisaku la costrinse a chiamare i genitori e dir loro che era scappata di casa, ma al sicuro con un amico. La ragazza fu inoltre costretta a fingersi la fidanzata di uno dei ragazzi mentre i proprietari della casa erano presenti, ma, quando divenne palese che questi ultimi non avrebbero chiamato la polizia, questa messa in scena non venne più messa in atto. La ragazza provò a scappare diverse volte, pregando più di una volta i genitori di uno dei suoi aguzzini, che vivevano con lei, di aiutarla, ma questi non lo fecero, per paura appunto di Kamisaku, che era al momento un socio di basso livello di Yakuza e avevano temuto che potesse usare questa alleanza per farli uccidere se avessero interferito.

lunedì 11 aprile 2011

Welcome to the Black Mirror

Benvenuti nel mio regno, un piccolo e strano paese di cui ho appena gettato le fondamenta e che cercherò di costruire e arricchire, giorno dopo giorno, mattone dopo mattone, edificio dopo edificio, città dopo città. Ho voluto chiamare questo posto The Obsidian Mirror, quindi cari visitatori, vi aspetto numerosi. Una sola avvertenza: questo blog genera dipendenza. Se entrate una volta, quando ne uscirete non sarete più gli stessi.
Scrivo queste righe, lo ammetto, dopo oltre un anno dal lancio del blog: mi sono improvvisamente reso conto di essere partito diretto a scrivere, scrivere, scrivere, di aver preso la mia strada senza una riga di introduzione. Credo sia il momento di riempire questa lacuna. Non servirà a nulla, lo so bene, ma se non altro questo post avrà valore come un piccolo saluto, un messaggio di benevenuto a tutti i nuovi visitatori che mi avranno fatto l'onore di passare di qua.
Il significato di Obsidian Mirror l'ho ampiamente raccontato nella sezione About, perciò non occorre che mi ripeta qui. Il sottotitolo del blog è "Piccola antologia del (nonsolo) gotico nell’arte, nel cinema e nella letteratura". Anche di questo si parla nella sezione About. Il “gotico” naturalmente è stato solo un punto di partenza. Mi serviva qualcosa da cui partire, l’atmosfera giusta per buttare giù le prime righe del primo post. E devo dire che la scelta è stata, almeno credo, felice. Il gotico così come descritto è però limitativo: non copre la totalità dei miei interessi che sono vastissimi, per cui non date per scontato che un giorno questo blog non possa cambiare faccia. Qui si parla di miti, di leggende, di tradizioni che non fanno parte solo della tradizione gotica, bensì di tutte le culture. In particolare una deviazione importante dal tema iniziale è quella che va verso l’estremo oriente, in particolar modo il Giappone, culla di civiltà antichissime e ricche di tradizioni che non sono da meno di quelle, a noi più familiari, dell’Occidente. L’idea è quella di scoprire e mettere da parte un pezzo alla volta di tutte queste culture attraverso recensioni (libri, film ecc.) e attraverso accurati report di avvenimenti singolari di cui sono a conoscenza e di cui verrò a conoscenza in futuro. Cercherò il più possibile di realizzare un prodotto originale che mi auguro possa essere apprezzato dal chiunque capiterà casualmente su questo sito. Questo è lo scopo che mi sono prefissato e mi auguro di riuscire a portare avanti questo progetto nel tempo.
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