martedì 26 aprile 2011

Watcher in the Attic

“Watcher in the attic” è un film del 1976 diretto da Noboru Tanaka, arrivato in Italia con il titolo “La casa delle perversioni” (traduzione “libera” dell’originale “Edogawa Ranpo ryoki-kan: Yaneura no sanposha”, il titolo inglese Watcher in the Attic, al contrario, traduce correttamente il titolo del romanzo e del film).
Dovrebbe esistere una versione più recente del film, diretta da Akio Jissoji nel 1993: Almeno questo sembrerebbe consultando l’IMDB. Devo ricordarmi di approfondire la questione.

Il film appartiene al genere dei cosiddetti Pinku Eiga (ピンク映画 Pinku eiga?), o pink film, un genere cinematografico giapponese di contenuto erotico softcore nato alla fine degli anni sessanta e prodotto anche oggi, caratterizzato dal basso costo di produzione e dai tempi brevissimi di realizzazione (solitamente una settimana di riprese). Il Pinku è stato il genere cinematografico che ha mostrato in Giappone per primo negli anni ’70 e ’80 il sesso e la violenza ed è stato per questo spesso considerato il primo filone di sexploitation hardcore/grindcore del Sol Levante.

Il Pinku si è inizialmente evoluto in Roman Porn (più sesso che violenza) e Pinky Violence (violenza molto più estrema), e successivamente ha influenzato nuove correnti stilistiche (non solo cinematografiche) come ad esempio l’Ero Guro.

I Pinku Eiga hanno una durata prefissata di circa 60 minuti e vengono proiettati all'interno di un circuito di sale cinematografiche dedicate in spettacolo doppio o triplo. Il confine con l'hard-core non viene mai superato, in quanto in Giappone esistono regole molto restrittive. I rapporti sessuali non sono mai espliciti e si limitano a lunghi e dolorosi strizzamenti di seni o poco più.

Il film è tratto dal racconto “L’uomo che camminava nei solai” (inedito in Italia) di Edogawa Ranpo, il più noto giapponese di sempre. Edogawa Ranpo (al secolo, Taro Hirai), grande ammiratore degli scrittori di gialli occidentali, specialmente di Edgar Allan Poe, ha scelto lo pseudonimo Edogawa Ranpo che è infatti la trasposizione fonetica del nome di Poe (Edogav- aran- po).

Tokyo anni ' 20. Una pensione giapponese. Un uomo annoiato e senza stimoli, che pensa di farla finita, scopre per caso un buco sul soffitto. Questo porta al sottotetto, da dove potrà spiare tutti gli altri inquilini senza essere visto e che gli farà scoprire le perversioni segrete di ognuno, o semplicemente la loro vera natura e le loro abitudini private. La curiosità sconfinerà presto nel delitto.

Tra gli altri, il guardone spia Lady Minako (un’aristocratica sposata con un uomo molto più anziano di lei), che è solita recarsi nella pensione per incontrare i suoi amanti, durante un incontro con uno di essi che ha fatto travestire da clown. La donna al culmine dell’eccitazione uccide l’amante, e da quel momento il nostro protagonista diviene ossessionato da lei, ma lei si è accorta di essere spiata e da quel momento tra i due si instaura una relazione che tira fuori il peggio da tutti e due, uno strano legame che è simboleggiato dal disegno, identico, che entrambi si fanno dipingere sul corpo nudo. Anime gemelle, i due si dedicano ad omicidi fino all’epilogo di sapore biblico. Ho trovato la scena finale forse la cosa più bizzarra del film: una donna a seno nudo (la cameriera che lavorava nella pensione?) sulle macerie pompa acqua, ma dalla terra sgorga sangue, forse una metafora sul male che sopravvive anche alla morte e sul suo potere di contaminare.

“Watcher in the Attic” incute un senso di morbosità quasi indecente nello smascherare la facciata segreta delle persone dall'aspetto rispettabile, che diventano dubbie una volta calato il sole. La trama si sviluppa nell’arco di 75 minuti, buona parte dei quali spesi in lunghe e monotone scene di amplesso. La sceneggiatura è scarna. Il ritmo lento. Non si può certo parlare di un capolavoro ma nel complesso “Watcher in the Attic” si lascia guardare ed è un buon inizio per chi vuole avvicinarsi al mondo oscuro di Edogawa Ranpo.

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