giovedì 5 maggio 2011

Mujina

Nella via Akasaka a Tokyo c’è un pendio chiamato Kii-no-kuni-zaka, che significa il Pendio della Provincia di Kii.
Su un lato di questo pendio si può vedere un antico fossato, profondo e molto largo, con rive verdi che si alzano verso un luogo coperto da giardini, e sull’altro lato della strada si estendono le mura lunghe e alte di un palazzo imperiale. Prima dell’epoca dei lampioni e degli jinrikisha, questa zona era assolutamente deserta dopo il tramonto, e i passanti ritardatari erano disposti a percorrere chilometri fuori della loro strada pur di non salire sul Kii-no-kuni-zaka da soli dopo il tramonto.
Tutto per colpa di un Mujina (1) che aveva l’abitudine di aggirarsi da quelle parti. L’ultimo uomo che aveva visto il Mujina era un vecchio mercante del quartiere Kyobashi, morto circa trent’anni fa. Questa è la storia così come l’ha raccontata.
Una sera, a tarda ora, si stava affrettando su per il Kii-no-kuni-zaka, quando scorse una donna accovacciata presso il fossato, tutta sola, che piangeva amaramente. Temendo che avesse intenzione di affogarsi, si fermò per offrirle aiuto o consolazione per quanto era in suo potere. Sembrava essere una persona esile e graziosa e vestita con gusto, e i capelli erano acconciati come quelli di una ragazza di buona famiglia. «O-jochu!» (2) esclamò avvicinandosi a lei. «O-jochu, non piangere così! Dimmi cosa ti preoccupa, e se c’è un modo per aiutarti, sarò felice di farlo». Dicendo questo era sincero, perché era un uomo molto gentile e disponibile.
Ma lei continuò a piangere, nascondendogli il volto con una delle lunghe maniche. «O-jochu», disse lui di nuovo, nel modo più gentile che poteva, «ti prego, ascoltami! Questo non è luogo per una giovane di sera! Non piangere, ti supplico! Dimmi solo come posso aiutarti in qualche modo!» Lentamente lei si alzò, ma continuò a dargli le spalle e a gemere e singhiozzare dietro la manica. Le posò leggermente una mano sulla spalla e la pregò: «O-jochu! O-jochu! O-jochu!...
Ascoltami solo un istante!... O-jochu! O-jochu!...» Allora quella O-jochu si voltò, fece cadere la manica e si accarezzò la faccia con la mano, e l’uomo vide che non aveva occhi, né naso, né bocca, gridò e corse via. (3) Corse e corse su per il Kii-no-kuni-zaka, e tutto era nero e vuoto davanti a lui.
Non smetteva mai di correre senza osare guardarsi alle spalle, quando alla fine vide una lanterna, tanto lontano che sembrava la scintilla di una lucciola, e si affrettò per raggiungerla. Si rivelò essere semplicemente la lanterna di un venditore ambulante di soba (4) che aveva deciso di accamparsi a lato della strada, ma una luce qualsiasi e qualunque compagnia umana erano le benvenute dopo una simile esperienza, e così si gettò ai piedi del venditore di soba gridando: «Ah! aah!! aah!!!...» «Kore! kore!» (5) esclamò il venditore con durezza. «Via! Che ti succede? Qualcuno ti fa del male?» «No, nessuno mi fa del male», ansimò l’altro, «solo... Ah! Aah!» «Sei solo spaventato?» chiese il venditore senza cordialità. «Banditi?» «Non banditi, non banditi», ansimò l’uomo terrorizzato. «Ho visto... Ho visto una donna... vicino al fossato, e lei mi ha fatto vedere... Ah! Non posso dirti quello che mi ha fatto vedere!...» «Ti ha fatto vedere una cosa come QUESTA?» gridò il venditore toccandosi la faccia, che subito diventò liscia come un uovo... E di colpo la luce si spense...

Note 
1 - Un tipo di tasso. Si credeva che certi animali fossero in grado di trasformarsi e arrecare danno agli esseri umani. 
2 - O-jochu (“onorevole fanciulla”) è una formula di cortesia usata per rivolgersi a una giovane donna che non si conosce. 
3 - Un’apparizione con una faccia liscia e completamente priva di lineamenti, chiamata “nopperabo” fa parte del pantheon giapponese di spiriti e demoni. 
4 - Soba è una preparazione a base di grano saraceno vagamente simile ai vermicelli. 
5 - Esclamazione di allarme annoiato.

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