mercoledì 28 dicembre 2011

Go Go Second Time Virgin

Mio padre si suicidò con la sua amante. Mia madre si suicidò quando avevo nove anni. So che le persone si amano e si uccidono. Ma perché mia madre si impiccò? Lo capii a dodici anni. Mia madre era solo triste e sola. Ha detto che avrebbe ucciso se stessa per la rabbia che provava per papà. Sembrava che fosse un doppio suicidio.

Riuscire a descrivere il degrado morale della società in poco più di un’ora. Metterci dentro solitudine, rassegnazione, violenza, abusi, immoralità, ferocia, sesso e  morte. Lo ha fatto Kōji Wakamatsu (若松孝二) con il suo Go, Go, Second Time Virgin (ゆけゆけ二度目の処女 Yuke Yuke Nidome no Shojo), girato in soli quattro giorni nel 1969, con un budget ridottissimo, su un set ristretto quale può essere il tetto di un palazzo di sette piani, uguale a tanti altri, nella periferia di Tokyo.
E’  su questo tetto che viene trascinata e stuprata da un gruppo di teppisti la nostra protagonista, Poppo (interpretata da Mimi Kozakura). Ma non è lo strupro la vera violenza che subisce Poppo. Lo strupro è solo un passaggio obbligato che si ripete nel destino della giovane. “E’ la seconda volta che vengo stuprata. Anche mia madre fu stuprata da una gang, e da quello stupro nacqui io” dice Poppo ad un certo punto.

venerdì 9 dicembre 2011

La musica di Erich Zann

Ho consultato con la massima attenzione le mappe della città, ma non ho mai più ritrovato la Rue d'Auseil. Non mi sono limitato a esaminare le carte moderne: so bene che i nomi cambiano; ho riesumato anche i documenti più antichi, ed ho esplorato di persona tutte le strade che, indipendentemente dal nome, potevano corrispondere alla Rue d'Auseil. Malgrado tutti i miei sforzi, mi son dovuto confrontare con la mortificante conclusione che ero incapace di trovare la casa, la strada e neppure il quartiere dove, negli ultimi mesi della mia squallida esistenza alla Facoltà di Metafisica, avevo udito la musica di Erich Zann.

Per Lovecraft i suoi sogni rappresentavano lo spunto di partenza per scrivere una nuova opera. Uno dei suoi racconti più noti infatti, La musica di Erich Zann, nasce proprio da numerose esperienze oniriche, varie e frammentate, che sono state poi riunite in un insieme coerente e dotato di senso compiuto. Una di queste esperienze è quella che mi ha spinto a scrivere questo post. A quanti, come me, è capitato di sognare di muoversi in un ambiente (solo apparentemente) familiare ma che presenta alcune sostanziali differenze dalla realtà, al punto che si è perfettamente consapevoli che si sta vivendo in un sogno? Il protagonista del racconto, un giovane studente universitario, vaga per le strade di una città francese (probabilmente Parigi) alla ricerca della perduta Rue d'Auseil. Io nei miei sogni vago per la città dove sono cresciuto, che forse non sarà affascinante come Parigi, ma è decisamente intrigante per me.

martedì 6 dicembre 2011

Posthumous Silence

Heat grows cold, light becomes dark, and the dust returns to the earth as it was.

Una ragazza morta suicida. Un diario come unica testimonianza di una vita dura, piena di paure e di ostacoli impossibili da superare. Un diario, come unica testimonianza del dramma, lasciato al padre a giustificazione del gesto. Un padre sconvolto dal dolore che trova il diario e leggendolo, per la prima volta, si rende conto dei drammi che hanno portato la figlia alla scelta finale. Leggere le parole della propria piccola, ormai perduta, è qualcosa di devastante.
 
In the quietness of my silent walls where the shadows play the dance of you. All around me – where each part once told your life. Where the window still reflects your smile. Still I feel you, still I’m trapped within our time. Wondering vainly – why you left, my child. When my fingers start to open your bequest. Clutching tightly the lifeless book you left … for me.

venerdì 25 novembre 2011

Morire di esorcismo

Oggi non è fiction l'argomento di cui scriverò. Non è la mia solita recensione di un film o di un libro, non è un post incentrato su un mito o di una leggenda. non è nulla di tutto questo. Quello che riporterò, per quanto incredibile, è un fatto di cronaca avvenuto in Giappone lo scorso agosto. Ho deciso di catalogare l'argomento di oggi sotto l'etichetta "Crimini", perché è di questo esattamente ciò di cui stiamo parlando, più che di "Follia" come si potrebbe pensare in prima istanza. Il fatto è avvenuto nella prefettura di Kumamoto, un'isola meridionale del Kyushu, ed è stato riportato sul sito internet del quotidiano locale Yomiuri Shimbun. Protagonisti della vicenda una ragazzina di 13 anni, Tomomi, e i suoi due carnefici, il cinquantenne Atsushi Maishgi, padre della stessa, e il cinquantaseienne Kazuaki Kinoshita, monaco di una setta pseudo-buddista conosciuta col nome di Nakayama Shingo-Shoushuu.

martedì 22 novembre 2011

A Snake of June

Ancora cinema. Ancora Giappone. Torno un'altra volta sul fenomeno conosciuto come Pinku Eiga, tentando una recensione di uno dei capolavori assoluti di questo genere: il "Serpente di Giugno" (六月の蛇, Rokugatsu No Hebi - A Snake of June), che fu premiato nel 2002 al festival di Venezia nel Concorso Controcorrente, ottenendo il Premio Speciale della Giuria. 

Il Pinku Eiga  (ピンク映画), Film Rosa), l'ho già detto altre volte e qui lo ridico, è una categoria specifica del cinema giapponese, corrispondente in modo grossolano all’idea di un film soft-core a basso costo prodotto ai margini dell’industria cinematografica. I Pinku Eiga hanno spesso raggiunto risultati di elevato spessore artistico, sia per quanto riguarda la critica sociale e la provocazione che per il loro ruolo di palestra formativa per cineasti indipendenti, i quali, in più di un’occasione, hanno orgogliosamente rivendicato il valore sovversivo e sperimentale del loro lavoro. Dopo una battuta d'arresto sofferta dal genere Pinku all'inizio degli anni Ottanta, molte case indipendenti hanno iniziato un nuovo ciclo di film erotico che strizza l'occhio alla avant-garde, quella corrente artistica che rifiuta i canoni, i modelli e i generi tradizionali. In A Snake of June, opponendosi al senso comune, al banale, la dimensione erotica deriva dalla qualità emotiva piuttosto che dagli aspetti puramente carnali.

lunedì 21 novembre 2011

Yokai Monsters

This is a One Hundred Stories social gathering. Every time one story ends, one candle is meant to be put out. There is an old saying in which, when the last light is put out, an apparition will make an appearance. At the end of the gathering, it is customary to participate in the curse eliminating ritual.



Altre volte in questo blog ho parlato degli yōkai o yōukai (妖怪), creature mitologiche giapponesi, il cui termine dovrebbe tradursi come “apparizioni (kai) che attraggono (you)”. Spesso e volentieri il termine è genericamente semplicato con “dèmoni” (e di fatto alcuni di essi lo sono) ma più precisamente si riferisce a una miriade di esseri bizzarri e grotteschi che sembrano molto più propensi a fare scherzi burloni che a nuocere seriamente. Parlando di yōkai avrò senz’altro già ammesso in passato che poco essi hanno a che fare con la logica di questo blog (che dovrebbe teoricamente essere incentrato sul gotico) ma come credo sia ormai evidente, la mia passione per il folklore e per la cultura orientale, giapponese in particolare, mi spinge a fare delle eccezioni. Questa è una di quelle.

lunedì 7 novembre 2011

Villisca Axe Murder

Villisca, Iowa, 10 giugno 1912. E’ da poco passata la mezzanotte nella piccola cittadina del Midwest. La casa della famiglia Moore è avvolta nel silenzio e nelle tenebre. I suoi abitanti si sono già ritirati per la notte nelle loro rispettive stanze. Un’ombra si introduce in casa. Impugna un ascia. Quello che si materializzerà da lì a poco tra quelle mura sarà l’inferno. Otto persone, due adulti e sei bambini, verranno sorpresi nel sonno. Nessuno avrà il tempo di rendersi conto del pericolo. Verranno trovati la mattina successiva nei loro letti. Sangue ovunque, sui mobili, sulle pareti. L’assassino non fu mai identificato. L’episodio passò alla storia come il Villisca Axe Murder, uno dei delitti più orribili della storia americana del secolo scorso. Da quel giorno, per molto tempo, la tranquilla vita del paese cambiò drasticamente. Gli abitanti rinforzarono le serrature delle proprie case. I componenti delle famiglie del circondario si organizzarono per rimanere svegli a turno durante le lunghe notti, a protezione del sonno degli altri. Nessuno andava più in giro disarmato.

martedì 1 novembre 2011

The Doomed to Loneliness

The "DOOMed to Loneliness" è il primo full-lenght autoprodotto, datato 2009, di una band sconosciuta (stavo per dire "semi-sconosciuta" ma non saprei come giustificare il prefisso) proveniente da un altrettanto sconosciuta Repubblica russa chiamata Karačaj-Circassia, sita sul versante nord-occidentale della catena del Caucaso.
A proposito dei Sacratus, questo il nome della band, non si trovano grandi informazioni in rete, se non che si sarebbero formati nel 2002 sulle ceneri dei Dolos Al Reves, nome di un superfluo progetto che ha al suo attivo un solo demo (Blackness White) sul quale, tra l'altro ritroviamo, in un formato un po' più grezzo, alcuni brani presenti in questo "Doomed".
Il genere con cui la band si autodefinisce è Doom/Death Metal. Sinceramente di Doom qui se ne vede poco e di Death ancora meno. Ma tutto sommato trovare una definizione corretta per l'offerta dei Sacratus è un bel dilemma, per cui lascerei per buona la loro lettura.
Ho ascoltato questo disco diverse volte negli ultimi giorni. Ad un primo ascolto l'ho trovato insopportabile ma, dopo un po' sono riuscito a cogliere qualche aspetto positivo, il che mi ha portato a scrivere le mie impressioni su questo blog.

mercoledì 26 ottobre 2011

Kakashi

Kakashi nasce dalla fantasia di Ito Junji (伊藤潤二), uno dei più famosi autori di manga-horror giapponesi, divenuto precocemente famoso grazie alla sua opera prima, un'agghiacciante racconto intitolato  Tomie (富江), divenuto poi cult e saga di successo ispirando addirittura otto film. "La peculiarità della narrazione di Ito Junji è di mostrare eventi imprevedibili e sconcertanti che scaturiscono da situazioni normali e 'deviazioni' che si manifestano in forme inconcepibili e traumatizzanti. Ogni tentativo di dare un senso a tali eventi non fa che accelerare il passo dell'incauto razioncinatore verso la follia" (Citazione tratta dalla biografia dell'autore nel volume di Tomie - Hazard Edizioni).
Il manga è divenuto ben presto (nello stesso anno della sua realizzazione, il 2001) anche un film, diretto da Norio Tsuruta (鶴田法男),  lo stesso regista del visionario Premonition (予言, Yogen) e del superfluo Ring 0: Birthday (リング0 バースデイ Ringu 0: Bāsudei).

La storia ha il grosso merito di introdurci la leggenda del Kakashi che altro non è se non lo spaventapasseri, queste strane e bizzarre figure a braccia aperte, vestite di vecchi abiti dismessi, che piazzate in mezzo alle coltivazioni, avevano un tempo il compito di spaventare non tanto gli innocenti passeri, quanto i corvi (come rende meglio il termine inglese Scarecrow). Erano, quindi, l’evidente testimonianza della lotto dell’uomo contro i pericoli della natura rispetto al bene più prezioso di cui disponeva per assicurare il sostentamento della famiglia. Gli spaventapasseri hanno ispirato nei secoli fiabe, miti e leggende, non limitandosi quindi al loro compito anti-volatili, bensì rappresentando un potente amuleto contro gli spiriti e le forze del male.

giovedì 20 ottobre 2011

Il fantasma di Edward Jenner

Jenner Museum, Berkeley, Gloucestershire (UK). Un reporter della BBC scatta una foto per un servizio fotografico. Quando controlla la pellicola appare la nitida figura di un fantasma.
L'immagine, della quale un particolare è riprodotto qui a lato, mostra una strana figura antropomorfa, apparentemente seduta su una sedia posta tra due letti oltre una soglia. L'apparizione, come é accaduto in molti altri casi, è visibile solo nell'immagine catturata dalla fotocamera e non era percepibile ad occhio nudo nel momento dello scatto.

Normalmente sono molto restio a credere a queste cose. Con questo non voglio dire che non credo nell'esistenza di fenomeni che non siamo in grado di spiegare. Noi uomini siamo troppo piccoli e stupidi per poter cogliere la vera essenza del mondo che ci circonda. Credo tuttavia che, almeno nel 99% dei casi, questo genere di affermazioni circa il paranormale, si tratti di pura idiozia.

giovedì 13 ottobre 2011

Fall, obsidian night

Era forse inevitabile che dopo la mia piccola analisi di qualche giorno fa dell’album Bleak Silver Stream dei Lethian Dreams, fosse giunto il momento di parlare di quest’altra band, i Remembrance. Definire i Remembrance “un’altra band” fa un po’ sorridere, visto che ritroviamo sotto questo monicker nientemeno che il buon Mathieu Sachs e l’eclettica Carline Van Roos (quest’ultima, un po’ come il prezzemolo, la ritroviamo anche in un progetto solista chiamato Aythis).
La proposta dei Remembrance, inutile dirlo, è quella del Doom ma qui di Funeral Doom non c’è alcuna traccia. Troviamo invece delle forti influenze Gothic, il cui merito va alla voce eterea di Carline e ad una buona dose di varietà ritmica che rende il lavoro nel suo complesso una piccola perla nell’oceano underground di produzioni mediocri di cui, ahimè, è saturo il genere.

mercoledì 5 ottobre 2011

Bleak Silver Stream

Succede spesso così: basta una bella copertina per attirare la mia curiosità. Non è senza vergogna che mi ritengo una vittima del marketing. Spendo i miei soldi a istinto, mi faccio trascinare dalle emozioni e il più delle volte non ottengo quello che spero di ottenere. Basterebbe invece così poco: una piccola ricerca sul web, per esempio, perlomeno per capire se ciò che ha attirato la mia attenzione merita effettivamente i miei sforzi.
Il più delle volte mi va male, come dicevo, ma non è stato certo questo il caso di "Bleak Silver Stream", primo (e tuttora unico) album di un gruppo francese che si fa chiamare "Lethian Dreams".
Il genere musicale che i Lethian Dreams rappresentano è comunque evidente dalla copertina stessa: stiamo parlando di Doom, anzi in questo caso di Ethereal/Atmospheric Doom. A quei pochi che non hanno la minima idea di quello di cui sto parlando l'invito è a cercare altrove in rete, tipo su wikipedia, o ad ascoltare su YouTube qualcosa dei maestri del genere, tipo My Dying Bride, Solitude Aeternus o Candelmass

martedì 4 ottobre 2011

Il George Hotel di Crawley

Di passaggio da Londra una sera, ho il problema di trovare un posto per dormire che non sia troppo distante logisticamente dall'aeroporto di Gatwich.
Noleggio un auto e mi dirigo verso la cittadina di Crawley, pochi chilometri più a sud. La scelta è tutt'altro che casuale. Ho deciso di passare una notte da brivido al George Inn, uno dei luoghi più infestati dai fantasmi in tutto il West Sussex.
La zona è stata abitata fin dai tempi dell'Età della Pietra ed era un centro di produzione del ferro sin dall'età degli Antichi Romani. Nel V secolo i Sassoni chiamarono la zona Crow's Leah - che significa: radura infestata dai corvi, oppure bosco dei corvi. Il nome attuale è evidentemente una derivazione proprio dal termine Crow's Leah.
Nulla a che fare quindi con Aleister Crowley, come qualcuno sicuramente avrà già immaginato, anche se non è da escludere che il cognome del celebre occultista britannico possa avere la medesima etimologia.

mercoledì 7 settembre 2011

Empty Rooms

Empty Room (空き部屋, Akibeya) conosciuto anche con il titolo di Apartment Wife: Moans from Next Door (団地妻 隣りのあえぎ, Danchi-zuma: tonari no aegi) fa parte di quel filone di film softcore giapponesi denominati Pinku Eiga, di cui ho già parlato tempo fa nella mia recensione di Watcher in the Attic di Noboru Tanaka.
Oltre 5000 pellicole di questo genere sono state girate dagli anni '60 ad oggi, di cui solo una dozzina importante in DVD nei mercati di lingua inglese. Questo dà un po' il senso delle dimensioni del fenomeno.

In realtà, in questo caso, classificare il lavoro del cinquantenne regista Toshiki Satō (サトウトシキ) come Pinku Eiga è un po' limitativo. Affronta temi importanti come la solitudine, la mancanza di coraggio a troncare una relazione ormai esaurita, la violenza domestica, l'amore clandestino, i sensi di colpa. Il tutto in un'ambientazione molto spoglia, claustrofobica, angosciante, degradante. Il sesso è ovviamente presente, a volte addirittura un poco esplicito, sebbene mai effettivamente fastidioso.

mercoledì 31 agosto 2011

Gothic & Lolita Psycho

Gosurori shokei-nin (ゴスロリ処刑人, Gothic & Lolita Psycho) fa parte di quel filone di film giapponesi, molto in voga negli ultimi anni, che definirei come “action ultragore manga-style horror”. Si tratta di un genere di film a budget inesistente, realizzati in pochi giorni a tappe forzate ma con molta autoironia, che quasi sempre affronta uno dei più classici temi del cinema giapponese: quello della vendetta al femminile in stile Lady Snowblood (per chi non avesse confidenza con il cinema orientale possiamo invece citare ad esempio Kill Bill di Tarantino, che presenta innumerevoli e tutt’altro che casuali analogie con Lady Snowblood).

Caratteristica comune di questi film è quello che viene dopo: poco o nulla. Solo azione, acrobazie, combattimenti, dialoghi da celebrolesi, litri di sangue finto… e tante risate. Si, risate. L'uso smodato di sangue è così assurdo da essere al di fuori da ogni logica. Ma è proprio questo il bello di questo genere di cinema: il film va visto lasciandosi alle spalle qualsiasi pretesa di verosimiglianza. Il genere è assolutamente inadatto a coloro che non sanno riconoscerene la leggerezza. Non cercate concetti profondi, dialoghi brillanti o significati reconditi. Tutto questo qui non c'è.

venerdì 26 agosto 2011

Face of Another

“I am buried alive.”. Così dice Okuyama, il protagonista di “The Face of Another” (他人の顔, Tanin no kao, 1966), nei primi minuti del film.
Si riferisce al fatto che è costretto a portare perennemente delle bende sul viso per nascondere le ustioni che lo deturpano, causate da un non meglio precisato incidente sul lavoro.

Anche fuori contesto, come affermazione è molto forte. Sarà per questo che mi è rimasta in mente più di altre. Come forse la maggior parte delle persone di aspetto “normale”, non avevo mai riflettuto veramente su cosa può voler dire avere il volto sfigurato. Ovvero non avere più un volto e sentire il bisogno di nascondersi dagli sguardi altrui. È il viso che volgiamo al mondo, quindi ci identifichiamo nel nostro viso e il viso, inutile negarlo, è la prima cosa che guardiamo nel prossimo e che ci fa decidere all’istante se una persona ci piace o meno.

domenica 21 agosto 2011

Hwaseong Murders

Tra le migliaia di serial killers che si sono avvicendati su questo mondo, spargendo sangue e terrore un po' ovunque nei cinque continenti, le imprese di uno in particolare sono ancora avvolte nel mistero. Non solo perché lo stesso caso è rimasto irrisolto ma anche perché sul web non vi si trovano che pochi brevi accenni.

Il "Thursday Night Killer", anche conosciuto come "Rainy Night Killer", (proprio perché colpiva solo di giovedì, e solo nelle notti di pioggia) iniziò la sua carriera omicida nell'ottobre del 1986 e proseguì indisturbato il suo macabro lavoro fino all'aprile del 1991, lasciando dietro di sè 9 vittime, tutte donne, scegliendole apparentemente a caso (spaziava dalle adolescenti alle anziane). L'unico collegamento tra le vittime sembra fosse il loro abbigliamento: si dice che tutte indossassero qualcosa di rosso (ma forse questo particolare è più una leggenda metropolitana che un fatto documentato).

venerdì 19 agosto 2011

I fantasmi di Netley

Esattamente un anno fa, di passaggio nel sud dell’Inghilterra, ci recammo a visitare le rovine dell’abbazia di Netley, nel villaggio omonimo, non molto lontano dalla città di Southampton, nella regione dell’Hampshire.
La “location” fu sorprendente: a pochi passi da una statale trovammo questa meravigliosa oasi di pace, un vasto prato sul quale sorgevano le rovine di questo monastero medievale, tra le meglio conservate d’Inghilterra.
La giornata era grigia, ma non ci scoraggiammo e in qualche raro momento il sole caldo a dispetto della brezza ci consentì anche di girare in maniche corte. Oltre a pochi turisti, trovammo famiglie inglesi “a passeggio” e un gruppo di ragazzi impegnati in una partita di pallone. All’inizio la cosa ci infastidì, perché ci sembrò che stonasse con la solennità del luogo, ma man mano che ci addentrammo tra le rovine e ci immergemmo in quell’atmosfera così suggestiva, non ci facemmo quasi più caso. Purtroppo di lì a breve ci si scaricò la batteria della reflex, quindi riuscimmo a fare pochissime foto del sito, che ho pubblicato qui.

domenica 14 agosto 2011

Mushroom People

Sette persone, a bordo di una barca a vela, raggiungono un'isola sconosciuta dopo una tempesta. L'equipaggio è composto dal professor Murai, dalla sua ragazza Akiko, dall'uomo d'affari Kasai e dalla fidanzata Mami, da un esperto velista, Sakura, dallo scrittore Yoshida e da un marinaio. Una tempesta danneggia l’imbarcazione e la sospinge su un’isola deserta: alla ricerca di cibo, i sette naufraghi scoprono il relitto di una nave. Non c’è però traccia dell’equipaggio originario. Spinti presto dall’impulso della fame, i naufraghi scendono a terra e scoprono nel folto della foresta delle inquietanti distese di funghi (della specie “Matango”, come si scoprirà). Una delle donne del gruppo assaggia il frutto del sottobosco e, trasformatasi a sua volta in una mostruosa creatura fungoide, come una novella Eva cercherà di attirare nella medesima trappola gli altri compagni.

Questo in breve è il plot di “Matango” (マタンゴ), film del 1963 conosciuto anche con il geniale titolo di “The Attack of Mushroom People”. La sceneggiatura, scritta da Takeshi Kimura, è ispirata ad un racconto breve del 1907 scritto da William Hope Hodgson, un vero classico della fantascienza dal titolo “La voce nella notte” (The voice in the night).

mercoledì 10 agosto 2011

Il rinnegamento di San Pietro

“I fiori del male” di Charles Baudelaire. Chi non li conosce? Credo non esista persona che non abbia mai, se non letto, almeno sfogliato quest’opera, che peraltro è talmente vasta da fornire materiale di riflessione – e discussione – pressoché infinito.

Sono certo che ognuno ha le sue preferenze personali, e naturalmente anch’io ho le mie. Ma a parte le poesie più famose (Spleen, Il gatto, L’albatro…), ce n’è una in particolare alla quale ho pensato e ripensato fin da quando la lessi per la prima volta da ragazzino. Era il periodo della ribellione, quella nel quale tutte le incongruenze della religione cattolica nella quale sono cresciuto mi balzavano all’occhio per la prima volta e le domande insoddisfatte mi spingevano a cercare risposte anche tramite vie poco ortodosse. E quale migliore ispirazione avrei potuto trovare se non nell’opera omnia del poeta maledetto per eccellenza, e in particolare in una sezione intitolata La rivolta? Ecco quindi qui di seguito Il rinnegamento di San Pietro (sebbene l’originale in francese sia infinitamente migliore, come tutta l’opera del resto… molto si è perso nella traduzione, oltre alle rime).

martedì 9 agosto 2011

The Insect Woman

The Insect Woman (にっぽん昆虫記, Nippon Konchūki), conosciuto anche con il singolare titolo di "Cronache entomologiche del Giappone" (chissà chi l’ha inventato…), è un film del 1963 diretto dal regista e sceneggiatore giapponese Shōhei Imamura (1926-2006), che sarà anche l'autore 20 anni più tardi del capolavoro "La ballata di Narayama". Presentato l'anno successivo al 14° festival del Cinema di Berlino, "The Insect Woman" si fregiò dell'Orso d'Argento, grazie all'interpretazione della brava Sachiko Hidari (1930-2001), che ottenne il riconoscimento quale migliore attrice protagonista della rassegna.
Il film è distribuito da Criterion assieme ad altri due film di Imamura, “Intentions of Murder” e “Pigs and Battleships”, in un interessante cofanetto intitolato “Pigs, Pimps, and Prostitutes.”

Tome nasce nel 1918 in una povera comunità di campagna e fin da piccola vive in promiscuità con il padre Chuji, che l’altro è mentalmente disturbato, con l’esplicita approvazione della madre (la quale a sua volta, fuori casa, sessualmente è altrettanto promiscua). Ancora giovanissima diviene l’amante dell’uomo per cui lavora, mentre sullo sfondo la seconda guerra mondiale infuria.

mercoledì 27 luglio 2011

A porta inferi

Mi è venuta in mente in questi giorni una cosa che mi diceva sempre mia madre quando dicevo o facevo una stupidata e voleva mandarmi a quel paese. Mi diceva “Ma va’ a Porta Infari”. Ho voluto cercare di capire cosa intendesse e ho raccolto qualche notizia qua e là. Innanzitutto la mia memoria mi ingannava o forse era mia madre a storpiare la parola “Inferi” con “Infari”. La frase avrebbe dovuto essere infatti “Ma và a Porta Inferi”.

Porta Inferi è naturalmente la soglia infernale (diciamo quindi che più che "a quel paese" mia madre intendeva "mandarmi al diavolo") e per trovarne dei riferimenti bisogna avventurarsi nell'intricato mondo della religione cattolica, dove si scoprono sempre tante cose interessanti.

Chi ha letto il mio post di qualche mese fa, dedicato all'allucinante storia di Papa Formoso, potrà leggere dell'ironia nella frase precedente. Io effettivamente non sono uomo di fede. Solo solamente una persona curiosa, a cui basta un piccolo spunto per prendere e partire, per approfondire e capire (o perlomeno cercare di farlo). In questo caso mi devo avventurare in alcuni passi biblici che, se letti con occhi analitici (privi cioè delle classiche fette di salame) possono rivelare cose... interessanti. Sì, lo so, ho già usato prima l'aggettivo "interessante". Avrei potuto usarne un altro ma preferisco così.

lunedì 25 luglio 2011

Dark Places

I have a meanness inside me, real as an organ. - "Ho della cattiveria in me, reale come un organo. Mi dilania il ventre e può scivolare a terra, carnosa e scura, tanto da poterla calpestare. E’ il sangue dei Day. Ha qualcosa che non va. Non sono mai stata una brava bambina e sono peggiorata dopo gli omicidi. Libby l’orfanella è cresciuta apatica e smidollata, trascinandosi a fatica da un gruppo di lontani parenti all’altro – secondi cugini, prozie, amici di amici -, rinchiusa in una serie di roulotte o fattorie fatiscenti in giro per il Kansas. …”.
Questo è l'incipit di "Dark Places", in italiano edito da Piemme con il titolo "Nei luoghi oscuri", che ho avuto l’occasione di leggere, nella versione originale inglese, in queste caldi giornate di luglio.
L’autrice è Gillian Flynn, già autrice del pluripremiato “Sharp Objects”, che ci racconta, in una trascinante postfazione, di essere cresciuta a Kansas City, nel Missouri, “dove in 20 minuti di macchina si arriva in aperta campagna, fra campi coltivati a granturco e frumento”. Per saperne di più vi rimando al sito ufficiale dell’autrice.

venerdì 22 luglio 2011

La villa del bambino urlante

Mi capita talvolta di passare da Torino. A volte per lavoro, altre volte semplicemente per il semplice gusto di passare qualche ora tra le vie del centro. Torino è una città affascinante, specie nelle serate d’inverno, con la nebbia, con i tram che sferragliano sulle strade, con la gente frettolosa che sparisce negli androni di via Vanchiglia, che si ferma a prendere un caffè sotto i portici di piazza San Carlo, che si accoda annoiata ai semafori di Corso Belgio o di Corso Regina Margherita, gente che affitta camere nei piccoli alberghetti attorno alla stazione di Porta Nuova o solitari spettatori dei cinema d’essai di periferia. Tutte cose apparentemente normali ma che a Torino contribuiscono a rendere l’atmosfera un po’ sinistra, dandomi quel senso di leggera oppressione e di indefinito disagio che tutto sommato appare piacevole. Per che vivo da tutt’altra parte Torino è come una calamita. Difficile non rimanerne attratti.
Torino d’altra parte è universalmente nota come la città dei misteri, la città delle streghe, la porta d’accesso a mondi sconosciuti. Non sto parlando solo della famosa leggenda che indicherebbe l’accesso agli inferi essere in corrispondenza del monumento sito al centro di Piazza Statuto. Si tratta di altro. Tutto un insieme di piccoli segnali, di strane forme, di bizzarre figure che si possono incrociare ad ogni angolo. Impossibile spiegare. Forse è solo una cosa mia… mah.

mercoledì 29 giugno 2011

A World Without Heroes

Era il 1981. Mese di novembre. Avevo 14 anni e a fatica riuscivo a mettere insieme qualche soldino per acquistare i dischi dei miei gruppi preferiti di allora. Ero molto giovane e, tenendo conto del periodo storico, non vi erano molte opportunità di ascoltare qualcosa di diverso da quello che ti propinavano i media. Come molti miei coetanei si ricorderanno, quello era il periodo in cui una band più di altre era riuscita ad esaltare il nostro immaginario. Sto parlando dei KISS, naturalmente. Solo pochi anni prima tutto il mondo venne a conoscenza della loro esistenza, grazie all’album “Dynasty” (1978) con il quale la band statunitense travolse tutto e tutti. Dalle nostre parti tutto era “KISS”, a partire dagli adesivi transriflettenti (si dice così?) applicati sui motorini (adesivi citati anni dopo da J-Ax in un suo famoso pezzo), fino al trucco pesante applicato sui nostri stessi volti nei giorni di carnevale. Era tutto molto thrash ma mi piaceva. Tra l’altro era anche il periodo in cui uscì al cinema quella grossa ciofeca di Kiss Meets the Phantom of the Park (giunto in Italia come “Kiss Phantom”) e di cui io posso oggi vantami di essere stato uno dei pochi sventurati spettatori presenti nel cinema del mio paese (in poche parole, i segnali c’erano, bastava solo interpretarli).

lunedì 27 giugno 2011

Hanako-san

Sono venuto a conoscenza della leggenda di Hanako (come al solito) guardando un film horror giapponese. Si tratta di “Toire no Hanako-San” (anche conosciuto come “Mistery School”).
L’idea del film è molto semplice: tre amici di infanzia si ritrovano nella stessa classe il primo giorno di scuola delle superiori. Satomi, una tra queste, ha perso una sorella che non ha mai dimenticato, scomparsa proprio tra le mura scolastiche. Contemporaneamente, tra gli studenti, comincia a circolare una leggenda urbana riguardante Hanako, la ragazza fantasma che infesta i bagni della scuola.
Hanako, il fantasma della toilette, è divenuto un fenomeno nazionale in Giappone a partire dagli anni Novanta, quando la notizia di una serie di avvistamenti di spettri cominciò a circolare nelle scuole, tanto che sono parecchi coloro che, ancora oggi, non osano più avventurarsi da soli nei bagni scolastici.

martedì 14 giugno 2011

Black Swan

Oggi ho avuto per la prima volta la sensazione che questo si stia trasformando lentamente in un blog sul cinema, cosa che non era nelle mie intenzioni. A mia discolpa posso dire che di solito è molto più semplice parlare di un film che di un libro, tanto per fare un esempio... Ma non divaghiamo. Finalmente qualche giorno fa ho visto Black Swan: l’intenzione era di vederlo al cinema, ma purtroppo non ce l’ho fatta e allora mi è toccato vederlo sullo schermo molto più piccolo della mia tv, pazienza…

Nina Sayers (una intensa Natalie Portman) è una ballerina classica che fa parte del New York City Ballet e un bel giorno, contro ogni previsione, viene scelta dal direttore/coreografo Thomas Leroy (Vincent Cassel) per interpretare il ruolo di protagonista ne “Il lago dei cigni”. Tecnicamente la ragazza è una ballerina valida, ma emotivamente è fragile, tuttavia Thomas è convinto che abbia le potenzialità per riuscire e decide di darle un’occasione, anche perché è attratto da lei. La dolce e candida Nina infatti è perfetta per incarnare il cigno bianco, ma è totalmente priva della sensualità e della grinta necessarie per interpretare il cigno nero. Da questo punto in avanti - se il trailer del film e la descrizione della trama non avessero già fornito sufficienti indizi in precedenza… – diventa chiaro che questo non è affatto un film sul balletto, ma piuttosto un thriller/dramma psicologico dalle atmosfere dark molto coinvolgenti. A questo punto mi concedo una digressione su “Il Lago dei cigni”, la cui conoscenza è necessaria per comprendere la “sfida” di Nina…

lunedì 13 giugno 2011

The Smell

Nella mia casa c’è una stanza che per motivi personali ho sempre tenuto chiusa. E’ al piano terra e suppongo che un tempo dovesse fungere da sala da pranzo, anche se adesso la uso come magazzino per le scatole che contengono gli oggetti inerenti il mio lavoro. Ho un camino ampio e due finestre che danno sul muro di confine della mia proprietà. Le imposte delle predette finestre rimangono chiuse e i pochi mobili della stanza sono coperti da lenzuoli.

Questo è l’incipit di “The Smell" (L’odore), un racconto breve di Patrick McGrath che ho trovato in un libro dimenticato da tempo, lì ignorato a prendere polvere da anni in casa mia.

giovedì 9 giugno 2011

Monache senza volto

In provincia di Varese, in località Torba, si trova un complesso monastico immerso nel verde, molto interessante e che vale la pena visitare se si passa da quelle parti e si hanno un paio d’ore libere. La cosa interessante è la presenza di un affresco inquietante. Il soggetto rappresenta otto monache, l’una a fianco all’altra. Nulla di strano, visto che siamo in un monastero, ma la curiosità è che alcune di queste sono prive di volto ! Tra l’altro i volti sono di un ovale perfetto, privo di qualsiasi traccia, come se nulla vi fosse mai stato disegnato sopra, come se effettivamente fossero sempre state senza viso. Quindi viene a cadere l’ipotesi che la scomparsa dei tratti somatici sia dovuta alla forte umidità del luogo, che avrebbe dovuto incidere sui volti di tutte le otto figure.
Chi sono le monache senza volto ? Perché qualcuno ha voluto rappresentarle così in un luogo sacro? Sono andato sul posto approfittando del ponte del 2 giugno....

mercoledì 8 giugno 2011

Imprint

Penso conosciate i Masters of Horror, una serie di mediometraggi commissionata dall’emittente americana via cavo Showtime: si tratta di film della durata media di circa un’ora girati da registi horror famosi, quali Don Coscarelli, Tobe Hooper, Lucky McKee, Stuart Gordon, Joe Dante, John McNaughton, Larry Cohen, Takashi Miike, John Carpenter, William Malone, John Landis, Mick Garris e il nostro Dario Argento).

Ebbene, oggi voglio parlare di quello che ad oggi è il mio MoH preferito, ovvero “Imprint” di Takashi Miike (già autore di masterpieces quali Audition, Ichi the killer, Visitor Q ecc.). “Imprint” è il tredicesimo e ultimo episodio della prima stagione, nonché il più controverso. Infatti il lavoro firmato da Takashi Miike in USA ha avuto non pochi problemi con la censura e, malgrado l’operazione “Masters of Horror” si fosse prefissata l’obbligo di lasciare massima libertà creativa agli autori e non effettuare censure, l’episodio diretto da Miike è l’unico che non fu mai trasmesso in quanto giudicato troppo estremo. Sono rimasto perplesso nel constatare che è stato girato in inglese: peccato, guardo sempre volentieri i film giapponesi in lingua giapponese quando posso, perché mi piace il suono della lingua, e poi diciamocelo, il giapponese si sposa perfettamente con le atmosfere oniriche e misteriose. Io comunque mi sono avvalso ugualmente dei sottotitoli…

mercoledì 25 maggio 2011

Papa Formoso

Tutto è pronto per l’inizio del processo. Se, come trama di un racconto, si fosse immaginato di celebrare un processo ad un cadavere forse l’idea sarebbe apparsa stravagante ed eccessiva persino per un romanzo gotico. Invece qui il fatto è vero; ed è storia; il cadavere è quello di una papa; il processo avviene nella basilica lateranense nel gennaio 897. Si processa il cadavere di papa Formoso.

Per l’occasione era stato allestito un apposito trono. Una sorta di tribunale d’inquisizione “ante litteram” di fronte all’altare e dietro ai lunghi banchi coperti da un tessuto rosso che suonava sinistro. La curia giudiziaria si era sistemata ai lati del papa, dall’una e dall’altra parte; conosceva ormai dettagliatamente quali erano le imputazioni a carico dell’accusato. Tutti ne parlavano da tempo. L’alto clero fatto di teologi, cardinali, vescovi, i prelati più importanti della curia e i vescovi venuti da quasi tutta l’Italia erano seduti in appositi stalli, ai lati, lungo la navata. Il banco dei giudici e quello dei prelati riquadravano tre lati dello spazio. Al quarto lato c’era il popolo in piedi e ammassato di fronte al banco dei giudici. Nelle chiese medievali le sedie e gli scanni non erano ancora entrati nelle comuni usanze; nella fila davanti, pigiati come il loglio, c’erano naturalmente i più solleciti e i più curiosi che si erano presi il posto buono.

martedì 24 maggio 2011

Colic

La colica infantile è una sindrome che si verifica durante i primi quattro mesi di vita, caratterizzata da parossismo, pianti eccessivi ed inconsolabili senza una causa identificabile in un bambino in buona salute. Queste crisi di pianto possono essere molto allarmanti e fonte di grande stress per i genitori. Secondo alcuni studi la prevalenza delle coliche nei lattanti varia dal 3% al 40%. Studi precedenti hanno riscontrato che tra il 12-20% delle madri sono sconvolte da questo tipo di pianto e si rivolgono ai clinici per far visitare il bambino.

Le cause delle coliche infantili sono ancora sconosciute e non è stato ancora studiato un efficace protocollo per il loro trattamento. Sono state avanzate molte ipotesi sulle cause, che possono essere riassunte in cause organiche e cause comportamentali. Le cause comportamentali sarebbero ascrivibili a criticità nel rapporto madre-figlio, dovute all'ansia della madre. Le cause organiche sarebbero riconducibili ad una anormalità nella funzionalità gastrointestinale o a disordini di tipo allergico.
Non è nemmeno stato chiarito per quale motivo alcuni bambini ne siano colpiti e altri no.

martedì 17 maggio 2011

A Devilish Murder

Un uomo di nome Shi-mak visita una galleria d’arte per vedere una mostra, ma quando arriva trova i muri vuoti e gli spazi deserti. Un custode di passaggio lo informa che la mostra è finita, ma in quel momento scorge un singolo dipinto a olio, appeso a un muro d’angolo. Si ferma di colpo: è il ritratto della moglie morta.

Con questo agghiacciante incipit veniamo introdotti da Yongmin Lee, considerato giustamente il più importante regista horror del cinema coreano degli anni Sessanta, nel film capolavoro “A Devilish Murder”, anche conosciuto con il titolo di “A Bloodthirsty Killer”, il cui titolo originale è “Salinma” (살인마)

Il modello è quello classico del cinema horror coreano (ma anche del cinema asiatico in generale): la storia di una donna ingannata, tradita e uccisa che torna come fantasma a esigere la propria vendetta.

lunedì 16 maggio 2011

La frusta e il corpo

Quando penso a questo film la prima cosa che mi viene in mente è il senso di “oppressione uditiva” che ho provato quando l’ho visto per la prima volta. Eh già, perché il suono ammantava tutto il resto, soprattutto l’onnipresente rumore del vento che come un lupo ululante si udiva ovunque, anche all’interno di stanze chiuse. Magari i dettagli li ho scordati, ma questo è impossibile dimenticarlo, così come i colori accesi e i meravigliosi paesaggi in contrasto con la severità e la cupezza del castello.
La storia è molto semplice, ma efficace: il conte Kurt Menliff fa ritorno al castello di famiglia, da dove era stato cacciato per il coinvolgimento nel suicidio della figlia della governante, per accampare diritti sull’eredità. Infatti, suo padre è malato e ha intenzione di nominare suo unico erede il secondogenito Christian, che tra l’altro ha sposato Nevenka, la donna con la quale Kurt in precedenza aveva avuto una relazione. Il ritorno di Kurt è accolto male da tutti, inclusa Nevenka: ma nonostante la donna professi di odiarlo, in realtà è legata a lui da un torbido rapporto di amore-odio e la loro relazione (esplicitamente sadomasochistica) ben presto riprende.

mercoledì 11 maggio 2011

La vampira veneziana

Anno 1725. Nel villaggio ungherese di Kisolova muore il contadino Peter Plogojovitz. Il fatto sarebbe normale se questa morte non fosse seguita da avvenimenti strani e inquietanti, legati a ciò che il pregiudizio e la superstizione popolare chiamano fenomeno dei “morti masticatori”. L’atmosfera si surriscalda al punto da richiedere l’intervento dell’Ufficiale Imperiale. La situazione sembra però sfuggire di mano: gli abitanti, terrorizzati e inferociti, riesumano e straziano il cadavere, considerato appunto un “morto masticatore” e un vampiro.

Autore del presente scritto è il filosofo Michael Ranft, che riporta questa descrizione nel suo il “De Masticatione Mortuorum in Tumulis”, riguardante l'attività manducatoria nei sepolcri. L’argomento del libro è la leggenda degli “Schmätzende Tode”, i “morti che masticano”, segnalati con una certa frequenza nel XVI  secolo soprattutto nella Germania Orientale, ma anche in Polonia e Boemia.

lunedì 9 maggio 2011

La maschera del demonio

Di questo film, famosissimo, mi riesce difficile scrivere. Non c’è nulla che non sia già stato detto in proposito, ma d’altra parte bisogna pur parlarne se si parla di gotico, dato che in Italia è stato in pratica il capostipite del genere. Per questo film il regista e gli sceneggiatori presero spunto dal racconto “Il Vij” di Gogol', che tratteggiava la figura del vampiro in maniera inconsueta e differente rispetto alla classica figura del Dracula cinematografico.
Si tratta del film d'esordio di Mario Bava, vero padre putativo del cinema horror italiano, colui che ha anticipato i tempi e che ha indicato la strada ai suoi successori, colui che ha valorizzato per primo la bellezza perversa di Barbara Steele che, proprio da questo film, avrebbe iniziato la sua emblematica carriera di eroina nera. Non serve spendere molte parole su Bava in questa sede, talmente è universale il personaggio. Per chi volesse approfondire, rimando all’ottima scheda su Mario Bava in Splatter Container.
Parlerò più che altro del film e di come io l’ho vissuto.

giovedì 5 maggio 2011

Mujina

Nella via Akasaka a Tokyo c’è un pendio chiamato Kii-no-kuni-zaka, che significa il Pendio della Provincia di Kii.
Su un lato di questo pendio si può vedere un antico fossato, profondo e molto largo, con rive verdi che si alzano verso un luogo coperto da giardini, e sull’altro lato della strada si estendono le mura lunghe e alte di un palazzo imperiale. Prima dell’epoca dei lampioni e degli jinrikisha, questa zona era assolutamente deserta dopo il tramonto, e i passanti ritardatari erano disposti a percorrere chilometri fuori della loro strada pur di non salire sul Kii-no-kuni-zaka da soli dopo il tramonto.
Tutto per colpa di un Mujina (1) che aveva l’abitudine di aggirarsi da quelle parti. L’ultimo uomo che aveva visto il Mujina era un vecchio mercante del quartiere Kyobashi, morto circa trent’anni fa. Questa è la storia così come l’ha raccontata.
Una sera, a tarda ora, si stava affrettando su per il Kii-no-kuni-zaka, quando scorse una donna accovacciata presso il fossato, tutta sola, che piangeva amaramente. Temendo che avesse intenzione di affogarsi, si fermò per offrirle aiuto o consolazione per quanto era in suo potere. Sembrava essere una persona esile e graziosa e vestita con gusto, e i capelli erano acconciati come quelli di una ragazza di buona famiglia. «O-jochu!» (2) esclamò avvicinandosi a lei. «O-jochu, non piangere così! Dimmi cosa ti preoccupa, e se c’è un modo per aiutarti, sarò felice di farlo». Dicendo questo era sincero, perché era un uomo molto gentile e disponibile.

mercoledì 4 maggio 2011

La morte in diretta

“La morte in diretta” (La Mort en direct) di Bertrand Tavernier è un film del 1980 tratto dal romanzo di David G. Compton "The continuous Katherine Mortenhoe" (conosciuto anche come "The unsleeping eye" o "Death watch") scritto pochi anni prima, nel 1974, dallo scrittore David G. Compton.

Katherine Mortenhoe (Romy Schneider), una celebre scrittrice, viene informata dal suo medico che le è stata diagnosticata una grave malattia e che le restano circa due mesi di vita. Con la complicità del medico l’incontro viene ripreso da un operatore dell'emittente CNA, e in seguito il produttore televisivo Vincent Ferriman (Harry Dean Stanton) le offre un contratto per avere l'esclusiva della sua malattia e della sua morte e mostrarli durante un programma televisivo chiamato "La morte in diretta". Questo proto reality show è stato programmato con largo anticipo, difatti Vincent in precedenza ha fatto impiantare una micro telecamera negli occhi dell’operatore Roddy (Harvey Keitel) proprio per riprendere la fine di Katherine, e per alimentare l’attesa nel pubblico ha tappezzato la città di manifesti pubblicitari che includono oltre al logo del programma anche una foto di Katherine: inizialmente il volto è irriconoscibile perché sono scoperti soltanto gli occhi, ma in seguito la foto viene mostrata nella sua interezza scatenando l’interesse morboso del pubblico e della stampa.

lunedì 2 maggio 2011

Hanno cambiato faccia

Ecco un film piuttosto singolare che ho visto di recente. È un film del ’71 di Corrado Farina che riprende in maniera originale la figura di Dracula e la traspone ai giorni nostri (beh, negli anni ’70, in realtà). Quello che fa, malinconicamente, sorridere è che quelli che negli anni ‘70 potevano sembrare situazioni al limite del paradossale, oggi più che mai sono divenuti realtà.

Hanno cambiato faccia è una storia di vampiri, tutto sommato, dove la progenie dei Dracula ha imparato a indossare il doppio petto del potere economico e politico e ha saputo ricavarsi nuovi spazi, consolidando il proprio potere e anzi incrementandone la portata in modo esponenziale.

venerdì 29 aprile 2011

Susuk

Ho voluto vedere questo film perché la trama mi incuriosiva, ma in realtà ne parlo non tanto perché mi sia piaciuto, ma perché ha rappresentato l'occasione per sapere qualcosa del Susuk (o charm needles), pratica che non conoscevo.
Il Susuk, che appartiene alla cultura malesiana, consiste nell’inserire degli aghi d’oro nei tessuti del corpo (ad esempio nel mento) con la funzione di talismani, o in alternativa particelle di diamante, mercurio o altri metalli, e anche ingredienti naturali come frutti, foglie di betel, curcuma, ecc.. Il Susuk serve per proteggere da ferite e incidenti, perfino curare piccoli disturbi come i dolori alle articolazioni, ma soprattutto per accrescere la bellezza di chi lo porta e renderlo più attraente e desiderabile, oltre che per favorirne il successo. Il tipo di Susuk e la posizione dove praticarlo si scelgono in base al risultato che si vuole ottenere: ad esempio il Susuk “suara merdu” (mellifluous voice Susuk), una forma di Susuk ayat in cui ingredienti organici vengono inseriti nella zona sotto al mento, serve per migliorare la voce; chi vuole aumentare le proprie prestazioni sessuali può impiantarne uno nell’area pubica, ecc.

mercoledì 27 aprile 2011

Le tre madri

La storia delle Tre Madri comincia all'alba dell'XI secolo, quando tre sorelle crearono la pericolosa arte della stregoneria sulle coste del Mar Nero. Negli anni che seguirono, queste perfide donne vagarono per il mondo accumulando grandi ricchezze e poteri, e seminando morte al loro passaggio.
Nel tardo XIX secolo le donne commissionarono all'architetto italiano Emilio Varelli, che all'epoca viveva a Londra, di progettare e costruire per loro tre dimore, poste in tre luoghi diversi del mondo: Friburgo, Roma e New York. È da queste dimore che le Tre Madri dominano il mondo con il dolore, con le lacrime e con le tenebre. Un amico di Varelli, dopo aver trovato alcuni frammenti del suo diario, scritti in latino, ne fa un libro intitolato "Le Tre Madri": il libro inizia con la precisazione che quanto narrato è tutto reale, e in particolare che l'architetto scoprì troppo tardi la natura malvagia delle tre donne. Le case che egli ha progettato divennero dunque così corrotte che la terra dove erano costruite divenne mortifera e pestilenziale: uno sgradevole e agrodolce odore di malvagità pervade le aree circostanti ciascuna casa.

martedì 26 aprile 2011

Watcher in the Attic

“Watcher in the attic” è un film del 1976 diretto da Noboru Tanaka, arrivato in Italia con il titolo “La casa delle perversioni” (traduzione “libera” dell’originale “Edogawa Ranpo ryoki-kan: Yaneura no sanposha”, il titolo inglese Watcher in the Attic, al contrario, traduce correttamente il titolo del romanzo e del film).
Dovrebbe esistere una versione più recente del film, diretta da Akio Jissoji nel 1993: Almeno questo sembrerebbe consultando l’IMDB. Devo ricordarmi di approfondire la questione.

Il film appartiene al genere dei cosiddetti Pinku Eiga (ピンク映画 Pinku eiga?), o pink film, un genere cinematografico giapponese di contenuto erotico softcore nato alla fine degli anni sessanta e prodotto anche oggi, caratterizzato dal basso costo di produzione e dai tempi brevissimi di realizzazione (solitamente una settimana di riprese). Il Pinku è stato il genere cinematografico che ha mostrato in Giappone per primo negli anni ’70 e ’80 il sesso e la violenza ed è stato per questo spesso considerato il primo filone di sexploitation hardcore/grindcore del Sol Levante.

lunedì 25 aprile 2011

Una stanza chiusa a chiave

L’occasione di un viaggio. Erano anni che questo piccolo volumetto faceva capolino nella mia libreria. Come lui, d’altra parte, centinaia di altri volumi che ho comprato nella speranza di avere il tempo di leggere. Vado a consultare la data di pubblicazione: 1993. Diciotto ani sono passati da quando ho comprato questo libro… Comprato? Forse no.
In copertina trovo scritto: “Edizione speciale l’Unita multimedia”. Credo sia un libro distribuito assieme ad un quotidiano a costo zero o comunque per poche lire. Il prezzo sul retro è stato cancellato. Forse un regalo? Chissà. Diciotto anni sono tanti per ricordare. Ad ogni modo l’occasione di un viaggio lo ha spinto in valigia. Si tratta di un breve racconto, consumabile nel paio d’ore in cui sarei stato costretto nello scomodo posto centrale di un volo Milano-Berlino. Yukio Mishima (三島由紀夫), pseudonimo di Hiraoka Kimitake (平岡公威) è tuttora uno tra gli autori giapponesi più letti. Complessivamente ha realizzato un totale di 400 opere letterarie che variano tra i generi più disparati: dal romanzo a forme di teatro tradizionale giapponese fino al saggio.

giovedì 14 aprile 2011

Stanze dal Libro di Dzyan

Le Stanze dal Libro di Dzyan costituiscono l'argomento principale del primo e secondo volume de La dottrina segreta (The secret doctrine), opera di teosofia in due volumi pubblicata nel 1888 da Helena Petrovna Blavatsky. La parte I del primo volume, intitolata Cosmogenesi, contiene sette stanze in versi ermetici e simbolici composte dalla Blavatsky, per ognuna delle quali l'autrice dedica, successivamente, un capitolo di commento in cui spiega i suoi stessi versi. Il secondo volume intitolato Antropogenesi ne contiene altre dodici, sempre seguite da un commento e da una interpretazione.
Le Stanze sarebbero state composte dalla Blavatsky interpretando il linguaggio iconografico di un presunto manoscritto tibetano molto antico, il Libro di Dzyan (o Libro di Dzan), che sarebbe servito come base sapienziale per la La dottrina segreta.
La Blavatsky descrive il manoscritto, di cui avrebbe avuto visione diretta, come un testo antico di migliaia di anni redatto in lingua Senzar e conservato in un luogo segreto del Tibet. Scritto «su foglie di palma, ma rese inalterabili al fuoco, all'acqua e all'aria mediante qualche processo specifico ignoto», il libro tratterebbe della cosmogenesi e dell'evoluzione dell'uomo fino alla distruzione di Atlantide.
Altri versi attribuiti al Libro di Dzyan sono stati pubblicati da Alice Bailey in A Treatise on Cosmic Fire nel 1925.

mercoledì 13 aprile 2011

Maldoror

“I canti di Maldoror” sono un caposaldo della letteratura maledetta dell’ottocento. Si tratta di una raccolta di sei canti, poemi in prosa, scritti dal Conte di Lautréamont, pseudonimo di Isidore Ducasse. Apprezzato successivamente dai surrealisti, “I canti di Maldoror” sono fondamentali e insuperati ancora oggi, visionari ed eccentrici, geniali e compatti.
Lautréamont li scrive febbricitante, il suo stile è ossessivo e nevrotico, asfissiante, le vicende richiamano alla memoria una filosofia sadiana imbevuta di maledettismo rimbaudiano e le immagini offerte, crudeli, necessarie per descrivere l’orrore di una società ipocrita e bestiale, sono presentate con poesia e vigore.
Lo scrittore, morto a 24 anni, è una vera e propria meteora nella letteratura francese e Maldoror, angelo del male, grida disperatamente contro un Dio spietato, “straccione ebbro” o addirittura “frequentatore di prostitute”. Nei sei canti vuole mostrare all’uomo il silenzio di un Dio complice, che ha creato l’uomo appoggiandone addirittura i difetti e i vizi, un Dio che viene costantemente insultato da Maldoror ed estromesso dal suo mondo.
Pur essendo accostabile, per certi versi, a Baudelaire, a Byron e, addirittura, a Poe, nei “Canti di Maldoror” non c’è spazio per l’amore ma solo per la crudeltà, la rabbia e l’aggressione, anche fisica, messa a punto con veri e propri strumenti di tortura. Sono versi liberi, senza freni, variegati e catartici, potenti e blasfemi, non sono di facile lettura, pongono dinanzi al lettore un labirinto da percorrere, pieno di ostacoli e insidie.

martedì 12 aprile 2011

In memoria di Junko

Junko Furuta (古田順子, Furuta Junko), fu una studentessa liceale giapponese tristemente nota per le sevizie subite da alcuni suoi coetanei alla fine degli anni '80, sevizie che la portarono poi alla morte.
Nel Novembre del 1988, il pregiudicato giapponese Jo Kamisaku (allora diciassettenne; Kamisaku è il nome che assunse dopo il suo rilascio) ed altri tre giovani ragazzi di Tokyo (Miyano Hiroshi, diciottenne; Minato Nobuharu, sedicenne; Watanabe Yasushi, diciassettenne) rapirono una ragazza del secondo anno delle scuole superiori proveniente dalla Prefettura di Saitama, Furuta Junko. La tennero prigioniera per 44 giorni all’interno della casa di uno degli altri tre ragazzi.
Per evitare una caccia all’uomo, Kamisaku la costrinse a chiamare i genitori e dir loro che era scappata di casa, ma al sicuro con un amico. La ragazza fu inoltre costretta a fingersi la fidanzata di uno dei ragazzi mentre i proprietari della casa erano presenti, ma, quando divenne palese che questi ultimi non avrebbero chiamato la polizia, questa messa in scena non venne più messa in atto. La ragazza provò a scappare diverse volte, pregando più di una volta i genitori di uno dei suoi aguzzini, che vivevano con lei, di aiutarla, ma questi non lo fecero, per paura appunto di Kamisaku, che era al momento un socio di basso livello di Yakuza e avevano temuto che potesse usare questa alleanza per farli uccidere se avessero interferito.

lunedì 11 aprile 2011

Welcome to the Black Mirror

Benvenuti nel mio regno, un piccolo e strano paese di cui ho appena gettato le fondamenta e che cercherò di costruire e arricchire, giorno dopo giorno, mattone dopo mattone, edificio dopo edificio, città dopo città. Ho voluto chiamare questo posto The Obsidian Mirror, quindi cari visitatori, vi aspetto numerosi. Una sola avvertenza: questo blog genera dipendenza. Se entrate una volta, quando ne uscirete non sarete più gli stessi.
Scrivo queste righe, lo ammetto, dopo oltre un anno dal lancio del blog: mi sono improvvisamente reso conto di essere partito diretto a scrivere, scrivere, scrivere, di aver preso la mia strada senza una riga di introduzione. Credo sia il momento di riempire questa lacuna. Non servirà a nulla, lo so bene, ma se non altro questo post avrà valore come un piccolo saluto, un messaggio di benevenuto a tutti i nuovi visitatori che mi avranno fatto l'onore di passare di qua.
Il significato di Obsidian Mirror l'ho ampiamente raccontato nella sezione About, perciò non occorre che mi ripeta qui. Il sottotitolo del blog è "Piccola antologia del (nonsolo) gotico nell’arte, nel cinema e nella letteratura". Anche di questo si parla nella sezione About. Il “gotico” naturalmente è stato solo un punto di partenza. Mi serviva qualcosa da cui partire, l’atmosfera giusta per buttare giù le prime righe del primo post. E devo dire che la scelta è stata, almeno credo, felice. Il gotico così come descritto è però limitativo: non copre la totalità dei miei interessi che sono vastissimi, per cui non date per scontato che un giorno questo blog non possa cambiare faccia. Qui si parla di miti, di leggende, di tradizioni che non fanno parte solo della tradizione gotica, bensì di tutte le culture. In particolare una deviazione importante dal tema iniziale è quella che va verso l’estremo oriente, in particolar modo il Giappone, culla di civiltà antichissime e ricche di tradizioni che non sono da meno di quelle, a noi più familiari, dell’Occidente. L’idea è quella di scoprire e mettere da parte un pezzo alla volta di tutte queste culture attraverso recensioni (libri, film ecc.) e attraverso accurati report di avvenimenti singolari di cui sono a conoscenza e di cui verrò a conoscenza in futuro. Cercherò il più possibile di realizzare un prodotto originale che mi auguro possa essere apprezzato dal chiunque capiterà casualmente su questo sito. Questo è lo scopo che mi sono prefissato e mi auguro di riuscire a portare avanti questo progetto nel tempo.
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