lunedì 25 luglio 2011

Dark Places

I have a meanness inside me, real as an organ. - "Ho della cattiveria in me, reale come un organo. Mi dilania il ventre e può scivolare a terra, carnosa e scura, tanto da poterla calpestare. E’ il sangue dei Day. Ha qualcosa che non va. Non sono mai stata una brava bambina e sono peggiorata dopo gli omicidi. Libby l’orfanella è cresciuta apatica e smidollata, trascinandosi a fatica da un gruppo di lontani parenti all’altro – secondi cugini, prozie, amici di amici -, rinchiusa in una serie di roulotte o fattorie fatiscenti in giro per il Kansas. …”.
Questo è l'incipit di "Dark Places", in italiano edito da Piemme con il titolo "Nei luoghi oscuri", che ho avuto l’occasione di leggere, nella versione originale inglese, in queste caldi giornate di luglio.
L’autrice è Gillian Flynn, già autrice del pluripremiato “Sharp Objects”, che ci racconta, in una trascinante postfazione, di essere cresciuta a Kansas City, nel Missouri, “dove in 20 minuti di macchina si arriva in aperta campagna, fra campi coltivati a granturco e frumento”. Per saperne di più vi rimando al sito ufficiale dell’autrice.

Libby aveva sette anni quando sua madre e le due sorelline Michelle e Debby, furono massacrate in quello che passo alla storia come il “Kinnakee Kansas Farmhouse Massacre”. Fu la stessa Libby ad indicare alle autorità il fratello quindicenne Ben come l'autore della strage. Ventiquattro anni dopo Ben è in carcere e Libby vive alle spalle delle famiglie e delle associazioni di beneficenza che le hanno inviato donazioni per tutti quegli anni. La protagonista appare subito tutt’altro che simpatica al lettore. Praticamente un parassita della società, che cerca in tutti i modi di mantenere vivo il ricordo del massacro per poter continuare a camparci sopra, incassando diritti d’autore da parte di chi ci scrive sopra libri e quant’altro. Di trovarsi un lavoro proprio non se ne parla, anche quando le si fa notare che il suo conto in banca è ormai ridotto a qualche manciata di dollari. A cambiare le carte in tavola sarà il Kill Club, una società segreta di "feticisti del crimine", i cui soci sono convinti dell'innocenza di Ben e rintracciano Libby perché lo scagioni. Libby trova così un altro modo per trarre profitto dalla sua tragica storia e si fa pagare per indagare su quella drammatica notte. Ma nel corso della sua ricerca tutto cambia. Libby viene a contatto con le persone che avevano conosciuto la sua famiglia, primo tra tutti Runner, il vecchio padre balordo e alcolizzato, un altro meschino professionista del parassitismo. Poi faremo la conoscenza di altri personaggi (Diana, Trey, Diondra e Krissi) che avranno una parte importante nel procedere del romanzo. A poco a poco i ricordi riaffiorano nella mente di Libby, che ricostruisce i veri fatti che portarono all'eccidio, fino a dover ammettere l'inconsistenza della sua precedente testimonianza. A poco a poco che Libby si addentra “nei suoi luoghi oscuri”, inimmaginabili verità vengono a galla e la protagonista, mano a mano che si avanti nella narrazione, diventa un po’ meno antipatica. I just wanted to be some woman, heading back home to Over There That Way

Il libro è scritto usando una tecnica interessante di rapidi spostamenti cronologici. Un capitolo ci narra il punto di vista di Libby nel presente, il capitolo successivo ci narra il punto di vista di Ben nel passato, il capitolo successivo quello di Patty, la madre, nei giorni precedenti alla sua tragica morte… e poi di nuovi Libby nel presente e così via. In questo modo gli avvenimenti vengono rivelati a poco a poco al lettore, rendendo “Dark Places” qualcosa di estremamente avvincente.

Raramente mi capita di non riuscire a staccare gli occhi da un libro. Questo è uno di quei casi. E’ praticamente impossibile smettere di leggere.. un capitolo tira l’altro come i frollini a colazione.
Se avete una moglie o un marito, un fidanzato o una fidanzata, preparatevi a doverci discutere: “Dark Places” vi porterà via tutto il vostro tempo e non vorrete interferenze esterna che vi impediscano di procedere serratamente nella lettura.
Proverete una pena profonda per le vittime, un odio irrefrenabile per Runner, una tristezza infinita per Ben ma, soprattutto, vorrete essere capaci di leggere più velocemente per poter arrivare il prima possibile alla soluzione dell’enigma, che la brava Gillian Flyinn serba per sé fino alla fine, centellinandovi con sapienza pochi indizi, uno alla volta, qua e là.

Il libro in un futuro neanche tanto prossimo diverrà un film. I diritti però intanto sono già stati venduti e la regia è stata affidata a Gilles Paquet-Brenner. Sono sicuramente curioso di vederlo ma anche un po’ terrorizzato. Spero che non ne facciano la solita americanata buonista e sempliciotta e che non trasformino la protagonista nella simpatica belloccia della porta accanto. Che si tratta di un thriller e non di un libro di filosofia penso sia chiaro, ma l’autrice mentre tiene accesa la suspense riesce anche a far filtrare diverse considerazioni non banali sulla giovinezza, la perdita dell’innocenza, i legami famigliari, e quel senso di nostalgia per il passato che tutti ben conosciamo e che a maggior ragione ha un sapore tutto particolare per la nostra Libby. Sarebbe un peccato se tutto questo si perdesse.

The Days were a clan that mighta lived long
But Ben Day’s head got screwed on wrong
That boy craved dark Satan’s power
So he killed his family in one nasty hour
Little Michelle he strangled in the night
Then chopped up Debby: a bloody sight
Mother Patty he saved for last
Blew off her head with a shotgun blast
Baby Libby somehow survived
But to live through that ain’t much a live

-schoolyard rhyme, circa 1985-

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