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venerdì 17 dicembre 2021

Antiviral

In the tradition of Italian cured meats, we dry, age, and spice our product into fine charcuterie.” (Seguendo la tradizione salumiera italiana, essicchiamo, stagioniamo e speziamo il nostro prodotto fino a trasformarlo in un salume pregiato.) 
Come si evince dalla citazione qui sopra, proveniente dal sito ufficiale dell’azienda americana BITE LABS, la gastronomia italiana ha il dubbio privilegio di essere servita da modello per la produzione di un tipo del tutto particolare di insaccato.
Infatti, il motto dell’azienda è "Eat celebrity meat". Avete capito bene: gli ingredienti principali di questi “salami di lusso” sono tessuti muscolari provenienti dalle celebrità preferite, mioblasti cellulari ottenuti tramite biopsia, coltivati in laboratorio, macinati e mescolati a carne animale, spezie, grassi e oli, e infine insaccati in un budello per la stagionatura di rito. Facciamo che vi risparmio ulteriori dettagli, va bene? Se vi interessa, potete sempre saziare (ehm...) la vostra curiosità approfondendo il processo di produzione di questa carne in vitro nell’apposita sezione del sito. 

mercoledì 15 luglio 2020

La porta sull'estate

Ci sarebbero svariati motivi per cui potrei consigliarvi di correre in edicola a comprare il numero di luglio 2020 di "Urania Collezione" prima che vada esaurito. Il primo ovvio motivo è che stiamo parlando di Robert Anson Heinlein, uno dei massimi protagonisti dell'età d'oro della fantascienza, vincitore di ben sette Premi Hugo con romanzi ormai divenuti classici del genere, quali "Stella doppia" (1956), "Fanteria dello spazio" (1959), "Straniero in terra straniera" (1961), e "La Luna è una severa maestra" (1966), titoli che qualsiasi appassionato di fantascienza dovrebbe, almeno teoricamente, aver letto e imparato a memoria. 
Il secondo motivo è che questa non solo è una nuova traduzione, ma (a quanto pare) è la prima tanto attesa edizione integrale che arriva in Italia, a quarant'anni di distanza da quell'ultima, ennesima versione sforbiciata del 1982. Non posso garantirvi che sia effettivamente così, non avendo ancora letto il mio ultimo acquisto, ma confrontandolo rapidamente con la mia vecchia storica copia dei "Classici della fantascienza", non posso fare a meno di notare quella trentina di pagine in più che, unite ad altri fattori quali il formato della pagina, diventano almeno il doppio (e lasciatemi dire che una sessantina di pagine su duecento sono davvero un bel po'). Prematuro è giudicare la nuova traduzione, quella che spazza via la traduzione storica di Beata Della Frattina, che, dalla fine degli anni Cinquanta a oggi, Mondadori ha riciclato almeno tre o quattro volte.

sabato 27 giugno 2020

Zaffiro e Acciaio

Giusto qualche giorno fa, nel corso di uno dei miei tanti annoiati cazzeggi sul social di Zuckerberg, inciampo su un'immagine che mi fa trasalire. Quella qui a lato, per la precisione. Non ricordo chi sia ad aver postato quella foto ma, in fondo, non è così importante.
Ciò che conta è che improvvisamente mi sono sentito proiettare indietro, attraverso quello che definirei un corridoio temporale, agli anni della mia infanzia.
Andavo alle scuole medie, per essere precisi, e ciò me lo conferma la data in cui quella serie televisiva britannica andò in onda su mamma RAI.
Strano a dirsi, ma in quarant'anni mai prima d'ora quel ricordo è mai riaffiorato. Quasi come se certe cose, più di altre, siano predisposte all'oblio.
Eppure, ripensandoci adesso, mi coglie la precisa sensazione che "Zaffiro e Acciaio" fosse quasi ancora più bella del coevo "Doctor Who" della BBC, una serie quest'ultima che ha avuto dalla sua la fortuna (o il potenziale, non discuto) di venire riproposta e perpetuata nel tempo tra remake e reboot, oltre ad aver ispirato un certo numero di altri prodotti televisivi.
Al contrario, "Zaffiro e Acciaio" (nell'originale "Sapphire and Steel") ebbe sin dall'inizio una storia tormentata: la sua stessa esistenza, fortemente voluta dai finanziatori della rete ATV, si deve in pratica alla semplice necessità di rompere le uova nel paniere alla concorrenza, il cui iconico viaggiatore del tempo inchiodava sistematicamente allo schermo l'intero paese.

mercoledì 16 ottobre 2019

L'orsa col nodo sulla coda

Questa storia inizia una ventina di anni fa, ma con quell'inizio l'oggetto del post ha ben poco a che vedere. Erano gli anni in cui avevo ormai messo da parte le letture di fantascienza che avevano monopolizzato il mio interesse nella mia prima giovinezza per passare a qualcosa di più, se così si può dire, "mainstream". Sul finire degli anni Novanta (ma forse erano già i Duemila) mi ero intestardito a leggere i romanzi di Dean Koontz, che al tempo trovavo piacevoli (anche se maledettamente superflui, col senno di poi) e non mi facevo mai scappare un suo titolo quando e se me ne saltava uno all'occhio frugando nelle bancarelle dell'usato. Non era difficile visto che i Koontz, allora come ora, te li tirano dietro un tanto al chilo. Oggi quasi tutti quei romanzi di Koontz sono tornati a vivere nel loro ambiente naturale (la bancarella): tutti tranne, forse, "Ladri di tempo" (Time Thieves, 1972), scampato al suo destino solo perché uscito nell'inviolabile collana "Urania". Non mi è rimasto nulla di "Time Thieves" (e questo la dice lunga), ma ricordo perfettamente quel "sense of wonder" che mi lasciò quel breve racconto-extra posto in appendice di quel numero di Urania datato 1973.

sabato 20 luglio 2019

Preludio allo spazio

Avevo intenzione di chiudere il blog per ferie già la scorsa settimana ma, pensandoci bene, l'occasione che mi si propone oggi è di quelle ghiotte, una di quelle che costringono a rivedere i piani anche se cascasse il mondo. In fondo, una settimana in più o in meno di blogging non ha mai fatto male a nessuno, mi sono detto, per cui tanto vale fare un ultimo sforzo ed essere presente in rete. L'occasione a cui mi riferisco, come certamente avrete intuito, è il cinquantesimo anniversario del coronamento della missione spaziale Apollo 11, quella che permise a Neil Armstrong e a "Buzz" Aldrin di mettere piede per la prima volta sulla Luna. 
Almeno questo è quello che ci è stato detto, naturalmente. Ma tranquilli, non vi tedierò ripetendovi la solita "favoletta" che vede Stanley Kubrick alla regia di una delle più grandi messinscene di tutti i tempi: se cercate quello, sono sicuro che usciranno oggi un po' in tutto il mondo articoli e approfondimenti sulla questione "se ci siamo andati oppure no"; magari alcuni redattori se ne verranno fuori con nuove, schiaccianti prove a favore dell'una o dell'altra ipotesi. Se proprio volete sapere come la penso, beh, diciamo che preferisco lasciarvi nel dubbio. Magari troverete la risposta tra le righe...

giovedì 19 luglio 2018

Ed egli maledisse lo scandalo

"Autore del celebre Ed egli maledisse lo scandalo (Urania, 1966) e del non meno scandaloso Chi vuole distruggere l'America? (Urania, 1969) Mack Reynolds ha sempre venato di irresistibile satira le sue storie di fantascienza utopistica e sociologica".
Con queste parole, circa trent'anni fa, si faceva largo nella mia vita un autore americano che oggi, dedicandogli un articolo, riscopro con malcelato entusiasmo. Erano parole che apparivano nella quarta di copertina di un altro vecchissimo numero di Urania (Le comuni del 2000, ndr) che per anni, fino all'ennesimo trasloco in cui andò irrimediabilmente smarrito, aveva continuato a spostarsi da uno scaffale all'altro della mia libreria senza mai riuscire a trovare il suo momento. 
Non so come sia il vostro rapporto con questo tipo di letteratura, ma per me quella vecchia collezione di Urania (così come quella attuale, in gran parte ricostruita nel corso dei decenni) non solo era una fedelissima compagna di tante serate trascorse alla fioca luce di una lampadina, ma era anche, forse ancor prima del suo contenuto, un trofeo da feticciare con libidine. Prima di tutto venivano, neanche a parlarne, le immense copertine di Karel Thole: trascorrevo ore ad osservarne i particolari e, lo ammetto, spesso erano proprio quelle a far scattare in me la molla dell'acquisto. In secondo luogo, ma non per importanza, venivano i riassunti in quarta di copertina. Erano proprio quelle parole che, nel momento fatidico della scelta della lettura successiva, mi avrebbero indicato la strada da percorrere.

mercoledì 12 giugno 2013

Cosa vedi quando chiudi gli occhi?

Coscienza: la consapevolezza di far parte del mondo ma di avere anche un’individualità, e di riconoscere le individualità altrui. Un prodotto dell’evoluzione che ha permesso all’uomo di differenziarsi dal regno animale e sopravvivere in un ambiente ostile.

Intelligenza artificiale: dalla coscienza deriva in massima parte l’intelligenza, come possono quindi le macchine, esseri senza coscienza per antonomasia, essere davvero intelligenti? Come instillare la coscienza in qualcosa di inanimato?

Intelligenza emotiva: l’abilità di percepire, valutare ed esprimere un’emozione, di accedere ai sentimenti e/o crearli quando facilitano i pensieri, di capire l’emozione e la conoscenza emotiva, di regolare le emozioni per promuovere la crescita emotiva e intellettuale. Include l’apprendimento attraverso la consapevolezza e il dominio di sé, la motivazione, l'empatia, l'abilità sociale.

Questa recensione non poteva che cominciare dal fondo. Vi dico subito che il film è “Eva” (2011) di Kike Maíllo, e che il tema è l'intelligenza artificiale, ma chi l'ha già visto l'avrà intuito subito: è infatti quasi alla fine di questo film che il protagonista Alex pronuncia la domanda riportata là in alto, nel titolo, è con quella domanda che  di fatto il cerchio si chiude.

lunedì 8 aprile 2013

James Herbert (1943-2013)

Il ratto - una femmina - era rimasto intrappolato nello scantinato per più di cinque giorni. Sentendo vicino il momento del parto, si era trascinata in un angolo buio dietro una fila di scaffali, e quando aveva cercato di seguire il richiamo - quel suono ossessionante che le ronzava nella testa - aveva trovato la strada sbarrata da una pesante porta di ferro. Il suono era continuato per cinque lunghi giorni, facendo quasi impazzire la madre e i piccoli, con quella sua modulazione monotona, incessante. Ma nello scantinato avevano trovato cibo in abbondanza. I proprietari avevano pensato bene di ignorare l'avvertimento governativo di lasciare tutte le porte aperte, perché ogni edificio potesse essere disinfestato; sapevano che il cibo sarebbe stato scarso nei primi giorni, dopo che la popolazione della città sarebbe rientrata dal suo breve esilio, e che il loro negozio di generi alimentari avrebbe potuto profittare di quella scarsità. La madre e la sua nidiata si rimpinzarono di cibo, perché i piccoli sembrarono contentarsi del latte materno solo per i primi tre giorni, e cercarono ben presto un più sostanzioso nutrimento nell'abbondanza che li circondava. Crebbero rapidamente, diventando ogni giorno più grossi e robusti, mentre un pelame marrone scuro, quasi nero, cominciava già a ricoprirli. Tutti, a eccezione di uno. Sul suo corpo bianco-rosaceo erano spuntati solo pochi peli bianchi. Sembrava dominare i fratelli, che gli portavano da mangiare e lo scaldavano coi loro corpi. Una strana protuberanza cominciava a crescergli sulla larga spalla sbilenca, accanto alla testa.

giovedì 28 febbraio 2013

Il dilemma di Benedetto XVI

È questo un periodo di grandi cambiamenti: il mondo del lavoro si basa su regole diverse da quelle di appena pochi anni fa, la gente sta perdendo l’ottimismo, ci guardiamo ormai l’un l’altro con sospetto; cerchiamo di risparmiare, non andiamo più in vacanza, passiamo i Capodanni in casa. Stiamo seriamente pensando di cominciare a nascondere i nostri risparmi sotto il materasso visto che le banche, oggi più che mai, cercano di rimanere a galla giocando sporco con la vita dei propri correntisti. Senza parlare del clima, della natura impazzita con i suoi terremoti, i suoi tsunami, i suoi tornadi. Anche i meteoriti hanno fatto la loro parte, ricordandoci quanto siamo piccoli e insignificanti. Anche in questo piccolo miserabile paese avremo presto un nuovo Presidente della Repubblica e un nuovo (si fa per dire) Capo del Governo. In questo scenario poteva forse mancare un cambiamento epocale ai vertici della Chiesa Cattolica? Certo che no. E non sto parlando del solito avvicendarsi di un Papa, come avviene naturalmente quelle 5 o 6 volte in un secolo, no, questa volta il Vaticano si trova ad affrontare una situazione che mai era capitata nella sua storia recente: il dilemma di un Papa. La notizia ha fatto il giro del mondo in pochi istanti. Milioni di persone incredule hanno ascoltato le parole di un Papa stanco, e subito si è messa in moto quella fantastica macchina che fa tanto la gioia di noi blogger, che ci divertiamo a sguazzare in leggende e misteri: la “macchina della profezia”. Senza scomodare Nanni Moretti, che solo un paio di anni fa aveva anticipato tutto e tutti con il suo “Habemus Papam”, vorrei spendere due parole, ma giusto due, per ricordarvi la profezia di Malachia:  la Chiesa, si dice, è destinata a finire sotto il regno del secondo Pietro e, fatto da non sottovalutare, l’ultimo Papa dovrebbe essere proprio il successore di quello attuale. Non ve la faccio lunga perché ne hanno parlato in molti ultimamente, tra cui la mia vicina di blog Pensiero Spensierato a cui vi rimando per ulteriori dettagli. Quello di cui si è parlato poco, o non si è parlato affatto, è della “profezia” che fece un certo “Herbie” Brennan sul finire degli anni Settanta: egli ebbe la visione di un futuro papa Benedetto XVI alle prese con un dilemma epocale, e ne scrisse in un racconto distopico pubblicato in Italia da Mondadori nella gloriosa collana “Urania”.

martedì 5 febbraio 2013

Just... in... time

In un futuro imprecisato, o forse piuttosto in una realtà alternativa, l’uomo è geneticamente progettato per l’immortalità virtuale: il suo invecchiamento cessa a 25 anni. Ma c’è un rovescio della medaglia: dopo i 25 anni è possibile vivere solo un anno in più, a meno che non si riesca a guadagnare, prendere in prestito o rubare altro tempo. In una realtà distopica in cui il tempo ha sostituito il denaro come valuta corrente, c’è un mondo che corre a due velocità, separato anche fisicamente da caselli per il pedaggio che solo i ricchi possono permettersi di valicare: nel ghetto, la gente ha pochi giorni, spesso poche ore a disposizione, ed è costretta a correre per sopravvivere, convivendo con la costante paura di venire “azzerati”; mentre nei quartieri alti i ricchi possono permettersi l’unico vero lusso possibile, la lentezza. Il mantenimento dell’ordine costituito viene garantito dai Custodi del Tempo, mentre un meccanismo di continuo aumento del costo della vita permette di preservare lo status quo, con le masse che continuano a morire perché l’élite della società possa vivere per sempre. Un uomo e una donna, novelli Robin Hood, si ribellano al capitalismo darwinista imperante, rubando il tempo ai ricchi per donarlo ai poveri. Un milione di anni rubati basterà per sovvertire l’ordine delle cose? Il finale, consolatorio alla maniera americana, fa intravedere la speranza: il seme è stato gettato e c’è la possibilità che attecchisca. Perché sono le rotture che predominano nell’evoluzione.

lunedì 29 ottobre 2012

Parasite Eve

“Il maschio è un incidente, la donna sarebbe stata sufficiente.” (Rémy de Gourmont) - Ho sempre amato la biologia. Per me non è una serie di nozioni aride e spesso noiose, ma il mondo delle possibilità, la terra delle scoperte, paradiso e inferno insieme. Talvolta mi chiedo se a qualche livello primordiale le nostre cellule non siano consapevoli del macrocosmo che le contiene (il corpo umano), e se l’umanità non sia altro che una cellula del macrocosmo pianeta terra, il pianeta terra una cellula del nostro universo, e infine se l’universo stesso non sia una cellula del corpo di un qualche Dio di questa dimensione e così via…
Quando guardo un cielo stellato, spesso è in questi pensieri che mi perdo, ma c’è davvero da diventare matti… Meglio allora concentrarsi su qualcosa su cui c’è almeno qualche possibilità di osservazione, ovvero il microcosmo cellulare. Non essendo io uno scienziato, ovviamente il mio approccio alla materia non sarà scientifico; stavolta ho scelto quello del lettore di fumetti giapponesi, anche se un po’ inconsueto. Perché inconsueto? Perché se si parla di fumetti ci si aspetterebbe anche delle valutazioni tecniche, che però io non farò perché non mi interessa farne e perché non è la mia materia… Dei fumetti mi interessano principalmente gli argomenti e il modo in cui vengono sviluppati, se poi accanto a ciò c’è anche un bel disegno - bello secondo i miei canoni - meglio, altrimenti non ne faccio un cruccio. Mi fa molto più piacere leggere una bella storia, anche se non è disegnata in maniera eccelsa, piuttosto che il contrario.

martedì 21 agosto 2012

Two Earths

Lo specchio. Ogni immagine riflessa in uno specchio, anche se apparentemente uguale, viene distorta: la parte destra diventa la sinistra e la realtà si trasforma in realtà illusoria, in un mondo rovesciato. Ma quale dei due mondi è davvero rovesciato? Quello che vediamo nello specchio o il nostro?  Chi sono veramente gli abitanti della realtà che si trova dall’altra parte dello specchio? Chi è quell’individuo a noi gemello, colui che guardiamo negli occhi tutte le mattine quando ci radiamo o ci laviamo i denti? Potrebbe essere qualcosa di più rispetto ad una semplice immagine di noi stessi? E se fossimo noi a vivere dalla parte sbagliata dello specchio? Se fossimo noi l’immagine riflessa di un’altra realtà? Quante volte questo pensiero si è affacciato alla mia mente. Lo specchio mi ha sempre lasciato una strana sensazione di inquietudine. C’è qualcosa che non capisco e che quasi ho paura a capire.  Ma non è di questo che volevo parlare oggi. Almeno, non solo di questo. Volevo parlare di una singolare teoria che qualcuno mi ha proposto quando ero bambino, che sembra non c’entri nulla ma…

sabato 28 luglio 2012

Sirius, cane maggiore

Sirius e Plaxy sono cresciuti insieme e si amano profondamente, ma in questo mondo non c’è posto per il loro amore. Le differenze tra loro, così grandi da aver persino diviso le loro strade per lungo tempo, non gli permetteranno di vivere questo amore alla luce del sole, e la censura della società si abbatterà su questo sentimento, stroncandolo per sempre.
Descritto così “Sirius”, romanzo di fantascienza anomalo e bellissimo di Olaf Stapledon, scrittore e filosofo britannico scomparso nel 1950, sembra quasi un libro d’amore. Ma in “Sirius” c’è molto, molto più di questo.

Sirius (Alfa Canis Majoris, in greco antico Σείριος, Seirios, ovvero "splendente”), conosciuta anche come Stella del Cane o Stella Canicola, è una stella bianca della costellazione del Cane Maggiore; è la stella più brillante, osservabile da tutti i punti della terra anche ad occhio nudo. Presso molte culture, la stella è stata spesso associata alla figura di un cane, ed è spesso indicata come foriera di sciagure. I Romani celebravano il tramontare eliaco di Sirio intorno al 25 aprile, sacrificando un cane, accompagnato da incenso, vino e una pecora alla dea Robigo in modo che le emanazioni nefaste della stella non causassero danni al raccolto del grano di quell'anno (Fonte: Wikipedia). Sirius è anche il nome del protagonista di questo romanzo. Quale nome, d’altronde, sarebbe più adatto per un cane? Avete capito bene, ho detto proprio “cane”. Romanzo incentrato sui rapporti personali, spesso fallimentari, “Sirius” è notevole anche per la personale rilettura del mito di Frankenstein. Fu pubblicato nel 1944 e, che io sappia, finora non ha mai goduto di molta notorietà, perlomeno qui da noi.

venerdì 22 giugno 2012

Rogue Moon

Partire è un po’ come morire, si dice. E se questo è vero, è tanto più vero per i protagonisti-antagonisti di “Rogue Moon” (“Il satellite proibito”), romanzo dello scrittore Algis Budrys, finalista agli Hugo Awards nel 1961, che fu pubblicato in Italia nel nr. 29 della collana “Futuro” e nel nr. 174 della collana “Classici Urania”.

Non solo solito scrivere di fantascienza su questo blog. Anzi, a dire la verità non sono solito scrivere di letteratura (anche se ho avuto la pretesa di millantarlo là in alto, nel sottotitolo del blog). Beh no, in realtà qualche volta l’ho fatto, ma sicuramente non in maniera sistematica e, come salta evidentemente agli occhi di chi mi legge, in maniera tutt’altro che professionale rispetto a tanti altri blog tematici che ho visitato ultimamente. Proprio a causa delle mie recenti frequentazioni in tali blog, mi è salito l’irresistibile desiderio di recensire qualcosa. Oddio, forse recensire non è proprio il termine adatto. Diciamo piuttosto blaterare qualcosa a proposito di un libro. Un libro che tra l’altro non ho nemmeno letto di recente ma al quale, per una di quelle ragioni inspiegabili, non ho mai smesso di pensare.
Non so se userei la parola capolavoro per questo romanzo, ma posso dirvi che è stato capace di toccare delle corde dentro di me che altre opere, ben più blasonate, non sono riuscite a raggiungere. E’ singolare che ci sia riuscito un romanzo di fantascienza, genere troppo spesso un po’ sottovalutato.
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