martedì 1 novembre 2011

The Doomed to Loneliness

The "DOOMed to Loneliness" è il primo full-lenght autoprodotto, datato 2009, di una band sconosciuta (stavo per dire "semi-sconosciuta" ma non saprei come giustificare il prefisso) proveniente da un altrettanto sconosciuta Repubblica russa chiamata Karačaj-Circassia, sita sul versante nord-occidentale della catena del Caucaso.
A proposito dei Sacratus, questo il nome della band, non si trovano grandi informazioni in rete, se non che si sarebbero formati nel 2002 sulle ceneri dei Dolos Al Reves, nome di un superfluo progetto che ha al suo attivo un solo demo (Blackness White) sul quale, tra l'altro ritroviamo, in un formato un po' più grezzo, alcuni brani presenti in questo "Doomed".
Il genere con cui la band si autodefinisce è Doom/Death Metal. Sinceramente di Doom qui se ne vede poco e di Death ancora meno. Ma tutto sommato trovare una definizione corretta per l'offerta dei Sacratus è un bel dilemma, per cui lascerei per buona la loro lettura.
Ho ascoltato questo disco diverse volte negli ultimi giorni. Ad un primo ascolto l'ho trovato insopportabile ma, dopo un po' sono riuscito a cogliere qualche aspetto positivo, il che mi ha portato a scrivere le mie impressioni su questo blog.
La band è apparentemente alle prime esperienze, tecnica grezza e mezzi sicuramente limitati. Bisogna infatti tenere a mente che la regione dalla quale provengono non è certamente al centro della scena metal mondiale e sono quindi perfettamente comprensibili le difficoltà che ne conseguono. Ci trociamo di fronte a 10 tracce per un totale di 79 minuti di musica. Potrebbero essere stati molto meno se si fossero limitati a presentare i pezzi meglio riusciti (sforbiciando quelli che sono chiaramente dei riempitivi), ma d'altra parte il minutaggio è una caratteristica essenziale nel Doom e sono infatti i brani più lunghi (Mayrick, The Last Hope) quelli che ritengo essere i meglio riusciti. Le parti cantate in growl sono eccellenti, mentre bisognerebbe davvero stendere un velo pietoso sulle parti cantate "in chiaro" (Blackeyes e l'opener Artsah sono imbarazzanti). L'album sembra quasi divino in due, un inizio che mi lascia perplesso, ed un finale in crescendo che raggiunge il suo apice proprio con le ultime tracce quando si sentirebbe il bisogno di andare oltre.  Il brano Madness è un ottimo esempio di quelle che sono le potenzialità della band: un perfetto cocktail di chitarre e tastiere con il giusto cantato. Di Madness resta da comprendere cosa passasse per la testa dei suoi autori quando decisero di inserire il ruggito di un leone come intro (cosa che accetterei in un pezzo della Rettore o della Bertè, ma non qui, vi prego...).
Più vado avanti a scrivere più mi chiedo se ne valga la pena. Ho scritto in tante altre occasioni che in questo blog avrei parlato esclusivamente delle cose che mi sono piaciute. In realtà in questo caso non hio ancora deciso se "The DOOMed to Loneliness" mi sia piaciuto o meno. Potrei affidarmi alla lettura dei testi, perlomeno per capire di cosa diavolo stiano parlando i Sacratus, ma non sono riuscito a trovarli da nessuna parte.
Ad ogni modo, per chi pensava che questo disco fosse "destinato alla solitudine" (scusate il gioco di parole), è stato realizzato nel 2010 un nuovo album intitolato "Paradise for Two", che mi auguro di riuscire ad ascoltare presto. Se non altro per capire se gli ottimi episodi di "Doomed" potranno trovare conferma od essere clamorosamente smentiti.

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