sabato 31 ottobre 2015

Hell's Bells diventa un ebook

Ero piuttosto indeciso quest'anno su come affrontare l'annuale appuntamento con la notte delle streghe. L'anno scorso avevo recensito un film, l'anno prima mi ero concentrato sul folklore, l'anno prima ancora... non mi ricordo più. Cosa fare quindi questa volta per non ritornare accidentalmente su argomenti già trattati in precedenza? Semplice: ho deciso di ritornarci sopra volutamente.
L'idea mi è venuta dopo aver letto alcuni dei commenti giunti qui in questo blog nelle scorse settimane, commenti nei quali mi veniva proposto di impacchettare alcuni dei miei post e realizzarne degli ebook.
Ammetto che solo fino a poco tempo fa non avrei mai pensato a una soluzione di questo genere ma, adesso che la pulce mi è stata infilata nell'orecchio, l'idea comincia a premermi nel cervello, solleticando non poco la mia fantasia. 
Prima però di mettermi a rielaborare progetti più complessi (come la lunga saga sugli Yellow Mythos, tanto per dirne una), pensavo di tentare un esperimento su qualcosa di più semplice, qualcosa che mi permettesse di ottenere un risultato decente senza perderci sopra troppo tempo. La mia scelta è quindi ricaduta su un vecchio racconto che era apparso qui sul blog diversi anni fa, addirittura nell'era Cenozoica di Obsidian Mirror, quando da queste parti non capitava nessuno neanche per sbaglio. Il racconto in questione l'avevo intitolato "Hell's Bells", giocando un po' a mescolare il titolo della famosa canzone con il nome di alcuni dei protagonisti della vicenda narrata. Il titolo di allora l'ho ovviamente mantenuto: in fondo, cosa avrei potuto trovare di meglio?

lunedì 26 ottobre 2015

Gotico napoletano (Pt.4)

L’uomo dai capelli tinti ci propone invece un protagonista alienato e, in definitiva, vittima di se stesso, tutte caratteristiche che permettono di accostarlo sia al Tomasz Odonicz de Lo sguardo che al protagonista senza nome del grabińskiano Saturnin Sektor. Ma forse, a pochi mesi di distanza dal mio speciale su Stefan Grabiński (che trovate qui), e quindi con la mente ancora fresca, queste associazioni per me sono semplici quanto poco opportune. Ad ogni modo il dottor Arsenius, il nostro uomo dai capelli tinti, è preda di uno scherzo assurdo generato in qualche piega remota del suo stesso cervello, uno scherzo che di pagina in pagina assumerà contorni sempre più surreali, fino ad esplodere in un finale sorprendente quanto magnifico nella sua ideazione. "La polizia internazionale è in movimento per rintracciare un pericoloso anarchico, che a Chicago si faceva chiamare John Willis, e che è accertato essere l’autore del terribile incendio all’Union Theatre, dove morirono tante persone, dell’alta borghesia e dell’alto commercio, alcune settimane or sono: incendio che sinora si credeva accidentale. Il Willis è sparito da quel tempo e si ha ragione di credere che si trovi in Europa. I suoi connotati sono: statura alta, complessione magra, quasi fantastica, mani sottili, scheletriche, occhi grigi. Un neo sulla tempia sinistra. Il riconoscimento, però, è reso difficile da una circostanza: la sua chioma, ch’era abbastanza imbiancata, deve essere stata tinta, e abilmente.".

sabato 24 ottobre 2015

Gotico napoletano (Pt.3)

In chiusura del post precedente dicevamo che Marrama visse in un’epoca nella quale il fantastico era per lo più popolato da creature terrificanti, magari immateriali, ma con una loro innegabile fisicità. Proprio una di queste creature la ritroviamo nel racconto Una terribile vigilia, ancora una volta ambientato in un ospedale, seppure del tipo “tradizionale”, diversamente da quello del più volte citato dottor Salenti. “Un giorno, ai primi di dicembre, giunse uno sventurato, un pastore che era stato morsicato da un lupo arrabbiato. Il professore Chimenti, che dirigeva l’ospedale, lo presentò alla sua scolaresca e a noi, suoi coadiutori, come un caso importantissimo, tanto più che non c’era speranza di salvarlo, e ci parlò delle teorie di Pasteur, che allora erano recentissime, del virus e del tempo in cui si svolge la sua azione fatale e della orrenda agonia che è serbata a tutti gli infelici che non ricorsero in tempo al soccorso della scienza.” Il lupo mannaro è stato (ed è) uno dei personaggi più sfruttati dalla letteratura, e già all’inizio del secolo scorso fiumi d'inchiostro erano stati versati per narrarne la leggenda (basti pensare a Le Metamorfosi di Ovidio per farsi un'idea di quanto può essere antico l’approccio a quest'argomento). Tuttavia credo di non sbagliarmi dicendo che a Daniele Oberto Marrama andrebbe riconosciuto il gran merito di essere stato il primo a scrivere di lupi mannari nel nostro paese, anticipando di una decina d’anni il ben più celebre Male di luna di Luigi Pirandello

giovedì 22 ottobre 2015

Gotico napoletano (Pt.2)

Se ne Il ritratto del morto è la riconoscenza ad aprire una porta tra il mondo reale e il mondo del sovrannaturale, ne Il Natale di Hans Boller la chiave sarà il desiderio o, meglio, un desiderio insoddisfatto veicolato da uno degli oggetti-simbolo del gotico: un medaglione. Anche in questo caso, come nel precedente e in altri racconti, la vicenda viene presentata dalla viva voce del protagonista che ricorda avvenimenti passati, un espediente che sicuramente (rassicurandoci sulla sorte di chi narra) smorza un po' la suspense e tuttavia trasmette perfettamente quell'atmosfera gotica e quella sottile vena malinconica che, a mio parere, sono il vero punto di forza della prosa di Marrama. 
Siamo nella Francia del 1789, che di lì a poco sarà il palcoscenico degli ultimi tragici giorni di Maria Antonietta. Protagonista è Hans Boller, uno dei “più valenti miniaturisti di Francia” che, ospite del conte Du Marsy de Yvonac in un castello della lontana Bretagna, riceve una missiva nella quale Sua Maestà la Regina lo avverte del suo desiderio di riceverlo a corte “per presentarlo a una sua nuova e giovane damigella d’onore, Lucia de Champdelys”, alla quale egli dovrà eseguire un ritratto in miniatura da inserire in un medaglione. Una serie di sfortunate vicissitudini impediscono però al nostro di partire e, quando finalmente il momento adatto giunge, il vento di cambiamento che ormai spira da Versailles lo dissuade dal suo proposito. “Quanto a lungo, mi aveva aspettato la giovane damigella d’onore! E che cosa era avvenuto di lei, più tardi? Dove si trovava, adesso? Era fuggiasca? Era a Parigi? Viveva ancora?”.

lunedì 19 ottobre 2015

Gotico napoletano (Pt.1)


“Il soprannaturale? E chi può parlarne con cognizione di causa? Chi può dire, sinceramente, se ci sia un limite fra quello che è e quello che pare? Chi ha ancora acquistato il diritto di distinguere la visione dalla realtà?” (Daniele Oberto Marrama, Il ritratto del morto)
Credo di dover riconoscere infinita stima alla giovane casa editrice Cliquot per avermi permesso di aggiungere un tassello fondamentale alla mia passione per la letteratura cosiddetta “weird” (o fantastica, se preferite). Un tassello che rischiava di andare perduto, un tassello tanto più importante in quanto scovato addirittura entro i confini del nostro paese, dissotterrato e riportato al suo splendore in quel capoluogo campano che tanta attenzione ha sempre riservato alle proprie leggende e alle proprie tradizioni. Daniele Oberto Marrama nacque a Napoli nel 1874 e, come ci riferisce Gianfranco De Turris nella sua ottima prefazione, prestò per anni la sua penna a diverse testate giornalistiche, fra cui Il Mattino e Il Giorno, sulle cui pagine gestiva uno spazio dedicato a recensioni artistiche e letterarie. Fu inoltre redattore capo de La Settimana, rivista letteraria fondata da Matilde Serao alla quale avremo modo di accennare ancora in seguito. Avevate mai sentito nominare Daniele Oberto Marrama? No? Cosa rispondereste se vi dicessi che alcuni dei suoi racconti non hanno nulla da invidiare a quelli dei grandi maestri del fantastico?

mercoledì 14 ottobre 2015

Orizzonti del reale (Pt.2)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

L'estasi è sempre uno stato eccezionale, passeggero, e la più parte degli uomini non l'ha mai provato. Taluni più rozzi e incolti durano fatica anche a immaginarselo. La sua bella etimologia greca ex-stasis, lo star fuori, esprime mirabilmente questo concetto (Paolo Mantegazza, “Le estasi umane”, 1887).
La prima cosa a colpirmi, nel leggere “Le porte della percezione”, è stato lo scoprire che Aldous Huxley rimase di fondo insoddisfatto della sua esperienza: all’assunzione della mescalina non fece seguito nessuna rivelazione assoluta, e anche se lui aveva sperato di poter modificare la sua coscienza ordinaria in modo da essere in grado di conoscere dall’interno ciò di cui parlano il visionario, il medium e perfino il mistico, ciò non era avvenuto, perlomeno nei termini in cui se l’era immaginato. E di se stesso egli, che pochi anni dopo la sua morte sarebbe stato definito da Timothy Leary un visionario e il “bodhisattva dell'era nucleare”, diceva di essere povero d’immaginazione (!).
"Da ciò che avevo letto dell’esperienza della mescalina, ero convinto in precedenza che la droga mi avrebbe introdotto, almeno per qualche ora, nella specie di mondo interiore descritto da Blake e da Ӕ. [...] Ma non avevo calcolato, era evidente, le idiosincrasie della mia struttura mentale, i fatti del mio temperamento, della mia educazione e delle mie abitudini.".

venerdì 9 ottobre 2015

La dinastia di Carcosa (Pt.2)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Continua oggi la nostra avventura alla ricerca della perduta città di Carcosa. All'alba del diciannovesimo post di questa serie dedicata agli Yellow Mythos è giusto tirare le prime somme. Mi rendo conto che, per chi mi legge, è stato dannatamente complicato star dietro alle mie riflessioni, se non altro per il fatto che tutto questo ha avuto inizio nell'ormai lontana estate del 2013 e che, nel corso di questi abbondanti due anni, le mie pubblicazioni sono apparse un po' a singhiozzo. Proviamo però comunque ad azzardare qualche ipotesi. Riusciremo a fare qualche passo importante in direzione di Carcosa?
Oggi cercheremo di mettere in fila gli elementi certi e di inserire nella nostra "to do list" gli elementi che ancora rimangono da chiarire. Tutto questo nella certezza che un universo intero ci rimane ancora da esplorare, un tutt'altro che trascurabile particolare che potrebbe far traballare le nostre certezze nel giro di poco tempo. 
La volta scorsa vi avevo proposto un giochino, una serie di domande che erano, più che altro, un piccolo invito a riflettere su alcuni particolari che avevo disseminato qua e là nei miei articoli. Nessuno si è sbilanciato troppo ma... diciamo che lo avevo messo in conto. Ad ogni modo oggi possiamo comunque provare a dare delle risposte. Le prime cinque domande erano semplici, diciamo pure che erano domande retoriche, alle quali bastava rispondere con un cenno affermativo. Le seconde cinque invece richiedevano un pochino più di sforzo e una certa dose di attenzione.

lunedì 5 ottobre 2015

La dinastia di Carcosa (Pt.1)

"Qualcosa nelle profondità inesplorate della sua anima si era rigirata come un coltello nella carne. Cassilda. Una confusa rete di relazioni, di vaghe parentele, di intere dinastie, iniziarono a prendere forma dentro di lei. Avrebbe voluto ricacciare indietro quei pensieri ma le esigenze della sua professione prevedevamo il contrario.“Raccontami della tua famiglia, Cassilda. Dimmi di…” Barbara esitò, abbassando lo sguardo. “Dimmi di Aldones. È un nome che conosci? È una famiglia?". L’espressione di Sylvia si indurì. “Sì”.“Qual è la sua relazione con te?".“Cugino e usurpatore. Traditore. Poiché era un uomo, aveva invocato per sé il diritto alla successione ma non è sopravvissuto abbastanza per profanare il trono di nostro padre.”  (Ann K. Schwader, Tattered Souls, 2003).
Sembra sia ormai giunto il momento di tirare le somme di quanto è emerso dal racconto di Ann K. Schwader e di mettere tutto in relazione a quanto già avevamo imparato in precedenza. 
Nel racconto della Schwader abbiamo fatto la conoscenza di una certa Sylvia C. la quale, indotta in uno stato di regressione ipnotica, afferma di chiamarsi Cassilda e di provare una buona dose di risentimento nei confronti di un cugino che definisce "usurpatore" e che avrebbe "invocato per sé il diritto alla successione", senza tuttavia riuscire a "profanare il trono di nostro padre". Tali parole non possono che riportarci alla mente ciò che disse Hildred Castaigne nel racconto "Il riparatore di reputazioni", scritto oltre un secolo prima da Robert W. Chambers.
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