mercoledì 31 agosto 2011

Gothic & Lolita Psycho

Gosurori shokei-nin (ゴスロリ処刑人, Gothic & Lolita Psycho) fa parte di quel filone di film giapponesi, molto in voga negli ultimi anni, che definirei come “action ultragore manga-style horror”. Si tratta di un genere di film a budget inesistente, realizzati in pochi giorni a tappe forzate ma con molta autoironia, che quasi sempre affronta uno dei più classici temi del cinema giapponese: quello della vendetta al femminile in stile Lady Snowblood (per chi non avesse confidenza con il cinema orientale possiamo invece citare ad esempio Kill Bill di Tarantino, che presenta innumerevoli e tutt’altro che casuali analogie con Lady Snowblood).

Caratteristica comune di questi film è quello che viene dopo: poco o nulla. Solo azione, acrobazie, combattimenti, dialoghi da celebrolesi, litri di sangue finto… e tante risate. Si, risate. L'uso smodato di sangue è così assurdo da essere al di fuori da ogni logica. Ma è proprio questo il bello di questo genere di cinema: il film va visto lasciandosi alle spalle qualsiasi pretesa di verosimiglianza. Il genere è assolutamente inadatto a coloro che non sanno riconoscerene la leggerezza. Non cercate concetti profondi, dialoghi brillanti o significati reconditi. Tutto questo qui non c'è.

Il genere sta prendendo piede negli ultimi anni. Piccoli capolavori che vanno giustamente citati sono The Machine Girl (片腕マシンガール Kataude mashin gāru) e RoboGeisha (ロボゲイシャ Robogeisha), entrambi di Noboru Iguchi e Tokyo Gore Police (東京残酷警察 Tōkyō zankoku keisatsu) di Yoshihiro Nishimura, Gothic & Lolita Psycho (uscito in home video negli Usa come Psycho Gothic Lolita) non offre nulla di realmente originale, ma sono proprio gli effetti speciali di Yoshihiro Nishimura a garantirne l'efficacia.

Il principale aspetto distintivo del film è l'elaborato vestiario della protagonista, appartenente a una moda tutta giapponese in uso tra le adolescenti: il Gothic Lolita (ゴシック・ロリータ Goshikku Roriita). Si tratta di un fenomeno che trae ispirazione dal costume vittoriano per bambini e dagli abiti estremamente elaborati del periodo Rococò con ampio uso di pizzi e nastri. Interessante notare il forte contrasto tra l’aspetto infantile della protagonista (sottolineato sia dalla particolare caratterizzazione del personaggio sia proprio a causa dell’uso esasperato di fiocchi e ricami da Gothic Lolita) e il contesto di estrema violenza in cui viene a trovarsi.

La trama è molto semplice, visto che come detto si tratta di un classico "ammazzatutti" al femminile: la giovane Yuki assiste all'irruzione di un gruppo di teppisti nella propria casa e all’assassinio della madre, il padre viene pestato e condannato alla sedia a rotelle. Yuki si trasforma: si abbinda di trini, pizzi, merletti, nastri, ombrellini, una bella sottogonna in tulle per dare volume e un paio di stivali sadomaso. Non si fermerà fino al completo annientamento della banda (e non manca nemmeno il colpo di scena finale).

In un’ora e mezza scarsa di pellicola assistiamo a gente decapitata, smembrata, deviscerata, di tutto di più in un’apoteosi splatter che, qui descritta, sembrerebbe di difficile sopportazione. In realtà le scene sono talmente surreali da risultare irrimediabilmente divertenti. La scena più disgustosa, tanto per capirci, è quella iniziale dove la telecamera indugia sul buttafuori di un locale impegnato a mangiare avidamente un piatto di spaghetti.

Concludo con alcune note su coloro a cui va attribuito il merito di questo splatter ultrapop che farebbe impallidire anche il grande maestro Takashi Miike.
Go Ohara (おはらごう), il regista di Gothic & Lolita Psycho, è una giovane promessa inespressa del cinema giapponese che ha al suo attivo giusto un paio di titolo poco riusciti. La sua opera prima, “Geisha Assassin”, (aka Geisha vs Ninja), ampiamente critticato da pubblico e critica, fu definito "piattume senza intreccio, girato di malavoglia per essere presentato come provino per il finanziamento di futuri progetti".
Rina Akiyama (あきやま りな), la tizia che dà il volto alla protagonista, è una ragazza assolutamente inespressiva. Non si tratta infatti di un‘attrice nel senso stretto del termine (e si vede): in Giappone le chiamano Gravure Idols, termine che da noi non esiste ma che si può semplificare come una via di mezzo tra una modella, una letterina e un’intrattenitrice. Non a caso nel 2007 è stata insignita del "prestigioso" premio "Best Butt of Japan"






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